Ricorso della regione del Veneto, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, on. dott. Giancarlo Galan, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di giunta regionale n. 4567, del 22 dicembre 1997, di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti Romano Morra e proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, lungotevere delle Navi n. 30, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illeggittimita' costituzionale del d.-l. 1 dicembre 1997, n. 411, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 280 del 1 dicembre 1997, recante "Misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera": quanto all'art. 1, commi 1, 2 e 3, in quanto dispone la restituzione ai produttori degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare limitatamente al periodo di produzione lattiera 1996-1997 e limitatamente alla percentuale dell'80% o 20%; quanto all'art. 2, comma 1, lett. d), in quanto dispone che l'AIMA determini gli effettivi quantitativi di latte commercializzato nei periodi 1995-1996 e 1996-1997 con particolare riguardo ai contratti di circolazione delle quote latte, quali le soccide, i comodati di stalla, gli affitti di azienda di durata inferiore ai sei mesi; quanto all'art. 2, comma 2, in quanto dispone che, entro quindici giorni dalla entrata in vigore del medesimo decreto, gli acquirenti debbano inviare all'AIMA i contratti di cui al comma 1, lett. d), a pena di revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto del Presidente della Repupplica n. 569 del 1993; quanto all'art. 2, comma 3, lett. c), in quanto dispone che l'AIMA debba aggiornare i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo conto dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' conformi alla normativa vigente, per i medesimi periodi sopra citati, comunicati dalle regioni e dalle province autonome e pervenuti all'AIMA entro il 15 novembre 1997; quanto all'art. 2, comma 4, in quanto dispone che i termini previsti dal precedente comma 3 sono perentori; quanto all'art. 2, comma 5, in quanto dispone che l'AIMA debba comunicare ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato, accertati ai sensi dei commi da 1 a 3 e che gli interessati possono presentare, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della suddetta comunicazione; quanto all'art. 2, comma 6, in quanto dispone che i c.d. ricorsi di riesame debbano essere presentati alle regioni; quanto all'art. 2, comma 8, in quanto dispone che le decisioni in ordine ai ricorsi di riesame debbano essere adottate, e comunicate all'AIMA, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione dei medesimi, di cui al comma 5, e che le decisioni pervenute oltre suddetto termine perentorio sono considerate irricevibili, salva la responsabilita' civile, penale, amministrativa e disciplinare degli autori del ritardo; quanto all'art. 2, comma 9, in quanto dispone che qualora l'esito del ricorso di riesame comportasse una conferma dei quantitativi di riferimento individuali assegnati dall'AIMA, o dei quantitativi di latte commercializzato accertati dall'AIMA, i costi degli accertamenti, nella misura determinata da ciascuna regione o provincia autonoma, sono a carico del produttore ricorrente; quanto all'art. 2, comma 10, in quanto dispone che con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole di intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, siano disciplinate le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi del riesame; quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone la mera rettifica della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996; quanto all'art. 4 in quanto dispone che l'AIMA proceda, per il periodo 1997-1998, all'aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti, che andranno a sostituire qualsiasi precedente assegnazione; quanto all'art. 5 in quanto dispone che, per il periodo 1998-1999, in deroga a quanto previsto dall'art. 1 del decreto-legge n. 11 del 1997, convertito con modificazioni in legge n. 81 del 1997, l'AIMA provvede all'aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti. F a t t o 1.1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo, e' stato introdotto in Italia, dopo lungo contenzioso circa l'effettiva entita' della produzione interna e la irrogazione delle relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468. Tale testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2 comma 2, la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la loro pubblicazione in appositi bollettini all'azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), all'art. 2, comma 2, limitatamente ai produttori di associazioni aderenti alla UNALAT, dispone la articolazione della quota in due parti: l'una (A), commisurata alla produzione di latte commercializzata nel periodo 1988-1989; l'altra (B), rapportata alla maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/68, del 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote nazionali spettanti all'Italia, i commi 6 e 8 dello stesso art. 2 assegnavano alle regioni il compito di vigilare sulla effettiva produzione dei singoli operatori e di comunicare all'AIMA per l'aggiornamento del bollettino le eventuali situazioni di quota assegnata superiore a quella effettiva, e al Ministro dell'agricoltura e foreste, acquisito il parere della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e sentite le organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di eccedenza delle quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei commi 2 e 3 rispetto alle quote nazionali individuate in sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali per il pieno allineamento con le quote nazionali nell'arco di un triennio. Lo stesso comma 8 imponeva che, con riferimento alle riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza di mantenere nelle aree di montagna e svantaggiate la maggior quantita' di produzione lattiera". Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito, con modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46 ha poi operato la riduzione delle quote B per singolo produttore, con l'esclusione degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 con operativita' dalla campagna 1995-1996. La legge di conversione n. 46/1995 ha innovato il decreto come segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett. a)) la riduzione della quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota B ((lett. a)), ha escluso (lett. b)) da entrambe le riduzioni i produttori non solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna, ma anche quelli operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole"; c) ha consentito (art. 2, comma 2-bis) che i produttori che abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 468 del 1992, l'approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione di una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B. Piu' in generale il decreto-legge n. 727 del 1994 e la legge n. 46 del 1995 hanno soppresso la previa consultazione della conferenza tra Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale. Inoltre, e' stato introdotto un meccanismo di autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati a considerare i quantitativi autocertificati dai produttori. La legge n. 46 del 1995, insieme con il decreto-legge convertito, veniva impuganta dalla regione Veneto con ricorso rubricato n. 23/1995, con allegazione di numerosi profili di costituzionalita'. Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del 23 novembre 1995, con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995 accoglieva il predetto ricorso, in una con quello presentato dalla regione Lombardia e rubricato con n.r.g. 22/1995, sotto il profilo della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in cui non vi si contemplava il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino. 1.2. - Come e' noto, il Governo e' poi piu' volte intervenuto con la decretazione di urgenza, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996, n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996, n. 260, (impuganti con i ricorsi n.r.g. 19 e 28/96), indi con il d.-l. 8 luglio 1996, n. 353 (del pari impugnato con il ricorso n.r.g. 33/96), con il d.-l. 8 agosto 1996, n. 440 (impugnato con il ricorso n.r.g. 38/96), con il d.-l. 6 settembre 1996, n. 463 (impuganto con ricorso n.r.g. 41/96), e "infine" con i dd.-ll. 23 ottobre 1996, nn. 542 e 552 (il secondo, impugnato con ricorso n.r.g. 47/1996). Tali ultimi due decreti-legge sono poi stati convertiti, rispettivamente, nelle leggi 20 dicembre 1996, n. 642, e 23 dicembre 1996, n. 649 (impugante con ricorsi nn.rr.gg. 13/97 e 15/97). I decreti-legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a due "catene" di decreti reiterati: una saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 542 del 1996 (legge n. 649 del 1996); l'altra saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 552 del 1996 (legge n. 642 del 1996). La prima catena e' relativa alle previsioni sulle procedure di compensazione (in particolare, all'eliminazione delle procedure previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione nazionale gestita dall'AIMA), nonche' alle modalita' e ai tempi dei prelievi e delle restituzioni. La seconda catena riguarda, in particolare, la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di quota; la fissazione dei criteri di effettuazione della compensazione; le modalita' della compensazione medesima; la disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione delle quote latte. Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per le ragioni gia' esposte nei ricorsi sopradescritti - hanno determinato gravissimi pregiudizi all'autonomia delle regioni in materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente e costituzionalmente illegittimo. L'incoerenza e l'illegittimita' sono state confermate (e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle menzionate leggi nn. 642 e 649 del 1996. A distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta Ufficiale, rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996) delle leggi ora ricordate, il legislatore e' poi nuovamente intervenuto nel settore della produzione lattiera con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa data della legge n. 649 del 1996), a conferma della caoticita' e della farraginosita' del suo agire. La legge (impugnata con ricorso n.r.g. 21/1997) dedica alla produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2. Tutti i ricorsi piu' sopra menzionati, e segnatamente i ricorsi nn.rr.gg. 19-28-33-38-41-47/1996 e 13-15-21/1997, sono stati discussi all'udienza pubblica tenutasi in data 28 ottobre 1997. In riferimento ai medesimi ricorsi sopra menzionati, codesta ecc.ma Corte, in data 19 dicembre 199, ha depositato in cancelleria ordinanza istruttoria del 16 dicembre 1997, con la quale si e' disposta a carico del Presidente del Consiglio dei Ministri (e in minima parte a carico dei presidenti delle regioni) ampia integrazione documentale. 1.3. - Nonostante avessero operato la "saldatura" finale delle descritte catene di decreti-legge, i confusi e contraddittori interventi normativi di fine 1996 non sono riusciti a scrivere la parola "fine" sotto la lunga e tormentata storia della disciplina in via d'urgenza della produzione lattiera. Il Governo e' infatti reintervenuto con il decreto-legge n. 11 del 1997 (anch'esso impugnato dalla ricorrente con ricorso rubricato al n. 26/97, pendente avanti codesta ecc.ma Corte). La storia di questo decreto e' nota: incalzato dalla protesta dei produttori, angosciati dall'imminente scadenza del cosiddetto "superprelievo", ed esasperati dalla pachidermica gestione del settore lattiero-caseario da parte del MIRAAF e dell'AIMA, il Governo ha ritenuto opportuno intervenire, subito, con un provvedimento legislativo d'urgenza. Quanto ai suoi contenuti, il decreto in questione puo' essere diviso, per quanto qui interessa (e prescindendo dunque dalle disposizioni puramente finanziarie e da quelle previdenziali, di cui agli artt. 9 e 11) in due parti. In una prima parte si interviene - disinteressandosi del tutto delle prerogative delle regioni - con forme di finanziamento agevolato ai produttori, onde far fronte alla crisi del settore determinata, per un verso, dall'encefalopatia spongiforme bovina, e per l'altro dalla sovrapproduzione di latte. Cosi', l'art. 1 stabilisce ammontare (comma 1), tasso (comma 2), criteri di calcolo (comma 3), tempi e garanzie dei finanziamenti per fronteggiare i danni causati dalla menzionata epidemia (comma 4). L'art. 2 fissa le procedure per la concessione dei finanziamenti. L'art. 3 introduce, per i produttori che non abbiano chiesto il finanziamento di cui all'art. 1, un premio per la perdita di reddito subita a causa dell'encefalopatia spongiforme bovina. L'art. 4 detta regole in materia di incentivi per l'abbandono della produzione lattiera, determinando ammontare, modalita' e tempi degli incentivi medesimi. L'art. 6 dispone un contributo straordinario al Fondo interbancario di garanzia e detta ulteriori regole in materia. In una seconda parte, logicamente differenziata dalla prima e relativa a questioni che avrebbero dovuto essere oggetto di ben piu' meditata considerazione, il decreto si occupa direttamente del regime della produzione lattiera. Cosi', l'art. 5 detta regole sull'assegnazione di quote ai giovani produttori. L'art. 7 istituisce una commissione governativa di indagine in materia di quote latte. L'art. 8, infine, detta norme in materia di identificazione e registrazione degli animali (anagrafe del bestiame), anche in applicazione del d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317. 1.4. - Nonostante fosse affetto dai vizi lamentati nel ricorso n. 26/97, sopra menzionato, il decreto-legge n. 11 del 1997 e' stato poi convertito in legge ad opera della legge 28 marzo 1997, n. 81 (anch'essa impugnata con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte al n. 37/97). La struttura del decreto e' stata profondamente alterata, poiche' i suoi vari articoli sono stati tutti raggruppati e trasformati in commi (ben 54) di un solo maxiart. 1, ma il testo delle varie previsioni normative e' rimasto largamente intatto, ad eccezione delle parti che qui appresso si indicano. E' stato, anzitutto, premesso al testo originario un art. 01, nel quale si prevede che le funzioni amministrative relative all'attuazione della normativa comunitaria in materia di quote latte siano svolte dalle regioni (e dalle province autonome). La soddisfazione con la quale dovrebbe essere accolto il doveroso riconoscimento del corretto assetto delle competenze in questo delicato settore e' destinata ad avere vita breve. Basta infatti leggere quanto l'art. 01 aggiunge a tale previsione, e precisamente che: a) l'assegnazione alle regioni delle predette funzioni vale solo "a decorrere dal periodo di applicazioe 1997-1998"; b) "in attesa della riforma organica del settore" (videant posteri ...|), sono fatti salvi i compiti svolti dall'AIMA - niente meno - "in materia di aggiornamento del bollettino 1997-1998, di riserva nazionale, di compensazione nazionale e di programmi volontari di abbandono"; c) come se non bastasse, l'AIMA concorre con le regioni per gli altri adempimenti dello Stato nei confronti dell'Unione europea nel settore lattiero-caseario. Come si vede, l'incipit di tale articolo, apparentemente garantista per le regioni, si rivela addirittura derisorio quando inserito nel contesto dell'intera previsione normativa. Sempre nell'art. 01, poi, si e' previsto (al comma 2) che le funzioni di indirizzo e coordinamento, nonche' i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni spettano al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali. L'art. 1, comma 1, e' stato modificato assai marginalmente, con il rinvio (prima mancante) a quanto previsto dalla legge n. 468 del 1992 in materia di attribuzione dei quantitativi di riferimento di produzione lattiera. L'art. 1, comma 3, e' stato modificato, nel senso che si prevede la consultazione degli "assessorati regionali all'agricoltura", al fine di determinare i criteri oggettivi per il calcolo della perdita di reddito derivante ai singoli produttori a seguito della crisi dovuta all'encefalopatia spongiforme bovina. L'originario art. 4, comma 2, del decreto (ora art. 1, comma 14) e' stato modificato con la eliminazione dell'inciso che prevedeva la sottoscrizione della domanda di premio per l'abbandono della produzione da parte del proprietario, ove questi fosse soggetto diverso dal titolare della quota. L'originario art. 5, comma 1, del decreto (ora art. 1, comma 17) e' stato modificato, prevedendo unilateralmente una disciplina ancora piu' analitica - eppercio' illegittima - delle assegnazioni di quote ai giovani produttori. L'originario art. 5, comma 2 (ora art. 1, comma 18) e' stato modificato con alcuni aggiustamenti lessicali, ed in particolare con la previsione che la riassegnazione delle quote avvenga "a livello regionale" (anziche' "su base regionale"). L'originario art. 7, comma 4 (ora art. 1, comma 31), e' stato modificato con la previsione piu' specifica dei contenuti della relazione che la Commissione governativa di indagine in materia di quote latte e' tenuta a presentare. E' stata introdotta, all'art. 1, comma 35, la previsione secondo cui l'AIMA provvede a rettificare gli elenchi dei produttori assoggettati al prelievo supplementare e ai conguagli sulla base delle risultanze della relazione della Commissione governativa di cui al punto precedente, con il risultato di aggravare ulteriormente - se possibile - i gia' gravi vizi evidenziati nell'impugnativa del decreto. E' stato introdotto, all'art. 1, comma 42, e modificando doverosamente l'assurdo art. 8 del decreto, il principio secondo cui le regioni si avvalgono della banca dati per la registrazione ed identificazione dei bovini da allevamento. 1.5. - Con ulteriore ricorso alla decretazione di urgenza, il Governo ha poi adottato il d.-l. 7 maggio 1997, n. 118, del pari impugnato con ricorso n.r.g. 41/97, pendente innanzi a codesta ecc.ma Corte. In estrema sintesi, il contenuto di tale decreto-legge e' il seguente: il comma 1 proroga al 10 luglio 1997 la operativita' della commissione governativa di indagine, di cui all'art. 1, comma 28, della legge n. 81 del 1997, ribadendo che entro tale termine essa dovra' presentare alla Presidenza del Consiglio ed al Ministro la propria relazione; il comma 2 ribadisce quanto gia' disposto dal comma 30 dell'art. 1 della legge n. 81 del 1997 circa l'utilizzo della forza pubblica, aggiungendo che essa puo' in particolare svolgere ispezioni amministrative ed esercitare "tutti i poteri ... spettanti nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, per l'esercizio delle proprie attivita' istituzionali"; il comma 3 demanda all'AIMA, entro venti giorni dalla presentazione della relazione di cui al comma 1, di operare le rettifiche negli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-1996 e di effettuare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-1997, ovvero, se il conguaglio non sia possibile o sufficiente, le ripetizioni di somme trattenute in meno. Il 31 agosto diventa cosi' il nuovo termine per il versamento del saldo del prelievo supplementare da parte degli acquirenti per il periodo 1995-1996; il comma 4 differisce al 10 giugno 1997, limitatamente al periodo 1996-1997, le dichiarazioni degli acquirenti, sottoscritte anche dai produttori, in base al regolamento CEE n. 536/1993 e prescrive nello stesso termine una nuova dichiarazione per il periodo 1995-1996, prevedendo, in caso di omessa sottoscrizione delle dichiarazioni da parte del produttore, verifiche da parte delle forze di polizia; il comma 5 e' la norma finanziaria. Il decreto-legge n. 118/1997 e' poi stato convertito in legge 3 luglio 1997, n. 204. Quest'ultima, in aggiunta al decreto-legge convertito, prevede: la sospensione dei programmi di abbandono della produzione di latte e la conseguente interruzione dell'assegnazione delle quote gratuite ai giovani produttori (art. 1-bis); l'obbligo per i primi acquirenti di trattenere solo il 20% del prelievo supplementare della quota B ridotta ed ugualmente prodotta nell'annata 1996-1997 (art. 1, comma 4-bis); la proroga dei lavori della Commissione per tutto agosto (art. 1, comma 1), con conseguente slittamento dei termini previsti dall'art. 1, comma 3, del decreto-legge convertito. Nel frattempo, il Governo - aggravando la gia' sconcertante disorganicita' e frammentarieta' della disciplina in materia di quote latte - ha fatto si' che si intrufolasse nel testo del decreto-legge 19 maggio 1997, n. 130, convertito in legge 6 luglio 1997, n. 228, relativo agli incendi boschivi, un articolo relativo ai controlli veterinari straordinari da effettuarsi su tutti i capi bovini presenti nelle aziende da latte. Con l'art. 6 del decreto-legge in oggetto e' stato, infatti, autorizzato il Ministro della sanita' a disporre la suddetta rilevazione tramite i servizi veterinari delle USL. Infine, il Governo, con il d.-l. 15 settembre 1997, n. 305 - poi pero' non convertito -, disponeva la proroga di sessanta giorni dei suddetti termini imposti all'AIMA per le rettifiche negli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-1996 e per l'effettuazione dei conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-1997, ovvero - se il conguaglio non sia possibile o sufficiente - per la restituzione delle somme versate in piu' e la ripetizione di quelle versate in meno. 2.1. - Nel frattempo la Commissione d'indagine, istituita con il decreto-legge n. 11 del 1997, ha presentato due relazioni, del 26 aprile 1997 e del 31 agosto 1997; quest'ultima, frutto delle proroghe disposte dal decreto-legge n. 118 del 1997 e dalla legge di conversione n. 204 del 1997. La Commissione ha evidenziato come la situazione attuale sia frutto di una normativa che, oltre a disattendere le direttive e i regolamenti comunitari, risulta essere chiaramente inadeguata ad impostare un definitivo riassetto del sistema. Il dato maggiormente preoccupante e' stato individuato nel proliferare di contratti di pseudo soccida e comodato. Tale fenomeno, volto ad eludere le disposizioni normative in materia di circolazione di quote latte, discende - ad avviso della medesima Commissione - da una legislazione nazionale non conforme al diritto comunitario e contraddittoria al suo interno. Infatti, se da un lato la legislazione italiana - allo scopo di conservare le quote produttive nelle aree territoriali di origine - proibisce la compravendita e l'affitto di sole quote al di fuori della regione di appartenenza del cedente (legge n. 468 del 1992), vietando altresi' la cessione della sola quota tra aree non omogenee, dall'altro fa menzione dei contratti associativi, senza precisare alcunche' rispetto agli stessi (legge n. 407 del 1994). I contratti di pseudo soccida e comodato (resi possibili dalla richiamata menzione da parte della legislazione interna dei contratti associativi) non comportano un effettivo trasferimento della titolarita' delle quote in capo agli stipulanti (e per questo non sono soggetti ne' al controllo della regione, ne' dell'AIMA), ma, legittimando una produzione di latte da parte di chi e' privo di bestiame, oppure da parte dei produttori che hanno gia' completamente utilizzato la quota a propria disposizione, hanno comunque come unico oggetto del rapporto la realizzazione di una cessione strumentale - seppure sui generis - della quota. Da tali transazioni conseguono in tutta evidenza enormi squilibri in sede di compensazione nazionale, a danno dei produttori effettivi. Va fin da ora precisato che tali contratti sfuggono a qualsivoglia controllo in quanto non comportano un formale trasferimento della quota; il fine di suddette transazioni e' infatti l'illegittimo utilizzo della quota da parte chi non ne e' titolare. A proposito, si sottolinea che l'art. 8 della legge n. 468 del 1992 attribuisce al Ministero i poteri di controllo in ordine all'improprio utilizzo degli strumenti giuridici previsti dalla legge medesima. Inoltre - come la stessa Commissione rileva - tali pseudo soccide e comodati non possono dirsi stipulati in evidente violazione della normativa interna, in quanto essa - seppure in contrasto con la normativa comunitaria - legittima l'utilizzo di non meglio definiti contratti associativi. Il problema di fondo non risiede dunque nei controlli - quasi impossibili ad effettuarsi -, ma nella disciplina statale del settore. La stessa Commissione sollecita, infatti, una effettiva ed ordinata ripartizione dei ruoli tra i vari soggetti preposti alla disciplina e gestione del settore. 2.2. - La Commissione governativa ha inoltre proposto che la compensazione, limitatamente alla campagna 1995-1996, venga effettuata secondo il previgente sistema, e cioe' prima al livello delle APL, e a livello dei non associati, e poi a livello nazionale. Tale proposta - sempre secondo la Commissione - si impone in considerazione del principio del legittimo affidamento, cosi' come riconosciuto anche dall'ordinamento comunitario. In base a tale principio, infatti, la Corte di giustizia ritiene non possa non tenersi conto dell'affidamento riposto dall'imprenditore su norme, comportamenti e prassi delle autorita' nazionale e comunitaria, in base alle quali egli ha determinato le proprie operazioni commerciali; cio', sempre che nessun interesse pubblico vi osti e che la lesione subita sia intervenuta in modo imprevedibile. Nel caso di specie, considerato che solo nel maggio del 1996 la UE ha contestato formalmente la metodologia di compensazione utilizzata in Italia, gli allevatori fino ad allora confidavano del tutto verosimilmente nel mantenimento del precedente sistema. Inoltre, nessuna conseguenza si produrrebbe a carico dello Stato nel caso in cui si tornasse ad operare la compensazione secondo la normativa previgente: il prelievo per l'esubero continuerebbe infatti ad essere a carico dei produttori eccedentari (cfr. pagg. 84-86, relazione del 26 aprile 1997; pagg. 56-59 e 140-149, relazione del 31 agosto 1997). Le considerazioni espresse in tal senso dalla Commissione confermano le gravi illegittimita' che viziano le disposizioni impugnate, troppo frettolosamente escogitate dal legislatore al solo fine di ovviare ad ulteriori infrazioni comunitarie. Viceversa la Commissione medesima ritiene necessario risolvere definitivamente la grave crisi del settore tramite misure che, oltre ad assicurare l'effettivo adempimento agli obblighi imposti dall'UE, risultino idonee a governare il sistema delle quote latte sulla scorta dei principi di equita' ed economicita' (cfr. pag. 204, relazione del 31 agosto 1997). 2.3. - Altro punto sottolineato da entrambe le relazioni redatte dalla Commissione d'indagine riguarda la sicura e totale compensazione concessa agli operatori delle zone svantaggiate (cfr. pagg. 158-159, relazione del 31 agosto 1997). In seguito ad un'analisi comparata delle legislazioni degli stati membri, la Commissione stessa ha evidenziato come la situazione italiana, oltre ad essere atipica, non risponda allo spirito della normativa comunitaria, che consente, infatti, agevolazioni in favore delle zone svantaggiate solo a monte del sistema, e cioe' in sede di assegnazione delle quote. La sostanziale esclusione dei produttori operanti nelle zone svantaggia te dal pagamento del prelievo supplementare comporta dunque un'intollerabile disparita' di trattamento nei confronti degli operatori delle regioni a maggiore vocazione produttiva, quali la regione ricorrente. 2.4. - Infine, quanto all'attribuzione dei poteri di gestione delle quote in capo alle regioni, la Commissione sottolinea la necessita' di predeterminare, con riguardo alle particolari situazioni locali, piu' sistemi concordati da ciascuna regione con l'organo statale di controllo (cfr. pag. 78, relazione del 26 aprile 1997). Ne discende che le mere affermazioni di principio, quali la tardiva previsione di un Comitato permanente in sede consultiva e la formale attribuzione delle competenze in capo alle regioni - salvo mantenere ben salde in capo all'AIMA le competenze effettive -, non potevano certo bastare ai fini di una seria e meditata riorganizzazione della materia. 2.5. - In conclusione, le relazioni redatte dalla Commissione d'indagine evidenziano la necessita' di riformare in radice l'intero sistema, a partire dall'individuazione dell'annata di riferimento per l'assegnazione delle quote. Si e' infatti dimostrato come le errate rilevazioni della produzione nazionale effettuate a piu' riprese da diversi organismi abbiano determinato gia' ab origine le condizioni per il proliferare delle successive e consequenziali distorsioni, che hanno impedito l'effettivo e razionale adempimento degli obblighi imposti dalla UE. Siffatta situazione e' da addebitarsi in primo luogo all'assurda ed incoerente sovrapposizione di disposizioni che si sono sempre piu' allontanate dal dato reale. Le distorsioni del sistema si sono cosi' moltiplicate ed hanno di fatto impedito un effettivo adeguamento della normativa interna agli obblighi imposti dalla UE. La Commissione ha poi rinvenuto precise responsabilita' in ordine alla evidente disfunzione del settore, e segnatamente: in capo all'UNALAT e alle Organizzazioni professionali agricole, che hanno a suo tempo fornito dati non veritieri in merito alla produzione nazionale; capo alle APL, per la gestione scorretta delle quote; in capo ai primi acquirenti - le latterie -, che in genere non hanno ostacolato l'utilizzo distorto dei contratti "associativi" da parte dei produttori; in capo del CCIA, per le imprecise rilevazioni in ordine alla produzione nazionale; in capo al Governo, in riferimento alla stratificazione di norme non sempre - rectius, quasi mai - in linea con il diritto comunitario; in capo al Ministero, per non avere gestito correttamente i rilevamenti sulla produzione nazionale interna; in capo all'AIMA, in riferimento alla dimostrata inefficienza operativa. E', poi, emblematico ed illuminante che, quanto alle regioni, le relazioni si siano invece limitate ad evidenziare l'omesso esercizio da parte di tali enti dei poteri di controllo in relazione, in particolare, ai quantitativi effettivi di latte prodotto dai singoli operatori ed in ordine ai contratti di acquisto ed affitto di quote. In relazione ai contratti, pero', si e' gia' detto dell'impossibilita' di sottoporre al controllo quelle particolari forme di transazioni, dette di pseudo soccida e comodato; queste ultime, infatti, non comportando un effettivo trasferimento di quota non erano in realta' soggette ad alcun controllo ex lege. Quanto all'omesso controllo dei quantitativi di latte effettivamente prodotto, e' di tutta evidenza che i poteri attribuiti alle regioni erano - e sono - del tutto formali, spettando all'AIMA l'esclusiva competenza in ordine all'assegnazione delle quote. L'estromissione delle regioni dai poteri programmatori ha ovviamente impedito alle stesse l'esercizio dei poteri di controllo. Il sistema indotto dalle disposizioni succedutasi in materia di quote latte ha reso, infatti, possibile l'utilizzo da parte di alcuni produttori di strumenti giuridici (quali i contratti di pseudo soccida e comodato) ai limiti della legalita', impedendo di fatto all'organo periferico un effettivo controllo sul dato reale. 3.1. - Da ultimo, e malgrado l'invito della Commissione governativa di procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero-caseario, il Governo e' nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge impugnato con il presente ricorso. In sintesi, il decreto, quanto al procedimento di accertamento, prevede: che l'AIMA accerti la produzione effettiva per i periodi piu' sopra indicati, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme apocrife, b) ai modelli L1 privi dell'indicazione dei capi bovini, c) ai modelli L1 con quantita' di latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del bestiame, d) ai contratti di circolazione di quote latte (quelli ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai sei mesi, e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite IVA errate o inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente punto d) devono essere inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro quindici giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993 (art. 2, comma 2) (dimenticando che la revoca e' disposta dalle Regioni, che, in quanto non destinatarie dell'atto comunicato, non potrebbero direttamente valutare se l'invio della documentazione e' avvenuto nei termini prescritti); che l'AIMA aggiorni i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998 tenendo conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome, b) degli azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle regioni e province autonome, pervenute all'AIMA entro la data di entrata in vigore del decreto stesso, c) dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati dalle regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997 (si consideri che, quanto ai cambi di titolarita', per il periodo 1997-1998, essi possono essere effettuati fino al 31 marzo 1998 e comunicati alle regioni nei quindici giorni successivi - vd. art. 21 decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993 -), d) della correzione, in base alle risultanze del censimento 1993-1994, delle assegnazioni di quote a suo tempo effettuate (art. 2, comma 3); che l'AIMA, compiuto l'accertamento de quo nei modi sopradescritti, comunichi ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli interessati possono presentare alla regione, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6) (dimenticando che la regione, non potendo accertare la data di ricezione della comunicazione, non sara' in grado neppure di accertare il presupposto di ammissibilita' del ricorso medesimo - ovvero: la sua proposizione nei termini); che le regioni devono decidere sui ricorsi de quibus entro sessanta giorni (termine perentorio) a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione, ed entro lo stesso termine devono comunicare all'AIMA la relativa decisione, a pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8) (ancora non si considera che le regioni non hanno i mezzi per accertare il dies a quo). 3.2. - Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo ha poi disposto in favore dei produttori la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, limitatamente al periodo 1996-1997 (art. 1). 3.3. - Inoltre, l'art. 3 del decreto impugnato dispone che l'AIMA provveda alla rettifica della compensazione nazionale per il periodo 1995-1996 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. La compensazione per il periodo 1995-1996 - da effettuarsi sempre a livello nazionale - subira', dunque, mere rettifiche malgrado la stessa Commissione governativa, rilevata la violazione del principio di legittimo affidamento, avesse espressamente invitato il Governo a disapplicare il sistema di compensazione nazionale per il periodo in oggetto. 3.4. - L'art. 4, quanto alla campagna 1997-1998, dispone che l'AIMA proceda all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti andranno a sostituire ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare - come espressamente recita il medesimo art. 4 - gli acquirenti saranno tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto elenco. 3.5. - Da ultimo, quanto alla campagna 1998-1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 01 del decreto-legge n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuisce nuovamente all'AIMA la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998-1999. Le riferite previsioni normative sono costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Ouanto all'intero d.-l. 1 dicembre 1997, n. 411, violazione degli artt. 5, 77, 115, 117 e 118 della Costituzione. Il decreto-legge impugnato non e' stato altro che l'ennesimo, ultimo (?), di una lunghissima serie di decreti-legge in materia di produzione lattiero-casearia. Cosi' come per i decreti-legge nn. 11 e 118 del 1997, si potrebbe qui ritenere presente il requisito dell'urgenza, atteso che il decreto risulta adottato per far fronte alla protesta dei produttori. Vero e', pero', che l'urgenza e' paradossalmente autoprodotta perche' le ragioni della protesta sono imputabili all'inadeguatezza delle scelte e all'inefficienza dell'amministrazione dello Stato, inadeguatezza e inefficienza che hanno trovato il loro punto di massima, clamorosa, espressione nelle previsioni retroattive che, in riferimento ai bollettini dell'AIMA, sono state dettate da precedenti decreti-legge tutti puntualmente impugnati dalla ricorrente con ricorsi tuttora pendenti innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale. Se le cose, dunque, sono al punto in cui sono, imputet sibi, lo Stato. In queste condizioni, pero', il ricorso allo strumento del decreto-legge non puo' essere ammesso, specificamente quando la sua utilizzazione ha per conseguenza la lesione di sfere di competenza costituzionalmente garantite alle regioni: cosi' facendo, infatti, lo Stato scarica sulle regioni, attraverso la decretazione d'urgenza, le conseguenze negative della propria inefficienza, con inaccettabile de'tournement della funzione specifica dello strumento previsto dall'art. 77 della Costituzione (far fronte a necessita' prodotte dall'esterno). Non basta. Il decreto impugnato, s'e' detto, e' solo l'ultimo di una serie davvero impressionante. L'eccezione, in materia di produzione lattiero-casearia, si e' fatta dunque regola. Cio' che doveva essere straordinario e' divenuto ordinario. Manca pertanto, in questo caso, il requisito essenziale della straordinarieta' della decretazione d'urgenza, che e' imposto dallo stesso art. 77 della Costituzione. Di qui, un'ulteriore conferma della violazione di tale parametro costituzionale, anche in riferimento alle norme costituzionali che garantiscono autonomia alle regioni (che sono pregiudicate dal susseguirsi di atti provvisori, che ingenerano incertezza ed instabilita' dei rapporti fra la pubblica amministrazione e i cittadini, e di quelli fra lo Stato e le regioni medesime). Non varrebbe obiettare che la straordinarieta' si predicherebbe dello strumento decreto-legge in genere, e non del singolo atto. Cio' e' vero, infatti, solo se e solo quando il singolo atto non entra a far parte di una incredibile catena di decreti-legge, tutti nella stessa materia, e tutti rivolti a disciplinare le medesime questioni. In casi di questo genere, l'assenza di straordinarieta' puo' ben essere valutata (e censurata) in riferimento al singolo atto, perche' questo non vale nella sua astratta individualita', ma deve essere assunto quale episodio qualificante di una vera e propria "politica" normativa. Una "politica" che ha fatto della decretazione d'urgenza il proprio strumento d'elezione. Il che non e' consentito dalla Costituzione. Qui la cosa e' tanto piu' grave, in quanto - come appresso si dimostrera' - l'impugnato decreto-legge detta una serie di disposizioni retroattive incompatibili, per la loro stessa struttura normativa, con l'idea dell'urgenza (non autoprocurata) che e' sottesa alla logica dell'art. 77 della Costituzione. 2. - Quanto ancora all'intero decreto-legge n. 411 del 1997 si deve lamentare la violazione degli artt. 5, 11, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione anche in riferimento al principio di leale cooperazione fra lo Stato e le regioni, e all'art. 12 della legge 23 agosto 1988 n. 400. Come ha gia' limpidamente affermato codesta ecc.ma Corte proprio in riferimento alla materia dell'allevamento di bestiame al fine della produzione lattiera, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome deve essere sempre coinvolta (ai sensi dell'art. 12 della legge n. 400 del 1988) nella determinazione dei criteri generali della disciplina del settore lattiero-caseario (sentenza n. 520 del 1995). Tale coinvolgimento e', qui, clamorosamente mancato. La Conferenza, invero, non e' stata sentita in occasione dell'adozione del decreto impugnato, come invece prescrive l'art. 12, comma 5, lett. a), della legge n. 400 del 1988, a tenore del quale la Conferenza viene consultata "sulle linee generali dell'attivita' normativa che interessa direttamente le regioni...", e qui non v'e' dubbio che: a) interesse della regione siano il sostegno e la razionalizzazione della produzione lattiero-casearia; b) il decreto impugnato non sia un semplice, episodico esercizio di potesta' normativa, ma determini linee generali di disciplina del settore, nel tentativo (peraltro fallito) di dare soddisfazione alle richieste dei produttori, danneggiati dall'inadeguato esercizio delle competenze statali in materia. Cio' vale, di per se', a determinare l'illegittimita' dell'atto qui impugnato, nella sua interezza e comunque nelle previsioni che piu' direttamente si riferiscono alle autonomie regionali, anche in considerazione del fatto che il mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni determina, in una con la lesione dell'autonomia regionale in materia, un'inadeguata considerazione di tutti gli aspetti rilevanti della problematica della produzione lattiero-casearia. Di qui, la violazione (sempre in connessione con l'autonomia regionale) del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e del principio secondo il quale l'iniziativa privata puo' essere guidata e controllata solo per perseguire finalita' sociali (art. 41 Cost.), cio' che determina anche la conseguente violazione dell'art. 11 della Costituzione atteso che efficienza e coerenza delle scelte di governo della produzione lattiero-casearia sono valori propri dell'ordinamento comunitario, che lo Stato italiano e' tenuto a salvaguardare. Non varrebbe obiettare che la previsione della necessaria consultazione della Conferenza Stato-regioni si rinviene in una fonte ordinaria quale la legge n. 400 del 1988. E' infatti evidente che tale previsione non fa che esplicitare quanto gia' implicito e racchiuso nel principio di leale cooperazione fra lo Stato e le regioni, che deriva direttamente dai parametri costituzionali sopra invocati, dei quali la legge n. 400 del 1988 e', per questo profilo, mera integrazione. E neppure varrebbe obiettare che l'urgenza di provvedere avrebbe impedito la consultazione, atteso che l'urgenza non giustifica questa "completa esclusione delle regioni" (cosi' la citata sentenza n. 520 del 1995, punto 7 del Considerato in diritto). 3. - Ouanto al decreto-legge n. 411 del 1997 nella sua totalita' e in specie con riguardo agli artt. 4 e 5, commi 1 e 2, violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, anche con riferimento alla legge 28 marzo 1997 n. 81, alla legge 3 luglio 1997, n. 204 e al d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, nonche' alla relativa legge di delegazione 4 dicembre 1993, n. 491. La disciplina normativa contestata con il presente ricorso, sia nel suo insieme che con particolare riguardo agli artt. 4 e 5 (il primo per il periodo 1997-1998 e il secondo per il periodo 1998-1999 coperto dalle "disposizioni finali"), conferma in capo all'AIMA compiti di aggiornamento degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti, con tutti i relativi effetti in termini di vincoli per gli acquirenti (art. 4, comma 1), adeguamento e memorizzazione dei dati (comma 2), applicazione del prelievo (commi 3 e 4) e sanzioni ulteriori (comma 4), per la prima delle due stagioni produttive come per la seconda (art. 5, comma 1), essendo alle regioni affidato un compito meramente esecutivo di cui non e' dato intravedere il contenuto reale (art. 5, comma 2). Tale disciplina costituisce un evidente e grave arretramento, privo di fondamento che non sia la consueta urgenza autoprocurata, rispetto al riparto di competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e comunque ormai in qualche modo, pur imperfetto e gia' contestato dalle regioni, riconosciuto sia dalla legge n. 81/1997, ed in specie dall'art. 01, sia dalla legge n. 204/1997, che circoscrive i compiti dell'AIMA alle annate produttive precedenti (ad es. art. 1, commi 3, 4, 4-bis), e dal decreto legislativo n. 143/1997, di riorganizzazione della amministrazione centrale di settore e di conferimento delle funzioni alle regioni: quest'ultimo testo normativo riserva al ricostituito Ministero per le politiche agricole (e comunque non all'AIMA) solo attribuzioni di disciplina generale e coordinamento nazionale in settori che non sembrano ricomprendere la produzione del latte, ma al piu' la importazione ed esportazione di prodotti agricoli ed alimentari (art. 2, commi 1 e 2 e art. 4). Insomma, la deroga a norme pur faticosamente adottate in termini di riparto di competenza e ancora contestate per la loro incompletezza e sommarieta' costituisce ancora una volta la prassi preferita dal legislatore governativo. Inoltre, quanto al periodo 1997-1998, l'art. 4 introduce disposizioni chiaramente retroattive. Infatti, (cosi' come, peraltro, gia' avvenuto per il periodo 1995-1996 e 1996-1997) a campagna quasi terminata, si dispone - assumendo di operare un mero aggiornamento - l'emissione di un elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti sostitutivo di ogni altro atto di pari contenuto, suscettibile, poi, di ulteriori "aggiustamenti" in esito ai ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Tale nuovo elenco, sostitutivo dei precedenti, andra' dunque ad incidere retroattivamente su una campagna sostanzialmente ultimata, ancora in evidente contrasto con la normativa comunitaria. La lesione delle norme costituzionali di cui in epigrafe e' evidente: le regioni vengono, infatti, dichiaratamente spossessate dal potere di intervento nel governo di settore (espressamente riconosciuto, da ultimo, dalle leggi nn. 81 e 204 del 1997 e dal decreto legislativo n. 143 del 1997) e relegate ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale confuso e contraddittorio. 4. - Quanto all'art. 1, commi 1 e seguenti, violazione degli artt. 3, 97, 41, 5, 115, 117 e 118 della Costituzione. La scelta del legislatore nazionale di ripristinare la liquidita' delle aziende agricole mediante la restituzione degli importi trattenuti a titolo di prelievo, pur subordinatamente all'accertamento da eseguire, pur limitatamente alle percentuali dell'80% o del 20% e condizionatamente alla sottoposizione al prelievo supplementare dopo la effettuazione della composizione nazionale, sarebbe non censurabile se non si caratterizzasse per macroscopiche disparita' di trattamento che configurano la piu' classica delle irragionevolezze secondo l'insegnamento della ecc.ma Corte. La restituzione viene infatti limitata alla stagione 1996-1997 e ad una quota del relativo prelievo, benche' la situazione di fatto, rappresentata dalla ignoranza dei dati, che infatti si intende accertare, sia identicamente estesa alla stagione 1995-1996, rispetto alla quale nessun rimborso pur limitato e subordinato viene disposto. Come pure e' irragionevole, sulla base di tale situazione di fatto, limitare il rimborso a percentuali anziche' all'intero. Del pari, sono prive di intrinseca razionalita' che possa trovare fondamento in disposizioni costituzionali le limitazioni al 70% del prelievo supplementare da non operare o da restituire per il periodo 1997-1998, di cui al comma 3. Al di la' dell'obiettivo carattere discriminatorio ed inefficiente della azione cosi' configurata, sussiste una indubbia lesione della capacita' programmatoria delle regioni, che si trovano ad operare in un contesto che, segnato gia', in proiezione futura dalla invadente riapparizione dell'AIMA, devono anche, per il passato, fare i conti con operazioni illogiche e tali da sconvolgere il mercato di settore, senza esservi state in alcun modo coinvolte, in un contesto in cui i dati sono stati, presuntivamente e figurativamente come sempre, raccolti dall'AIMA, salvo quanto si dira' sub 5 e 6 dei sistemi di accertamento e ricorso. Il mancato coinvolgimento regionale e' peraltro gia' stato piu' volte lamentato nel contenzioso a catena innescato dalla reiterazione di provvedimenti normativi caratterizzati in larga parte dagli stessi vizi. 5. - Ouanto all'art. 2 commi 5, 6, 8, 9 e 10, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117, 118 della Costituzione. La disciplina contenuta nelle norme richiamate in epigrafe costruisce un sistema di ricorsi avverso gli accertamenti dell'AIMA di cui al comma 5, nel quale le competenze statali (rectius dell'AIMA) e regionali sono inestricabilmente avviluppate, con riduzione delle regioni ad un ruolo di mero supporto della azione statale. Per giunta, le regioni sono costrette a rispettare termini brevissimi, anzi irrisori e irragionevoli sia nella entita' che nelle modalita' di applicazione, per intervenire su accertamenti altrui (statali), venendo iugulate da una perentorieta' che non solo e' suscettibile di gravissime conseguenze sulla attivita' dei produttori e sulla capacita' programmatoria delle regioni stesse, ma che produce sanzioni abnormi per il caso di inosservanza dei termini stessi. Ed infatti: il comma 6 demanda alle regioni l'evasione di un numero imprecisato di ricorsi "di riesame", secondo modalita' che il Ministro deve determinare in proprio, alla stregua del comma 10. Il termine e' di soli 60 giorni (comma 8) per l'istruttoria e la decisione, ma la decorrenza dal termine utile per le regioni e' fissata nel decorso di quindici giorni dalla comunicazione da parte dell'AIMA ai singoli produttori con raccomandata r.r. dei rispettivi dati: poiche' la regione non puo' conoscere tale data, essa non puo' neppure valutare la ricevibilita' dei ricorsi che dovrebbe evadere, e viene cosi' esposta alle gravissime conseguenze che si sono accennate in termini di sostanziale incertezza, oltre che di esiguita' e perentorieta' di termini. Il comma 8 minaccia le citate sanzioni civili, penali, amministrative e disciplinari, si badi, per gli adempimenti delle regioni, che hanno cosi' a disposizione pochissimo tempo per rivedere dati che altri (l'AIMA) ha avuto anni per rivedere, commettendo errori mai corretti, non rispondendo ne' a ricorsi diretti dei produttori ne' di norma a ordini dei giudici amministrativi. Si badi inoltre che i soli termini dotati di conseguenze sanzionatorie sono quelli di cui al comma 8, cioe' quelli gravanti sulle regioni, e non anche quelli di spettanza statale o dell'AIMA, di cui al comma 5. Ogni commento e' superfluo: per il legislatore governativo sembrano esservi due pesi e due misure per i termini e per i loro inadempimenti: massimo rigore e formalismo quando sono coinvolte le regioni; benevola comprensione quando sono coinvolte le amministrazioni dello Stato. 6. - Quanto all'art. 2, commi 1, lett. d), 2, 3, lett. c), e 4, violazione degli artt. 3, 97, 5, 115, 117 e 118 della Costituzione. All'art. 2, comma 3, si prevede che gli acquirenti di latte trasmettano all'AIMA copia autenticata dei contratti di circolazione delle quote di cui al comma 1, lett. d), a pena di revoca del riconoscimento di cui all'art. 23 del decrto del Presidente della Repubblica n. 569/1993. La commistione ed il viluppo di ruoli, con sostanziale negazione del ruolo costituzionale delle regioni appare evidente anche sotto questo profilo. La revoca del beneficio grava infatti sulle regioni, mentre e' l'AIMA a poter e dover verificare se l'acquirente abbia o meno inviato i contratti di circolazione nei termini stabiliti: ne deriva che le sanzioni (il lavoro scomodo, per non dire impopolare) sono regionali, gli accertamenti statali; inoltre, le competenze all'accertamento e controllo sugli acquirenti sono attribuite alle regioni dall'art. 8 della legge n. 468/1992 e dall'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993, con il risultato che il redivivo Ministero e le sue articolazioni si riprendono ancora competenze gia' cedute, che non dovrebbero essere in discussione dopo i citati interventi legislativi: legge n. 81/1997, legge n. 204/1997, decreto legislativo n. 143/1997. Viceversa gli arretramenti sul piano del riparto di competenze proseguono e come sempre in danno delle regioni, nella specie con effetti particolarmente odiosi verso gli amministrati e regolati, viste le conseguenze sanzionatorie. Inoltre, il comma 2 dell'art. 2, in riferimento alle annate 1995-1996 e 1996-1997, introduce retroattivamente previsioni di carattere sanzionatorio nei riguardi dei contratti di circolazione delle quote-latte - quali soccide, comodati di stalla, affitti di azienda - di durata inferiore ai sei mesi. La durata limitata viene dunque vista quale sintomo della natura illecita del contratto medesimo, e cio' in evidente contrasto con la disciplina generale del codice civile e della legge n. 203 del 1982, che nulla a proposito stabilivano nel corso delle annate prese a riferimento (1995-1996 e 1996-1997), ne' stabiliscono tuttora. La disciplina introdotta dal comma 2 dell'art. 2 e', dunque, in primo luogo retroattiva, ma anche qualora non lo fosse, essa - prevedendo competenze di accertamento solo in capo all'AIMA e ad una Commissione di istituzione ministeriale - andrebbe comunque ad incidere illegittimamente sulle prerogative delle regioni. Queste ultime sono state, infatti, spogliate di qualsivoglia potere di accertamento dei contratti in oggetto. In tal modo l'interferenza con l'attivita' programmatoria regionale passa ancora una volta per uno sconvolgimento retroattivo di rapporti agrari di diritto privato, suscettibili di serie conseguenze sulla produzione di latte, in teoria governata dalle regioni. Il comma 3, lett. c), dell'art. 2 prevede poi che, anche per la campagna 1997-1998, le regioni comunichino all'AIMA i trasferimenti di quota e i cambi di titolarita', facendoli pervenire entro il 15 novembre 1997. Si e' gia' detto come tale intervento dell'AIMA sulla stagione produttiva in corso ricacci le regioni dietro una linea divisoria tra Stato e regioni delle competenze agricole che lo stesso legislatore statale aveva recentemente tracciato, almeno a partire dalla stagione 1997-1998. Ma vi e' ben di piu'. La stagione 1997-1998 e' in corso, essendo iniziata il 1 aprile 1997 ed essendo destinata a terminare il 31 marzo 1998. Non e' quindi dato capire perche', nella procedura di accertamento in carico all'AIMA che e' il presupposto dei ricorsi di riesame alla regione, si sarebbero dovuti depositare i contratti entro il 5 novembre, quando la legislazione vigente consente di comunicarli alla regione nei 15 giorni successivi alla conclusione della stagione stessa (art. 21 decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993). E' inoltre assurdo, con danno sia per i produttori che per la capacita' programmatoria regionale, il riferimento alla ricezione da parte dell'AIMA, anziche' alla spedizione. In tal modo, si introduce inusitatamente un trattamento casualmente discriminatorio tra contratti fatti pervenire e contratti non fatti pervenire entro un dato termine arbitrario, precedentemente sconosciuto in quanto non previsto dalla disciplina civilistica vigente ed anche a posteriori non razionalmente riconducibile ad alcun serio parametro logico rilevante nel settore e costituzionalmente supportabile. 7. - Quanto all'art. 3, comma 1, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. L'art. 3, comma 1, del decreto-legge impugnato conferma implicitamente modalita' e criteri adottati per la compensazione nazionale relativa al periodo produttivo 1995-1996, gia' impugnati avanti codesta ecc.ma Corte con il ricorso avverso il decreto-legge n. 440 del 1996 e con quelli successivi di contenuto identico o simile, oltre che sospesi in sede cautelare dal T.A.R. Veneto. Come gia' piu' volte esposto, lo stravolgimento del sistema di compensazione operato - in prima battuta dal decreto-legge n. 440 del 1996 - a campagna conclusa, e confermato nella disposizione qui impugnata, viola la lettera e lo spirito della normativa comunitaria. Questa, infatti, prevedendo una data periodizzazione delle campagne di produzione del latte, intende far si' che si realizzi una gestione corretta e programmata della produzione lattiera medesima, che deve essere calibrata proprio su questa periodizzazione. Sconvolgimenti a posteriori della disciplina del settore, introdotti dapprima dal decreto-legge n. 440 del 1996, riprodotti dai successivi e da ultimo confermati dal decreto-legge impugnato, sono dunque radicalmente contrari alla normativa comunitaria e, conseguentemente, all'ordine costituzionale dei rapporti fra Stato e regioni, che quella normativa contribuisce a definire. Inoltre, la confermata soppressione del livello provinciale di compensazione, non sostituito da alcuna istanza regionale, non solo opera l'ennesimo by-pass del governo regionale, ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi degli agricoltori della regione ricorrente - piu' si innalza, infatti, il livello di compensazione, meno e' probabile che le eccedenze locali possano trovare aggiustamento e compensazione senza danno per la produzione complessiva a livello provinciale e regionale - e, in modo non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza n. 520 del 1995) immediato, all'interesse stesso della regione ricorrente ad esercitare le proprie potesta' programmatorie del settore. Sotto tutti i profili di cui sopra, violati, dunque, sono, in una con l'art. 41, gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, perche' le regioni - cui pure codesta ecc.ma Corte costituzionale ha riconosciuto un ruolo preminente in questo settore - sono totalmente spossessate delle loro attribuzioni programmatorie, specie in seguito all'applicazione radicalmente retroattiva della disciplina, confermata dal decreto-legge impugnato.