ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 34, 431 e 566
 del codice di procedura penale e dell'art. 138 del  d.lgs. 28  luglio
 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
 codice di procedura penale), promossi con n. 8 ordinanze emesse il 26
 febbraio,  il  9,  il  2,  il  23 e il 9 aprile, il 7, il 15 ed il 27
 maggio 1997  dal  pretore  di  Roma,  sezione  distaccata  di  Tivoli
 rispettivamente  iscritte  ai nn. 290, 360, 376, 403, 471, 472, 473 e
 527 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della  Repubblica  nn.  23,  26,  27,  30 e 36, prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 12 novembre 1997 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che con otto ordinanze di identico contenuto, nel corso di
 altrettanti dibattimenti celebrati con rito direttissimo, il  pretore
 di  Roma,  sezione  distaccata  di  Tivoli, ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 34, 431, 566  del  codice  di
 procedura  penale,  e dell'art. 138 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271
 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie  del  codice  di
 procedura  penale),  in  riferimento  agli  artt. 3, primo comma, 24,
 secondo  comma,  25,  primo  comma,  e  27,  secondo   comma,   della
 Costituzione;
     che   le   norme   censurate  violerebbero  i  suddetti  principi
 costituzionali nella parte in cui non prescrivono  che  la  relazione
 dell'ufficiale  o  dell'agente di polizia giudiziaria procedente e le
 dichiarazioni dell'imputato vengano assunte, in  sede  di  convalida,
 nel  rispetto  delle forme dettate per la testimonianza e per l'esame
 dell'imputato nel  dibattimento,  nonche'  nella  parte  in  cui  non
 prevedono l'inserimento di tali atti, acquisiti nelle forme indicate,
 nel fascicolo per il dibattimento;
     che, ad avviso del rimettente, il principio affermato dalla Corte
 costituzionale  nelle  numerose decisioni in tema di incompatibilita'
 ex art. 34  cod.  proc.  pen.  -  secondo  cui  "una  valutazione  di
 contenuto   sulla   probabile  fondatezza  dell'accusa"  anticipa  il
 giudizio  -,  combinato  con  quanto  affermato  dalla  stessa  Corte
 (sentenza  n.  177  del 1996) in riferimento al giudizio direttissimo
 avanti al pretore,  allorche'  ha  escluso  che  la  decisione  sulla
 convalida   dell'arresto   e   sulla   misura   cautelare   determini
 l'incompatibilita' del giudice chiamato a celebrare  il  dibattimento
 con  il  rito  direttissimo,  dovrebbe  comportare che l'acquisizione
 degli elementi di valutazione nella fase della convalida avvenga  nel
 rispetto  delle  forme  e  con  le  garanzie  proprie  della fase del
 giudizio: in particolare per quanto "concerne i qualificanti  momenti
 della  cosiddetta  relazione orale dell'ufficiale o agente di polizia
 giudiziaria procedente e della dichiarazione  dell'arrestato  che,  a
 norma  dell'art.  566 cod. proc. pen., viene "sentito'' ai fini della
 convalida";
     che infatti, secondo il giudice a quo  solamente  rispettando  le
 forme  previste  per  il  dibattimento  potrebbe  essere garantita la
 compatibilita'  di  tali  momenti  con  i  parametri   costituzionali
 rappresentati  dagli  artt.  3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e
 27, secondo comma, della Costituzione, cosi'  salvaguardandosi  anche
 "l'aspetto della loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio";
     che  il  rimettente, premesso di aver gia' provveduto al giudizio
 di convalida e alla applicazione delle misure cautelari, motiva sulla
 rilevanza osservando che  il  giudizio  -  nel  corso  del  quale  la
 questione   e'  stata  sollevata  -  si  trova  proprio  "nella  fase
 dibattimentale  conseguente  alla  convalida  (...),   dove   trovano
 applicazione le norme censurate";
     che  e'  intervenuto nei vari giudizi il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo, con distinti ma identici atti di intervento, che la
 questione sia dichiarata manifestamente infondata.
   Considerato  che  in  relazione all'identico tenore delle ordinanze
 deve disporsi la riunione dei relativi giudizi;
     che identica questione e' stata  gia'  dichiarata  manifestamente
 inammissibile  da  questa Corte con ordinanza n. 301 del 1997, con la
 quale si e' rilevato che la questione era stata sollevata  quando  il
 rimettente aveva gia' provveduto sulla convalida dell'arresto e sulla
 richiesta  di  misura  cautelare,  ed  aveva  gia'  avuto  inizio  il
 dibattimento, con la conseguenza che la questione  medesima,  essendo
 volta  a  modificare  le  modalita' di assunzione degli atti raccolti
 durante la fase della convalida dell'arresto, rispetto alla quale  il
 giudice  a  quo aveva oramai esaurito la sua cognizione, difettava di
 rilevanza in relazione al giudizio di merito nell'ambito  del  quale,
 ancorche' in limine era stata sollevata;
     che  anche  la  questione oggetto dei presenti giudizi riuniti e'
 stata sollevata dopo che il giudice a quo aveva gia' provveduto sulla
 convalida dell'arresto e sulla  richiesta  di  misura  cautelare,  ed
 aveva  gia'  avuto  inizio  il  dibattimento,  sicche'  essa,  per le
 considerazioni sopra richiamate, difetta di rilevanza;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.