IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  n.  95/250
 reg.  dibattimento  a  carico  di  Franci  Andrea  e Soldati Silvano,
 imputati dei reati di cui agli artt. 21, legge n. 319/1976, 25 d.P.R.
 n. 915/1982, art. 26 d.P.R. n. 915/1982, nonche' art. 3,  comma  5  e
 9-octies,  legge  9  novembre  1988, n. 475 per non avere ottemperato
 agli obblighi inerenti la tenuta dei registri di carico e scarico dei
 rifiuti tossico  nocivi  e  speciali,  ritiene  di  dovere  sollevare
 d'ufficio  eccezione  di costituzionalita' dell'art. 52, commi 1 e 2,
 del d.lgs. 5 febbraio 1977, n. 22 nella parte in cui prevede sanzioni
 di tipo amministrativo per le violazioni degli obblighi  relativi  ai
 registri  di  carico  e scarico dei rifiuti pericolosi per violazione
 degli artt. 3-9, secondo comma,  10,  primo  comma,  76  e  77  della
 Costituzione.
   Infatti,  il  decreto  legislativo  in  esame  e' stato emanato dal
 Governo  come  legge  delegata   (per   l'attuazione   di   direttive
 comunitarie),  e, pertanto, non puo' contenere norme in contrasto con
 i principi dettato dal Parlamento, cosi' come sancito dagli artt.  76
 e 77 della Costituzione.
   Pertanto  occorre  verificare  preliminarmente la conformita' delle
 sanzioni amministrative citate rispetto ai dettami della legge delega
 e cioe' della legge 22  febbraio  1994,  n.  146  (legge  comunitaria
 1993), il cui art. 1 conferisce al Governo la delega per l'attuazione
 di  numerose  direttive, tra cui la n. 91/156 CEE e 91/689 CEE l'art.
 2, lettera  d)  di  questa  legge  stabilisce,  infatti,  che  "salva
 l'applicazione   delle  norme  penali  vigenti,  ove  necessario  per
 assicurare l'osservanza  delle  disposizioni  contenute  nei  decreti
 legislativi, saranno previste sanzioni amministrative e penali per le
 infrazioni  alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali,
 nei  limiti,  rispettivamente,  dell'ammenda  fino  a  lire  duecento
 milioni  e  dell'arresto  fino  a  tre  anni, saranno previste in via
 alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano  o
 espongano  a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del
 tipo di quelli tutelari degli artt.  34 e 35 della legge 24  novembre
 1981,  n.  689.  In  tali casi saranno previste: la pena dell'ammenda
 alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo  o
 danneggino  l'interesse  protetto;  la  pena dell'arresto congiunta a
 quella  dell'ammenda  per  le  infrazioni  che  recano  un  danno  di
 particolare gravita'. La sanzione amministrativa del pagamento di una
 somma  non  inferiore  a  lire  cinquantamila  e non superiore a lire
 duecento milioni sara'  prevista  per  le  infrazioni  che  ledano  o
 espongono a pericolo interessi diversi da quelli suindicati.
   Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e  massimi  previsti, le sanzioni
 suindicate saranno determinate nella loro entita' tenendo conto della
 diversa potenzialita' lesiva  dell'interesse  protetto  che  ciascuna
 infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del
 colpevole,  comprese  quelle  che  impongono  particolari  doveri  di
 prevenzione,   controllo   o   vigilanza,   nonche'   del   vantaggio
 patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole o alla persona
 o  ente  nel  cui  interesse  egli agisce. In ogni caso, in deroga ai
 limiti sopra  indicati,  per  le  infrazioni  alle  disposizioni  dei
 decreti legislativi saranno previste sanzioni penali o amministrative
 identiche  a quelle eventualmente gia'  comminate dalle leggi vigenti
 per violazioni che siano omogenee e  di  pari  offensivita'  rispetto
 alle infrazioni medesime".
   E' stato a questo punto rilevato che la legge delega, delineando il
 quadro   delle   sanzioni  (amministrative  e  contravvenzionali)  da
 irrogare per garantire il rispetto  delle  prescrizioni  comunitarie,
 mentre  privilegia,  di  regola,  le  sanzioni amministrative, indica
 espressamente, come eccezione, il settore della tutela dell'ambiente.
 Infatti, essa, come si e' detto, prevede espressamente sanzioni  solo
 penali  nei  casi  in cui le infrazioni ledano o espongano a pericoli
 interessi  generali  dell'ordinamento  interno  del  tipo  di  quelli
 tutelati  dall'art.  34  della  legge  n.  689  del 1981, fra i quali
 rientra certamente l'interesse alla tutela dell'ambiente. Infatti  il
 citato  art. 34 (lettere g) ed h) esclude dalla depenalizzazione, tra
 l'altro, le violazioni (tutte incluse quelle  c.d.  "formali")  della
 legge  Merli  e quelle della legge antismog (le leggi sui rifiuti non
 sono menzionate perche' nel 1981 non ne esistevano. Da cio'  si  deve
 necessariamente  ricavare che la tutela dell'ambiente e' un interesse
 generale dell'ordinamento interno, il quale, secondo il  legislatore,
 non puo' essere presidiato solo con sanzioni amministrative.
   Rileggendo  il  quadro  sanzionatorio che emerge dal decreto appare
 subito evidente che non  si  e'  sempre  tenuto  conto  dei  principi
 delineati  dalla  legge  delega.  Cio'  e'  particolarmente  evidente
 nell'art.  52  che,  come  si  e'  detto,   commina   sanzioni   solo
 amministrative  per  la  violazione  degli  obblighi di comunicazione
 annuale e di tenuta dei registri di carico  e  scarico  dei  rifiuti,
 anche se pericolosi.
   Trattasi,  infatti  in  primo  luogo, di violazioni di norme tese a
 tutelare l'ambiente e cioe' quell'interesse  generale  che  la  legge
 delega  ritiene  debba  essere  presidiato  con sanzioni penali e non
 amministrative. Peraltro, la formulazione stessa del citato art.   2,
 lettera  d), incentrato sugli "interessi generali", quali quello alla
 tutela dell'ambiente  (contrapposti,  come  eccezione,  a  tutti  gli
 altri),  e  con  il richiamo proprio alle norme escluse - in blocco e
 senza distinzioni,  in  quanto  relative  all'interesse  alla  tutela
 ambientale  - dalla depenalizzazione nel 1981, sembra voler escludere
 qualsiasi  possibilita' di irrogazione di sanzioni amministrative nel
 recepimento   delle   prescrizioni   che   garantiscono   la   tutela
 dell'ambiente,  quali  sono  quelle  in esame. Anzi, seguendo il dato
 letterale, la  sanzione  amministrativa  e'  prevista  solo  per  "le
 infrazioni  che  ledano  o espongono a pericolo interessi diversi" da
 quello della tutela dell'ambiente; per cui, nel  caso  in  esame,  la
 scelta  di  sanzione  amministrativa  sarebbe  consentita  solo se si
 ritenesse che le violazioni  relative  all'obbligo  di  comunicazione
 annuale  e  di  registro  di  carico  e scarico dei rifiuti "ledano o
 espongano a  pericolo"  interessi  diversi  da  quello  della  tutela
 dell'ambiente.
   In  questo  quadro,  quindi, la dizione "infrazioni che espongano a
 pericolo o danneggino l'interesse protetto" non sembra assumere alcun
 significato particolare o limitativo, essendo, oltre  tutto  pacifico
 che, pur senza voler addentrarsi in dissertazioni sulla struttura del
 reato  e  sul  bene  giuridico, la violazione delle prescrizioni tese
 alla tutela dell'ambiente dai rifiuti comporta sempre, direttamente o
 indirettamente,  una  lesione  o  una  messa  in  pericolo  del  bene
 protetto.
   E',  tuttavia,  altrettanto  evidente che il legislatore (delegato)
 del decreto legislativo n.  22  ha  voluto  intendere  invece  questa
 indicazione  non  in  senso  cosi'  rigido  e  generalizzato,  ed  ha
 preferito, di regola interpretarla nel senso di riservare le sanzioni
 penali solo alle violazioni che  riteneva  comunque  "piu'  gravi"  e
 pericolose  per  l'ambiente;  e,  nel compiere questa valutazione, ha
 considerato un complesso di vari elementi, fra  cui  spiccano,  oltre
 alla  pericolosita' diretta della condotta, altri elementi, quali, ad
 esempio, la natura  dell'attivita'  svolta  ed  il  tipo  di  rifiuti
 prodotti.  Tanto  e'  vero che, ad esempio, l'abbandono o il deposito
 incontrollato di  rifiuti,  violazione  che  non  e'  certamente  una
 violazione   formale  ma  una  "aggressione  diretta",  anche  questa
 suscettibile  di  critica  nelle  sedi  opportune  viene  punito  con
 sanzione  amministrativa  ai  sensi  degli  artt. 14 e 5, comma 1, se
 commesso da privato, e con  sanzione  penale  solo  se  commesso  dal
 titolare di impresa o ente (art. 51, comma 2).
   Mentre  tutte  le  violazioni,  certamente  "formali", connesse con
 l'inosservanza   delle    procedure    (anche    semplificate)    per
 autorizzazione  o  iscrizione  da  parte  delle  imprese che compiono
 attivita' di gestione dei rifiuti, sono sempre penalmente  sanzionate
 dall'art.   51,  commi  1  e  2  (anzi,  "se  si  tratta  di  rifiuti
 pericolosi", addirittura con la pena congiunta che  la  legge  delega
 riserva   alle   "infrazioni  che  recano  un  danno  di  particolare
 gravita'".
   Cosi' come, nel  caso,  di  violazioni  relative  al  formulano  di
 trasporto  di  rifiuti - e, quindi, come quelle attinenti al registro
 di carico e scarico ed alla  comunicazione  annuale,  certamente  non
 direttamente  aggressivo  del bene protetto -, l'art. 52, comma 3 del
 decreto legislativo n. 22 prevede sanzione amministrativa, ma, se  il
 trasporto  riguarda  rifiuti pericolosi, fa espressamente eccezione e
 richiama - diversamente da quanto avviene per i registri di carico  e
 scarico  -  addirittura  le pene del delitto di cui all'art. 483 c.p.
 (anche questa disparita' tra registri e formulario lascia perplessi).
   Lo  stesso art. 52, comma 4, si preoccupa di prevedere una autonoma
 (e piu' blanda) sanzione amministrativa, nel caso che  le  violazioni
 agli  obblighi  relativi  sia  ai registri di carico e scarico sia ai
 formulari per il trasporto, anche se relative a  rifiuti  pericolosi,
 siano  solo  formale (arti. 52, comma 4: "se le indicazioni di cui ai
 commi 2 e 3 sono formalmente  incomplete  o  inesatte  ma  contengono
 tutti  gli  elementi  indispensabili  per ricostruire le informazioni
 dovute per legge"). Il che porta a ritenere che l'art. 52, commi 2  e
 3,  rispettivamente  con  riferimento  agli  obblighi  di registro di
 carico e scarico e  del  formulario  per  il  trasporto,  indichi  la
 sanzione  per  le  altre  violazioni,  ritenute,  evidentemente,  non
 meramente formale, e piu' gravi. Tanto piu'  che  contemporaneamente,
 nella stessa ottica, il legislatore esonera totalmente dagli obblighi
 della  comunicazione  annuale  e  dei  registri  di  carico e scarico
 limitatamente alla produzione di rifiuti non  pericolosi,  i  piccoli
 imprenditori  artigiani  che  non  hanno piu' di tre dipendenti (art.
 11,l comma 3), ritenendo, con ogni evidenza che si tratta di  modeste
 attivita'  le  quali,  qualora  non producano rifiuti pericolosi, non
 costituiscono un apprezzabile pericolo per l'interesse tutelato.
   In questo quadro, allora, se anche si vuole usare lo  stesso  metro
 del   legislatore  delegato,  appare  del  tutto  incomprensibile  la
 previsione di sanzioni solo amministrative (anche se piu' pesanti  se
 vi  sono  rifiuti  pericolosi)  per tutte le violazioni relative alla
 comunicazione annuale ed al registro di carico  e  scarico  (che  non
 rientrino, ovviamente, nell'ambito dell'art. 52, comma 4), escludendo
 -  a  differenza  di  quanto avviene per il formulario di trasporto -
 qualsiasi  sanzione  penale,  anche  se  sono  relative   a   rifiuti
 pericolosi.
   Resta  da  sottolineare - e non sembra irrilevante sotto il profilo
 sostanziale -  che  le  violazioni  in  esame  comprendono  anche  la
 falsita' delle registrazioni del registro di carico e scarico e cioe'
 quelle  violazioni  che molto spesso, come insegna l'esperienza degli
 ultimi 15 anni, sono i primi elementi da cui iniziare le indagini per
 reprimere la ecomafia dei rifiuti, da qui  derivano,  in  concreto  e
 direttamente,   danni   incalcolabili  all'ambiente  ed  alla  salute
 pubblica. In altri termini, gli obblighi relativi alla  comunicazione
 annuale  ed al registro di carico e scarico sono certamente, sotto il
 profilo sostanziale, obblighi il cui rispetto e'  indispensabile  per
 tenere  sotto  controllo  tutto  il  settore della produzione e dello
 smaltimento dei rifiuti, troppo  spesso  in  mano  alla  criminalita'
 organizzata:  e'  noto  come  in  questo  settore  il primo controllo
 riguarda la veridicita' e la completezza di quanto  dichiarato  nelle
 comunicazioni  annuali,  nei  registri  e nei formulari di trasporto.
 Depenalizzare  questi  obblighi  anche  con  riferimento  ai  rifiuti
 pericolosi, per tanto, equivale ad escludere, di norma, la competenza
 della  polizia  giudiziaria, e quindi, in sostanza, a depotenziare la
 possibilita' (gia' minima di effettuare questi controlli (adesso, per
 altro, affidati, ai sensi dell'art. 20, comma 1,  lettera  c)  e  55,
 comma  1, decreto legislativo n. 22, alle province, senza fornir loro
 alcun  potenziamento  di  uomini  e  mezzi,  gia'   oggi   largamente
 insufficienti),   esponendo   concretamente  a  pericolo  l'interesse
 generale  alla  tutela  dell'ambiente.  Il  che  e'   particolarmente
 evidente  proprio  con  riferimento  ai  rifiuti pericolosi come, del
 resto, risulta chiarissimo da altre disposizioni dello stesso decreto
 legislativo che  considerano  giustamente  fondamentali  i  controlli
 sulla  "vita" dei rifiuti, soprattutto pericolosi onde non mettere in
 pericolo il diritto all'ambiente. Basta ricordare  che,  in  perfetta
 sintonia  rispetto alle direttive comunitarie, il decreto legislativo
 n.  22  dispone  che  occorre  "assicurare  una  elevata   protezione
 dell'ambiente  e controlli efficaci, tenendo conto della specificita'
 dei   rifiuti   pericolosi"   (art.   2);   ed    aggiunge,    ancora
 significativamente,   che   le  province  "sottopongono  ad  adeguati
 controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che  smaltiscono  o
 recuperano   rifiuti,  curando,  in  particolare  i  controlli  sulle
 attivita'  sottoposte  alle  procedure  semplificate  ...  e  che   i
 controlli   concernenti  la  raccolta  ed  il  trasporto  di  rifiuti
 pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine  e  la  destinazione
 dei  rifiuti"  (art.  20,  comma 6).   Controlli che, come gia' si e'
 osservato, si basano, appunto  sugli  strumenti  della  comunicazione
 annuale,  del  registro  di  carico e scarico e del formulario per il
 trasporto.
   Devesi, infine rilevare che la scelta della sanzione penale per  le
 violazioni  in  esame  se  relative  a  rifiuti pericolosi, sembra da
 privilegiare anche per rispetto degli  obblighi  assunti  dal  nostro
 paese  verso  la  Unione  europea.  Infatti,  proprio  recentemente e
 proprio in relazione alle sanzioni previste dalla normativa  italiana
 sui  rifiuti,  la  Corte  europea  di giustizia ha ricordato che "gli
 Stati membri sono tenuti, nell'ambito della liberta' che  viene  loro
 lasciata  dall'art.  189,  terzo  comma, del Trattato, a scegliere le
 forme e i mezzi piu' idonei al fine di garantire l'efficacia  pratica
 delle  direttive";  ed ha precisato che "l'art. 5 del trattato impone
 agli Stati membri di adottare tutte le misure  atte  a  garantire  la
 portata  e l'efficacia del diritto comunitario. A tal fine, ..., essi
 devono vegliare a che le violazioni  del  diritto  comunitario  siano
 sanzionate  sotto  il  profilo  sostanziale e procedurale, in termini
 analoghi a quelli previsti per le  violazioni  del  diritto  interno,
 simili per natura ed importanza e che in ogni caso, conferiscano alla
 sanzione  stessa  un carattere di effettivita', di proporzionalita' e
 di capacita' dissuasiva ..."  (Corte  di  giustizia,  sezione  I,  12
 settembre  1996,  Gallotti  ed  altri). Ne consegue che, alla stregua
 delle  considerazioni  gia'  svolte,  aver  previsto  solo   sanzioni
 amministrative   per   la  violazione  dell'obbligo  comunitario  del
 registro di carico e scarico dei rifiuti anche se pericolosi (imposto
 dall'art. 14 direttiva 91/156 e dall'art.  4 direttiva 91/689),  puo'
 fare  ritenere  che il nostro paese sia venuto meno agli obblighi che
 derivano all'Italia dalla partecipazione  alla  Unione  europea,  con
 violazione degli artt. 10 e 11 della Costituzione.
   Considerato  che  per quanto sopra la norma depenalizzante il fatto
 in  questione  potrebbe  essere   dichiarata   incostituzionale   per
 violaziore  degli  articoli  della  Corte  sopra  indicati;  ritenuta
 rilevante ai fini del giudizio la soluzione della dedotta questione.