ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6 e 30  della
 legge   4   maggio   1983,   n.   184   (Disciplina  dell'adozione  e
 dell'affidamento dei minori), promosso  con  ordinanza  emessa  il  6
 novembre  1996  dal tribunale per i minorenni di Catania sull'istanza
 proposta da Vincenzo Berretta e Teresa Galfo, iscritta al n. 1378 del
 registro  ordinanze  1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  1 ottobre 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   Con ordinanza emessa il 6 novembre 1996 nel corso  di  un  giudizio
 diretto  ad  accertare  l'idoneita'  all'adozione  di coniugi i quali
 intendevano adottare minori stranieri (art. 30 della legge  4  maggio
 1983,  n. 184), il tribunale per i minorenni di Catania ha sollevato,
 in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale degli artt.  6  e  30  della  legge  4
 maggio  1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
 minori), interpretati nel senso che escludono che il  giudice  possa,
 nel  rilasciare l'attestato di idoneita' all'adozione internazionale,
 specificare che quest'ultima si riferisce esclusivamente a minori che
 siano nati non piu'  di  quarant'anni  prima  del  piu'  anziano  dei
 coniugi dichiarati idonei.
   Il  tribunale  per  i  minorenni  di  Catania ricorda di avere gia'
 sollevato, con ordinanza  emessa  l'11  dicembre  1995,  la  medesima
 questione,  in ordine alla quale la Corte costituzionale ha disposto,
 con ordinanza n. 362 del 1996, la restituzione degli atti al  giudice
 rimettente,  perche' valutasse se la questione fosse ancora rilevante
 nel giudizio principale, risultando modificato il contenuto normativo
 dell'art.  6, secondo comma, della legge 4 maggio  1983,  n.  184,  a
 seguito  della  sentenza  n.  303  del  1996,  che  ne  ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui non prevede che il
 giudice   possa   disporre   l'adozione,   valutando   esclusivamente
 l'interesse  del  minore,  quando l'eta' di uno dei coniugi adottanti
 superi di oltre quaranta anni l'eta' dell'adottando, pur rimanendo la
 differenza di eta' compresa in quella che di  solito  intercorre  tra
 genitori  e  figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e
 non altrimenti evitabile per il minore.
   Il tribunale per i minorenni di Catania ritiene che la questione di
 legittimita' costituzionale, ancora non risolta,  conservi  rilevanza
 nel procedimento in corso, dovendo provvedere in ordine all'idoneita'
 dei  coniugi  ad  adottare  non  un  minore determinato, che versi in
 particolari situazioni, ma minori in genere  per  i  quali  non  puo'
 essere  accertata alcuna delle circostanze soggettive che la sentenza
 n. 303 del 1996 prevede  come  tali  da  consentire  di  superare  il
 divario  massimo  di  eta'  tra adottanti e adottando, ordinariamente
 fissato in quaranta anni.
   Il  tribunale  per  i  minorenni  di  Catania  osserva  che   anche
 all'adozione  internazionale  si applica il requisito dell'eta' degli
 aspiranti adottanti, previsto dall'art. 6  della  legge  n.  184  del
 1983,  e  che,  per  rispettare questa disposizione, non debba essere
 inibito  al   giudice,   nell'attestare   l'idoneita'   dei   coniugi
 all'adozione internazionale (art. 30 della legge n. 184 del 1983), di
 specificare  espressamente  che l'idoneita' si riferisce all'adozione
 di minori nati non oltre quaranta anni prima  del  piu'  anziano  dei
 coniugi.
   Adeguandosi  all'interpretazione  data  alle norme denunciate dalla
 Corte d'appello di Catania, il giudice  rimettente  ritiene  tuttavia
 che  il diritto effettivamente vigente in quel distretto non consenta
 che,  nel  dichiarare  l'idoneita'  all'adozione  internazionale,  il
 giudice   possa  fare  riferimento  alcuno  all'eta'  dei  minori  in
 relazione all'eta' dei coniugi, essendo tale valutazione esclusa  nel
 momento   in   cui  si  giudica  in  astratto  della  loro  idoneita'
 all'adozione. Ma lo stesso giudice ritiene che,  cosi'  interpretato,
 l'art.  30  della  legge  sull'adozione  dei  minori,  che richiama i
 requisiti previsti dall'art. 6, sia in contrasto con gli artt. 2 e 31
 della Costituzione, in quanto consente che  chi  aspira  ad  adottare
 fanciulli  stranieri  possa  introdurre in Italia minori di qualsiasi
 eta', non importa di quanti anni lontana da  quella  degli  aspiranti
 adottanti. Sarebbe cosi' negata la tutela che le norme costituzionali
 gia'  indicate  impongono  di  assicurare  ai minori, i cui interessi
 verrebbero esposti ad una profonda lesione.  Difatti la  possibilita'
 di  affermare,  in sede di dichiarazione di efficacia nello Stato dei
 provvedimenti stranieri di  adozione  o  di  affidamento  preadottivo
 (art. 32 della legge n. 184 del 1983), l'inidoneita' in concreto, per
 eta',  di  coloro  che  hanno introdotto il minore in Italia, negando
 l'efficacia   di    affidamento    preadottivo    al    provvedimento
 dell'autorita'  straniera, non eliminerebbe la lesione dell'interesse
 del minore, che si e' gia'  verificata,  attraverso  l'affidamento  a
 chi,  per  eta',  non  e' idoneo ad adottare. Questa lesione potrebbe
 risultare  irreversibile,  o  reversibile  solo  con  la  separazione
 traumatica del minore dai coniugi cui e' stato affidato.
   Ad   avviso   del   giudice   rimettente,   la   norma   denunciata
 contrasterebbe anche con l'art. 3  della  Costituzione,  determinando
 una  ingiustificata disparita' di trattamento tra minori stranieri, i
 quali  possono  subire  il  pregiudizio  sopra  descritto,  e  minori
 italiani  i  quali,  invece, possono essere affidati alle coppie piu'
 idonee per eta'. Cio' determinerebbe anche una lesione  dell'art.  10
 della  Costituzione, per la violazione dell'obbligo internazionale di
 assicurare ai fanciulli, da adottare all'estero, garanzie equivalenti
 a quelle esistenti per le adozioni  nazionali  (art.  21,  lettera  c
 della  Convenzione  sui  diritti del fanciullo fatta a New York il 20
 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio  1991,
 n. 176).
                         Considerato in diritto
   1.  - La questione di legittimita' costituzionale investe gli artt.
 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che disciplina l'adozione e
 l'affidamento dei minori.  Queste  disposizioni  stabiliscono  che  i
 coniugi,  i  quali  intendano  adottare  un minore straniero, debbono
 richiedere la dichiarazione di idoneita'  all'adozione  al  tribunale
 per  i  minorenni (art. 30), che accerta la sussistenza dei requisiti
 previsti dall'art. 6 della stessa legge  per  permettere  l'adozione,
 tra i quali il divario massimo di eta' tra adottanti e adottando.
   Il   Tribunale   per  i  minorenni  di  Catania  ritiene  di  dover
 interpretare la norma, secondo  l'indirizzo  giurisprudenziale  della
 Corte  d'appello  di  Catania,  nel  senso  che  il giudice non possa
 specificare, nel provvedimento che accerta l'idoneita'  all'adozione,
 che  questa si riferisce a minori nati non piu' di quarant'anni prima
 del piu' anziano dei coniugi dichiarati idonei.  Cosi'  interpretata,
 la norma sarebbe tuttavia in contrasto con la tutela assicurata dagli
 artt.  2 e 31 della Costituzione ai minori, i quali potrebbero essere
 affidati  ed  introdotti  in  Italia  da  coniugi di eta' superiore a
 quella prevista dall'ordinamento nazionale; cio'  che  determinerebbe
 anche una disparita' di trattamento, in violazione degli artt. 3 e 10
 della  Costituzione,  tra  minori  italiani  e  stranieri,  non  solo
 ingiustificata, ma  in  contrasto  con  l'obbligo  internazionale  di
 assicurare  a  questi  ultimi  parita'  di tutela (art. 21, lettera c
 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata e
 resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176).
   2. - La questione non e' fondata, non essendo esatto il presupposto
 interpretativo posto a base del dubbio di legittimita' costituzionale
 nel sistema normativo dell'adozione dei minori, pur essendo comuni  i
 principi  sia  di  quella  interna  che  di quella internazionale, e'
 necessariamente   differenziata   l'articolazione   delle    relative
 procedure.   Solo nella prima il collegamento tra coniugi adottanti e
 minore da adottare e' tale da consentire l'immediata valutazione,  da
 parte  del  tribunale per i minorenni, dell'idoneita' di quei coniugi
 ad offrire la famiglia di accoglienza adatta al minore per  il  quale
 si  pronuncia,  dopo  il  periodo di affidamento, il provvedimento di
 adozione.
   Diversa e'  la  scansione  degli  atti  per  l'adozione  di  minori
 stranieri,  nel  cui complessivo procedimento la valutazione unitaria
 dell'opportunita'  di  inserimento  del  minore  nella  famiglia   di
 adozione si articola in fasi distinte eppur collegate. Il giudizio di
 idoneita' dei coniugi non e' correlato ad un minore gia' individuato,
 in quanto esso precede il provvedimento, di adozione o di affidamento
 preadottivo,  che  sara'  emesso  da  un'autorita'  straniera. Questo
 provvedimento, a sua volta, costituisce  il  presupposto  perche'  il
 tribunale   per  i  minorenni,  dichiarandone  l'efficacia,  disponga
 l'adozione in Italia, attribuendo a quel minore lo  stato  di  figlio
 legittimo degli adottanti.
   In  questa  articolata  procedura la dichiarazione di idoneita' dei
 coniugi all'adozione costituisce solo una valutazione  preliminare  e
 generica,  non  correlata  ad  un  minore  gia'  individuato,  il cui
 interesse  dovra'  essere  in  primo  luogo  valutato  dall'autorita'
 straniera  che  provvede  in ordine all'adozione, tenendo conto delle
 caratteristiche della famiglia di accoglienza e giudicando se  questa
 e'  idonea  a  soddisfare  in  concreto  le  specifiche  esigenze del
 fanciullo, le sole che giustificano, con  l'adozione,  il  definitivo
 inserimento  nella  sua futura famiglia. Perche' sia tutelato in modo
 efficace il preminente interesse del minore, le caratteristiche della
 famiglia adottante, rilevanti per il  giudizio  di  adozione,  devono
 essere   rese   note   perche'   possano   essere   tenute   presenti
 dall'autorita' straniera che emana il provvedimento di adozione o  di
 affidamento preadottivo.
   Il  provvedimento  preliminare  con  il  quale  il  tribunale per i
 minorenni accerta l'idoneita' dei coniugi alla adozione puo', dunque,
 enunciare, nell'interesse del minore,  ogni  elemento  utile  perche'
 l'idoneita'  sia poi apprezzata in relazione allo specifico minore da
 adottare.
   I provvedimenti nei quali si articola il procedimento  di  adozione
 di  minori  stranieri,  pur diversi per contenuto ed autorita' che li
 emana, sono, difatti, reciprocamente  complementari  e  diretti  alla
 valutazione  unitaria  dell'interesse del minore, sicche' ciascuno di
 essi deve esprimere  la  collaborazione  necessaria  affinche'  possa
 realizzarsi, attraverso i provvedimenti collegati, questa valutazione
 unitaria.
   3.  -  Questa interpretazione, conforme alla funzione dell'istituto
 dell'adozione di minori  e  rispondente  ai  principi  costituzionali
 invocati  dal  giudice  rimettente, non e' esclusa dall'art. 30 della
 legge  n.  184  del  1983,  che,  nel   disciplinare   l'accertamento
 dell'idoneita'   dei   coniugi   ad   adottare,   non   impedisce  al
 provvedimento che la dichiara di precisare  e  rendere  esplicite  le
 caratteristiche  della  famiglia  di accoglienza e, correlativamente,
 quelle del  minore  o  dei  minori  dei  quali  i  coniugi  aspiranti
 all'adozione   possono   prendersi   cura.      Tali  caratteristiche
 comprendono quelle rilevanti per la disciplina relativa al divario di
 eta' tra gli adottanti  ed  il  minore,  che  l'ordinamento  italiano
 prevede   perche',   nell'interesse  di  quest'ultimo,  possa  essere
 pronunciata l'adozione. Del resto i decreti di idoneita' all'adozione
 internazionale,  emanati  da  numerosi  tribunali  per  i  minorenni,
 contengono  spesso elementi ulteriori rispetto alla mera e conclusiva
 valutazione di idoneita' dei coniugi; elementi destinati ad  attuare,
 nell'interesse   del   minore,   la   necessaria  collaborazione  con
 l'autorita' straniera che  emanera'  il  provvedimento  di  adozione.
 Questa  prassi  applicativa della norma denunciata, diversa da quella
 indicata dal giudice rimettente, oltre che  rispecchiare  un'esigenza
 gia'   presente  nel  sistema  normativo,  e'  quella  conforme  alla
 normativa internazionale. Difatti la convenzione per  la  tutela  del
 minore  e  la  cooperazione  internazionale  in  materia  di adozione
 (L'Aja, 29 maggio 1993),  la  cui  autorizzazione  alla  ratifica  e'
 all'esame  del  Parlamento,  ribadendo  la necessita' di garantire la
 realizzazione del miglior interesse del fanciullo, non  solo  prevede
 la  collaborazione tra le autorita' dei diversi Stati nelle procedure
 di adozione internazionale,  ma  prescrive  espressamente  che  siano
 precisati  i  requisiti  di  capacita'  ed  idoneita' degli aspiranti
 genitori adottivi e le  caratteristiche  dei  bambini  dei  quali  si
 ritiene che essi potrebbero prendersi cura (art. 15).
   4.  -  La  ricostruzione  della  disciplina  normativa  relativa al
 provvedimento di dichiarazione di idoneita' dei coniugi  ad  adottare
 minori  stranieri esclude, dunque, che possano trovare spazio i dubbi
 di legittimita' costituzionale avanzati dal tribunale per i minorenni
 di Catania.