IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  4211/1995
 proposto  dalla  Soc.  Agip  Petroli  S.p.a.  in  persona  del legale
 rappresentante pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli,  avv.ti
 Lorenzo  Acquarone,  Alberto  Marconi  e Fabio Colzi ed elettivamente
 domiciliata presso quest'ultimo in Firenze, via Rondinelli, 2, contro
 il comune di Prato costituitosi in giudizio, rappresentato  e  difeso
 dagli  avv.ti Andrea Sansoni e Luca Poli ed elettivamente domiciliato
 presso lo studio dell' avv.to Flavia Pozzolini in Firenze, via  degli
 Artisti,  20,  per l'annullamento, previa sospensione, della delibera
 della giunta municipale n. 1136 del 21 aprile 1995  e  dell'ordinanza
 sindacale n. 50559 del 28 settembre 1995;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato;
   Viste  le  memorie  prodotte  dalle  parti a sostegno delle proprie
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Uditi, altresi', gli avv. A. Marconi e  A.  Sansoni  alla  pubblica
 udienza del 15 ottobre 1996;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                           Premesso in fatto
   Attraverso  il  ricorso  in esame, notificato il 2 dicembre 1995 si
 impugnano - per violazione di legge ed eccesso di potere  sotto  vari
 profili  -  l'ordinanza  sindacale  n.  50559  del  28 settembre 1995
 notificata  il  10  ottobre  1995,  con   cui   viene   ordinato   il
 trasferimento   dell'impianto  di  distribuzione  di  carburanti  per
 autotrazione, sito in via Tobbianese, in  altra  ubicazione,  gestito
 dalla  Societa'  ricorrente,  nonche',  quale  atto  presupposto,  la
 delibera della giunta municipale di Prato n. 1136 del 21 aprile 1995,
 con la quale si annullava la precedente delibera della stessa  giunta
 n. 528 del 4 marzo 1993.
   Entrambe   le   delibere  di  giunta  municipale  sopra  citate  si
 inseriscono  nella   fase   attuativa   del   "Piano   regionale   di
 razionalizzazione  della  rete degli impianti stradali per erogazione
 di  carburante  per  uso  autotrazione"  -  approvato  con   delibera
 consiliare  n. 50 del 24 gennaio 1985, integrata con delibera di c.r.
 10 ottobre 1989, n. 43 -  nonche'  del  "Programma  comunale  per  la
 ristrutturazione  della  rete  degli  impianti stradali di erogazione
 carburanti per autotrazione", adottato con delibera consiliare n. 579
 del 20 marzo 1990, ai sensi dell'art.   16 della  delibera  c.r.t  n.
 431/1989 cit.
   Con  la  prima delibera (n. 528/1993), in particolare, la ricordata
 giunta municipale di Prato  -  enunciata  la  propria  competenza  in
 materia  ai  sensi  dell'art.  1, della l.r. 31 ottobre 1985, n. 61 -
 deliberava di rinnovare per il periodo strettamente  necessario    al
 trasferimento,  le  concessioni  relative  agli  impianti esistenti e
 funzionanti, venute o prossime a scadenza" per  le  quali  non  fosse
 possibile  procedere  "al  rinnovo  diciottennale per contrasto con i
 disposti del piano di ristrutturazione".
   Nella seconda delibera (n. 1136/1995, ora oggetto di  impugnativa),
 la   medesima   Giunta  annullava  l'anzidetta  proroga,  perche'  in
 contrasto con l'art. 3, comma secondo,  della  delibera  g.r.t.    n.
 50/1985, e demandava al sindaco "l'emissione delle ordinanze relative
 alla  chiusura  degli  impianti ... in condizioni di incompatibilita'
 con il sito", ed il  trasferimento  degli  impianti    "entro  il  31
 dicembre  1995,  termine di validita' del programma comunale", ovvero
 l'adeguamento  degli  impianti  solo  "parzialmente   incompatibili";
 veniva stabilito, inoltre, il termine di un mese dalla notifica delle
 ordinanze  sindacali "per procedere allo smaltimento delle scorte dei
 prodotti ed alla chiusura degli impianti", ove detta  chiusura  fosse
 stata imposta dalle ragioni sopra enunciate.
   In  attuazione  del provvedimento sopra sintetizzato, il sindaco di
 Prato ha successivamente emesso numerose ordinanze - fra  cui  quella
 in  questa  sede  impugnata  -  di  chiusura  o  di adeguamento degli
 impianti, in corrispondenza di situazioni  di  fatto  assai  diverse:
 concessioni  gia' da tempo scadute o asseritamente gia' rinnovate per
 18 anni, concessioni da considerare revocate  per  l'incompatibilita'
 del   sito   di   esercizio   dell'impianto   rispetto   alla   nuova
 pianificazione, concessioni per le quali si invoca un  giusto  titolo
 ad  ulteriore  proroga,  avendo  il  comune indicato - per i previsti
 trasferimenti  -  nuovi  luoghi   di   insediamento   conformi   alla
 pianificazione  ma  non  ancora  disponibili (ad esempio, per mancata
 realizzazione della sede stradale); non mancano, infine, casi  i  cui
 il  trasferimento  dell'impianto  e' condizionato solo ad adempimenti
 amministrativi, che lo stesso comune tarda a compiere.
   Nel caso di specie  la  societa'  ricorrente  sarebbe  titolare  di
 concessione  con  scadenza  in  data  8  febbraio  1999  ed  avrebbe,
 comunque, gia'  individuato  un'altra  area  in  cui  trasferire  gli
 impianti, con gia' ottenuta opzione per la relativa acquisizione.
   Il  comune  resistente,  d'altra  parte, osserva come non sia stata
 ancora presentata domanda di trasferimento, e come sia sufficiente  -
 per  porre  in  regola  l'impianto  -  un ampliamento del medesimo su
 terreni limitrofi.
   Ogni valutazione di merito,  tuttavia,  appare  condizionata  dalla
 eccepita  incompetenza  della  giunta  ad  emanare l'atto presupposto
 all'ordine di chiusura, attenendo tale atto  a  materia  concessoria,
 riservata al consiglio comunale ex art. 32, comma secondo, lett.  f),
 legge  8  giugno  1990, n. 142; la questione di competenza, tuttavia,
 deve essere valutata  anche  alla  luce  della  legge  della  regione
 Toscana  31  ottobre  1985,  n.  61, nel testo sostituito con l.r. 20
 giugno 1992, n.   27,  che  nell'art.  1,  comma  terzo,  affida  "il
 rilascio   delle  concessioni  o  delle  autorizzazioni  agli  aventi
 diritto", nella materia di cui trattasi,  alla  giunta  comunale:  la
 questione   di   competenza,   pertanto,   assurge   a  questione  di
 costituzionalita' della  legge  regionale,  in  rapporto  a  principi
 fondamentali   inerenti   la  struttura  organizzatoria  e  operativa
 dell'Ente territoriale minore, secondo le disposizioni  della  citata
 legge dello Stato.
                        Considerato in diritto
   La  questione  appare  rilevante  - in quanto investe la competenza
 (oggetto di specifico  motivo  di  gravame)  dell'autorita'  emanante
 l'atto  presupposto,  impugnato  insieme  a quello conseguenziale, di
 modo che il giudizio non puo' essere definito,  indipendentemente  da
 una  risposta  della  suprema  Corte  in  ordine alla conformita' del
 citato art. 1 legge regione Toscana n. 61/1985 - come modificata  con
 legge   regionale  n.  27/1992  -  agli  articoli  117  e  128  della
 Costituzione.
   La suddetta questione di costituzionalita'  risulta,  inoltre,  non
 manifestamente  infondata,  ove  si  consideri che l'art. 32 comma 2,
 lett. f) della legge 8 giugno 1990, n. 142 cita espressamente, fra le
 competenze  dei  consigli  comunali  "la  concessione  dei   pubblici
 servizi".
   La  regione  Toscana,  invece, ha statuito che gli atti concessori,
 inerenti gli impianti di distribuzione automatica di  carburanti  per
 uso  autotrazione,  siano "deliberati dalla giunta comunale, ai sensi
 dell'art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142" (cfr. art. 1 comma 3,
 legge regionale citata).
   Il rinvio all'art. 35 della legge statale  sulle  autonomie  locali
 (articolo  che  disciplina  le  competenze delle giunte comunali) non
 appare tuttavia pertinente:  la  giunta,  infatti,  e'  investita  di
 attribuzioni  residuali,  nelle  materie non riservate dalla legge al
 consiglio comunale, nonche' di  funzioni  attuative  degli  indirizzi
 generali,  ovvero propositive e di impulso nei confronti del medesimo
 consiglio.
   Il diretto esercizio della potesta', in materia di  concessione  di
 pubblici servizi (rilascio, revoca, rinnovo, proroga) non puo' dunque
 non ritenersi riservato dalla legge statale all'organo di indirizzo e
 di   controllo   politico-amministrativo   dell'ente   locale,   data
 l'espressa   enunciazione   contenuta   al   riguardo   nel   dettato
 legislativo.
   Quanto  sopra,  presumibilmente,  per  l'immediata  incidenza della
 gestione dei servizi stessi sulla vita dei soggetti  amministrati,  e
 dunque  per  la  stretta connessione delle vicende concessorie con le
 attribuzioni primarie dell'ente in questione,  nello  spirito  -  che
 puo'  ritenersi  proprio  del  decentramento  autonomistico  -  di un
 massimo avvicinamento dell'organo-guida dell'ente rappresentativo  ai
 problemi concreti del territorio. La distribuzione del carburante, in
 particolare,  e' materia di competenza statale, gestita dalle regioni
 in via delegata,  ex articoli 7 e 52 d.P.R. 24 luglio 1977,  n.  616,
 nell'ambito  degli  indirizzi determinati dal Governo con decreti del
 Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  in  attuazione  dei  piani
 energetici nazionali approvati dal CIPE.
   La  concessione  per  i singoli impianti ha durata diciottennale, e
 deve adeguarsi a linee di indirizzo dettate - oltre che  dal  Governo
 sul  piano  programmatorio  anzidetto  -  anche  dagli  Enti locali -
 (regione e comune) per le rispettive aree di influenza.  La  materia,
 in conclusione, coinvolge delicati interessi pubblici a vari livelli,
 con diretta incidenza sui trasporti e la viabilita'.
   Tenuto   conto   di  quanto  sopra,  e'  praticamente  pacifico  in
 giurisprudenza   che    l'assenso    richiesto,    per    l'esercizio
 dell'attivita'  di  cui  trattasi,  abbia natura di concessione di un
 pubblico servizio, di spettanza del consiglio comunale   ex  art.  32
 comma  2 lett. f) legge n. 142/1990 - (cfr. in tal senso Cons. Stato,
 sez. V, 11 marzo 1995, n. 385 e 389; 8  febbraio  1995,  n.  213;  30
 ottobre  1993 n. 1127, 1129 e 1131; 4 novembre 1994, n. 1260, sez. VI
 30 dicembre 1992, n. 1198 T.A.R.  Lazio, sez. II 9  giugno  1992,  n.
 1459  e 4 novembre 1992, n. 2104; T.A.R. Lazio, sezione di Latina, 27
 aprile 1992, n. 280, T.A.R. Lombardia sezione di  Brescia  20  luglio
 1993,  n.  630  e  27 ottobre 1992, n. 1138; T.A.R. Campania, Napoli,
 sez. I, 29 settembre 1993, n. 303)
   Isolata sul  piano  dottrinale  e  giurisprudenziale  (cfr.  T.A.R.
 Toscana,  sez.  III,  23 maggio 1995, n. 119) appare la tesi, secondo
 cui la potesta' concessoria spetterebbe al Consiglio solo in  ipotesi
 ben  definite - concernenti pubblici servizi di carattere prettamente
 locale, in base al combinato disposto degli articoli 22 e 32 legge n.
 142/1990 cit. - con conseguente  competenza  residuale  della  giunta
 nella materia che e' oggetto del presente ricorso.
   La  limitazione,  in  realta',  non  appare compatibile con l'ampio
 dettato della norma individuatrice  delle  competenze  del  consiglio
 comunale,  ne'  con  la  ratio  della  medesima,  che  - come gia' in
 precedenza sottolineato - mira a ricondurre la  materia  dei  servizi
 pubblici   sotto   il  diretto  controllo  dell'organo  di  indirizzo
 politico-amministrativo  del   comune,   al   quale   irrazionalmente
 verrebbero sottratte le concessioni coinvolgenti interessi piu' ampi.
   Oggetto  del  precedente  art.  22,  invece,  e' la definizione dei
 moduli gestionali dei servizi pubblici  affidati  ai  comuni  e  alle
 province,  e  la  statuizione  -  in  armonia  con  l'art.  118 della
 Costituzione - di una  riserva  di  legge  per  l'individuazione  dei
 servizi che i citati Enti possono gestire "in via esclusiva".
   Proprio  in  una materia che, come quella in esame, coinvolge anche
 profili di pianificazione a livello sovracomunale, d'altra parte,  il
 rilascio,  la proroga e la revoca delle singole concessioni - per gli
 spazi di intervento discrezionale sussistenti al riguardo (cfr.   per
 il  principio  Corte cost. 24 giugno 1992, n. 301, Consiglio Stato VI
 n. 1198/1992 cit., T.A.R. Toscana, sez. III 29 maggio 1993, n.   190;
 T.A.R.  Lazio  sez.  II 26 giugno 1993, n. 738) - esula da profili di
 mera attuazione, coinvolgendo  scelte  che  opportunamente  la  legge
 statale  riconduce  alla medesima Autorita', preposta a dettare linee
 generali di indirizzo.
   Nella fattispecie, l'intero programma comunale - emesso nell'ambito
 della piu' ampia pianificazione in precedenza indicata, e scadente il
 31 dicembre 1995 - e' risultato condizionato (e, almeno in parte qua,
 inattuato) a seguito di provvedimenti  della  giunta,  che  ha  prima
 (delibera   n.  528/1993)  prorogato  senza  limiti  ben  precisi  le
 concessioni per la gestione di impianti, incompatibili  con  il  sito
 nell'ambito della nuova programmazione, e poi (delibera n. 1136/1995,
 ora  impugnata) ha annullato la precedente determinazione, rimettendo
 al  sindaco  l'immediata  chiusura  o  l'adeguamento  degli  impianti
 incompatibili,   senza   valutazioni  caso  per  caso  (in  ordine  a
 concessioni gia' scadute, o rinnovate ma da revocare, o a  situazioni
 in  cui  il  trasferimento fosse di fatto condizionato da adempimenti
 comunali) e senza alcun apprezzamento di carattere generale, circa la
 sufficienza e la razionalita' della rete di distribuzione residua.
   Nella situazione in esame, in  altre  parole,  risulta  evidenziato
 come  la  potesta'  da  esercitare  nel  settore  di  cui  trattasi -
 indipendentemente dalle ragioni sussistenti (o meno) nel caso singolo
 - sia strettamente legata a scelte e indirizzi di portata generale.
   Tali scelte e indirizzi, d'altra parte, sono rimessi  con  l'intera
 materia concessoria alla giunta dal piu' volte ricordato art. 1 della
 legge  regionale  n.  61/1985, come modificato con legge regionale n.
 27/1992, ad avviso del colllegio in contrasto con la ripartizione  di
 competenze,  di cui all'art. 32 comma 2 lett. f) legge n. 142/1990, e
 quindi con gli articoli 117 e 128 della Costituzione,  investendo  la
 struttura     organizzatoria    dell'ente    territoriale    principi
 fondamentali, da rinvenire in leggi dello Stato, e dovendo discendere
 da queste ultime l'ordinamento dell'autonomia degli enti territoriali
 minori.
   In base alla ricordata legge n. 142/1990, con particolare  riguardo
 alla  disciplina contenuta nell'art. 3, si puo' infatti convenire che
 spetta alla regione il ruolo di "centro propulsore e di coordinamento
 dell'intero sistema delle Autonomie locali"; ma  nel  rispetto  delle
 funzioni  e  delle  competenze  predeterminate con leggi dello Stato,
 come si evince appunto dall'art. 128 della Costituzione da leggere in
 parallelo ai precedenti articoli 117 e 118 (cfr. per alcuni  principi
 Corte cost. 15 luglio 1991, n. 343).