Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in
persona del presidente pro-tempore della Giunta, on. Roberto
Formigoni, ai sensi delle delibere di Giunta n. 33273 del 12 dicembre
1997 e n. 33893 del 29 dicembre 1997, rappresentato e difeso dal
prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto, e presso il suo studio
elettivamente domiciliato, in Roma, via Torquato Taramelli, 22,
contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del
Presidente del Consiglio pro-tempore, per l'annullamento dell'atto di
citazione della procura regionale per la Lombardia della Corte dei
conti nei confronti di Francesco Zaccaria, Claudio Bonfanti, Roberto
Vitali, Camillo Piazza, Antonio Savoia e Massimo Colombo,
rispettivamente presidente del Consiglio regionale e componenti
dell'Ufficio di presidenza nella V legislatura, per deliberazioni di
spesa assunte negli anni dal 1992 al 1994, notificato alla regione
Lombardia in data 7 novembre 1997.
F a t t o
Con atto notificato il 7 novembre 1997, la procura regionale per la
Lombardia della Corte dei conti ha promosso azione di responsabilita'
amministrativa nei confronti dell'ex presidente del Consiglio
regionale della Lombardia, nonche' di altri componenti dell'Ufficio
di presidenza per deliberazioni di spesa assunte nel corso della
quinta legislatura.
Si tratta delle delibere dell'Ufficio di presidenza del Consiglio
regionale della Lombardia n. 623 del 30 settembre 1992, n. 389 del 2
giugno 1992, n. 690 del 4 novembre 1992, n. 833 del 13 ottobre 1994,
n. 1028 del 13 dicembre 1994.
Tutte le citate delibere autorizzavano spese di missione all'estero
di consiglieri e funzionari per un ammontare complessivo di circa L.
113.000.000.
Nel merito la procura regionale della Corte dei conti contesta
essenzialmente che tali delibere non evidenziano "l'utilita'" dei
viaggi autorizzati, che non "si riscontrano relazioni dei
partecipanti o atti dell'Amministrazione regionale che evidenzino
l'utilita' del viaggio", che mancano comunque "progetti, opere, atti,
programmi" in cui risultino trasfuse le "cognizioni acquisite" e i
"contatti commerciali e culturali avuti dai partecipanti" ai viaggi,
e, infine, che le spese sostenute appaiono "eccessive". Si evidenzia
infine che "evidente appare la mancata acquisizione di congizioni
tecniche o commerciali immediatamente utilizzabili presso la
struttura di appartenenza o a favore di imprese operanti nella
regione".
L'azione espletata dalla procura regionale della Corte dei conti
costituisce un illegittimo sindacato della Magistratura contabile su
attivita' dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della
Lombardia, con conseguente grave pregiudizio dell'autonomia
costituzionalmente garantita alla regione e ad i suoi organi, tra cui
il Consiglio regionale, per le seguenti ragioni di
D i r i t t o
1. - Violazione e invasione della sfera di autonomia
costituzionalmente garantita alla regione dagli artt. 122, comma 4,
5, 117, 118, 119, 121 e 123 della Costituzione in relazione alla
legge 22 maggio 1971, n. 339, e alla legge 6 dicembre 1973, n. 853.
Difetto assoluto di giurisdizione.
Posto che nessun dubbio sussiste, anche alla luce della pregressa,
conforme, giurisprudenza costituzionale in materia, sulla
ammissibilita' del conflitto in questione in quanto diretto avverso
un atto giurisdizionale (per tutte v. Corte cost., sent. 285 del
1990), l'atto impugnato lede l'autonomia costituzionalmente garantita
alla regione, menomandone la sfera di attribuzioni, ponendosi in
evidente contrasto con l'art. 122, comma 4, della Costituzione,
nonche' con il disposto degli artt. 5, 117, 118, 119, 121 e 123
della Costituzione, con la legge 22 maggio 1971, n. 339, recante
"Approvazione dello statuto della regione Lombardia", e con la legge
6 dicembre 1973, n. 853, recante "Autonomia contabile e funzionale
del Consigli regionali delle regioni a statuto ordinario".
Come apparira' evidente dal prosiegno delle considerazioni in
diritto, l'errore della procura regionale e' caduto "sui confini
stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa"
(sempre Corte cost., sent. n. 285 del 1990).
Le regioni sono, infatti, soggetti pienamente autonomi con i soli
limiti previsti dalla Costituzione, dalle leggi e dagli atti con
forza di legge statali; nel coerente contesto della forma di stato
della Repubblica e della forma di governo delle regioni, l'organo
consiliare e' dotato di autonomia contabile e funzionale non solo
nell'ambito del rapporti interorganici regionali, bensi, anche e a
maggior ragione, nel contesto dei rapporti intersoggettivi con lo
Stato.
Esorbita dai poteri della magistratura contabile, pertanto, sia la
facolta', generale, di ingerirsi nella autorganizzazione interna del
Consiglio regionale, quanto quella, specifica, di sottoporre a
sindacato di ragionevolezza o, piu' ancora, di opportunita' la
deliberazione di spese concernenti le esigenze funzionali del
Consiglio medesimo.
Cio' si deduce, in primo luogo, dal fatto che l'art. 122, comma 4,
della Costituzione sancisce espressamente e con chiarezza che i
consiglieri regionali "non possono essere chiamati a rispondere delle
opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro
funzioni".
Va sottolineato in primo luogo che secondo la Corte costituzionale
l'insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati, prevista
dall'art. 68, comma 1, e dall'art. 122, comma 4, della Costituzione
comporta l'assenza (perpetua, non legata cioe' alla singola
legislatura) di qualsiasi responsabilita' civile, penale
amministrativa (v. da ultimo Corte cost., sent. n. 100/1986) per i
voti e le opinioni espressi dal parlamentare o dal consigliere
regionale nell'esercizio delle funzioni.
L'esclusione di ogni tipo di responsabilita' giuridica e'
connaturata all'insindacabilita' stessa, giacche' questa e' diretta a
precludere l'indagine sul modo di esercizio della funzione e, in
particolare, a precludere l'indagine sui motivi che hanno determinato
la volonta' dei componenti dell'assemblea: in questo modo viene
garantita la libera esplicazione del mandato rappresentativo e, per
questo tramite, la piena e totale liberta' del processo di formazione
della volonta' politica dell'organo rappresentativo (in questo senso,
Corte cost., sentenza n. 69/1985), preservando "da interferenze e
condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di
autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale" (Corte
cost., sent. n. 70/1985). Questa e' la ratio dell'insindacabilita',
ed e' proprio a tale ratio che va rapportata l'ampiezza della
guarentigia.
Non v'e' dubbio, poi, che l'immunita' riguardi non solo l'esercizio
delle funzioni legislative da parte dei consiglieri, bensi' anche
quelle "di indirizzo politico, nonche' quelle di controllo e di
autoorganizzazione" (Corte cost., sentenza n. 70 del 1985):
l'esercizio del mandato rappresentativo della comunita' regionale
lombarda richiede, ed impone, la libera determinazione delle
modalita' con cui i consiglieri regionali devono formare i propri
convinci- menti, anche in relazione a missioni di studio, di
conoscenza, di rappresentanza.
Gia' con la sentenza n. 81 del 1975 questa ecc.ma Corte ebbe a
formulare il canone interpretativo fondamentale della disposizione
dell'art. 122, comma 4, della Costituzione, stabilendo che "la tutela
privilegiata, apprestata... a favore dei consiglieri regionali, e'
connessa alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza
politica dell'organo in questione, e quindi alla funzione primaria di
tipo legislativo, a quella di indirizzo politico, di controllo, e di
autorganizzazione interna, a prescindere dal fatto che tali funzioni
si esplichino in atti formalmente amministrativi".
Ne' viene qui in rilievo l'orientamento (v. sentenza n. 69 del
1985) - restrittivo e criticato - secondo cui dovrebbero considerarsi
esclusi dalla citata guarentigia i voti dati e gli atti compiuti
nell'esercizio delle funzioni di amministrazione attiva devolute al
Consiglio con legge regionale, in quanto non attinenti al nucleo
caratterizzante delle funzioni attribuite al Consiglio direttamente
dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato.
La posizione piu' recente della Corte costituzionale, espressa
nella sentenza n. 289 del 1997, conforta infatti quanto sin qui
sostenuto.
Ha affermato, infatti, la Corte che "in definitiva, secondo quanto
e' dato evincere dai richiamati precedenti..., il criterio di
delimitazione della insindacabilita' dei consiglieri regionali sta
nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti,
si' che risultano garantite sotto tale aspetto anche le funzioni che,
benche' di natura amministrativa, sono assegnate al Consiglio
regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato, avendo
tuttavia presente che l'immunita' non e' diretta ad assicurare una
posizione di privilegio per i consiglieri regionali, ma si giustifica
in quanto vale a preservare da interferenze e condizionamenti esterni
le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria
dell'organo".
Non vi e' dubbio alcuno che tra le funzioni coperte dalla
suddescritta immunita' vi siano senz'altro comprese quelle relative
all'amministrazione e alla gestione dei fondi di bilancio intestati
alla Presidenza del Consiglio regionale, peraltro in relazione - come
nel caso in questione - ad attivita' legate strettamente
all'esplicazione del mandato rappresentativo.
Cio' va pacificamente accolto, non foss'altro perche' la
sottrazione di questi atti al controllo dello Stato e' riconosciuta
dalla stessa legislazione statale di attuazione delle guarentigie
costituzionali del consigli regionali. La legge 6 dicembre 1973, n.
953, infatti, all'art. 4, comma 3, ha escluso dal controllo previsto
dall'art. 125 Cost., tra gli altri, specificamente gli atti relativi
alle spese per le indennita' di missione spettanti ai componenti del
Consiglio regionale. La stessa pregressa giurisprudenza della Corte
dei conti (v., in particolare, la decisione della sez. II, 27 ottobre
1987, n. 152) ha confermato tale orientamento che e' stato di recente
ribadito da questa Corte nella sentenza 18-30 luglio 1997, n. 289.
Con tale decisione la Corte, pronunciandosi in riferimento ad
analoga fattispecie, ha affermato che il concorso a una delibera
dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale concernente la
gestione dei fondi del bilancio previsti per le esigenze funzionali
del Consigli regionali "non e' suscettibile di sindacato da parte del
giudice contabile".
Non vi puo' essere dubbio, pertanto, che le deliberazioni
collegiali dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale
concernenti l'autorizzazione alle spese di missione di alcuni
consiglieri attengano senz'altro a quel nucleo essenziale delle
funzioni consiliari da ritenersi assolutamente insindacabili ad
eccezione che dalla stessa assemblea consiliare e nei casi stabiliti
dalle norme dei regolamenti interni.
Trattasi, infatti, di funzioni e di guarentigie previste
direttamente dalla legislazione statale di attuazione della
Costituzione in specifico riferimento alla necessita' di assicurare
l'autonomia contabile e funzionale dei Consigli regionali delle
regioni a statuto ordinario.
L'esigenza di autonomia contabile e funzionale del Consigli, organi
legislativi e di massima rappresentanza politica delle regioni, si
presenta, d'altronde, del tutto analoga alla corrispondente posizione
del Parlamento, organo legislativo e di rappresentanza politica
nazionale e questa ecc.ma Corte ha avuto gia' modo di affermare che
ne' quelli (sentenza n. 143/1968) ne' questo (sentenza n. 129/1981)
risultano soggetti al controllo della giurisdizione contabile della
Corte dei conti.
2. - Ancora violazione degli artt. 5, 122 e 118 della Costituzione
in relazione alla legge 6 dicembre 1973, n. 953. E ancora difetto
assoluto di giurisdizione con conseguente violazione dell'autonomia
costituzionalmente garantita alla regione.
Tutte le contestazioni della procura regionale della Corte dei
conti involgono valutazioni di merito e non di legittimita'.
Delle autorizzazioni di spesa deliberate dall'Ufficio di presidenza
del Consiglio regionale per spese di missione all'estero viene
contestata infatti "l'utilita'". Ma e' di palmare evidenza che un
concetto gia' di per se' generico e relativo diventa chiaramente un
parametro di merito con riferimento all'operato di un organo
politicorappresentativo|
Ogni valutazione circa il valore politico delle manifestazioni
internazionali alle quali il Consiglio regionale, il piu' alto organo
politico-rappresentativo della regione Lombardia, intende o meno
partecipare, circa il livello della rappresentanza da inviare, circa
il numero complessivo dei partecipanti e la necessaria durata della
missione, non puo' che spettare al Consiglio medesimo in base a
valutazioni di discrezionalita' politica.
La richiesta della procura regionale della Corte dei conti si
presenta, inoltre, in evidente contrasto e contro-tendenza
coll'evoluzione dell'ordinamento in senso autonomistico. A seguito
della recente legge 15 maggio 1997, n. 127, infatti, oramai nessun
atto delle regioni puo' piu' essere sottoposto a controllo di merito
(v. art. 17, trentaduesimo comma).
Quanto agli atti concernenti le spese del Consiglio regionale essi,
sin dal 1973, sono stati sottratti ad ogni altro controllo sia di
merito che di legittimita' che non fossero quelli stabiliti dai
regolamenti interni dei consigli medesimi.
L'atto di citazione in oggetto, nella pretesa di voler sottoporre
ad una valutazione di utilita' gli atti interni del consiglio
regionale, si presenta, pertanto, come doppiamente lesivo
dell'autonomia della regione Lombardia: della sua autonomia
amministrativa, in generale, e, in particolare, dell'autonomia
funzionale del suo massimo organo politico-rappresentativo.
Istanza di sospensiva
L'iniziativa della procura regionale e' fonte di gravi danni alla
regione, giacche' ingenera dubbi di legittimita' sull'operato degli
organi regionali: tali dubbi hanno effetti negativi non solo in
ragione del discredito che in tal modo e' riversato sulle istituzioni
dell'autonomia, bensi' anche perche' possono avere effetti sulle
procedure di spesa in corso, creando situazioni di confusione e non
chiarezza sulla legittimita' di decisioni di spesa.
Vi e' inoltre il fondato rischio - incontestati essendo i fatti -
che il giudizio introdotto dalla Procura della Corte dei conti
prosegua e giunga a termine prima della conclusione del giudizio di
merito dinnanzi alla Corte costituzionale.
Cio' ingenererebbe una gravissima situazione sotto il profilo
istituzionale, giacche' la regione dovrebbe adeguare i propri
comportamenti ad una valutazione della Corte dei conti, da ritenersi
alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale,
illegittima ed ultra vires.
Sarebbe allora opportuno e si eviterebbero cosi' gravi situazioni
di confusione istituzionale e contabile procedere alla immediata
sospensione dell'atto di citazione della procura della Corte dei
conti regionale, in attesa della definitiva pronuncia di merito.