Ricorso del presidente della regione siciliana pro-tempore, autorizzato a ricorrere con delibera della Giunta regionale n. 3 del 9 gennaio 1998, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Giovanni Pitruzzella e dall'avv. Francesco Castaldi ed elettivamente domiciliato in Roma nell'ufficio della regione siciliana, via Marghera n. 36 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di incosituzionalita' del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 23 dicembre 1997, ed in particolare degli artt. 1, 2, 4, 15, 24, 26, 27, 30, 36, 40, 41, 42, 43, 50, 60 e 61, per violazione dell'art. 36 dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione, nonche' dell'art. 76 della Costituzione. 1.1. - Le disposizioni impugnate sono state adottate nell'esercizio della delega legislativa disposta dall'art. 3, comma 143 della legge n. 662 del 1996, ai sensi del quale il Governo veniva delegato ad emanare "al fine di semplificare e razionalizzare gli adempimenti dei contribuenti, di ridurre il costo del lavoro e il prelievo complessivo che grava sui redditi da lavoro autonomo e di impresa minore, nel rispetto dei principi costituzionali del concorso alle spese pubbliche in ragione della capacita' contributiva e dell'autonomia politica e finanziaria degli enti territoriali, uno o piu' decreti legislativi ... , occorrenti per le seguenti riforme del sistema tributario: a) istituzione dell'imposta regionale sulle attivita' produttive ... con un'aliquota compresa tra lo 0,5 e 1,1 per cento ...". Pertanto la nuova "imposta regionale sulle attivita' produttive" (IRAP) nasce come "tributo regionale", e cio' emerge chiaramente sia dal tenore letterale della disposizione citata, sia dalla relazione della cosiddetta "Commissione Gallo" che elaboro' il nuovo strumento di prelievo. Tuttavia la disciplina adottata con il decreto legislativo n. 446 del 1997 sembra contraddire la natura regionale del tributo e presenta profili di contrasto con la particolare configurazione della potesta' tributaria della regione siciliana. 1.2. - Com'e' noto, infatti, ai sensi dell'art. 36 dello Statuto e delle relative norme di attuazione (v. in particolare il d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074) alla regione siciliana spettano, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, ad eccezione di quelle derivanti dalle imposte di produzione, dal monopolio dei tabacchi e da lotto e lotterie nonche' di quelle il cui gettito sia riservato allo Stato destinato con apposite leggi alla copertura di oneri per particolari finalita'. Pertanto, la regione siciliana gode di potesta' legislativa esclusiva con riguardo ai tributi propri. In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 61 del 1987 ha precisato come la regione siciliana puo' deliberare tributi propri, ai sensi dell'art. 36 dello Statuto e dell'art. 2 delle norme di attuazione, sia pure nei limiti dei principi del sistema tributario dello Stato, in corrispondenza alle particolari esigenze della comunita' regionale. Percio' l'"elemento deliberativo diretto da parte della regione" costituisce l'elemento che definisce la nozione di tributo proprio e l'ampiezza della potesta' legislativa della regione siciliana. Peraltro, come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza costituzionale, la regione siciliana e' titolare di potesta' legislativa concorrente per quanto riguarda l'area dei tributi erariali il cui gettito e' devoluto alla regione medesima, sia pure nell'ambito del "limite del rispetto nella materia dei principi generali recati dalle leggi dello Stato" (sentenze nn. 9/1957; 14/1975; 428/1988; 959/1988; 105/1991). 2.1. - Di contro, la disciplina impugnata sembra negare qualsiasi autonoma determinazione della regione siciliana. L'art. 1 istituisce l'imposta, mentre gli artt. 2 e 4 definiscono nei particolari il presupposto dell'imposta e la base imponibile. Il successivo art. 24, comma 2 stabilisce che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono, con legge, alla attuazione delle disposizioni del presente titolo in conformita' delle disposizioni della legge 23 dicembre 1996, n. 662 art. 3, commi 158 e 15". Com'e' evidente, manca qualsiasi riferimento alla peculiare posizione della regione siciliana ed in particolare alle disposizioni dello Statuto e delle norme di attuazione che le conferiscono la potesta' di disciplinare i tributi propri e di concorrere alla disciplina dei tributi erariali ad essa devoluti. Cio' segna un passo indietro persino rispetto alla disposizione contenuta nella legge di delegazione, secondo cui "la regione siciliana provvede con propria legge all'attuazione dei decreti di cui ai commi da 143 a 149, con le limitazioni richieste dalla speciale autonomia finanziaria preordinata dall'art. 36 dello Statuto regionale e dalle relative norme di attuazione". Gia' la regione siciliana ha impugnato, con autonomo ricorso, la citata disposizione della legge n. 662 del 1996, sostenendo che la competenza legislativa della regione siciliana nella materia non puo' circoscriversi alla mera attuazione. Tuttavia, con il decreto legislativo oggetto del presente ricorso sparisce persino il riferimento all'art. 36 dello Statuto ed alle relative norme di attuazione, con la conseguenza che viene meno qualsiasi clausola di salvaguardia delle prerogative statutarie della regione siciliana in materia finanziaria. A questo punto si pongono due alternative: se l'IRAP e' un tributo proprio della regione, nell'accezione fissata dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenza n. 61 del 1987, deve riconoscersi la competenza primaria della regione siciliana; se invece siamo in presenza di un tributo erariale il cui gettito e' devoluto alla regione, dovremmo comunque riconoscere alla regione siciliana una potesta' legislativa concorrente e non certamente limitata alla mera attuazione della normativa, peraltro estremamente dettagliata, predisposta dal legislatore delegato. Esiste pertanto un problema di definizione della natura del tributo che il giudice costituzionale potra' contribuire a risolvere. Certamente la soluzione influira' sul tipo di "federalismo fiscale" che si sta costruendo nell'ordinamento italiano. In ogni caso sarebbe paradossale la configurazione di un tributo regionale, con cui dovrebbe avviarsi il processo di costruzione del federalismo fiscale, che non riconosce margini effettivi di manovra finanziaria alle regioni e comunque la regione siciliana, in virtu' delle prerogative che discendono dal suo Statuto, non puo' essere relegata alla mera attuazione, priva sostanzialmente di margini di discrezionalita'. Peraltro, anche l'art. 50 nell'istituire l'addizionale regionale sull'IRAP, predispone una disciplina integrale che sostanzialmente esclude qualsiasi possibilita' di autonoma legislazione regionale. 2.2. - Si aggiunga, a rendere piu' grave la menomazione delle attribuzioni regionali, che il comma 6 dell'art. 24 prevede che le leggi di attuazione delle regioni speciali, e quindi anche quelle della Sicilia, non possono avere effetto anteriore al periodo di imposta in corso al 1 gennaio 2000. Cio' comporta una paralisi della competenza regionale nella materia, in chiaro contrasto con l'art. 36 dello Statuto. 3. - A completare l'impostazione rigorosamente statalistica della disciplina adottata dal legislatore delegato, vi sono gli artt. 25 e 26, che nelle more dell'entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione dell'imposta, affidano totalmente ed esclusivamente allo Stato le attivita' di controllo, accertamento e riscossione dell'imposta. Per di piu', a compensazione dei costi sostenuti dallo Stato per lo svolgimento ditali attivita', e' prevista l'attribuzione di una quota del gettito dell'imposta allo Stato medesimo. Con l'esito paradossale che, fino al 2000, la competenza della regione e' congelata e, per effetto di detto congelamento, la regione e' tenuta a versare allo Stato una quota del gettito dell'imposta per compensare lo Stato di attivita' che altrimenti potrebbe svolgere direttamente. Si aggiunga che secondo la costante giurisprudenza costituzionale la riscossione dei tributi in Sicilia comporta "soluzioni aperte" che vanno razionalmente identificate dalla legislazione concorrente, sia pure in armonia con la diversa angolazione prospettica dei valori ed interessi in gioco (sentenze n. 61 del 1987 e n. 959 del 1988). 4. - Peraltro, il comma 4 dell'art. 24 prevede che le attivita' di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta potranno essere affidate, sulla base di apposita convenzione, al Ministero delle finanze. Ma l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 gia' stabilisce che per tutte le funzioni amministrative in materia finanziaria, e quindi anche per le menzionate attivita', la regione si avvale degli uffici periferici dell'amministrazione statale. Cio' comporta che per l'effettuazione di dette attivita' lo Stato non potrebbe pretendere alcun tipo di rimborso per le spese sostenute. 5. - A non meno gravi rilievi si espone il comma 2 dell'art. 26, che attribuisce allo Stato un'ulteriore quota del gettito dell'IRAP a compensazione della perdita di gettito derivante dall'abolizione dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese. Poiche' l'imposta sul patrimonio netto delle imprese e' conformata come imposta di carattere straordinario e temporalmente determinato e' irragionevole, oltre che in contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano e delle sue norme di attuazione, la previsione che riserva allo Stato una quota del gettito di un'imposta che sarebbe comunque venuta meno per lo spirare del termine di efficacia temporale della normativa che la disciplina. 6. - Di contro, quando il decreto legislativo (art. 36) prevede contemporaneamente all'introduzione dell'IRAP, la abolizione di tributi erariali, non contiene alcuna compensazione a favore della regione siciliana. Cio' comporta una sottrazione di gettito perche', per il particolare regime finanziario della regione siciliana, viene meno l'intero gettito dei tributi precedentemente devoluto, per effetto dell'art. 36 dello Statuto (naturalmente salvo che per l'ILOR, di cui solo il 12,60% affluiva nella casse regionali e per l'imposta sul patrimonio netto che era interamente riservata allo Stato). Pertanto, la Sicilia si trova a dover subire una irragionevole diminuizione delle entrate tributarie, non compensata in alcun modo dal legislatore delegato. 7. - Un ulteriore profilo di incostituzionalita' riguarda gli artt. 2, 4 e 15 che, nel definire presupposti, base imponibile e spettanza dell'imposta, adottano come criterio quello del territorio in cui si esercita l'attivita' produttiva. Cio' determina un contrasto con l'art. 36 dello Statuto e con l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Infatti, dette norme attribuiscono alla regione siciliana anche le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio. Non e' solamente il profilo del territorio in cui si svolge l'attivita' produttiva, ma anche quello del luogo di riscossione che deve assumere rilievo ai fini della determinazione dell'attribuzione alla regione del gettito del tributo. 8. - Un'altra censura colpisce il comma 7 dell'art. 24 che, per il modo come e' formulato, sembra escludere l'intera spettanza alla regione delle somme derivanti dall'irrogazione di sanzioni per la violazione della normativa fiscale. Una simile interpretazione comporterebbe l'incostituzionalita' della disposizione, in quanto dal combinato disposto degli artt. 2 e 3 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 risulta con estrema chiarezza l'assoluta competenza regionale a riscuotere tutte le entrate tributarie (art. 2), ivi comprese le entrate accessorie nonche' le entrate derivanti (art. 3) dall'applicazione di sanzioni pecuniarie da qualsiasi fonte provengano e comunque riscosse nell'ambito del territorio regionale. Ed invero nei casi in cui si e' voluta escludere la competenza regionale ad incamerare determinate entrate di origine tributaria, cio' e' stato fatto enumerando tassativamente ed analiticamente le entrate riservate allo Stato, come si evince chiaramente dal secondo comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e dalle tabelle annesse allo stesso. Peraltro, il principio e' stato autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 84 del 5 luglio 1968, con cui e' stato riconosciuto il diritto della regione siciliana di incamerare il provento derivante dall'esercizio del suddetto potere sanzionatorio. 9. - Altri profili di incostituzionalita' riguardano l'art. 27 e l'art. 29 che prevedono la compartecipazione rispettivamente di comuni e province e delle citta' metropolitane a quote del gettito dell'IRAP stabilite centralmente. Non solo viene meno qualsiasi discrezionalita' della regione siciliana in materia, ma viene altresi' stravolto uno dei tratti caratterizzanti la sua specialita', e cioe' la competenza esclusiva in materia di enti locali (art. 14 lett. o), che, se letta sistematicamente con l'art. 36, comporta l'attribuzione alla regione del potere di conformare l'intero sistema locale, sia sotto il profilo dell'organizzazione e delle funzioni, che sotto quello della finanza. 10. - Gli artt. 60 e 61 sono parimenti incostituzionali. Essi da una parte attribuiscono (art. 60) alle province e ai comuni il gettito di alcuni tributi erariali (come le imposte di registro, ipotecaria e catastale) e dall'altro riducono i trasferimenti erariali agli enti locali (art. 61). La soluzione normativa puo' essere ragionevole per le altre regioni, ma ha esiti paradossali in Sicilia. Infatti, il gettito dei menzionati tributi erariali, in virtu' dell'art. 36 dello Statuto, gia' era attribuito alla finanza della regione siciliana (a differenza di quanto avveniva nelle altre regioni). Sicche' l'esito complessivo e' un irragionevole compressione della finanza della regione siciliana. Il gettito di alcuni tributi erariali gia' spettanti alla regione viene sottratto a quest'ultima per essere devoluto agli enti locali, ai quali pero' vengono ridotti i precedenti trasferimenti a carico dello Stato. 11. - L'art. 60, comma 4 stabilisce che le regioni speciali, in conformita' dei rispettivi Statuti, provvedono all'attuazione dei primi due commi del medesimo articolo. Il tenore letterale della disposizione e' quanto meno impreciso perche' si riferisce alla mera attuazione da parte del legislatore regionale, che invece gode, in materia, di potesta' legislativa concorrente. 12. - Altre ragioni di doglianza riguardano l'art. 40 che prevede l'istituzione di "conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato intestati alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano e di specifiche contabilita' speciali di girofondi intestate alle stesse regioni e province autonome, presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato operanti nei capoluoghi di regione e nelle predette province autonome", rinviando ad un successivo decreto ministeriale la individuazione delle modalita' di riversamento delle somme riscosse sui conti predetti. Riversamento che dovrebbe essere effettuato a favore di entita' individuate dal legislatore delegato (Stato, comuni province, F.S.N.) e secondo le percentuali indicate dalla legge o da successivi decreti ministeriali, con la conseguenza che solo la parte residua sarebbe attribuita alla regione siciliana. C'e' una fortissima riduzione della capacita' di manovra finanziaria della regione, un'involuzione della finanza regionale secondo gli schemi della "finanza derivata" ed una notevole compressione del gettito a favore della regione. Gettito che viene ulteriormente ridotto per effetto degli art. 41 e 42 che prevedono il versamento delle eccedenze annuali di risorse finanziarie ad integrazione del Fondo del Servizio sanitario, nonche' per coprire il trasferimento di nuove funzioni. 13. - Nelle disposizioni fin qui passate in rassegna e' evidente come il legislatore delegato abbia sostanzialmente ignorato il particolare regime finanziario della regione siciliana e le prerogative che le sono riconosciute dal suo Statuto. Sintomo vistoso ditale disattenzione e' anche il comma 4 dell'art. 61 che fa riferimento - in modo invero alquanto confuso - al "recepimento" delle disposizioni degli artt. 60 e 61 da parte dello Statuto siciliano, ignorando cosi' che quest'ultimo ha forza di legge costituzionale e quindi non puo' essere in alcun modo previsto l'obbligo di adeguamento dello Statuto a disposizioni di legge ordinaria. 14. - Infine, tirando le file di tutte le precedenze doglianze, puo' osservarsi che il complesso delle disposizioni impugnate produce non solo una fortissima compressione dell'autonomia finanziaria della regione (intesa come liberta' di scelta nell'ambito dei principi fissati dalla legge dello Stato), ma determina altresi' un'altrettanto consistente diminuizione delle entrate regionali, non compensata in alcun modo, con la conseguenza che con l'entrata a regime della nuova disciplina laegione potrebbe non avere i mezzi per fare fronte al suo fabbisogno finanziario, con grave lesione dell'art. 36 dello Statuto.