ha pronunciato la seguente
  Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2,  3,  4,
 5,  6,  7, 8 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574, recante "Nuove
 norme  in  materia  di  utilizzazione  agronomica  delle   acque   di
 vegetazione  e  di  scarichi dei frantoi oleari" promosso con ricorso
 dalla provincia autonoma di Trento, notificato il 10  dicembre  1996,
 depositato  in  cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 50 del
 registro ricorsi 1996.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 17 giugno 1997 il giudice relatore
 Valerio Onida;
   Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon, per la provincia autonoma  di
 Trento  e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente
 del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso  notificato  il  10  dicembre  1996,  regolarmente
 depositato,  la  provincia  autonoma  di  Trento ha sollevato, in via
 principale, questione di legittimita' costituzionale degli  artt.  1,
 2,  3,  4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574 (Nuove
 norme  in  materia  di  utilizzazione  agronomica  delle   acque   di
 vegetazione  e  di  scarichi  dei  frantoi oleari), per contrasto con
 l'art. 8, nn.  5, 6, 14, 16, 17, 21 e 24, con l'art. 9, nn. 9 e 10, e
 con l'art.   16 dello statuto speciale  della  regione  Trentino-Alto
 Adige  e  con  le  relative  norme  di attuazione, in particolare con
 l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
   La  provincia  ricorrente  premette  che essa, nell'esercizio delle
 proprie competenze statutarie relative all'insieme delle materie  che
 costituiscono   la   tutela   ambientale   (urbanistica,  tutela  del
 paesaggio, acque minerali e termali, cave e torbiere,  alpicoltura  e
 parchi  per  la  protezione  della  flora e della fauna, acquedotti e
 lavori  pubblici  di   interesse   provinciale,   opere   idrauliche,
 utilizzazione   delle   acque   pubbliche,   igiene   e  sanita')  ha
 disciplinato  in  modo  organico  la   tutela   dell'ambiente   dagli
 inquinamenti,  con  il testo unico approvato con d.pres. Giunta prov.
 26 gennaio  1987,  n.  1-41/legisl.,  e  successive  modificazioni  e
 integrazioni.  Nell'ambito  di  tale  disciplina  si e' stabilito fra
 l'altro il divieto di  recapito  degli  scarichi  degli  insediamenti
 produttivi sul suolo o nel sottosuolo (art. 16 t.u.  citato).
   Ora,  la  legge  statale  n.  574  del 1996 ha introdotto un regime
 derogatorio di favore per gli scarichi dei frantoi oleari, stabilendo
 che le acque di vegetazione  residuate  dalla  lavorazione  meccanica
 delle  olive  che  non  hanno  ricevuto  alcun  additivo,  con alcune
 eccezioni,  possono  essere  oggetto  di   utilizzazione   agronomica
 attraverso  lo  spandimento  controllato  su  terreni  adibiti ad uso
 agricolo (art.  1, comma 1), entro limiti di accettabilita' stabiliti
 (art. 2, comma 1), e salvo il potere del sindaco, in caso di  rischio
 di  danno all'ambiente, di sospendere la distribuzione o di ridurre i
 limiti  di  accettabilita'  (art.  2,   comma   2).   L'utilizzazione
 agronomica  in  parola  e'  sottratta  alla disciplina della legge 10
 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, sulla  tutela  delle
 acque  dagli  inquinamenti  (art.   10, comma 1). La legge assoggetta
 tale utilizzazione alla preventiva  comunicazione  di  una  relazione
 peritale  (art.  3), disciplina le modalita' di spandimento (art. 4),
 indica i terreni sui  quali  lo  spandimento  e'  escluso  (art.  5),
 disciplina lo stoccaggio delle acque (art. 6), stabilisce le sanzioni
 amministrative (art. 8) e prevede i controlli delle agenzie nazionale
 e regionali per l'ambiente (art. 9).
   Secondo  la  ricorrente,  il  sopravvenire  di  questa legislazione
 statale, benche' concepita in termini di disciplina dettagliata e non
 di principio, avrebbe posto alla provincia unicamente il problema  di
 esaminare  se  e  quali  principi,  vincolanti  per  la  legislazione
 provinciale in  base  allo  statuto,  potessero  ricavarsi  da  essa:
 infatti  l'art.  2  delle  norme di attuazione dettate con il decreto
 legislativo  n.  266  del  1992  stabilisce  che  le  leggi   statali
 sopravvenienti   obbligano   la  provincia  ad  adeguare  la  propria
 legislazione ai principi e norme costituenti  limiti  statutari  alla
 potesta'  legislativa provinciale, restando nel frattempo applicabili
 le disposizioni provinciali vigenti.
   Senonche' - prosegue la ricorrente - l'art. 7 della  legge  n.  574
 del 1996, sotto la rubrica "competenze delle regioni e delle province
 autonome",  stabilisce  che le regioni e le province autonome possono
 redigere un apposito piano di spandimento delle acque di vegetazione,
 riguardante comprensori omogenei,  con  l'indicazione  di  "ulteriori
 precisazioni",   tenendo  presenti  determinate  caratteristiche  del
 territorio.
   Cio'  darebbe  luogo  ad  una   violazione   dell'autonomia   della
 provincia, sotto un duplice profilo. In primo luogo, il contrasto tra
 il  sistema di adeguamento della legislazione provinciale ai principi
 della sopravvenuta legislazione  statale,  previsto  dalle  norme  di
 attuazione, e il criterio di diretta applicabilita' delle nuove norme
 anche  nella  provincia,  che  si evincerebbe dall'art. 7 della legge
 impugnata, comporterebbe la illegittimita' costituzionale di ciascuna
 delle disposizioni della legge statale "in quanto e nei limiti in cui
 si applichi direttamente  alla  provincia  autonoma  di  Trento";  in
 particolare,  la censura dovrebbe riferirsi alla rubrica e al comma 1
 dell'art. 7, da cui detto contrasto emergerebbe.
   In secondo luogo, l'art. 7, commi 1 e 2, sarebbe costituzionalmente
 illegittimo in quanto, attribuendo alla provincia il solo compito  di
 dettare  "ulteriori  precisazioni"  in  rapporto  a  quanto  gia'  in
 dettaglio stabilito dalla legge statale, implicherebbe  il  carattere
 vincolante  per  la  provincia di tutte le singole disposizioni della
 legge, prescindendo dal loro valore di principio,  sostituendo  cosi'
 al  compito costituzionale della provincia di disciplinare la materia
 un potere di normazione meramente integrativa.
   2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate col ricorso siano
 dichiarate non fondate.
   Sostiene l'Avvocatura erariale  che  le  disposizioni  dell'art.  7
 della  legge,  considerate  nel  loro  oggettivo  tenore,  riguardano
 esclusivamente funzioni di natura amministrativa che le regioni e  le
 province  autonome  "possono  e  non debbono esercitare". Da esse non
 sarebbe consentito dedurre una volonta'  della  legge  di  precludere
 alle  regioni  e  alle  province  autonome l'esercizio della funzione
 legislativa nei limiti e  alle  condizioni  stabilite  dall'art.  117
 della  Costituzione  o  dagli  statuti speciali, con riferimento alle
 materie oggetto della legge:  cio' varrebbe anche per quanto concerne
 lo speciale meccanismo  di  adeguamento  applicabile  alla  provincia
 ricorrente in base al decreto legislativo n. 266 del 1992.
   3. - Nell'imminenza dell'udienza ha depositato memoria la provincia
 ricorrente.
   Essa  rileva  che l'interpretazione riduttiva, offerta dalla difesa
 del Presidente del  Consiglio,  dell'art.  7  della  legge  impugnata
 condurrebbe  in  definitiva  a  ritenere  che,  mentre  nelle regioni
 ordinarie la legge statale si applicherebbe  direttamente,  salva  la
 possibilita'   per   esse  di  legiferare  nell'ambito  dei  principi
 fondamentali (peraltro di incertissima delimitazione, data la ridotta
 estensione della "materia") recati dalla legge statale, e  mentre  le
 altreregioni ad autonomia speciale potrebbero a loro volta legiferare
 entro  i  limiti dei rispettivi statuti, per le provincie autonome di
 Trento e Bolzano vi sarebbe solo  un  vincolo  di  adeguamento  della
 rispettiva  legislazione, nei limiti statutari, e sempre che essa non
 risulti gia' di contenuto adeguato.
   Tale interpretazione, alla quale la ricorrente  avrebbe  interesse,
 si  scontra  pero',  secondo  la  medesima, con il tenore dell'art. 7
 della legge, che affida alle regioni e alle province autonome il solo
 compito di dettare ulteriori precisazioni rispetto alle  norme  della
 legge statale, le quali dovrebbero comunque applicarsi.
   Se  dovesse  cosi' intendersi, conclude la provincia ricorrente, la
 legge  violerebbe  le  garanzie  statutarie  poste  per  la   regione
 Trentino-Alto  Adige  e  per  le  province  autonome  di  Trento e di
 Bolzano.
                         Considerato in diritto
   1.  - Il ricorso della provincia autonoma di Trento, che investe la
 legge statale 11 novembre 1996, n. 574 (Nuove  norme  in  materia  di
 utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei
 frantoi  oleari),  lamenta la pretesa del legislatore statale - quale
 emergerebbe dalla  rubrica  e  dal  primo  comma  dell'art.  7  della
 medesima legge (Competenze delle regioni e delle province autonome) -
 di attribuire alle disposizioni di  quest'ultima carattere di diretta
 ed  immediata  applicabilita'  anche  nel  territorio  delle province
 autonome di Trento e di Bolzano. Sarebbero in  tal  modo  violate  le
 norme  di  attuazione statutaria contenute nell'art. 2 del  d.lgs. 16
 marzo 1992, n. 266, ai cui sensi il  sopravvenire,  in  materia  gia'
 regolata  da  leggi provinciali, di norme legislative statali produce
 solo l'obbligo per la provincia di adeguarvi la propria  legislazione
 nei  limiti  previsti dallo statuto (e dunque, a seconda dei casi, di
 adeguarla ai principi generali o alle norme fondamentali di  riforma,
 o  ai  principi  fondamentali  di  disciplina  della  materia in esse
 contenuti), entro il termine di sei mesi o entro  quello  piu'  ampio
 stabilito  dalla  legge  statale: rimanendo, fino a tale adeguamento,
 applicabili le leggi provinciali vigenti.
   La provincia ricorrente lamenta inoltre che l'art.  7  della  legge
 statale,  prevedendo  che  nella  materia  in  questione  le province
 autonome possano redigere un piano con  l'indicazione  di  "ulteriori
 precisazioni",  presupponga il vincolo del legislatore provinciale al
 rispetto di tutte le norme della legge  statale  medesima,  e  riduca
 cosi'  la  potesta'  normativa  provinciale  ad  un  ruolo  meramente
 integrativo.
   2. - La questione e' fondata.
   L'art. 2 del decreto legislativo  n.  266  del  1992,  dettando  la
 disciplina  sopra  richiamata  in ordine ai rapporti fra legislazione
 statale e legislazione provinciale, vieta al  legislatore  statale  -
 salvo che negli ambiti in cui il comma 4 del medesimo art. 2 fa salva
 l'immediata applicabilita' delle leggi statali (leggi costituzionali,
 e  atti legislativi nelle materie in cui alla provincia e' attribuita
 delega di funzioni statali o potesta' legislativa integrativa)  -  di
 attribuire  alle  norme  da  esso dettate nelle materie di competenza
 provinciale immediata e diretta applicabilita', prevalente su  quella
 della  legislazione  provinciale  preesistente,  nel territorio delle
 province autonome.
   Le norme di attuazione garantiscono in tal modo alla provincia  uno
 spazio   temporale   per   procedere  all'adeguamento  della  propria
 legislazione ai vincoli che, in forza dello statuto, discendano dalle
 nuove leggi statali, ed escludono che in pendenza di tale adeguamento
 (a  prescindere  dalla  situazione  di  sopravvenuta   illegittimita'
 costituzionale   in   cui,   scaduto   il  termine,  la  legislazione
 provinciale non adeguata puo' trovarsi) l'applicabilita' delle  norme
 di  fonte statale si sostituisca automaticamente a quella delle norme
 provinciali. Da cio' anche la previsione della  possibilita'  per  il
 Governo nazionale di impugnare, entro un ulteriore termine decorrente
 dalla   scadenza   di   quello  per  l'adeguamento,  la  legislazione
 provinciale che non sia stata adeguata  ai  nuovi  vincoli  (art.  2,
 commi 2 e 3, del decreto legislativo n.  266 del 1992).
   Questo  sistema  comporta che una legge statale, dettata in materia
 di competenza provinciale, in ambito diverso da quelli  previsti  dal
 comma  4  del  predetto  art.  2,  la  quale  pretenda  di far valere
 immediatamente  e  direttamente  la  propria  efficacia   anche   nel
 territorio  delle  Province  autonome,  prevalendo sulla legislazione
 provinciale  previgente,  debba ritenersi illegittima, per violazione
 della norma di attuazione statutaria -  non  derogabile  dalla  legge
 ordinaria  dello  Stato  (sentenze  nn.   38 e 40 del 1992; n. 69 del
 1995) - nella parte in cui viene ad essa attribuita tale efficacia.
   Resta tuttavia fermo che la legge statale sopravvenuta, nei  limiti
 in  cui  contenga  nuovi  principi o nuove norme vincolanti, in forza
 dello statuto, nei confronti  del  legislatore  provinciale,  obbliga
 quest'ultimo  a  procedere  al relativo adeguamento, entro il termine
 stabilito; e che il mancato adeguamento entro tale termine da'  luogo
 alla  sopravvenuta  illegittimita'  costituzionale della legislazione
 provinciale non adeguata, suscettibile di essere fatta valere,  oltre
 che  -  in ogni tempo - in via incidentale nei giudizi nei quali essa
 sia destinata a trovare applicazione, in via  principale  su  ricorso
 del Governo nazionale, ai sensi dell'art. 97 dello statuto speciale e
 dell'art. 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 266 del 1992.
   3.  -  La  legge  impugnata  si  presenta  come destinata a trovare
 immediata   applicazione,   dettando   disposizioni    immediatamente
 operative che disciplinano l'utilizzazione delle acque di vegetazione
 residuate  dalla  lavorazione  delle  olive attraverso lo spandimento
 controllato su terreni agricoli: all'operativita' di tale  disciplina
 amministrativa   e   del  connesso  sistema  sanzionatorio  (art.  8)
 consegue, a' termini dell'art. 10, comma 1,  della  legge,  -  ed  e'
 evidentemente     condizionata     ad     essa     -     l'esclusione
 dell'applicabilita', all'attivita' in questione, delle  prescrizioni,
 dei limiti e degli indici di accettabilita' dettati, per gli scarichi
 idrici,   dalla   legge   10   maggio  1976,  n.  319,  e  successive
 modificazioni, e delle relative sanzioni.
   Non puo' seguirsi la tesi interpretativa  sostenuta,  sia  pure  in
 modo   non  del  tutto  univoco,  dalla  difesa  del  Presidente  del
 Consiglio, secondo cui la legge, trovando applicazione  differenziata
 nei   riguardi   delle   diverse  categorie  di  enti  autonomi,  non
 pregiudicherebbe l'applicazione delle speciali  norme  di  attuazione
 contenute  nell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 per la
 regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di
 Bolzano.
   Deve senz'altro ammettersi che, pur nel  silenzio  del  legislatore
 statale,   l'efficacia   vincolante  nei  confronti  dei  legislatori
 regionali  e  provinciali,  esplicata  dalla  legge   impugnata,   si
 differenzi  in  relazione  ai  limiti  e  ai  vincoli rispettivamente
 previsti, per le diverse regioni e per le  province  autonome,  dalla
 Costituzione  e  dai  singoli statuti speciali nonche' dalle relative
 norme di attuazione.   Ma  non  puo'  ritenersi  che  cio'  valga  ad
 escludere   l'immediata   applicabilita'   della   legge  stessa  nel
 territorio della regione Trentino-Alto Adige.   A questa  conclusione
 osta  infatti,  oltre all'assenza di qualsiasi clausola di riserva, e
 alla formulazione delle disposizioni della legge, che non rinviano in
 alcun modo, ai  fini  della  loro  applicabilita',  a  determinazioni
 regionali,  il  dettato  dell'art.  7  della  legge in questione, che
 prevede la semplice facolta', non solo per le regioni, ma  anche  per
 le  province  autonome, espressamente citate, di redigere un piano in
 materia, contenente "ulteriori precisazioni":  il  che  evidentemente
 presuppone  l'applicazione, non condizionata all'entrata in vigore di
 una normativa  regionale  o  provinciale,  delle  norme  della  legge
 statale medesima.
   Se  dunque  il dettato della legge - che oltre tutto non interviene
 in materia che possa considerarsi "nuova", bensi' tende  a  derogare,
 con  una disciplina speciale, a quella generale vigente in materia di
 scarichi idrici - impone di intenderla nel senso che essa si applichi
 senz'altro anche nei territori delle Province autonome, e' giocoforza
 riconoscere che e' violato l'art. 2 del decreto  legislativo  n.  266
 del 1992.
   La  legge  stessa  - nell'insieme delle disposizioni impugnate - va
 dunque dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte  in  cui
 attribuisce alle disposizioni in essa contenute - le quali conservano
 efficacia,  nei  limiti  dello  statuto,  anche  nei  confronti della
 ricorrente - diretta e immediata applicabilita', prevalente su quella
 della  legislazione  provinciale,  nel  territorio   delle   province
 autonome di Trento e di Bolzano.
   Resta  impregiudicato,  in quanto estraneo al presente giudizio, il
 problema  se  il   termine   semestrale   per   l'adeguamento   della
 legislazione  provinciale, e quello successivo per la impugnazione da
 parte  del  Governo  della  legislazione  provinciale  non  adeguata,
 decorrano - quando, come nel caso di specie, la legge statale venga a
 perdere  la diretta applicabilita' nella provincia, ma non la propria
 efficacia  normativa  in  generale,  in   forza   di   pronuncia   di
 illegittimita' costituzionale - dalla data di entrata in vigore della
 legge statale ovvero da quella di efficacia della pronuncia stessa.
   4.   -   E'   assorbito   ogni   altro  profilo  di  illegittimita'
 costituzionale denunciato. In particolare, poiche'  a  seguito  della
 presente  pronuncia  la  legge  statale,  come  si e' detto, viene ad
 operare nei  confronti  delle  province  autonome  solo  nei  termini
 dell'obbligo  di  adeguamento,  nei  limiti  previsti dall'art. 2 del
 decreto legislativo n. 266 del 1992, e dunque in relazione ai vincoli
 statutariamente discendenti dalle norme statali  sopravvenute,  senza
 che  la  provincia sia tenuta all'osservanza di tutte le disposizioni
 della legge medesima, non vi e' luogo a  pronunciarsi  sulle  censure
 mosse  dalla ricorrente circa l'asserita limitazione eccessiva che da
 essa deriverebbe all'ambito della potesta' legislativa provinciale.