Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato
 e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso  i  cui  uffici
 domicilia  in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12, contro la regione
 Umbria, in persona del presidente della Giunta  regionale  in  carica
 per  la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della delibera
 legislativa "Disciplina delle  deroghe  previste  dall'art.  9  della
 direttiva  CEE n. 409/1979 concernente la conservazione degli uccelli
 selvatici", approvata dal Consiglio regionale  della  regione  Umbria
 nella  seduta  del 7 ottobre 1997, rinviata a nuovo esame con atto 23
 ottobre 1997, rinviata a  nuovo  esame  con  atto  23  ottobre  1997,
 riapprovata  dal  Consiglio  regionale  a  maggioranza assoluta nella
 seduta del 17 novembre 1997 e comunicata al Commissario  del  Governo
 il 22 novembre.
   1.  -  La  delibera  legislativa  approvata il 7 ottobre 1997 detta
 disposizioni che conferiscono alle province il potere di disporre "il
 prelievo in deroga" di fauna selvatica ai  sensi  dell'art.  9  della
 direttiva  79/409/CEE  sulla  protezione  degli uccelli selvatici. Il
 testo si attiene (ma non fedelmente e compiutamente) alle  condizioni
 e alle modalita' prescritte dalla succitata norma comunitaria.
   2.  -  Detta  delibera  e' stata fatta oggetto di rinvio con cui il
 Governo ha rilevato che: "la suddetta legge con la quale  la  regione
 Umbria  regolamenta  il prelievo in deroga delle specie cacciabili e'
 censurabile in quanto eccede  la  competenza  regionale  in  materia.
 Come  ribadito dalla Corte costituzionale (cfr. sentenze nn. 272/1996
 e 1002/1988)  l'elenco  delle  specie  cacciabili  costituisce  norma
 fondamentale  di  riforma  economico-sociale  vincolante ogni tipo di
 competenza legislativa regionale. La legge in esame viola  l'art.  18
 della  legge  n.  157/1992  in  relazione  all'art. 9 della direttiva
 comunitaria 2 aprile 1979, n. 409".
   3. - Il Consiglio regionale nella seduta del 17  novembre  1997  ha
 riapprovato  a  maggioranza assoluta il medesimo testo, comunicato il
 22 novembre 1997.
   Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 28  novembre  1997,  ha
 deliberato l'impugnazione dinanzi alla Corte costituzionale che viene
 ora proposta con il presente atto, sostenuta dai seguenti motivi.
   4. - Con la sentenza n. 272/1996 (citata nel rinvio governativo) la
 Corte costituzionale ha ritenuto che "i divieti posti dalla direttiva
 in  tema  di specie cacciabili sono suscettibili di modifica solo nei
 limiti del potere di variazione degli elenchi delle specie  medesime,
 riservato  alla  Stato  dall'art. 18, terzo comma, della legge n. 157
 del 1992".
   D'altra parte, se e' vero che deve esservi - come in effetti accade
 -  una  relazione  di  conformita'  tra  l'art.  18  e  la  direttiva
 comunitaria  (nel  senso  che il primo non puo' includere nell'elenco
 specie che la seconda sottopone a protezione assoluta) e' anche  vero
 che  l'art.    18  ha  un  valore  che  va  oltre la attuazione della
 direttiva; esso costituisce, secondo una consolidata  giurisprudenza,
 norma   fondamentale   di   riforma   economico-sociale   con   forza
 assolutamente vincolante nei riguardi delle Regioni.
   Con pieno  fondamento,  quindi,  il  Governo  ha  rinviato,  e  ora
 impugnato,  la  delibera  legislativa  della regione Umbria rilevando
 l'incompetenza della regione a dettare norme in contrasto con  l'art.
 18 che percio' risulta violato dalle norme stesse.
   Non  puo'  valere in contrario la circostanza che la regione - come
 si puo' desumere dal tenore dell'art. 1 della delibera impugnata  ove
 si  richiama  il  decreto legislativo n. 143/1997 - abbia ritenuto di
 essere legittimata da detto decreto a regolare e applicare le deroghe
 comunitarie.
   Questo provvedimento infatti mantiene espressamente (art.  2.2)  al
 Ministero  per  le politiche agricole le competenze in tema di specie
 cacciabili.
   Va comunque  osservato  che,  in  tema  di  specie  cacciabili,  la
 attribuzione   statale  non  si  esaurisce  nell'ambito  ministeriale
 considerato dal decreto legislativo n. 143/1997, dando luogo  ad  una
 competenza governativa ai sensi del comma 3 dell'art. 18.
   Infme,  si potrebbe aggiungere che la introduzione nell'ordinamento
 interno delle "deroghe" prevista  dall'art.  9  della  direttiva  non
 costituisce  attuazione  obbligatoria  della  direttiva stessa bensi'
 l'esercizio di una facolta' accordata allo Stato  membro;  e  che  in
 osservanza  della  direttiva  le deroghe possono essere disposte solo
 per esigenze effettive connesse ad  interessi  generali  di  indubbia
 pertinenza  statale  (navigazione  aerea, sicurezza pubblica, ricerca
 scientifica).
   Sotto questo profilo, che e' essenziale per una corretta attuazione
 della direttiva, si puo' rilevare una totale carenza  della  delibera
 impugnata,  omettendo  questa  di stabilire le indispensabili misure,
 anche procedurali, atte a garantire che le deroghe  vengano  disposte
 dalle  province  solo per soddisfare esigenze effettive inerenti agli
 interessi  generali  tassativamente  indicati   dall'art.   9   della
 direttiva.