IL PRETORE Letti gli atti; Udita la relazione dell'ufficiale di p.g. che ha presentato l'arrestato; Viste le dichiarazioni rese dall'arrestato; Viste le deduzioni delle parti osserva: Sulla flagranza. - Il reato deve essere ritenuto flagrante poiche' ricorreva la condizione dell'inseguimento del presunto reo da parte di terze persone subito dopo la commissione del fatto. Sul titolo del reato. - Se agli effetti della qualificazioine giuridica del reato e della ricognizione della pena edittale prevista dalla legge si deve avere riguardo all'apparenza del fatto, e cioe' a come il fatto e' apparso prima facie a colui che ha proceduto all'arresto, si deve convenire che il reato ipotizzabile e' sicuramente quello di furto (e fin qui nulla quaestio), aggravato ai sensi dell'art. 625, n. 4, 2 ip. c.p. Non si puo' infatti esigere da chi opera l'arresto, e sommamente nel caso in cui questo sia stato operato da privati, una valutazione approfondita in ordine alla sussistenza di circostanze accidentali del reato dalle quali dipenda la configurabilita' o meno di un'ipotesi di arresto obbligatorio. Detto in termini piu' concreti, non si puo' esigere una valutazione minuziosa delle circostanze del reato all'atto dell'arresto, dovendosi ritenere sufficiente (si ripete, ai soli fini della valutazione della legittimita' dell'arresto in funzione del titolo del reato) una valutazione sommaria. Nel caso di specie, dunque, poiche' l'apparenza del fatto era tale da far ritenere il furto commesso "strappando la cosa di mano o di dosso alla persona", era sicuramente legittimo procedere all'arresto da parte del privato, essendo obbligatorio l'arresto in flagranza per questa ipotesi. Per questa stessa ragione, pur tenendo conto delle implicazioni nascenti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 54 del 16 febbraio 1993 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 380 lett. e) nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato ex art. 625, comma primo n. 2 1 ip. c.p., nel caso in cui ricorra la circostanza attenuante ex art. 62 n. 4 stesso codice, per violazione della direttiva n. 32 della legge delega) si deve ritenere che l'arresto in flagranza per il reato di furto con scippo sia legittimo anche in presenza di detta attenuante, ricorrendo in tal caso le "speciali esigenze di tutela della collettivita'" previste dalla citata direttiva 32 come condizione affinche' il legislatore potesse prevedere come obbligatorio l'arresto. Sulla procedura ex art. 566, comma secondo, c.p.p. - A tenore dell'art. 566, comma secondo, c.p.p., l'arrestato deve essere presentato al pretore, quando questi non tiene udienza, dagli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato. Nel caso di specie l'ufficiale di p.g. che ha presentato l'arrestato non e' quello che ha ricevuto in consegna l'arrestato, posto che questo era stato consegnato ad altro ufficiale di p.g. e cioe' al vice questore dott. Rossi. La legge non detta alcuna disposizione atta a chiarire quale conseguenza giuridica discenda dalla mancata osservanza della suddetta competenza e la questione non e' di poco conto poiche', gia' nel caso dell'arresto operato da privati, la procedura contravviene alla logica secondo la quale, le condizioni integranti gli estremi della flagranza sono riferite al giudice da chi l'ha constatata, e pertanto ammettere che la relazione possa essere fatta da un soggetto diverso da chi ha constatato la flagranza e diverso altresi' da chi ha ricevuto in consegna l'arrestato, implica che le condizioni della flagranza vengono di fatto riferite al giudice doppiamente de relato. La legge delega si occupa dell'arresto in flagranza e del giudizio per direttissima nelle direttive 32 e 43 e non prevede espressamente ne' la facolta' di arresto da parte di privati, ne' la facolta' che l'arrestato sia presentato al giudice dall'ufficiale di p.g. che ha ricevuto in consegna l'arrestato, e men che meno che sia presentato al giudice da un ufficiale di p.g. estraneo tanto all'accertamento della flagranza quanto alla consegna dell'arrestato nel caso di arresto operato da privati. Se il primo rilievo (mancata previsione espressa della facolta' di arresto da parte di privati) puo' essere (forse) superato supponendo che con la formulazione della direttiva 32 il legislatore delegante abbia voluto far riferimento al compimento dell'atto formale, e cioe' al solo verbale di arresto, ferma restando la paternita' dell'atto in capo al privato, non altrettanto puo' dirsi circa la qualita' di chi presenta l'arrestato al pretore per il giudizio direttissimo. Qui la direttiva 43 non consente margini di dubbio: il potere di presentare l'imputato direttamente in giudizio, in tutti i casi contemplati dalla norma, spetta al p.m. L'art. 566, invece, contempla due ipotesi nettamente distinte: nel comma 2 l'arrestato e' presentato all'udienza dagli ufficiali o agenti di p.g. che hanno eseguito l'arresto o hanno avuto in consegna l'arrestato; nel comma 4 l'arrestato e' presentato dal p.m. Solo quest'ultima ipotesi e' conforme alla direttiva 43. In conseguenza di quanto esposto si deve dubitare della legittimita' costituzionale degli artt. 383 e 566, comma secondo c.p.p. per contrasto con quanto rispettivamente previsto nelle direttive 32 e 43 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e dunque per violazione dell'art. 76 della Costituzione con la conseguenza che il giudizio di convalida deve essere sospeso e gli atti debbono essere rimessi alla Corte costituzionale apparendo la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio. Quanto alla liberta' personale del Caroti, premesso che non vi e' prova piena che la borsa sia stata strappata di dosso alla Montanari, si osserva che in base a quanto riferito per certo dall'ufficiale di p.g. che ha fatto la relazione, la borsa sottratta alla Montanari conteneva solo L. 40.000: tale circostanza integra l'ipotesi prevista dall'art. 62 n. 4 c.p. e deve essere valutata per la determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari, come dispone l'art. 278 c.p.p. Ricorre dunque un'ipotesi di concorso eterogeneo di circostanze e detta attenuante, tenuto conto altresi' del comportamento dell'imputato immediatamente successivo al fatto (e cioe' che egli abbia abbandonato spontaneamente la borsa in luogo visibile affinche' fosse recuperata) appare equivalente all'aggravante di cui all'art. 625 n. 4, 2 ipotesi, cod. pen., con la conseguenza che la pena edittale e' quella prevista per il furto semplice che non legittima l'adozione della misura cautelare della custodia in carcere, e non legittimerebbe l'adozione di alcuna misura se non fosse salva la possibilita' di applicare una misura cautelare anche fuori dei limiti previsti dall'art. 280 c.p.p. allorquando l'arresto sia stato eseguito per uno dei delitti che lo rendano almeno facoltativo, come previsto dall'art. 391, comma quinto c.p.p. (il furto semplice rientra fra i reati che prevono l'arresto in flagranza come facoltativo). Poiche' il Caroti e' tossicodipendente da eroina e poiche', in relazione a questo suo stato appare concreto il pericolo di reiterazione di reati contro il patrimonio, esclusa la misura della custodia in carcere per le ragioni dette, appare adeguata alla gravita' del fatto e idonea a soddisfare la suddetta esigenza cautelare, la misura meno grave dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ne discende che, ferma restando la sospensione del giudizio di convalida, si deve disporre a carico del Caroti la misura coercitiva dell'obbligo di presentazione alla p.g., e precisamente alla stazione CC competente per territorio con riguardo al luogo della sua abitazione, ogni giorno alle ore 12 e alle ore 19.