IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza riunito in camera di consiglio ex art. 310 c.p.p. per deliberare sull'appello proposto in data 30 settembre 1997 dal difensore di Catacchio Lorenzo e Catacchio Nicola contro l'ordinanza in data 26 settembre 1997 con la quale il g.i.p. presso il tribunale di Bari rigettava l'istanza difensiva in data 12 settembre 1997 volta ad ottenere la liberazione dei Catacchio; atti pervenuti in data 2 ottobre 1997; udita la relazione del giudice delegato dott. Prencipe; Sentito il difensore degli indagati; letti gli atti; a scioglimento della riserva formulata all'udienza camerale del 24 ottobre 1997. Svolgimento del procedimento 1. - Con separati decreti in data 6 luglio 1997 il p.m. presso il tribunale di Bari disponeva il fermo di Catacchio Nicola e Catacchio Lorenzo, indagati per i reati di associazione di tipo mafioso (nella veste di organizzatori dell'associazione di tipo mafioso-camorristico denominata "clan Laraspata"), di contrabbando pluriaggravato continuato di ingenti quantitativi di t.l.e. (quali associati per il delitto di contrabbando), di contrabbando pluriaggravato di 440 kg. di t.l.e. (sempre quali associati per il delitto di contrabbando), di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, di oltraggio a pubblico ufficiale, di danneggiamento aggravato; i primi due reati commessi in Bari dall'agosto del 1994 sino all'11 luglio 1997; gli altri reati commessi in Bari, la notte tra il 12 ed il 13 giugno 1997. 2. - In data 11 luglio 1997 veniva celebrata l'udienza di convalida del fermo, nel corso della quale il g.i.p. procedeva all'interrogatorio di Catacchio Nicola e Catacchio Lorenzo, contestando i fatti a ciascuno di essi attribuiti, informandoli degli elementi di prova sussistenti contro di loro e comunicandone le fonti; entrambi gli indagati si avvalevano della facolta' di non rispondere. All'esito dell'udienza, il g.i.p. convalidava il fermo nei confronti di entrambi gli indagati e, previa richiesta del p.m., emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei prevenuti in relazione ai predetti reati. 3. - Con ordinanza in data 4 agosto 1997 il tribunale del riesame, in parziale accoglimento della richiesta di riesame avanzata dalla difesa dei Catacchio, revocava la misura custodiale limitatamente al reato di oltraggio, atteso che il limite di pena previsto per tale reato impediva I'emissione del provvedimento cautelare, e confermava nel resto il provvedimento coercitivo. 4. - Con istanza in data 12 settembre 1997 (successiva ad analoga istanza in data 18 luglio 1997 rigettata dal g.i.p. con ordinanza in data 4 agosto 1997 confermata dal tribunale dell'appello con provvedimento in data 1 settembre 1997), la difesa chiedeva al g.i.p. che, previa declaratoria di nullita' - per asserita violazione dell'art. 178, lett. c), c.p.p. - degli interrogatori resi in udienza di convalida del fermo da Catacchio Nicola e Catacchio Lorenzo, venisse disposta la liberazione dei due prevenuti ai sensi dell'art. 302 c.p.p., tenuto conto della circostanza che i due indagati, entro 5 giorni dalla esecuzione del provvedimento applicativo della custodia in carcere, non erano stati interrogati dal g.i.p. ai sensi dell'art. 294 c.p.p. In via subordinata, nell'eventualita' di un rigetto dell'istanza sul presupposto della mancanza della dedotta nullita' e quindi della mancanza dell'obbligo di procedere ad interrogatorio degli indagati ai sensi dell'art. 294 c.p.p., la difesa eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 294 c.p.p. "nella parte in cui faculta il giudice a non procedere all'interrogatorio allorquando vi sia stata l'udienza di convalida del fermo". 5. - Con ordinanza in data 26 settembre 1997 il g.i.p. presso tribunale di Bari rigettava l'istanza, evidenziando (tra l'altro): che la piena validita' degli interrogatori resi dai due Catacchio in udienza di convalida del fermo era gia' stata affermata dal tribunale dell'appello con ordinanza in data 1 settembre 1997, nella quale il tribunale aveva rimarcato che gli interrogatori si erano perfezionati con l'esercizio da parte dei due Catacchio della facolta' di non rispondere; che la eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 294 c.p.p. (nella parte in cui prevede la facolta' del giudice di non procedere all'interrogatorio, quando vi abbia proceduto in udienza di convalida del fermo) era gia' stata giudicata manifestamente infondata nel corso dell'udienza di convalida (come da ordinanza trascritta nel verbale d'udienza); che il tribunale dell'appello, con la citata ordinanza in data 1 settembre 1997, aveva gia' giudicato non rilevante la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 294 c.p.p., stante la infondatezza dell'unico motivo di appello prospettato (il tribunale aveva infatti ritenuto che il mancato deposito degli atti nell'ipotesi di convalida del fermo non avesse determinato alcun vizio degli interrogatori compiuti in sede di udienza di convalida, non essendo tale deposito imposto da alcuna norma, sicche' il proposto appello ben poteva essere deciso come infondato - stante l'avvenuto perfezionamento degli interrogatori ex art. 391 c.p.p. - prescindendo dalla eccepita questione di illegittimita' costituzionale). 6. - In data 30 settembre 1997 la difesa proponeva appello avverso l'ordinanza del g.i.p., deducendo: che i due Catacchio non avevano avuto modo di conoscere gli atti prima di essere interrogati nell'udienza di convalida del fermo; che l'interrogatorio dell'indagato esauritosi in un legittimo esercizio della facolta' di non rispondere (a causa della mancata conoscenza degli atti) e' da ritenersi equivalente ad un mancato interrogatorio e, quindi, ad una violazione del diritto di difesa, con conseguente nullita' dell'atto; che i due Catacchio, dopo l'emissione del provvedimento coercitivo, non erano stati interrogati dal g.i.p.; che l'art. 294 c.p.p., dopo l'entrata in vigore della legge n. 332/1995 (che ha modificato l'art. 293, comma 3, c.p.p., prevedendo che le ordinanze che dispongono misure cautelari "sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa") e dopo la sentenza n. 192 del 24 giugno 1997 della Corte costituzionale (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 293, comma 3, c.p.p., "nella parte in cui non prevede la facolta' per il difensore di estrarre copia, insieme all'ordinanza che ha disposto la misura cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con la stessa"), e' da ritenersi contrastante con il dettato costituzionale, nella parte in cui priva il fermato "dell'esercizio del diritto di difesa che viene riservato, in sede d'interrogatorio ed entro cinque giorni dall'esecuzione del provvedimento custodiale, a colui il quale venga a trovarsi in stato dl custodia cautelare". Pertanto, la difesa chiedeva dichiararsi l'inefficacia del provvedimento cautelare per avere il g.i.p. omesso l'interrogatorio di cui all'art. 294 c.p.p. dopo l'emissione del provvedimento custodiale; in subordine, chiedeva dichiararsi non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' della stessa norma cosi' come proposta. Motivi della decisione 7. - Deve innanzitutto rilevarsi che la proposta questione appare rilevante ai fini del presente giudizio. Osserva il tribunale che gli interrogatori resi da Catacchio Nicola e Catacchio Lorenzo dinanzi al g.i.p. in sede di udienza di convalida del fermo non sono affetti da alcuna irregolarita', atteso che il g.i.p. non solo rigetto' l'istanza della difesa (volta ad ottenere il deposito degli atti prima dell'espletamento degli interrogatori dei Catacchio) motivando correttamente che nessuna norma prevedeva (e prevede) il deposito degli atti prima dell'interrogatorio di cui all'art. 391, comma 3, c.p.p. e che l'istanza finalizzata ad ottenere il rilascio di copia degli atti al limite doveva essere rivolta al p.m. (al quale peraltro risulta non essere stata rivolta), ma procedette nel pieno rispetto degli artt. 64 e ss. c.p.p. Sicche', una volta accertata la piena validita' degli interrogatori resi dai prevenuti in sede di udienza di convalida (validita' peraltro gia' affermata con ordinanza in data 1 settembre 1997 del tribunale dell'appello, non impugnata dalla difesa, con la conseguenza che detta questione e' da ritenersi ormai "preclusa" 1 e percio' inammissibile), l'appello della difesa dovrebbe essere sic et simpliciter rigettato in applicazione del chiaro disposto di cui al comma 1 dell'art. 294 c.p.p. Che e' appunto il disposto della cui costituzionalita' la difesa dubita, nella parte in cui esonera il giudice dall'obbligo di procedere all'interrogatorio (interrogatorio che deve essere compiuto "immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia") della persona che sia stata attinta da ordinanza di custodia cautelare dopo essere stata interrogata in udienza di convalida (dell'arresto o) del fermo. 8. - Ritiene il tribunale che la questione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla difesa, cosi' come prospettata, sia non manifestamente infondata. A tale conclusione conduce l'interpretazione sistematica delle disposizioni di cui agli artt. 391, 294, 302 e 293 c.p.p.: l'art. 391, comma 3, c.p.p. (come modificato dall'art. 25 del d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12, che ha trasformato la "audizione" dell'arrestato o del fermato, originariamente prevista dalla norma in esame, in un formale "interrogatorio" stabilisce che il giudice, dopo l'eventuale audizione del p.m. (che, "se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla liberta' personale"), "procede ... all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire"; l'art. 294, comma 1, c.p.p. stabilisce che "nel corso delle indagini preliminari 2, il giudice, se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della cutodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita"; l'art. 302, periodo primo, c.p.p. stabilisce che "la custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari 3 perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294"; l'art. 293, comma 3, c.p.p. (come modificato dall'art. 10 della legge 8 agosto 1995, n. 332) stabilisce che le ordinanze che dispongono misure cautelari (personali), "dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa" (con facolta' per il difensore di "estrarne copia": sentenza 17-24 giugno 1997, n. 192, della Corte costituzionale). 9. - Ed allora, alla luce delle suesposte disposizioni (come modificate sino alla attuale formulazione sia dal legislatore sia dalla Corte costituzionale), il quadro normativo attualmente vigente risulta essere il seguente: se una persona viene attinta da ordinanza di custodia cautelare in carcere 4, ha il diritto (per il tramite del proprio difensore) di estrarre copia dell'ordinanza del giudice, della richiesta del p.m. e degli atti presentati con la stessa (art. 293, comma 3, c.p.p.; sentenza n. 192/1997 Corte costituzionale), il che da un lato le consente di rendere l'interrogatorio c.d. "di garanzia" di cui all'art. 294 c.p.p. (che, a pena di inefficacia della misura, deve essere compiuto non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, ex artt. 294, comma 1, e 302 c.p.p.) dopo avere avuto la possibilita' di conoscere tutti gli atti su cui il titolo custodiale si fonda e da altro lato consente al suo difensore di apprestare una piu' efficace linea di difesa; se invece una persona viene attinta da ordinanza di custodia cautelare in carcere dopo essere stata arrestata o fermata ed essere stata interrogata in udienza di convalida (e dunque interrogata in una fase del procedimento in cui non vanta alcun diritto ne' di prendere visione degli atti ne' - tanto meno - di estrarne copia), tale persona, non essendo il giudice tenuto a procedere ad un nuovo interrogatorio entro il termine (perentorio) di cui all'art. 294 c.p.p., viene privata della possibilita' di rendere linterrogatorio di garanzia proprio nella fase nella quale, avendo ormai maturato il diritto di ottenere (per il tramite del proprio difensore) copia degli atti su cui il titolo custodiale si fonda - ai sensi dell'art. 293, comma 3, c.p.p., come "integrato" dalla citata sentenza della Corte costituzionale -, potrebbe difendersi in modo evidentemente piu' adeguato ed efficace. 10. - Ed allora, se questo e' (ed e') il quadro normativo attualmente vigente, ritiene questo tribunale che la esposta disciplina finisca col determinare sia un'evidente disparita' di trattamento in casi sostanzialmente analoghi, con conseguente contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sia una oggettiva lesione del diritto di difesa, con conseguente contrasto con l'art. 24 della Costituzione. E' infatti chiaro che la equiparazione dell'interrogatorio reso ai sensi dell'art. 391 c.p.p. all'interrogatorio reso ai sensi dell'art. 294 c.p.p. (con la conseguenza che, una volta effettuato il primo interrogatorio nell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, non debba piu' procedersi al secondo interrogatorio quando, all'esito dell'udienza di convalida, sia disposta dal giudice una misura cautelare) non creava alcuna disparita' di trattamento e/o lesione del diritto di difesa prima dell'entrata in vigore della legge n. 332/1995, atteso che, prima della riforma operata con la suddetta legge, tanto l'interrogato ex art. 391 c.p.p. quanto l'interrogato ex art. 294 c.p.p. rendevano l'interrogatorio non conoscendo gli atti del procedimento (salvo, naturalmente, quanto apprendevano dal giudice ex art. 65 c.p.p.). Ma il quadro normativo attuale, come sopra evidenziato, e' profondamente diverso, visto che oggi l'indagato, dopo essere stato attinto da ordinanza che dispone una misura cautelare, ha il diritto (da esercitarsi con le modalita' sopra precisate) di conoscere non solo l'ordinanza cautelare, ma anche la richiesta del p.m. e gli atti su cui la stessa si fonda (con facolta' di estrarne copia). E' del tutto evidente, dunque, che chi venga attinto "direttamente" da un provvedimento cautelare ha possibilita' difensive piu' ampie di chi venga attinto da un provvedimento cautelare dopo essere stato arrestato o fermato, posto che il primo puo' rendere l'interrogatorio dopo avere avuto la possibilita' di avere a propria disposizione gli atti posti a base della misura cautelare mentre il secondo, se interrogato in udienza di convalida (fase in cui non conosce - e non puo' conoscere - gli atti del procedimento), non ha piu' diritto di essere interrogato successivamente all'emissione del titolo cautelare entro il termine (perentorio) di cui all'art. 294 c.p.p. (fase in cui, come detto, ha invece ormai maturato il diritto di conoscere gli atti del procedimento posti a fondamento del titolo cautelare). 11. - Cio' precisato, ritiene il collegio che la suesposta disparita' di trattamento non possa ritenersi "compensata" dal disposto di cui all'art. 299, comma 3-ter, periodo secondo, c.p.p. (comma introdotto dall'art. 13 della legge n. 332/1995 cit.), il quale stabilisce che "se l'istanza di revoca o di sostituzione (della misura cautelare) e' basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli gia' valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta". E' vero, infatti, che tale norma ben puo' essere interpretata nel senso di consentire a colui il quale sia stato interrogato ex art. 391 c.p.p. di prospettare come "elementi nuovi o diversi" quelli risultanti dalla conoscenza degli atti realizzata, ex art. 293, comma 3, c.p.p., dopo l'interrogatorio reso nell'udienza di convalida e l'emissione del titolo cautelare all'esito dell'udienza di convalida, ma e' altrettanto vero che: a) l'interrogatorio di cui all'art. 299, comma 3-ter, c.p.p. non e' sottoposto ad alcun termine, ne' perentorio ne' ordinatorio, a differenza di quello ex art. 294 c.p.p.; b) la obbligatorieta' dell'interrogatorio di cui all'art. 299, comma 3-ter, c.p.p. e' comunque subordinata ad una preventiva delibazione del giudice (che giudica la "novita'" o la "diversita'" degli elementi prospettati dall'imputato/indagato rispetto a quelli gia' valutati), a differenza di quello di cui all'art. 294 c.p.p. (che in ogni caso "deve" essere compiuto - a pena di inefficacia - entro i termini di legge). Ne consegue, dunque, che l'interrogatorio di cui all'art. 299, comma 3-ter, periodo secondo, c.p.p., non puo' essere ritenuto, in termini di "garanzia" per l'imputato/indagato, equipollente a quello di cui all'art. 294 c.p.p. 12. - Ne' la suesposta disparita' di trattamento puo' ritenersi "compensata" dalla facolta' per l'interessato di chiedere al giudice e/o al p.m., prima dell'interrogatorio di cui all'art. 391, comma 3, c .p.p., l'autorizzazione a prendere visione degli atti e/o ad estrarne copia (come e' capitato nel caso di specie, avendo la difesa chiesto al g.i.p. di depositare - prima di procedere all'interrogatorio dei fermati - gli atti che il p.m. aveva utilizzato ai fini dell'emissione dei decreti di fermo). Cio' per almeno quattro ragioni: in primo luogo, perche', in assenza di un preciso obbligo in tal senso in capo al giudice e/o al p.m., legittimamente potrebbero il giudice e/o il p.m. rigettare l'istanza (sicche' la conoscenza degli atti da parte dell'arrestato o del fermato finirebbe col risolversi in una mera eventualita', come tale inidonea a far ritenere adeguatamente salvaguardato il diritto di difesa); in secondo luogo, perche' i termini massimi, previsti a pena di inefficacia, per la presentazione della richiesta di convalida dell'arresto o del fermo (48 ore, ex art. 390 c.p.p.) e per la successiva emissione dell'ordinanza di convalida (48 ore, ex art. 391 c.p.p.) sono talmente ristretti da rendere difficilmente compatibile il deposito degli atti (e dunque la visione e/o l'estrazione di copia degli stessi da parte dell'arrestato o del fermato) prima dell'espletamento dell'interrogatorio ex art. 391, comma 3, c.p.p. (che, non lo si dimentichi, e' solo uno degli atti che fanno parte della procedura di convalida, caratterizzata da quella particolare "speditezza" che lo stesso legislatore ha ritenuto di imporre); in terzo luogo, perche', se si anticipasse la discovery degli atti alla fase dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo (ed in particolare alla fase precedente l'interrogatorio ex art. 391 comma 3, c.p.p.), si finirebbe col portare a conoscenza dell'indagato, prima ancora della eventuale sottoposizione di costui a misura cautelare (che il p.m. potrebbe anche non chiedere e che il g.i.p. potrebbe comunque non disporre), gli atti del procedimento, con evidente pregiudizio per l'interesse (di rilevanza pubblica) alla segretezza, alla efficacia ed alla speditezza delle indagini preliminari (e cio', si noti bene, accadrebbe in ogni caso, anche in assenza di un contrapposto "effettivo" interesse dell'indagato, allorquando questi, dopo l'udienza di convalida, fosse rimesso in liberta'); in quarto luogo, perche' la discovery degli atti verrebbe ad essere anticipata non solo nel caso del fermo, che e' un potere coercitivo che ex art. 384 c.p.p. appartiene al p.m. ed alla p.g. (i quali, essendo cosapevoli delle conseguenze dell'esercizio di tale potere sotto il profilo della discovery, potrebbero anche "scegliere" di non procedere al fermo 5), ma anche nel caso dell'arresto in flagranza, che invece e' atto del tutto autonomo ed indipendente (ed "obbligatorio" nei casi di cui all'art. 380 c.p.p.) dalle determinazioni degli organi d'indagine (i quali, pertanto, potrebbero essere costretti a "svelare" delicati atti d'indagine a causa di un evento - di natura criminosa - da essi assolutamente non prevedibile e non controllabile). 13. - In definitiva, se e' vero che la disciplina posta dall'art. 391 c.p.p. (peraltro non attinta dalla eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla difesa) appare, sotto il profilo della ragionevolezza e dell'equo contemperamento di opposti interessi, pienamente conforme al dettato costituzionale (alla luce, del resto, del chiaro disposto dell'art. 13 della Costituzione), non altrettanto puo' dirsi (ovviamente in termini di "non manifesta infondatezza", limite al di la' del quale il tribunale non puo' esprimere valutazione alcuna) per l'art. 294 c.p.p., che, nella parte in cui esonera il giudice dal procedere all'interrogatorio ivi previsto della persona che sia stata gia' interrogata nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo (che viene in tal modo privata del diritto di essere nuovamente interrogata dal giudice, entro il termine breve e perentorio di cui all'art. 294 c.p.p. dopo avere avuto la possibilita' di conoscere gli atti sulla base dei quali la misura cautelare sia stata disposta dopo il primo interrogatorio), appare in contrasto con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione (contrasto che, conseguentemente, appare sussistere anche per l'art. 302 c.p.p. in riferimento alle medesime disposizioni costituzionali, nella parte in cui non prevede la perdita di efficacia della custodia cautelare applicata a persona che, dopo essere stata interrogata nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, non sia stata interrogata immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia). E' peraltro opportuno evidenziare, da ultimo, che la questione di illegittimita' costituzionale, pur se prospettata in termini generali per ragioni di chiarezza espositiva, appare rilevante nel presente giudizio limitatamente all'ipotesi del fermo, atteso che i due indagati Catacchio Lorenzo e Catacchio Nicola furono interrogati nell'udienza di convalida nella qualita' di "fermati" e non di arrestati. 14. - Pertanto, va disposta la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ed il procedimento in corso va sospeso, con espletamento da parte della cancelleria dei conseguenti adempimenti di legge.