Ricorso  della  regione  del  Veneto,  in  persona  del  presidente
 pro-tempore  della  giunta  regionale,  on.  dott.  Giancarlo  Galan,
 rappresentata  e  difesa, come da delega a margine del presente atto,
 ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale  n.  4567,  del  22
 dicembre  1997,  di  autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti
 Romano Morra e proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo  Luciani,  ed
 elettivamente  domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma,
 lungotevere  delle Navi n. 30, contro il Presidente del Consiglio dei
 Ministri per la dichiarazione di illeggittimita'  costituzionale  del
 d.-l.  1 dicembre 1997, n. 411, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale -
 serie  generale - n. 280 del 1 dicembre 1997, recante "Misure urgenti
 per gli accertamenti in materia di produzione lattiera":
     quanto all'art.  1,  commi  1,  2  e  3,  in  quanto  dispone  la
 restituzione  ai produttori degli importi trattenuti dagli acquirenti
 a titolo  di  prelievo  supplementare  limitatamente  al  periodo  di
 produzione   lattiera  1996-1997  e  limitatamente  alla  percentuale
 dell'80% o 20%;
     quanto all'art. 2, comma 1,  lett.  d),  in  quanto  dispone  che
 l'AIMA determini gli effettivi quantitativi di latte commercializzato
 nei  periodi  1995-1996  e  1996-1997  con  particolare  riguardo  ai
 contratti di circolazione delle quote  latte,  quali  le  soccide,  i
 comodati di stalla, gli affitti di azienda di durata inferiore ai sei
 mesi;
     quanto all'art. 2, comma 2, in quanto dispone che, entro quindici
 giorni  dalla  entrata in vigore del medesimo decreto, gli acquirenti
 debbano inviare all'AIMA i contratti di cui al comma 1, lett.  d),  a
 pena  di  revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto
 del Presidente della Repupplica n. 569 del 1993;
     quanto all'art. 2, comma 3,  lett.  c),  in  quanto  dispone  che
 l'AIMA  debba  aggiornare  i  quantitativi di riferimento dei singoli
 produttori per i periodi 1995-1996,  1996-1997  e  1997-1998  tenendo
 conto dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' conformi alla
 normativa  vigente,  per  i medesimi periodi sopra citati, comunicati
 dalle regioni e dalle province autonome e pervenuti all'AIMA entro il
 15 novembre 1997;
     quanto all'art. 2, comma 4,  in  quanto  dispone  che  i  termini
 previsti dal precedente comma 3 sono perentori;
     quanto  all'art.  2,  comma 5, in quanto dispone che l'AIMA debba
 comunicare ai produttori, entro  sessanta  giorni  dalla  entrata  in
 vigore  del  decreto  medesimo,  mediante  lettera  raccomandata  con
 ricevuta  di  ritorno,  i  quantitativi  di  riferimento  individuali
 assegnati  ed  i quantitativi di latte commercializzato, accertati ai
 sensi dei commi da 1 a 3 e che gli interessati possono presentare,  a
 pena  di  decadenza,  ricorso  di riesame entro quindici giorni dalla
 data di ricezione della suddetta comunicazione;
     quanto all'art. 2, comma 6, in quanto dispone che i c.d.  ricorsi
 di riesame debbano essere presentati alle regioni;
     quanto all'art. 2, comma 8, in quanto dispone che le decisioni in
 ordine  ai  ricorsi  di riesame debbano essere adottate, e comunicate
 all'AIMA, entro  il  termine  perentorio  di  sessanta  giorni  dalla
 scadenza  del  termine  per  la presentazione dei medesimi, di cui al
 comma  5,  e  che  le  decisioni  pervenute  oltre  suddetto  termine
 perentorio  sono  considerate  irricevibili, salva la responsabilita'
 civile,  penale,  amministrativa  e  disciplinare  degli  autori  del
 ritardo;
     quanto all'art. 2, comma 9, in quanto dispone che qualora l'esito
 del  ricorso  di riesame comportasse una conferma dei quantitativi di
 riferimento individuali assegnati dall'AIMA, o  dei  quantitativi  di
 latte   commercializzato   accertati   dall'AIMA,   i   costi   degli
 accertamenti,  nella  misura  determinata  da  ciascuna   regione   o
 provincia autonoma, sono a carico del produttore ricorrente;
     quanto  all'art.  2, comma 10, in quanto dispone che con apposito
 decreto del Ministro  delle  politiche  agricole  di  intesa  con  la
 conferenza  permanente  per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le
 province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  siano  disciplinate   le
 modalita' per l'istruttoria dei ricorsi del riesame;
     quanto  all'art.  3, comma 1, in quanto dispone la mera rettifica
 della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996;
     quanto all'art. 4 in quanto dispone che l'AIMA  proceda,  per  il
 periodo  1997-1998,  all'aggiornamento  degli  elenchi dei produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti, che  andranno
 a sostituire qualsiasi precedente assegnazione;
     quanto   all'art.  5  in  quanto  dispone  che,  per  il  periodo
 1998-1999, in deroga a quanto previsto dall'art. 1 del  decreto-legge
 n. 11 del 1997, convertito con modificazioni in legge n. 81 del 1997,
 l'AIMA   provvede  all'aggiornamento  degli  elenchi  dei  produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti.
                               F a t t o
   1.1.  -  Il  regime  delle  c.d.  quote   latte,   finalizzato   al
 contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo,
 e'   stato   introdotto  in  Italia,  dopo  lungo  contenzioso  circa
 l'effettiva entita' della produzione interna e la  irrogazione  delle
 relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468.
   Tale  testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2 comma 2, la
 redazione di elenchi dei produttori  titolari  di  quota  e  la  loro
 pubblicazione  in  appositi  bollettini  all'azienda di Stato per gli
 interventi  nel  mercato  agricolo  (AIMA),  all'art.  2,  comma   2,
 limitatamente  ai  produttori  di  associazioni aderenti alla UNALAT,
 dispone la  articolazione  della  quota  in  due  parti:  l'una  (A),
 commisurata  alla  produzione  di  latte commercializzata nel periodo
 1988-1989;  l'altra  (B),   rapportata   alla   maggiore   produzione
 commercializzata nel periodo 1991-1992.
   Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/68, del 27
 giugno  1968,  contemplava  la periodica rideterminazione delle quote
 nazionali spettanti all'Italia, i commi 6 e 8  dello  stesso  art.  2
 assegnavano  alle  regioni  il  compito  di  vigilare sulla effettiva
 produzione  dei  singoli  operatori  e  di  comunicare  all'AIMA  per
 l'aggiornamento  del  bollettino  le  eventuali  situazioni  di quota
 assegnata   superiore   a   quella   effettiva,   e    al    Ministro
 dell'agricoltura  e  foreste,  acquisito  il  parere della conferenza
 permanente per i rapporti tra lo Stato e  le  regioni  e  sentite  le
 organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di
 eccedenza  delle  quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei
 commi 2 e  3  rispetto  alle  quote  nazionali  individuate  in  sede
 comunitaria,  di stabilire con proprio decreto i criteri generali per
 il  pieno  allineamento  con  le  quote  nazionali  nell'arco  di  un
 triennio.  Lo  stesso  comma  8  imponeva  che,  con riferimento alle
 riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza
 di mantenere  nelle  aree  di  montagna  e  svantaggiate  la  maggior
 quantita' di produzione lattiera".
   Il   d.-l.   23   dicembre   1994,  n.  727,  poi  convertito,  con
 modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n.  46  ha  poi  operato  la
 riduzione  delle  quote  B  per  singolo produttore, con l'esclusione
 degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di  cui  alla
 direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi
 entro il 31 marzo 1995 con operativita' dalla campagna 1995-1996.
   La  legge  di  conversione  n.  46/1995 ha innovato il decreto come
 segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett. a)) la riduzione  della
 quota  A  non  in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della
 quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota
 B ((lett. a)), ha escluso (lett.  b))  da  entrambe  le  riduzioni  i
 produttori  non  solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna,
 ma  anche  quelli  operanti  "nelle  zone  svantaggiate  e  ad   esse
 equiparate  nonche'  nelle  isole";  c)  ha consentito (art. 2, comma
 2-bis)  che  i  produttori  che   abbiano   ottenuto,   anteriormente
 all'entrata  in vigore della legge n. 468 del 1992, l'approvazione di
 un piano di sviluppo o di miglioramento  zootecnico  da  parte  della
 regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione
 di  una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel
 piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B.
   Piu' in generale il decreto-legge n. 727 del 1994 e la legge n.  46
 del 1995 hanno soppresso la previa consultazione della conferenza tra
 Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e la  predisposizione  del
 piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale.
   Inoltre,  e'  stato  introdotto un meccanismo di autocertificazione
 delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati  a
 considerare i quantitativi autocertificati dai produttori.
   La  legge  n. 46 del 1995, insieme con il decreto-legge convertito,
 veniva impuganta  dalla  regione  Veneto  con  ricorso  rubricato  n.
 23/1995,  con  allegazione  di numerosi profili di costituzionalita'.
 Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza
 del 23 novembre 1995, con decisione  n.  520  del  28  dicembre  1995
 accoglieva  il  predetto  ricorso, in una con quello presentato dalla
 regione Lombardia e rubricato con n.r.g. 22/1995,  sotto  il  profilo
 della  incostituzionalita'  dell'art.  2, comma 1, della legge, nella
 parte  in  cui  non  vi  si  contemplava  il  parere  delle   regioni
 interessate  nel  procedimento  di  riduzione delle quote individuali
 spettanti ai produttori di latte bovino.
   1.2. - Come e' noto, il Governo e' poi piu' volte  intervenuto  con
 la  decretazione  di urgenza, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996,
 n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996,
 n. 260, (impuganti con i ricorsi n.r.g. 19  e  28/96),  indi  con  il
 d.-l. 8 luglio 1996, n. 353 (del pari impugnato con il ricorso n.r.g.
 33/96),  con il d.-l. 8 agosto 1996, n. 440 (impugnato con il ricorso
 n.r.g. 38/96), con il d.-l. 6 settembre 1996, n. 463  (impuganto  con
 ricorso  n.r.g. 41/96), e "infine" con i dd.-ll. 23 ottobre 1996, nn.
 542 e 552 (il secondo, impugnato con ricorso n.r.g. 47/1996).
   Tali  ultimi  due  decreti-legge   sono   poi   stati   convertiti,
 rispettivamente,  nelle leggi 20 dicembre 1996, n. 642, e 23 dicembre
 1996, n. 649 (impugante con ricorsi nn.rr.gg. 13/97 e 15/97).
   I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a
 due "catene" di decreti reiterati: una  saldatasi  con  la  legge  di
 conversione  del  decreto-legge  n.  542  del  1996 (legge n. 649 del
 1996);  l'altra  saldatasi  con   la   legge   di   conversione   del
 decreto-legge n.  552 del 1996 (legge n. 642 del 1996).
   La  prima  catena  e'  relativa  alle previsioni sulle procedure di
 compensazione  (in  particolare,  all'eliminazione  delle   procedure
 previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione
 nazionale  gestita  dall'AIMA), nonche' alle modalita' e ai tempi dei
 prelievi e delle restituzioni.
   La  seconda  catena  riguarda,  in  particolare,  la disciplina dei
 bollettini dei  produttori  titolari  di  quota;  la  fissazione  dei
 criteri  di  effettuazione  della  compensazione;  le modalita' della
 compensazione   medesima;   la   disciplina   dell'abbandono    della
 produzione; i termini per la cessione delle quote latte.
   Queste  due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per
 le  ragioni  gia'  esposte  nei  ricorsi   sopradescritti   -   hanno
 determinato  gravissimi  pregiudizi  all'autonomia  delle  regioni in
 materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo  incoerente
 e  costituzionalmente  illegittimo.  L'incoerenza  e l'illegittimita'
 sono state confermate (e aggravate) dalla "saldatura"  operata  dalle
 menzionate leggi nn.  642 e 649 del 1996.
   A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta
 Ufficiale,  rispettivamente,  del  21  e  del 23 dicembre 1996) delle
 leggi ora ricordate, il legislatore e' poi nuovamente intervenuto nel
 settore della produzione lattiera con la legge 23 dicembre  1996,  n.
 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa
 data  della  legge  n.  649  del 1996), a conferma della caoticita' e
 della farraginosita' del suo agire.
   La  legge  (impugnata  con  ricorso  n.r.g.  21/1997)  dedica  alla
 produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2.
   Tutti  i  ricorsi  piu'  sopra menzionati, e segnatamente i ricorsi
 nn.rr.gg. 19-28-33-38-41-47/1996 e 13-15-21/1997, sono stati discussi
 all'udienza pubblica tenutasi in data 28 ottobre 1997.
   In riferimento ai medesimi ricorsi sopra menzionati, codesta ecc.ma
 Corte,  in  data  19  dicembre  199,  ha  depositato  in  cancelleria
 ordinanza  istruttoria  del  16  dicembre  1997,  con  la quale si e'
 disposta a carico del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  (e  in
 minima   parte   a   carico   dei  presidenti  delle  regioni)  ampia
 integrazione documentale.
   1.3. - Nonostante avessero  operato  la  "saldatura"  finale  delle
 descritte   catene  di  decreti-legge,  i  confusi  e  contraddittori
 interventi normativi di fine 1996 non sono  riusciti  a  scrivere  la
 parola  "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina in
 via d'urgenza  della  produzione  lattiera.  Il  Governo  e'  infatti
 reintervenuto   con  il  decreto-legge  n.  11  del  1997  (anch'esso
 impugnato  dalla  ricorrente  con  ricorso  rubricato  al  n.  26/97,
 pendente  avanti  codesta ecc.ma Corte).  La storia di questo decreto
 e'  nota:  incalzato  dalla  protesta  dei   produttori,   angosciati
 dall'imminente scadenza del cosiddetto "superprelievo", ed esasperati
 dalla  pachidermica  gestione  del settore lattiero-caseario da parte
 del MIRAAF e dell'AIMA, il Governo ha ritenuto opportuno intervenire,
 subito, con un provvedimento legislativo d'urgenza.   Quanto ai  suoi
 contenuti, il decreto in questione puo' essere diviso, per quanto qui
 interessa   (e   prescindendo  dunque  dalle  disposizioni  puramente
 finanziarie e da quelle previdenziali, di cui agli artt.  9 e 11)  in
 due  parti.  In una prima parte si interviene - disinteressandosi del
 tutto delle prerogative delle regioni - con  forme  di  finanziamento
 agevolato  ai  produttori,  onde  far  fronte  alla crisi del settore
 determinata, per un verso, dall'encefalopatia spongiforme  bovina,  e
 per  l'altro  dalla  sovrapproduzione  di  latte.    Cosi',  l'art. 1
 stabilisce ammontare (comma 1), tasso (comma 2), criteri  di  calcolo
 (comma  3),  tempi  e  garanzie  dei finanziamenti per fronteggiare i
 danni causati dalla menzionata epidemia (comma 4). L'art. 2 fissa  le
 procedure  per la concessione dei finanziamenti.  L'art. 3 introduce,
 per i produttori che non abbiano  chiesto  il  finanziamento  di  cui
 all'art.  1,  un  premio  per  la  perdita  di reddito subita a causa
 dell'encefalopatia spongiforme  bovina.  L'art.  4  detta  regole  in
 materia  di  incentivi  per  l'abbandono  della  produzione lattiera,
 determinando ammontare, modalita' e tempi degli  incentivi  medesimi.
 L'art.  6  dispone un contributo straordinario al Fondo interbancario
 di garanzia e detta ulteriori regole in  materia.    In  una  seconda
 parte,  logicamente  differenziata dalla prima e relativa a questioni
 che  avrebbero  dovuto  essere   oggetto   di   ben   piu'   meditata
 considerazione,  il  decreto  si occupa direttamente del regime della
 produzione lattiera. Cosi', l'art. 5 detta  regole  sull'assegnazione
 di  quote  ai giovani produttori. L'art. 7 istituisce una commissione
 governativa di indagine in materia di quote latte. L'art. 8,  infine,
 detta  norme  in  materia  di  identificazione  e registrazione degli
 animali (anagrafe del bestiame), anche in applicazione del d.P.R.  30
 aprile 1996, n. 317.
   1.4.  -  Nonostante fosse affetto dai vizi lamentati nel ricorso n.
 26/97, sopra menzionato, il decreto-legge n. 11 del 1997 e' stato poi
 convertito in legge ad  opera  della  legge  28  marzo  1997,  n.  81
 (anch'essa impugnata con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte
 al  n.  37/97).  La  struttura  del  decreto  e'  stata profondamente
 alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e
 trasformati in commi (ben 54) di un solo  maxiart.  1,  ma  il  testo
 delle  varie  previsioni  normative e' rimasto largamente intatto, ad
 eccezione delle parti che  qui  appresso  si  indicano.    E'  stato,
 anzitutto,  premesso  al  testo  originario  un art. 01, nel quale si
 prevede che le funzioni amministrative relative all'attuazione  della
 normativa  comunitaria  in  materia di quote latte siano svolte dalle
 regioni (e dalle province autonome). La soddisfazione  con  la  quale
 dovrebbe  essere  accolto  il  doveroso  riconoscimento  del corretto
 assetto delle competenze in questo delicato settore e'  destinata  ad
 avere  vita breve.  Basta infatti leggere quanto l'art. 01 aggiunge a
 tale previsione, e precisamente che:
     a) l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale  solo
 "a decorrere dal periodo di applicazioe 1997-1998";
     b)  "in  attesa  della  riforma  organica  del  settore" (videant
 posteri ...|), sono fatti salvi i compiti svolti dall'AIMA  -  niente
 meno  -  "in  materia  di  aggiornamento del bollettino 1997-1998, di
 riserva  nazionale,  di  compensazione  nazionale  e   di   programmi
 volontari di abbandono";
     c)  come  se non bastasse, l'AIMA concorre con le regioni per gli
 altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione  europea  nel
 settore lattiero-caseario.
   Come si vede, l'incipit di tale articolo, apparentemente garantista
 per  le  regioni, si rivela addirittura derisorio quando inserito nel
 contesto dell'intera previsione normativa.  Sempre nell'art. 01, poi,
 si  e'  previsto  (al  comma  2)  che  le  funzioni  di  indirizzo  e
 coordinamento,  nonche'  i  poteri  sostitutivi  nei  confronti delle
 regioni spettano al Ministro delle  risorse  agricole,  alimentari  e
 forestali.      L'art.   1,   comma  1,  e'  stato  modificato  assai
 marginalmente, con il rinvio (prima mancante) a quanto previsto dalla
 legge  n. 468 del 1992 in materia di attribuzione dei quantitativi di
 riferimento di produzione lattiera.   L'art. 1,  comma  3,  e'  stato
 modificato,   nel   senso  che  si  prevede  la  consultazione  degli
 "assessorati regionali all'agricoltura", al  fine  di  determinare  i
 criteri  oggettivi  per il calcolo della perdita di reddito derivante
 ai singoli produttori a seguito della crisi dovuta  all'encefalopatia
 spongiforme  bovina.   L'originario art. 4, comma 2, del decreto (ora
 art. 1, comma 14) e' stato modificato con la eliminazione dell'inciso
 che  prevedeva  la  sottoscrizione  della  domanda  di   premio   per
 l'abbandono  della  produzione  da parte del proprietario, ove questi
 fosse soggetto diverso dal titolare della quota.   L'originario  art.
 5,  comma  1, del decreto (ora art. 1, comma 17) e' stato modificato,
 prevedendo unilateralmente una disciplina  ancora  piu'  analitica  -
 eppercio'  illegittima  -  delle  assegnazioni  di  quote  ai giovani
 produttori.  L'originario art. 5, comma 2 (ora art. 1, comma  18)  e'
 stato   modificato   con   alcuni   aggiustamenti  lessicali,  ed  in
 particolare con la  previsione  che  la  riassegnazione  delle  quote
 avvenga "a livello regionale" (anziche' "su base regionale").
   L'originario  art.  7,  comma  4  (ora  art. 1, comma 31), e' stato
 modificato con la  previsione  piu'  specifica  dei  contenuti  della
 relazione  che  la  Commissione governativa di indagine in materia di
 quote latte e' tenuta a presentare.  E' stata introdotta, all'art. 1,
 comma 35, la previsione secondo cui l'AIMA provvede a rettificare gli
 elenchi dei produttori assoggettati al prelievo  supplementare  e  ai
 conguagli   sulla   base   delle  risultanze  della  relazione  della
 Commissione governativa di cui al punto precedente, con il  risultato
 di  aggravare  ulteriormente  -  se  possibile  -  i  gia' gravi vizi
 evidenziati nell'impugnativa  del  decreto.    E'  stato  introdotto,
 all'art.  1,  comma  42, e modificando doverosamente l'assurdo art. 8
 del decreto, il principio secondo cui le regioni si  avvalgono  della
 banca  dati  per  la  registrazione  ed identificazione dei bovini da
 allevamento.
   1.5. - Con ulteriore  ricorso  alla  decretazione  di  urgenza,  il
 Governo  ha  poi  adottato  il  d.-l. 7 maggio 1997, n. 118, del pari
 impugnato con ricorso n.r.g. 41/97, pendente innanzi a codesta ecc.ma
 Corte.  In estrema sintesi, il contenuto di tale decreto-legge e'  il
 seguente:
     il  comma  1  proroga  al  10  luglio  1997 la operativita' della
 commissione governativa di indagine, di cui  all'art.  1,  comma  28,
 della  legge  n.  81  del 1997, ribadendo che entro tale termine essa
 dovra' presentare alla Presidenza del Consiglio  ed  al  Ministro  la
 propria relazione;
     il  comma 2 ribadisce quanto gia' disposto dal comma 30 dell'art.
 1 della legge n. 81 del 1997 circa l'utilizzo della  forza  pubblica,
 aggiungendo   che   essa   puo'  in  particolare  svolgere  ispezioni
 amministrative  ed  esercitare  "tutti   i   poteri   ...   spettanti
 nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, per l'esercizio delle proprie
 attivita' istituzionali";
     il   comma   3   demanda   all'AIMA,  entro  venti  giorni  dalla
 presentazione della relazione di  cui  al  comma  1,  di  operare  le
 rettifiche   negli  elenchi  dei  produttori  sottoposti  a  prelievo
 supplementare per il periodo 1995-1996 e di effettuare i  conseguenti
 conguagli   in   sede  di  compensazione  nazionale  per  il  periodo
 1996-1997, ovvero, se il conguaglio non sia possibile o  sufficiente,
 le  ripetizioni  di  somme  trattenute  in meno. Il 31 agosto diventa
 cosi' il nuovo termine per  il  versamento  del  saldo  del  prelievo
 supplementare da parte degli acquirenti per il periodo 1995-1996;
     il comma 4 differisce al 10 giugno 1997, limitatamente al periodo
 1996-1997,  le dichiarazioni degli acquirenti, sottoscritte anche dai
 produttori, in base al regolamento CEE n. 536/1993 e prescrive  nello
 stesso  termine  una  nuova  dichiarazione  per il periodo 1995-1996,
 prevedendo, in caso di omessa sottoscrizione delle  dichiarazioni  da
 parte del produttore, verifiche da parte delle forze di polizia;
     il comma 5 e' la norma finanziaria.
   Il  decreto-legge  n.  118/1997  e' poi stato convertito in legge 3
 luglio 1997, n.  204.  Quest'ultima,  in  aggiunta  al  decreto-legge
 convertito, prevede:
     la  sospensione  dei  programmi  di abbandono della produzione di
 latte e la conseguente  interruzione  dell'assegnazione  delle  quote
 gratuite ai giovani produttori (art. 1-bis);
     l'obbligo  per  i  primi acquirenti di trattenere solo il 20% del
 prelievo supplementare della quota B ridotta ed  ugualmente  prodotta
 nell'annata 1996-1997 (art. 1, comma 4-bis);
     la  proroga  dei  lavori della Commissione per tutto agosto (art.
 1,  comma  1),  con  conseguente  slittamento  dei  termini  previsti
 dall'art.  1, comma 3, del decreto-legge convertito.
   Nel  frattempo,  il  Governo  -  aggravando  la  gia'  sconcertante
 disorganicita' e frammentarieta' della disciplina in materia di quote
 latte - ha fatto si' che si intrufolasse nel testo del  decreto-legge
 19  maggio  1997,  n. 130, convertito in legge 6 luglio 1997, n. 228,
 relativo agli incendi boschivi, un  articolo  relativo  ai  controlli
 veterinari  straordinari  da  effettuarsi  su  tutti  i  capi  bovini
 presenti nelle aziende da latte. Con l'art. 6  del  decreto-legge  in
 oggetto  e'  stato,  infatti, autorizzato il Ministro della sanita' a
 disporre la suddetta rilevazione tramite i servizi  veterinari  delle
 USL.    Infine,  il Governo, con il d.-l. 15 settembre 1997, n. 305 -
 poi pero' non convertito -, disponeva la proroga di  sessanta  giorni
 dei suddetti termini imposti all'AIMA per le rettifiche negli elenchi
 dei  produttori  sottoposti  a  prelievo supplementare per il periodo
 1995-1996 e per l'effettuazione dei conseguenti conguagli in sede  di
 compensazione  nazionale  per  il  periodo  1996-1997, ovvero - se il
 conguaglio non sia possibile o  sufficiente  -  per  la  restituzione
 delle  somme  versate  in  piu' e la ripetizione di quelle versate in
 meno.
   2.1. - Nel frattempo la Commissione d'indagine,  istituita  con  il
 decreto-legge  n.  11  del  1997, ha presentato due relazioni, del 26
 aprile 1997 e del 31 agosto 1997; quest'ultima, frutto delle proroghe
 disposte  dal  decreto-legge  n.  118  del  1997  e  dalla  legge  di
 conversione  n.  204 del 1997.  La Commissione ha evidenziato come la
 situazione  attuale  sia  frutto  di  una  normativa  che,  oltre   a
 disattendere  le direttive e i regolamenti comunitari, risulta essere
 chiaramente inadeguata  ad  impostare  un  definitivo  riassetto  del
 sistema.   Il dato maggiormente preoccupante e' stato individuato nel
 proliferare  di  contratti  di  pseudo  soccida  e  comodato.    Tale
 fenomeno,  volto  ad  eludere le disposizioni normative in materia di
 circolazione di quote latte, discende  -  ad  avviso  della  medesima
 Commissione  -  da una legislazione nazionale non conforme al diritto
 comunitario e contraddittoria al suo interno.  Infatti, se da un lato
 la  legislazione  italiana  -  allo  scopo  di  conservare  le  quote
 produttive  nelle  aree  territoriali  di  origine  -  proibisce   la
 compravendita  e l'affitto di sole quote al di fuori della regione di
 appartenenza del cedente (legge n. 468 del 1992),  vietando  altresi'
 la  cessione  della  sola  quota tra aree non omogenee, dall'altro fa
 menzione  dei  contratti  associativi,  senza   precisare   alcunche'
 rispetto  agli stessi (legge n. 407 del 1994).  I contratti di pseudo
 soccida e comodato (resi possibili dalla richiamata menzione da parte
 della legislazione interna dei contratti associativi) non  comportano
 un effettivo trasferimento della titolarita' delle quote in capo agli
 stipulanti  (e  per  questo  non sono soggetti ne' al controllo della
 regione, ne' dell'AIMA), ma, legittimando una produzione di latte  da
 parte di chi e' privo di bestiame, oppure da parte dei produttori che
 hanno  gia' completamente utilizzato la quota a propria disposizione,
 hanno comunque come unico oggetto del rapporto  la  realizzazione  di
 una  cessione  strumentale  -  seppure sui generis - della quota.  Da
 tali transazioni conseguono in tutta  evidenza  enormi  squilibri  in
 sede di compensazione nazionale, a danno dei produttori effettivi.
 Va  fin  da  ora precisato che tali contratti sfuggono a qualsivoglia
 controllo in quanto non comportano  un  formale  trasferimento  della
 quota;  il  fine  di  suddette  transazioni  e' infatti l'illegittimo
 utilizzo della quota da parte chi non ne e' titolare.   A  proposito,
 si sottolinea che l'art. 8 della legge n. 468 del 1992 attribuisce al
 Ministero  i  poteri  di  controllo  in ordine all'improprio utilizzo
 degli strumenti giuridici previsti dalla legge medesima.   Inoltre  -
 come  la  stessa  Commissione rileva - tali pseudo soccide e comodati
 non possono dirsi stipulati in evidente  violazione  della  normativa
 interna,  in  quanto  essa  -  seppure  in contrasto con la normativa
 comunitaria - legittima l'utilizzo di non meglio  definiti  contratti
 associativi.
   Il  problema  di  fondo  non  risiede  dunque nei controlli - quasi
 impossibili  ad  effettuarsi  -,  ma  nella  disciplina  statale  del
 settore.
   La stessa Commissione sollecita, infatti, una effettiva ed ordinata
 ripartizione dei ruoli tra i vari soggetti preposti alla disciplina e
 gestione del settore.
   2.2.  -  La  Commissione  governativa  ha  inoltre  proposto che la
 compensazione,   limitatamente   alla   campagna   1995-1996,   venga
 effettuata  secondo  il  previgente sistema, e cioe' prima al livello
 delle APL, e a livello dei non associati, e poi a livello  nazionale.
 Tale  proposta  -  sempre  secondo  la  Commissione  -  si  impone in
 considerazione del principio del legittimo  affidamento,  cosi'  come
 riconosciuto  anche  dall'ordinamento  comunitario.  In  base  a tale
 principio, infatti, la Corte  di  giustizia  ritiene  non  possa  non
 tenersi  conto  dell'affidamento  riposto dall'imprenditore su norme,
 comportamenti e prassi delle autorita' nazionale  e  comunitaria,  in
 base   alle   quali   egli   ha  determinato  le  proprie  operazioni
 commerciali; cio', sempre che nessun interesse pubblico vi osti e che
 la lesione subita sia intervenuta in modo imprevedibile.  Nel caso di
 specie, considerato che solo nel maggio del 1996 la UE ha  contestato
 formalmente la metodologia di compensazione utilizzata in Italia, gli
 allevatori  fino  ad  allora confidavano del tutto verosimilmente nel
 mantenimento del precedente sistema. Inoltre, nessuna conseguenza  si
 produrrebbe  a  carico  dello  Stato  nel  caso in cui si tornasse ad
 operare la compensazione secondo la normativa previgente: il prelievo
 per l'esubero continuerebbe infatti ad essere a carico dei produttori
 eccedentari  (cfr.  pagg.  84-86, relazione del 26 aprile 1997; pagg.
 56-59 e 140-149, relazione del 31 agosto 1997).    Le  considerazioni
 espresse   in   tal  senso  dalla  Commissione  confermano  le  gravi
 illegittimita'  che  viziano  le   disposizioni   impugnate,   troppo
 frettolosamente escogitate dal legislatore al solo fine di ovviare ad
 ulteriori  infrazioni comunitarie.  Viceversa la Commissione medesima
 ritiene necessario  risolvere  definitivamente  la  grave  crisi  del
 settore   tramite   misure   che,  oltre  ad  assicurare  l'effettivo
 adempimento  agli  obblighi  imposti  dall'UE,  risultino  idonee   a
 governare  il  sistema delle quote latte sulla scorta dei principi di
 equita' ed economicita' (cfr.  pag.  204,  relazione  del  31  agosto
 1997).
   2.3.  -  Altro  punto sottolineato da entrambe le relazioni redatte
 dalla  Commissione   d'indagine   riguarda   la   sicura   e   totale
 compensazione  concessa  agli operatori delle zone svantaggiate (cfr.
 pagg. 158-159,  relazione  del  31  agosto  1997).    In  seguito  ad
 un'analisi  comparata  delle  legislazioni  degli  stati  membri,  la
 Commissione stessa ha evidenziato come la situazione italiana,  oltre
 ad   essere  atipica,  non  risponda  allo  spirito  della  normativa
 comunitaria, che consente, infatti, agevolazioni in favore delle zone
 svantaggiate  solo  a  monte  del  sistema,  e  cioe'  in   sede   di
 assegnazione  delle quote.   La sostanziale esclusione dei produttori
 operanti nelle  zone  svantaggia    te  dal  pagamento  del  prelievo
 supplementare   comporta   dunque   un'intollerabile   disparita'  di
 trattamento nei confronti degli operatori delle  regioni  a  maggiore
 vocazione produttiva, quali la regione ricorrente.
   2.4. - Infine, quanto all'attribuzione dei poteri di gestione delle
 quote  in  capo alle regioni, la Commissione sottolinea la necessita'
 di predeterminare, con riguardo alle particolari  situazioni  locali,
 piu'  sistemi  concordati da ciascuna regione con l'organo statale di
 controllo (cfr. pag. 78, relazione del 26 aprile 1997).  Ne  discende
 che le mere affermazioni di principio, quali la tardiva previsione di
 un  Comitato  permanente in sede consultiva e la formale attribuzione
 delle competenze in capo alle regioni - salvo mantenere ben salde  in
 capo  all'AIMA  le competenze effettive -, non potevano certo bastare
 ai fini di una seria e meditata riorganizzazione della materia.
   2.5. - In  conclusione,  le  relazioni  redatte  dalla  Commissione
 d'indagine  evidenziano la necessita' di riformare in radice l'intero
 sistema, a partire dall'individuazione dell'annata di riferimento per
 l'assegnazione delle quote.  Si e' infatti dimostrato come le  errate
 rilevazioni  della  produzione nazionale effettuate a piu' riprese da
 diversi organismi abbiano determinato gia' ab origine  le  condizioni
 per il proliferare delle successive e consequenziali distorsioni, che
 hanno  impedito  l'effettivo  e  razionale adempimento degli obblighi
 imposti dalla UE.   Siffatta situazione e' da  addebitarsi  in  primo
 luogo  all'assurda  ed incoerente sovrapposizione di disposizioni che
 si sono sempre piu' allontanate dal dato reale.  Le  distorsioni  del
 sistema  si  sono  cosi'  moltiplicate  ed hanno di fatto impedito un
 effettivo adeguamento della normativa interna agli  obblighi  imposti
 dalla UE.  La Commissione ha poi rinvenuto precise responsabilita' in
 ordine alla evidente disfunzione del settore, e segnatamente:
     in  capo all'UNALAT e alle Organizzazioni professionali agricole,
 che hanno a suo tempo fornito  dati  non  veritieri  in  merito  alla
 produzione nazionale;
     capo alle APL, per la gestione scorretta delle quote;
     in  capo  ai  primi acquirenti - le latterie -, che in genere non
 hanno ostacolato l'utilizzo distorto dei contratti  "associativi"  da
 parte dei produttori;
     in  capo  del  CCIA,  per le imprecise rilevazioni in ordine alla
 produzione nazionale;
     in capo al Governo, in riferimento alla stratificazione di  norme
 non   sempre  -  rectius,  quasi  mai  -  in  linea  con  il  diritto
 comunitario;
     in capo al Ministero,  per  non  avere  gestito  correttamente  i
 rilevamenti sulla produzione nazionale interna;
     in  capo  all'AIMA,  in  riferimento alla dimostrata inefficienza
 operativa.
   E', poi, emblematico ed illuminante che, quanto  alle  regioni,  le
 relazioni  si siano invece limitate ad evidenziare l'omesso esercizio
 da parte di tali enti  dei  poteri  di  controllo  in  relazione,  in
 particolare,  ai quantitativi effettivi di latte prodotto dai singoli
 operatori ed in ordine ai contratti di acquisto ed affitto di  quote.
 In    relazione    ai    contratti,   pero',   si   e'   gia'   detto
 dell'impossibilita' di sottoporre  al  controllo  quelle  particolari
 forme  di  transazioni,  dette  di  pseudo soccida e comodato; queste
 ultime, infatti, non comportando un effettivo trasferimento di  quota
 non  erano  in  realta'  soggette ad alcun controllo ex lege.  Quanto
 all'omesso  controllo  dei  quantitativi  di   latte   effettivamente
 prodotto,  e'  di tutta evidenza che i poteri attribuiti alle regioni
 erano - e sono - del tutto formali,  spettando  all'AIMA  l'esclusiva
 competenza  in  ordine  all'assegnazione delle quote. L'estromissione
 delle regioni dai poteri programmatori ha  ovviamente  impedito  alle
 stesse  l'esercizio dei poteri di controllo. Il sistema indotto dalle
 disposizioni succedutasi in materia di quote latte ha reso,  infatti,
 possibile  l'utilizzo  da  parte  di  alcuni  produttori di strumenti
 giuridici (quali i contratti di pseudo soccida e comodato) ai  limiti
 della   legalita',   impedendo  di  fatto  all'organo  periferico  un
 effettivo controllo sul dato reale.
   3.1. - Da ultimo, e malgrado l'invito della Commissione governativa
 di procedere ad una complessiva - nonche' definitiva  -  riforma  del
 settore  lattiero-caseario,  il Governo e' nuovamente intervenuto con
 la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge  impugnato  con
 il  presente ricorso.  In sintesi, il decreto, quanto al procedimento
 di accertamento, prevede:
     che l'AIMA accerti la produzione effettiva  per  i  periodi  piu'
 sopra  indicati,  avendo  particolare  riguardo: a) ai modelli L1 non
 firmati o con firme apocrife, b) ai modelli L1 privi dell'indicazione
 dei  capi  bovini,  c)  ai  modelli  L1  con   quantita'   di   latte
 commercializzata   incompatibile  con  la  consistenza  numerica  del
 bestiame, d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai sei mesi,
 e)  ai  modelli  L1  con codici fiscali errati o partite IVA errate o
 inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie  dei
 premi  accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma
 1);
     che  i  contratti  di  cui  al  precedente punto d) devono essere
 inviati all'AIMA  a  cura  degli  acquirenti  entro  quindici  giorni
 dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del
 riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto del Presidente della
 Repubblica  n. 569/1993 (art. 2, comma 2) (dimenticando che la revoca
 e' disposta dalle Regioni, che, in quanto non destinatarie  dell'atto
 comunicato,  non  potrebbero  direttamente  valutare se l'invio della
 documentazione e' avvenuto nei termini prescritti);
     che l'AIMA aggiorni i quantitativi  di  riferimento  dei  singoli
 produttori  per  i  periodi  1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo
 conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il  30  settembre
 1997 dalle regioni e dalle province autonome, b) degli azzeramenti di
 doppie  quote,  delle  revoche  e  riduzioni  operate dalle regioni e
 province autonome, pervenute all'AIMA entro la  data  di  entrata  in
 vigore  del  decreto stesso, c) dei trasferimenti di quote e cambi di
 titolarita' per i periodi considerati,  comunicati  dalle  regioni  e
 province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997 (si consideri
 che,  quanto  ai cambi di titolarita', per il periodo 1997-1998, essi
 possono essere effettuati fino al 31 marzo  1998  e  comunicati  alle
 regioni  nei  quindici  giorni  successivi  - vd. art. 21 decreto del
 Presidente della Repubblica n. 569/1993 -), d) della  correzione,  in
 base  alle risultanze del censimento 1993-1994, delle assegnazioni di
 quote a suo tempo effettuate (art. 2, comma 3);
     che   l'AIMA,   compiuto   l'accertamento   de   quo   nei   modi
 sopradescritti,  comunichi ai produttori, entro sessanta giorni dalla
 entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata
 con ricevuta di ritorno, i quantitativi  di  riferimento  individuali
 assegnati  ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma
 5, prima parte);
     che i singoli interessati possono presentare alla regione, a pena
 di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data  di
 ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda
 parte  e comma 6) (dimenticando che la regione, non potendo accertare
 la data di ricezione della comunicazione, non sara' in grado  neppure
 di  accertare il presupposto di ammissibilita' del ricorso medesimo -
 ovvero: la sua proposizione nei termini);
     che le regioni  devono  decidere  sui  ricorsi  de  quibus  entro
 sessanta  giorni  (termine perentorio) a decorrere dalla scadenza del
 termine per la presentazione,  ed  entro  lo  stesso  termine  devono
 comunicare  all'AIMA la relativa decisione, a pena di irricevibilita'
 e salva la responsabilita' civile, penale  e  disciplinare  (art.  2,
 comma  8)  (ancora  non si considera che le regioni non hanno i mezzi
 per accertare il dies a quo).
   3.2. - Nelle  more  della  effettiva  attuazione  di  quanto  sopra
 descritto,  il  Governo  ha  poi disposto in favore dei produttori la
 restituzione dell'80% degli importi  trattenuti  dagli  acquirenti  a
 titolo  di prelievo supplementare, limitatamente al periodo 1996-1997
 (art. 1).
   3.3. - Inoltre, l'art. 3 del decreto impugnato dispone  che  l'AIMA
 provveda  alla rettifica della compensazione nazionale per il periodo
 1995-1996 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in
 vigore del decreto,  nonche'  degli  accertamenti  compiuti  e  delle
 decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.  La compensazione
 per  il periodo 1995-1996 - da effettuarsi sempre a livello nazionale
 - subira', dunque, mere rettifiche  malgrado  la  stessa  Commissione
 governativa,  rilevata  la  violazione  del  principio  di  legittimo
 affidamento, avesse espressamente invitato il Governo a  disapplicare
 il sistema di compensazione nazionale per il periodo in oggetto.
   3.4. - L'art. 4, quanto alla campagna 1997-1998, dispone che l'AIMA
 proceda  all'aggiornamento  dell'elenco  dei  produttori  titolari di
 quota e dei quantitativi ad essi spettanti con  la  comunicazione  di
 cui  al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti andranno a sostituire
 ad ogni effetto i  bollettini  pubblicati  precedentemente.  Ai  fini
 delle  trattenute  e del versamento del prelievo supplementare - come
 espressamente recita il medesimo art.  4  -  gli  acquirenti  saranno
 tenuti  a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto
 elenco.
   3.5. - Da ultimo, quanto alla  campagna  1998-1999,  l'art.  5,  in
 espressa  deroga  all'art.  01  del  decreto-legge  n.  11  del 1997,
 convertito in legge n. 81 del 1997, attribuisce  nuovamente  all'AIMA
 la  competenza  in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo
 1998-1999.  Le riferite previsioni normative sono  costituzionalmente
 illegittime per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1.  -  Ouanto  all'intero d.-l. 1 dicembre 1997, n. 411, violazione
 degli  artt.  5,  77,  115,  117  e  118  della  Costituzione.     Il
 decreto-legge  impugnato  non  e'  stato altro che l'ennesimo, ultimo
 (?),  di  una  lunghissima  serie  di  decreti-legge  in  materia  di
 produzione lattiero-casearia. Cosi' come per i decreti-legge nn. 11 e
 118  del  1997,  si  potrebbe  qui  ritenere  presente  il  requisito
 dell'urgenza, atteso che il decreto risulta adottato per  far  fronte
 alla  protesta  dei  produttori.    Vero  e', pero', che l'urgenza e'
 paradossalmente autoprodotta perche' le ragioni della  protesta  sono
 imputabili   all'inadeguatezza   delle   scelte   e  all'inefficienza
 dell'amministrazione dello Stato, inadeguatezza  e  inefficienza  che
 hanno  trovato il loro punto di massima, clamorosa, espressione nelle
 previsioni retroattive che, in riferimento ai  bollettini  dell'AIMA,
 sono  state  dettate  da  precedenti decreti-legge tutti puntualmente
 impugnati dalla ricorrente con ricorsi  tuttora  pendenti  innanzi  a
 codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale.  Se  le cose, dunque, sono al
 punto in cui sono, imputet sibi, lo Stato.    In  queste  condizioni,
 pero',  il  ricorso  allo strumento del decreto-legge non puo' essere
 ammesso,  specificamente  quando  la   sua   utilizzazione   ha   per
 conseguenza  la  lesione  di  sfere  di competenza costituzionalmente
 garantite alle regioni: cosi'  facendo,  infatti,  lo  Stato  scarica
 sulle  regioni,  attraverso la decretazione d'urgenza, le conseguenze
 negative della propria inefficienza, con inaccettabile  de'tournement
 della  funzione specifica dello strumento previsto dall'art. 77 della
 Costituzione (far fronte a necessita' prodotte dall'esterno).
   Non basta. Il decreto impugnato, s'e' detto, e'  solo  l'ultimo  di
 una   serie   davvero  impressionante.  L'eccezione,  in  materia  di
 produzione lattiero-casearia, si e' fatta  dunque  regola.  Cio'  che
 doveva essere straordinario e' divenuto ordinario. Manca pertanto, in
 questo  caso,  il  requisito  essenziale della straordinarieta' della
 decretazione d'urgenza, che e' imposto dallo  stesso  art.  77  della
 Costituzione.  Di qui, un'ulteriore conferma della violazione di tale
 parametro   costituzionale,   anche   in   riferimento   alle   norme
 costituzionali che garantiscono  autonomia  alle  regioni  (che  sono
 pregiudicate  dal  susseguirsi  di  atti  provvisori,  che ingenerano
 incertezza   ed   instabilita'   dei   rapporti   fra   la   pubblica
 amministrazione  e i cittadini, e di quelli fra lo Stato e le regioni
 medesime).    Non  varrebbe  obiettare  che  la  straordinarieta'  si
 predicherebbe  dello  strumento  decreto-legge  in  genere, e non del
 singolo atto.   Cio' e' vero, infatti,  solo  se  e  solo  quando  il
 singolo  atto  non  entra  a  far  parte di una incredibile catena di
 decreti-legge,  tutti  nella  stessa  materia,  e  tutti  rivolti   a
 disciplinare  le  medesime  questioni.  In  casi  di  questo  genere,
 l'assenza di straordinarieta' puo' ben essere valutata (e  censurata)
 in  riferimento  al  singolo  atto, perche' questo non vale nella sua
 astratta  individualita',  ma  deve  essere  assunto  quale  episodio
 qualificante   di  una  vera  e  propria  "politica"  normativa.  Una
 "politica" che ha  fatto  della  decretazione  d'urgenza  il  proprio
 strumento  d'elezione.  Il  che non e' consentito dalla Costituzione.
 Qui la cosa e' tanto  piu'  grave,  in  quanto  -  come  appresso  si
 dimostrera'   -   l'impugnato   decreto-legge   detta  una  serie  di
 disposizioni retroattive incompatibili, per la loro stessa  struttura
 normativa, con l'idea dell'urgenza (non autoprocurata) che e' sottesa
 alla logica dell'art.  77 della Costituzione.
   2. - Quanto ancora all'intero decreto-legge n. 411 del 1997 si deve
 lamentare  la violazione degli artt.  5, 11, 97, 115, 117 e 118 della
 Costituzione anche in riferimento al principio di leale  cooperazione
 fra  lo  Stato e le regioni, e all'art. 12 della legge 23 agosto 1988
 n. 400.  Come ha gia' limpidamente  affermato  codesta  ecc.ma  Corte
 proprio  in  riferimento alla materia dell'allevamento di bestiame al
 fine della  produzione  lattiera,  la  Conferenza  permanente  per  i
 rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome deve essere
 sempre coinvolta (ai sensi dell'art. 12 della legge n. 400 del  1988)
 nella  determinazione  dei  criteri  generali  della  disciplina  del
 settore  lattiero-caseario  (sentenza  n.   520   del   1995).   Tale
 coinvolgimento  e',  qui,  clamorosamente  mancato.    La Conferenza,
 invero, non e' stata sentita in occasione dell'adozione  del  decreto
 impugnato,  come invece prescrive l'art. 12, comma 5, lett. a), della
 legge n. 400 del  1988,  a  tenore  del  quale  la  Conferenza  viene
 consultata   "sulle   linee  generali  dell'attivita'  normativa  che
 interessa direttamente le regioni...", e qui non v'e' dubbio che:  a)
 interesse della regione siano  il  sostegno  e  la  razionalizzazione
 della  produzione  lattiero-casearia; b) il decreto impugnato non sia
 un semplice, episodico esercizio di potesta' normativa, ma  determini
 linee  generali  di  disciplina  del settore, nel tentativo (peraltro
 fallito)  di  dare  soddisfazione  alle  richieste  dei   produttori,
 danneggiati  dall'inadeguato  esercizio  delle  competenze statali in
 materia. Cio'  vale,  di  per  se',  a  determinare  l'illegittimita'
 dell'atto  qui  impugnato,  nella  sua  interezza  e  comunque  nelle
 previsioni  che  piu'  direttamente  si  riferiscono  alle  autonomie
 regionali,   anche   in  considerazione  del  fatto  che  il  mancato
 coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni determina, in  una  con
 la   lesione   dell'autonomia  regionale  in  materia,  un'inadeguata
 considerazione di tutti  gli  aspetti  rilevanti  della  problematica
 della  produzione lattiero-casearia. Di qui, la violazione (sempre in
 connessione con l'autonomia regionale) del  principio  costituzionale
 del  buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.)  e
 del principio secondo  il  quale  l'iniziativa  privata  puo'  essere
 guidata e controllata solo per perseguire finalita' sociali (art.  41
 Cost.),  cio' che determina anche la conseguente violazione dell'art.
 11 della Costituzione atteso che efficienza e coerenza  delle  scelte
 di  governo  della  produzione  lattiero-casearia  sono valori propri
 dell'ordinamento comunitario, che  lo  Stato  italiano  e'  tenuto  a
 salvaguardare.    Non  varrebbe  obiettare  che  la  previsione della
 necessaria consultazione della Conferenza Stato-regioni  si  rinviene
 in  una  fonte  ordinaria  quale la legge n. 400 del 1988. E' infatti
 evidente che tale previsione  non  fa  che  esplicitare  quanto  gia'
 implicito  e  racchiuso  nel  principio  di leale cooperazione fra lo
 Stato  e  le  regioni,  che   deriva   direttamente   dai   parametri
 costituzionali  sopra  invocati,  dei quali la legge n.  400 del 1988
 e',  per  questo  profilo,  mera  integrazione.  E  neppure  varrebbe
 obiettare   che   l'urgenza   di   provvedere   avrebbe  impedito  la
 consultazione, atteso che l'urgenza non giustifica  questa  "completa
 esclusione  delle regioni" (cosi' la citata sentenza n. 520 del 1995,
 punto 7 del Considerato in diritto).
   3. - Ouanto al decreto-legge n. 411 del 1997 nella sua totalita'  e
 in  specie  con  riguardo  agli  artt. 4 e 5, commi 1 e 2, violazione
 degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione,  anche  con  riferimento
 alla legge 28 marzo 1997 n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n. 204 e al
 d.lgs.  4  giugno  1997,  n.  143,  nonche'  alla  relativa  legge di
 delegazione 4 dicembre 1993, n. 491.
   La disciplina normativa contestata con il presente ricorso, sia nel
 suo insieme che con particolare riguardo agli artt. 4 e 5  (il  primo
 per  il  periodo  1997-1998  e  il  secondo  per il periodo 1998-1999
 coperto dalle  "disposizioni  finali"),  conferma  in  capo  all'AIMA
 compiti  di  aggiornamento  degli  elenchi dei produttori titolari di
 quota e dei quantitativi ad essi  spettanti,  con  tutti  i  relativi
 effetti  in  termini di vincoli per gli acquirenti (art. 4, comma 1),
 adeguamento e memorizzazione dei dati  (comma  2),  applicazione  del
 prelievo  (commi  3 e 4) e sanzioni ulteriori (comma 4), per la prima
 delle due stagioni produttive come per la seconda (art. 5, comma  1),
 essendo  alle  regioni affidato un compito meramente esecutivo di cui
 non e' dato intravedere il contenuto reale (art. 5, comma 2).
   Tale disciplina costituisce un evidente e grave arretramento, privo
 di fondamento che non sia la consueta urgenza autoprocurata, rispetto
 al riparto di competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt.  117
 e 118 della Costituzione  e  comunque  ormai  in  qualche  modo,  pur
 imperfetto  e  gia'  contestato dalle regioni, riconosciuto sia dalla
 legge n. 81/1997, ed in specie  dall'art.  01,  sia  dalla  legge  n.
 204/1997,  che circoscrive i compiti dell'AIMA alle annate produttive
 precedenti (ad es.  art.  1,  commi  3,  4,  4-bis),  e  dal  decreto
 legislativo  n.   143/1997, di riorganizzazione della amministrazione
 centrale di settore e di conferimento delle  funzioni  alle  regioni:
 quest'ultimo testo normativo riserva al ricostituito Ministero per le
 politiche  agricole  (e  comunque  non all'AIMA) solo attribuzioni di
 disciplina generale e coordinamento  nazionale  in  settori  che  non
 sembrano  ricomprendere  la  produzione  del  latte,  ma  al  piu' la
 importazione ed esportazione di prodotti agricoli ed alimentari (art.
 2, commi 1  e  2  e  art.  4).    Insomma,  la  deroga  a  norme  pur
 faticosamente  adottate  in termini di riparto di competenza e ancora
 contestate per la loro incompletezza e sommarieta' costituisce ancora
 una volta la prassi preferita dal legislatore governativo.   Inoltre,
 quanto   al   periodo  1997-1998,  l'art.  4  introduce  disposizioni
 chiaramente  retroattive.    Infatti,  (cosi'  come,  peraltro,  gia'
 avvenuto  per  il  periodo  1995-1996  e  1996-1997) a campagna quasi
 terminata, si dispone - assumendo di operare un mero aggiornamento  -
 l'emissione  di  un  elenco  dei  produttori  titolari di quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti sostitutivo di ogni altro atto di pari
 contenuto, suscettibile, poi, di ulteriori "aggiustamenti"  in  esito
 ai  ricorsi  di  riesame  di  cui  all'art.  2.    Tale nuovo elenco,
 sostitutivo   dei   precedenti,    andra'    dunque    ad    incidere
 retroattivamente  su una campagna sostanzialmente ultimata, ancora in
 evidente contrasto con la normativa comunitaria.   La  lesione  delle
 norme  costituzionali  di  cui  in epigrafe e' evidente:   le regioni
 vengono,  infatti,  dichiaratamente   spossessate   dal   potere   di
 intervento  nel  governo  di  settore (espressamente riconosciuto, da
 ultimo, dalle leggi nn. 81 e 204 del 1997 e dal  decreto  legislativo
 n.  143  del 1997) e relegate ad un ruolo meramente esecutivo, per di
 piu' nell'ambito di un quadro procedurale confuso e contraddittorio.
   4. - Quanto all'art. 1, commi 1 e seguenti, violazione degli  artt.
 3,  97,  41,  5,  115, 117 e   118 della Costituzione.  La scelta del
 legislatore nazionale di ripristinare  la  liquidita'  delle  aziende
 agricole  mediante  la restituzione degli importi trattenuti a titolo
 di prelievo, pur subordinatamente all'accertamento da  eseguire,  pur
 limitatamente alle percentuali dell'80% o del 20% e condizionatamente
 alla  sottoposizione  al prelievo supplementare dopo la effettuazione
 della composizione nazionale,  sarebbe  non  censurabile  se  non  si
 caratterizzasse  per  macroscopiche  disparita'  di  trattamento  che
 configurano  la  piu'   classica   delle   irragionevolezze   secondo
 l'insegnamento  della  ecc.ma  Corte.  La  restituzione viene infatti
 limitata  alla  stagione  1996-1997  e  ad  una  quota  del  relativo
 prelievo,   benche'  la  situazione  di  fatto,  rappresentata  dalla
 ignoranza  dei  dati,  che  infatti   si   intende   accertare,   sia
 identicamente  estesa  alla  stagione  1995-1996, rispetto alla quale
 nessun rimborso pur limitato e subordinato viene disposto. Come  pure
 e' irragionevole, sulla base di tale situazione di fatto, limitare il
 rimborso a percentuali anziche' all'intero.
   Del  pari,  sono prive di intrinseca razionalita' che possa trovare
 fondamento in disposizioni costituzionali le limitazioni al  70%  del
 prelievo  supplementare da non operare o da restituire per il periodo
 1997-1998, di cui al comma 3.   Al di  la'  dell'obiettivo  carattere
 discriminatorio  ed  inefficiente  della  azione  cosi'  configurata,
 sussiste una indubbia lesione della  capacita'  programmatoria  delle
 regioni,  che si trovano ad operare in un contesto che, segnato gia',
 in proiezione futura dalla invadente riapparizione dell'AIMA,  devono
 anche,  per  il passato, fare i conti con operazioni illogiche e tali
 da sconvolgere il mercato di settore, senza esservi  state  in  alcun
 modo   coinvolte,   in   un  contesto  in  cui  i  dati  sono  stati,
 presuntivamente e figurativamente come  sempre,  raccolti  dall'AIMA,
 salvo  quanto  si  dira'  sub  5  e  6  dei sistemi di accertamento e
 ricorso.  Il mancato coinvolgimento regionale e' peraltro gia'  stato
 piu'  volte  lamentato  nel  contenzioso  a  catena  innescato  dalla
 reiterazione di provvedimenti normativi caratterizzati in larga parte
 dagli stessi vizi.
   5.  -  Ouanto  all'art.  2  commi 5, 6, 8, 9 e 10, violazione degli
 artt. 3, 5, 97, 115, 117, 118  della  Costituzione.    La  disciplina
 contenuta nelle norme richiamate in epigrafe costruisce un sistema di
 ricorsi  avverso  gli  accertamenti  dell'AIMA di cui al comma 5, nel
 quale le competenze statali  (rectius  dell'AIMA)  e  regionali  sono
 inestricabilmente  avviluppate,  con  riduzione  delle  regioni ad un
 ruolo di mero supporto della azione statale. Per giunta,  le  regioni
 sono  costrette  a  rispettare  termini  brevissimi,  anzi irrisori e
 irragionevoli sia nella entita' che nelle modalita' di  applicazione,
 per intervenire su accertamenti altrui (statali), venendo iugulate da
 una   perentorieta'  che  non  solo  e'  suscettibile  di  gravissime
 conseguenze  sulla  attivita'  dei  produttori  e   sulla   capacita'
 programmatoria  delle regioni stesse, ma che produce sanzioni abnormi
 per il caso di inosservanza dei termini stessi.
   Ed infatti: il comma 6 demanda alle regioni l'evasione di un numero
 imprecisato  di  ricorsi  "di  riesame",  secondo  modalita'  che  il
 Ministro  deve  determinare in proprio, alla stregua del comma 10. Il
 termine e' di soli  60  giorni  (comma  8)  per  l'istruttoria  e  la
 decisione,  ma  la  decorrenza  dal  termine  utile per le regioni e'
 fissata nel decorso di quindici giorni dalla comunicazione  da  parte
 dell'AIMA  ai singoli produttori con raccomandata r.r. dei rispettivi
 dati:  poiche' la regione non puo' conoscere tale data, essa non puo'
 neppure valutare la ricevibilita' dei ricorsi che dovrebbe evadere, e
 viene cosi' esposta alle gravissime conseguenze che si sono accennate
 in termini di  sostanziale  incertezza,  oltre  che  di  esiguita'  e
 perentorieta'  di  termini.  Il  comma  8 minaccia le citate sanzioni
 civili, penali, amministrative  e  disciplinari,  si  badi,  per  gli
 adempimenti  delle regioni, che hanno cosi' a disposizione pochissimo
 tempo per  rivedere  dati  che  altri  (l'AIMA)  ha  avuto  anni  per
 rivedere,  commettendo  errori  mai  corretti,  non rispondendo ne' a
 ricorsi diretti dei produttori ne' di  norma  a  ordini  dei  giudici
 amministrativi.  Si  badi  inoltre  che  i  soli  termini  dotati  di
 conseguenze sanzionatorie sono quelli di cui al comma 8, cioe' quelli
 gravanti sulle regioni, e non anche quelli  di  spettanza  statale  o
 dell'AIMA,  di  cui  al  comma  5. Ogni commento e' superfluo: per il
 legislatore governativo sembrano esservi due pesi e due misure per  i
 termini  e  per  i  loro  inadempimenti:  massimo rigore e formalismo
 quando sono coinvolte le regioni; benevola comprensione  quando  sono
 coinvolte le amministrazioni dello Stato.
   6.  -  Quanto  all'art.  2, commi 1, lett. d), 2, 3, lett. c), e 4,
 violazione degli artt. 3, 97, 5, 115, 117 e 118  della  Costituzione.
 All'art.  2,  comma  3,  si  prevede  che  gli  acquirenti  di  latte
 trasmettano all'AIMA copia autenticata dei contratti di  circolazione
 delle  quote  di  cui  al  comma  1,  lett.  d), a pena di revoca del
 riconoscimento di cui all'art. 23 del  decrto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.   569/1993. La commistione ed il viluppo di ruoli, con
 sostanziale negazione del ruolo costituzionale delle  regioni  appare
 evidente  anche  sotto questo profilo.  La revoca del beneficio grava
 infatti sulle regioni, mentre e' l'AIMA a poter e dover verificare se
 l'acquirente abbia o meno inviato i  contratti  di  circolazione  nei
 termini  stabiliti: ne deriva che le sanzioni (il lavoro scomodo, per
 non  dire  impopolare)  sono  regionali,  gli  accertamenti  statali;
 inoltre,  le competenze all'accertamento e controllo sugli acquirenti
 sono attribuite alle regioni dall'art.  8 della legge n.  468/1992  e
 dall'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993,
 con  il risultato che il redivivo Ministero e le sue articolazioni si
 riprendono ancora competenze gia' cedute, che non  dovrebbero  essere
 in  discussione  dopo  i  citati  interventi  legislativi:  legge  n.
 81/1997,  legge  n.  204/1997,  decreto  legislativo   n.   143/1997.
 Viceversa  gli  arretramenti  sul  piano  del  riparto  di competenze
 proseguono e come sempre in danno delle  regioni,  nella  specie  con
 effetti  particolarmente  odiosi  verso  gli amministrati e regolati,
 viste le conseguenze sanzionatorie.
   Inoltre, il  comma  2  dell'art.  2,  in  riferimento  alle  annate
 1995-1996  e  1996-1997,  introduce  retroattivamente  previsioni  di
 carattere sanzionatorio nei riguardi dei  contratti  di  circolazione
 delle  quote-latte  -  quali  soccide, comodati di stalla, affitti di
 azienda - di durata inferiore ai sei mesi.  La durata limitata  viene
 dunque  vista  quale  sintomo  della  natura  illecita  del contratto
 medesimo, e cio' in evidente contrasto con la disciplina generale del
 codice civile e della legge n. 203 del 1982, che  nulla  a  proposito
 stabilivano  nel  corso delle annate prese a riferimento (1995-1996 e
 1996-1997), ne' stabiliscono tuttora.  La disciplina  introdotta  dal
 comma  2 dell'art. 2 e', dunque, in primo luogo retroattiva, ma anche
 qualora non lo fosse, essa - prevedendo  competenze  di  accertamento
 solo   in   capo   all'AIMA  e  ad  una  Commissione  di  istituzione
 ministeriale - andrebbe comunque ad incidere  illegittimamente  sulle
 prerogative   delle  regioni.  Queste  ultime  sono  state,  infatti,
 spogliate di qualsivoglia potere di  accertamento  dei  contratti  in
 oggetto.    In tal modo l'interferenza con l'attivita' programmatoria
 regionale passa ancora una volta per uno  sconvolgimento  retroattivo
 di   rapporti  agrari  di  diritto  privato,  suscettibili  di  serie
 conseguenze sulla produzione di  latte,  in  teoria  governata  dalle
 regioni.    Il  comma 3, lett. c), dell'art. 2 prevede poi che, anche
 per  la  campagna  1997-1998,  le  regioni  comunichino  all'AIMA   i
 trasferimenti  di quota e i cambi di titolarita', facendoli pervenire
 entro il 15 novembre 1997. Si e'  gia'  detto  come  tale  intervento
 dell'AIMA  sulla  stagione  produttiva  in  corso  ricacci le regioni
 dietro una linea divisoria  tra  Stato  e  regioni  delle  competenze
 agricole   che  lo  stesso  legislatore  statale  aveva  recentemente
 tracciato, almeno a partire dalla stagione 1997-1998. Ma vi e' ben di
 piu'.   La stagione 1997-1998 e' in  corso,  essendo  iniziata  il  1
 aprile 1997 ed essendo destinata a terminare il 31 marzo 1998. Non e'
 quindi dato capire perche', nella procedura di accertamento in carico
 all'AIMA  che  e' il presupposto dei ricorsi di riesame alla regione,
 si sarebbero dovuti depositare  i  contratti  entro  il  5  novembre,
 quando  la  legislazione vigente consente di comunicarli alla regione
 nei 15 giorni successivi alla conclusione della stagione stessa (art.
 21 decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993).  E'  inoltre
 assurdo,  con  danno  sia  per  i  produttori  che  per  la capacita'
 programmatoria regionale, il  riferimento  alla  ricezione  da  parte
 dell'AIMA,  anziche'  alla  spedizione.    In  tal modo, si introduce
 inusitatamente  un  trattamento   casualmente   discriminatorio   tra
 contratti  fatti  pervenire  e contratti non fatti pervenire entro un
 dato termine arbitrario, precedentemente sconosciuto  in  quanto  non
 previsto  dalla  disciplina civilistica vigente ed anche a posteriori
 non razionalmente  riconducibile  ad  alcun  serio  parametro  logico
 rilevante nel settore e costituzionalmente supportabile.
   7.  -  Quanto all'art. 3, comma 1, violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115,  117  e  118  della  Costituzione.    L'art.  3,  comma  1,  del
 decreto-legge  impugnato  conferma implicitamente modalita' e criteri
 adottati  per  la  compensazione  nazionale   relativa   al   periodo
 produttivo  1995-1996, gia' impugnati avanti codesta ecc.ma Corte con
 il ricorso avverso il decreto-legge n. 440  del  1996  e  con  quelli
 successivi  di contenuto identico o simile, oltre che sospesi in sede
 cautelare dal T.A.R. Veneto.    Come  gia'  piu'  volte  esposto,  lo
 stravolgimento  del  sistema  di  compensazione  operato  -  in prima
 battuta dal decreto-legge n. 440 del 1996 - a  campagna  conclusa,  e
 confermato  nella  disposizione  qui impugnata, viola la lettera e lo
 spirito della normativa comunitaria.  Questa, infatti, prevedendo una
 data periodizzazione delle campagne di produzione del latte,  intende
 far  si'  che  si  realizzi una gestione corretta e programmata della
 produzione lattiera medesima, che deve essere  calibrata  proprio  su
 questa  periodizzazione. Sconvolgimenti a posteriori della disciplina
 del settore, introdotti dapprima dal decreto-legge n. 440  del  1996,
 riprodotti  dai  successivi  e da ultimo confermati dal decreto-legge
 impugnato,  sono  dunque   radicalmente   contrari   alla   normativa
 comunitaria   e,   conseguentemente,  all'ordine  costituzionale  dei
 rapporti fra Stato e regioni, che  quella  normativa  contribuisce  a
 definire.      Inoltre,   la   confermata  soppressione  del  livello
 provinciale  di  compensazione,  non  sostituito  da  alcuna  istanza
 regionale,  non  solo opera l'ennesimo by-pass del governo regionale,
 ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi degli agricoltori
 della regione ricorrente - piu' si innalza, infatti,  il  livello  di
 compensazione,  meno  e'  probabile  che  le eccedenze locali possano
 trovare aggiustamento e compensazione senza danno per  la  produzione
 complessiva  a  livello  provinciale  e  regionale  -  e, in modo non
 indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza n.  520  del
 1995)  immediato,  all'interesse  stesso  della regione ricorrente ad
 esercitare le proprie potesta' programmatorie  del  settore.    Sotto
 tutti  i  profili  di  cui  sopra,  violati, dunque, sono, in una con
 l'art. 41, gli artt. 5, 117 e  118  della  Costituzione,  perche'  le
 regioni   -   cui   pure   codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha
 riconosciuto un ruolo preminente in questo settore - sono  totalmente
 spossessate delle loro attribuzioni programmatorie, specie in seguito
 all'applicazione    radicalmente    retroattiva   della   disciplina,
 confermata dal decreto-legge impugnato.