ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 9 cpv. del
 codice di procedura  civile  promosso  con  ordinanza  emessa  il  29
 gennaio  1997  dal  giudice  istruttore  del  tribunale  di Lecce nel
 procedimento vertente tra IN.CO.MER.  s.r.l.  e  il  Ministero  delle
 finanze  iscritta  al n. 116 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
 nella    Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  13,  prima serie
 speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 novembre 1997 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Ritenuto che nel corso di un processo civile, avente ad oggetto una
 richiesta di rimborso di tassa sulle societa', il giudice  istruttore
 del  tribunale  di  Lecce  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 107, terzo comma, della
 Costituzione, dell'art. 9 cpv. cod. proc.  civ.,  limitatamente  alle
 parole "in materia di imposte e tasse";
     che  il  rimettente, dopo aver premesso che la causa posta al suo
 giudizio viene trattata col nuovo rito processuale di cui alla  legge
 n.  353 del 1990 e successive modifiche, ha osservato che tale causa,
 avendo per oggetto una richiesta di  rimborso  per  lire  18.500.000,
 dovrebbe  essere  devoluta  alla  competenza  per valore del pretore,
 mentre e' di competenza del tribunale in forza della riserva  di  cui
 all'impugnato art. 9 cod. proc. civ.;
     che  alla  luce della citata riforma, che ha istituito il giudice
 unico anche in tribunale, riservando  alla  decisione  collegiale  le
 cause  di cui all'art. 48 dell'Ordinamento giudiziario, la competenza
 per materia del tribunale si giustifica solo nelle cause di cui  alla
 predetta norma, fra le quali non rientrano quelle tributarie;
     che  nel  permanere  di tale competenza per materia il rimettente
 ravvisa violazione degli  indicati  parametri  costituzionali,  tanto
 piu'  che  l'art.  21-sexies  del  decreto-legge  n.  306  del  1992,
 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.
 356, ha introdotto il principio della reversibilita' di funzioni  tra
 magistrati;
     che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso
 dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione
 venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
   Considerato   che   nel   caso   specifico,  trattandosi  di  causa
 incardinata secondo le nuove regole processuali e, quindi,  destinata
 alla  decisione  del giudice istruttore in funzione di giudice unico,
 sussiste la legittimazione di quest'ultimo a sollevare  questione  di
 costituzionalita'  di  norme riguardanti la definizione del processo,
 dopo averne valutato la  concreta  rilevanza  (sentenza  n.  204  del
 1997);
     che  il  presupposto interpretativo dal quale muove il rimettente
 deve ritenersi erroneo, poiche' lo schema complessivo della legge  n.
 353  del 1990 (e successive modifiche) dimostra che il legislatore ha
 perseguito il tendenziale obiettivo di affidare la decisione di primo
 grado ad un giudice unico, obiettivo che verra' portato a  definitivo
 compimento  quando  il Governo dara' attuazione alla delega contenuta
 nella legge 16 luglio 1997, n. 254;
     che e' erronea  l'affermazione  secondo  cui  la  competenza  per
 materia  del  tribunale  e'  stata  mantenuta  soltanto  per le cause
 riservate alla decisione collegiale in base all'art. 48 del  r.d.  30
 gennaio 1941, n. 12;
     che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa Corte, il
 legislatore gode della piu' ampia  discrezionalita'  nel  dettare  le
 norme  processuali,  col  solo  limite rappresentato dal principio di
 ragionevolezza (v.  le sentenze n. 295 del 1995, n. 65 del  1996,  n.
 94 del 1996, nonche' l'ordinanza n. 7 del 1997);
     che  tale  affermazione e' stata in piu' occasioni ribadita sulla
 specifica materia della ripartizione  della  competenza  tra  i  vari
 organi  giurisdizionali,  non  potendosi  ritenere che l'attribuzione
 all'uno o all'altro giudice della decisione di certe cause si traduca
 in un'irrazionalita' del sistema od in una disparita' di  trattamento
 tra  cittadini  (v.,  ex plurimis le ordinanze n. 257 del 1995, n. 63
 del 1997 e n. 139 del 1997);
     che,  in  particolare,  non  e'   ravvisabile   alcuna   evidente
 irragionevolezza  nell'aver  mantenuto  la competenza per materia del
 tribunale per le cause in materia di imposte e tasse;
     che va anche ribadita l'estraneita' dell'invocato art. 107, terzo
 comma, della Costituzione  rispetto  alle  norme  sulla  ripartizione
 della  competenza,  trattandosi di parametro relativo allo status dei
 giudici (ordinanza n. 63 del 1997);
     che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.