ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 458, comma 2 e 441, comma  1,  del  codice  di  procedura
 penale, promosso con ordinanza emessa il 4 marzo 1997 dal giudice per
 le   indagini   preliminari   presso  il  Tribunale  di  Milano,  nel
 procedimento penale a carico di Sinesi Fausto, iscritta al n. 233 del
 registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  15  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di un procedimento penale a carico di un imputato
 del reato di ricettazione, il giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  il  tribunale di Milano, su richiesta del pubblico ministero,
 disponeva procedersi a giudizio immediato. Successivamente l'imputato
 formulava, a norma dell'art. 458  del  codice  di  procedura  penale,
 richiesta  di giudizio abbreviato, cui il pubblico ministero aderiva.
 Attesa l'incompatibilita' del giudice che  aveva  emesso  decreto  di
 giudizio  immediato, gli atti del processo venivano trasmessi, per le
 valutazioni e le determinazioni di cui al comma 2 dell'art. 458  cod.
 proc. pen., ad altro giudice per le indagini preliminari.
   Con  ordinanza  del  4 marzo 1997 (r.o. n. 233 del 1997) il giudice
 chiamato a pronunciarsi sulla richiesta  di  giudizio  abbreviato  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita'  costituzionale del combinato disposto degli artt.  458,
 comma 2, e 441, comma 1, cod. proc. pen.  "nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  il  giudice  possa  accogliere la richiesta di giudizio
 abbreviato  anche  nell'ipotesi  in  cui  debba  procedersi  a  norma
 dell'art.  423 c.p.p. a modificazione dell'imputazione contestata con
 la richiesta di giudizio immediato e con il successivo corrispondente
 decreto emesso dal giudice per le indagini preliminari".
   Premette  il  rimettente  che  dagli  atti  trasmessi  dal pubblico
 ministero (e, in particolare, dal verbale di  arresto  in  flagranza,
 dalle  dichiarazioni  rese  dalla  persona offesa e dall'arrestato in
 sede di convalida) si ricavano  elementi  idonei  a  far  ritenere  a
 carico dell'imputato la sussistenza di un altro reato (ricettazione),
 oltre  quello  di estorsione contestato nella richiesta e nel decreto
 di giudizio immediato, nonche' della circostanza  aggravante  di  cui
 all'art.  61  n.  2  cod.   pen., evenienze rientranti entrambe nella
 previsione dell'art. 423 cod. proc. pen. che disciplina le  modalita'
 di modifica dell'imputazione nell'udienza preliminare.
   Ad  avviso  del  giudice  a  quo  l'esplicita  esclusione, ai sensi
 dell'art.  441 cod. proc. pen.,  della  applicabilita'  nel  giudizio
 abbreviato  dell'art. 423 cod. proc. pen. "va interpretata anche come
 l'impossibilita' di definire il processo ''allo stato  degli  atti'',
 come  richiesto dall'art. 440, comma 1, c.p.p., tutte le volte in cui
 il giudice ravvisi negli atti trasmessi dal p.m.  la  sussistenza  di
 elementi che impongono modificazioni dell'imputazione o contestazioni
 suppletive  a  norma dell'art. 423 c.p.p.", con la conseguenza che il
 giudice dovrebbe in  tale  eventualita'  rigettare  la  richiesta  di
 giudizio  abbreviato,  pur  essendo  libero  di  dare  al  fatto  una
 qualificazione giuridica diversa o di  apportare  "modificazioni  non
 aggravatrici  della posizione dell'imputato". Il rigetto del resto si
 imporrebbe, secondo il  rimettente,  anche  per  l'impossibilita'  di
 determinare  la  pena  ai sensi dell'art. 133 cod. pen. a causa della
 contestazione solo parziale degli addebiti.
   Di qui il preteso contrasto di tale disciplina con l'art.  3  della
 Costituzione,  per  violazione  del  principio  di  uguaglianza,  dal
 momento che l'accesso al giudizio abbreviato da  parte  dell'imputato
 rimarrebbe   condizionato  da  scelte  effettuate  dall'organo  della
 pubblica accusa, dando luogo a palesi disparita' di trattamento:  "e'
 sufficiente  infatti che il p.m. ometta o semplicemente si dimentichi
 di  procedere  con  la   richiesta   di   giudizio   immediato   alla
 contestazione   di   una   circostanza   aggravante  o  di  un  reato
 concorrente, risultanti dagli atti, per far si' che, una volta emesso
 il decreto di giudizio immediato in totale aderenza  alla  richiesta,
 l'imputato si veda precluso, in applicazione alle norme vigenti ma in
 modo  del tutto ingiustificato e irragionevole, l'accesso al giudizio
 abbreviato".
   Con  riguardo  alla  individuazione   delle   norme   di   sospetta
 incostituzionalita',  il  rimettente  osserva, infine, che esse vanno
 rinvenute nell'art.  458, comma 2, e nell'art.  441,  comma  1,  cod.
 proc.  pen.,  in  quanto  e' solo nell'ipotesi in cui la richiesta di
 giudizio  abbreviato  venga  formulata  in  seguito  a  richiesta  di
 giudizio immediato che il giudice per le indagini preliminari sarebbe
 costretto,  nelle circostanze indicate nell'art. 423 cod. proc. pen.,
 a rigettare con le  conseguenze  gia'  descritte  l'istanza  di  rito
 premiale  avanzata  dall'imputato.    E' ben vero, infatti, si rileva
 nell'ordinanza, che l'art. 441, comma 1,  cod.  proc.  pen.,  esclude
 l'applicabilita'  dell'art.  423  cod. proc.   pen. anche nel diverso
 caso in cui la richiesta di giudizio abbreviato venga formulata prima
 dell'udienza preliminare a norma dell'art.  439, comma 1, cod.  proc.
 pen,  sicche' il giudice, "a fronte di identica situazione di fatto",
 dovrebbe  certamente rigettare la richiesta dell'imputato;  tuttavia,
 si  fa osservare, in tal caso il giudice "nel prosieguo  dell'udienza
 preliminare, una volta effettuata la contestazione suppletiva a norma
 dell'art. 423" potrebbe   accogliere l'eventuale nuova  richiesta  di
 giudizio  abbreviato,  comunque  proponibile  sino  a  che  non siano
 formulate le conclusioni a norma degli artt.   421 e 422  cod.  proc.
 pen.
   2.  -  Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile per
 difetto di rilevanza.
                         Considerato in diritto
   1.  - Il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di
 Milano, chiamato a decidere sulla richiesta  di  giudizio  abbreviato
 dopo  che  era  stato  emesso  il  decreto  di giudizio immediato, ha
 sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato
 disposto  degli  artt.  458,  comma  2, e 441, comma 1, del codice di
 procedura penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella
 parte in cui tali norme, escludendo la possibilita' di procedere  nel
 corso  del  giudizio  abbreviato  a  contestazioni  suppletive (nella
 specie,  un  reato  concorrente  e   una   circostanza   aggravante),
 impedirebbero  al  giudice  di  accogliere  la  richiesta di giudizio
 abbreviato per non essere il processo  definibile  allo  stato  degli
 atti.   In   particolare,  secondo  il  giudice  rimettente,  la  non
 definibilita'  del  processo  allo  stato  degli   atti   deriverebbe
 dall'impossibilita'  di determinare correttamente l'eventuale pena da
 irrogare, sia perche'  non  si  potrebbe  tenere  conto  dell'aumento
 derivante   dalla   circostanza   aggravante,  sia  perche'  l'omessa
 contestazione del reato concorrente limiterebbe la valutazione  della
 capacita' a delinquere dell'imputato.
   Premesso  che  l'art.  441,  comma  1,  cod.  proc.  pen., mediante
 l'espressa esclusione dell'applicabilita' dell'art. 423 dello  stesso
 codice,   non   consente  che  si  possa  procedere  a  contestazioni
 suppletive anche nel giudizio  abbreviato  "tipico"  (quello,  cioe',
 richiesto  prima o nel corso dell'udienza preliminare), ad avviso del
 giudice  rimettente  la  censura  di  illegittimita'   costituzionale
 riguarderebbe   solo  l'ipotesi  in  cui  la  richiesta  di  giudizio
 abbreviato venga presentata, a norma dell'art.  458,  comma  1,  cod.
 proc.  pen.,  a  seguito  della notificazione del decreto di giudizio
 immediato. Solo in questo caso, infatti,  il  giudice  si  troverebbe
 costretto  a  respingere  definitivamente  la  richiesta  di giudizio
 abbreviato a causa dell'omessa contestazione del reato concorrente  o
 della  circostanza  aggravante,  mentre  se la medesima situazione si
 verifica nel corso dell'udienza preliminare non  sarebbe  esclusa  la
 possibilita', una volta respinta la richiesta di giudizio abbreviato,
 che  il  pubblico ministero proceda, a norma dell'art. 423 cod. proc.
 pen.,  alle  contestazioni  suppletive,  dando   cosi'   al   giudice
 l'opportunita'   di  accogliere  una  eventuale  nuova  richiesta  di
 giudizio abbreviato, proponibile, ex art. 439, comma  2,  cod.  proc.
 pen.,  sino  a  che  non  siano  state formulate le conclusioni delle
 parti.
   Sulla base  di  questa  ricostruzione  dei  rapporti  tra  giudizio
 abbreviato  e contestazioni suppletive, il giudice rimettente ritiene
 che, nel caso di giudizio abbreviato  richiesto  dopo  che  e'  stato
 emesso il decreto di giudizio immediato, l'impossibilita' di ritenere
 il  processo  definibile  allo  stato  degli  atti  si traduca in una
 violazione dell'art.  3 della Costituzione. All'imputato che venga  a
 trovarsi    in    tale    situazione   verrebbe   infatti   riservata
 un'ingiustificata  e  irragionevole  disparita'  di  trattamento,  in
 quanto   gli  sarebbe  precluso  l'accesso  al  giudizio  abbreviato,
 disciplinato da disposizioni comunque  piu'  favorevoli,  sulla  base
 della  scelta  meramente  discrezionale  del  pubblico  ministero  di
 contestare  tutti  i  reati,  ovvero  di  omettere,  anche  per  mera
 dimenticanza,  la  contestazione  di  un  reato  concorrente o di una
 circostanza aggravante.
   2. - La questione e' infondata.
   3. - L'azione penale e' un potere-dovere attribuito  esclusivamente
 al pubblico ministero, e va esercitata secondo le modalita' descritte
 dall'art.  405 cod. proc. pen. Al giudice per le indagini preliminari
 e' peraltro riservato un potere di  controllo  giurisdizionale  sulla
 richiesta   di   archiviazione   del   pubblico   ministero,  imposto
 dall'esigenza  di  rendere  effettivamente  operante   il   principio
 costituzionale  di obbligatorieta' dell'azione penale (v. sentenza di
 questa Corte n.   88 del 1991); potere che,  in  caso  di  disaccordo
 sulla  richiesta di archiviazione, si estrinseca, a norma degli artt.
 409, comma 5, e 554, comma 2, cod.  proc.  pen.,  nella  facolta'  di
 ordinare al pubblico ministero di formulare l'imputazione.
   Al di fuori di questa situazione eccezionale, in cui, in attuazione
 del  principio  dettato  dall'art. 112 della Costituzione, al giudice
 vengono espressamente attribuiti poteri diretti a rimuovere l'inerzia
 del  pubblico  ministero,  quest'ultimo  rimane  titolare   esclusivo
 dell'azione  penale  anche  ove  emerga  l'esigenza  di  procedere  a
 contestazioni suppletive nel successivo corso del processo, dopo  che
 l'azione  stessa  e'  gia'  stata  esercitata.  La  disciplina  delle
 contestazioni  suppletive,  sia  all'udienza   preliminare   che   in
 dibattimento,  e'  infatti  coerente  con l'impostazione di fondo dei
 rapporti tra pubblico ministero e  giudice  ora  delineati:  a  norma
 dell'art.  423, commi 1 e 2, cod. proc.  pen., nel corso dell'udienza
 preliminare l'iniziativa di modificare l'imputazione  e  la  relativa
 contestazione  all'imputato  sono attribuite direttamente al pubblico
 ministero, e anche la contestazione  del  fatto  nuovo,  pur  dovendo
 essere  autorizzata dal giudice, e' sempre subordinata alla richiesta
 del pubblico ministero. Disciplina sostanzialmente analoga  vale  per
 la  contestazione  in  dibattimento  del reato concorrente, del fatto
 diverso, delle circostanze aggravanti e del fatto nuovo  (artt.  516,
 517  e  518  cod. proc. pen.). Conformemente ai princi'pi generali in
 materia  di  titolarita'  dell'azione  penale,  anche  in   tema   di
 contestazioni   suppletive   l'iniziativa  spetta  esclusivamente  al
 pubblico ministero  e  al  giudice  non  e'  riservato  alcun  potere
 sostitutivo   o   concorrente   in   caso   di   inerzia  dell'organo
 dell'accusa.
   4. - D'altro canto, la scelta  del  legislatore  di  precludere  le
 contestazioni  suppletive,  sia  che  venga  collegata  agli  effetti
 premiali volti ad  incentivare  il  ricorso  al  giudizio  abbreviato
 (l'imputato  potrebbe  appunto  essere indotto a richiedere tale rito
 anche in base alla certezza di  non  essere  esposto  al  rischio  di
 contestazioni  suppletive),  sia che venga inquadrata nella peculiare
 natura  di  giudizio  allo  stato  degli  atti  e  nella  conseguente
 impossibilita'  di  assumere  eventualmente  nuove prove in ordine al
 reato concorrente o alle circostanze aggravanti, appare coerente  con
 la  struttura  e le finalita' del rito ed e' immune da vizi rilevanti
 in sede costituzionale. Anzi, la natura pattizia del rito  rende  del
 tutto plausibile che l'oggetto del giudizio rimanga limitato ai fatti
 in  relazione  ai  quali e' intervenuto l'incontro di volonta' tra le
 parti.
   In particolare, il divieto di procedere a contestazioni  suppletive
 non   influisce   sui  presupposti  di  ammissibilita'  del  giudizio
 abbreviato e sulle relative valutazioni del giudice  in  ordine  alla
 possibilita'   di   definire  il  processo  allo  stato  degli  atti;
 valutazioni che, alla luce delle decisioni di questa Corte  (v.,  con
 diverse accentuazioni, sentenze n. 81 del 1991, nn. 23 e 92 del 1992,
 n. 305 del 1993, nonche' ordinanze n. 482 del 1992 e n. 276 del 1995)
 e  della giurisprudenza di legittimita', debbono essere riferite alla
 completezza del quadro probatorio e alla  previsione  della  sua  non
 modificabilita'  anche ai fini della individuazione delle circostanze
 del reato e della commisurazione della pena.
   Ne deriva che l'eventuale  incompletezza  delle  contestazioni  del
 pubblico  ministero  non  rientra tra i presupposti della valutazione
 del giudice sulla decidibilita' del processo allo stato  degli  atti:
 in tale giudizio il giudice  deve esprimersi con riferimento ai reati
 per  i quali e' stata esercitata l'azione penale e solo su di essi e'
 abilitato, sulla base del quadro probatorio risultante dalle indagini
 preliminari,  a  decidere  se  il processo puo' essere  definito allo
 stato degli atti. Ove dagli atti emerga un reato  concorrente  o  una
 circostanza aggravante, il giudice, se ritiene che in ordine al reato
 contestato  il processo sarebbe definibile allo stato degli atti, non
 puo'  respingere  per  questa  ragione  la  richiesta   di   giudizio
 abbreviato.   Potra' eventualmente, nella sentenza emessa in esito al
 giudizio abbreviato, disporre la trasmissione degli atti al  pubblico
 ministero perche' eserciti l'azione penale  per il reato concorrente.
   Solo  ove il fatto risulti diverso rispetto a quello contestato, il
 giudice e' abilitato, in applicazione del  principio  generale  della
 correlazione tra accusa e sentenza, a restituire gli atti al pubblico
 ministero  (v.  in  tale  senso,  con  riferimento  al caso in cui la
 diversita'  del  fatto  emerga  in  esito  all'udienza   preliminare,
 sentenza  n.  88  del  1994,  ove  si  fa riferimento alla disciplina
 apprestata dall'art.  521, comma 2, cod. proc.  pen.):  diversamente,
 il  giudice  si  troverebbe  nell'impossibilita'  di decidere sia sul
 fatto diverso, sia su quello descritto nell'imputazione.
   I poteri esclusivi del pubblico ministero in tema di  contestazioni
 suppletive  rendono  pertanto  irrilevante che l'omessa contestazione
 del reato concorrente o della circostanza aggravante si verifichi nel
 giudizio  abbreviato  richiesto  prima  o  nel   corso   dell'udienza
 preliminare,  ovvero a seguito del decreto di giudizio immediato:  in
 entrambi  i  casi  il  divieto  per  il  giudice   di   procedere   a
 contestazioni  suppletive  posto  dall'art.  423  cod.  proc. pen. va
 esente,  per  le  ragioni  sino  ad  ora  esposte,  da   censure   di
 illegittimita' costituzionale.
   5. - Dall'erroneita' del presupposto su cui si e' basato il giudice
 rimettente  -  impossibilita'  di accogliere la richiesta di giudizio
 abbreviato in caso di omessa contestazione di un reato concorrente  o
 di  una  circostanza aggravante per non essere il processo definibile
 allo  stato  degli  atti  -  deriva  l'infondatezza  della   proposta
 questione  di legittimita' costituzionale, non essendo ravvisabile la
 disparita' di trattamento tra imputati in ordine alla possibilita' di
 usufruire  del  giudizio  abbreviato.   La   diversa   soluzione   si
 tradurrebbe in una impropria sovrapposizione e confusione tra i ruoli
 del  pubblico  ministero e del giudice, mediante il riconoscimento in
 capo al secondo di poteri in tema di esercizio dell'azione penale che
 l'ordinamento  processuale  riserva  in  via   esclusiva   all'organo
 dell'accusa.