Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, on. dr. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di G.R. n. VI/34275 del 23 gennaio 1998, di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 dicembre 1997, n. 449, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie gen., suppl. ord. n. 302 del 30 dicembre 1997, (suppl. ord. n. 255/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 302 del 30 dicembre 1997), recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica ", con particolare riguardo all'art. 32, commi 2, 4 e 5, all'art. 34, comma 1, all'art. 37, all'art. 39, comma 19, all'art. 41, comma 1, all'art. 43, all'art. 44, comma 4, all'art. 47, comma 1, all'art. 48, commi 1, 4 e 5. F a t t o 1. - La legge 27 dicembre 1997, n. 449, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie gen., suppl. ord. n. 302 del 30 dicembre 1997, contiene alcune disposizioni gravemente lesive delle prerogative costituzionalmente garantite alle regioni. In particolare, tutte le disposizioni specificamente impugnate - il cui contenuto verra' piu' oltre dettagliamente esposto - indebitamente comprimono l'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale. Tali previsioni normative sono, dunque, costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di D i r i t t o 1.1. - Quanto all'art. 32, commi 2, 4 e 5, violazione degli artt. 2, 3, 32, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 32, dedicato agli "interventi di razionalizzazione della spesa" in materia sanitaria, prescrive alle regioni l'assegnazione alle aziende ospedaliere e alle aziende sanitarie locali di obiettivi di risparmio sulla spesa per l'acquisizione di beni e servizi, in vista di un risparmio complessivo regionale nel 1998 del 2,25% rispetto alla spesa del 1996, tenuto conto dei tassi di inflazione nei due anni successivi (comma 1): la disciplina consente alle regioni di tenere conto sia dei risultati di razionalizzazione della spesa gia' ottenuti dalle singole aziende sia delle peculiarita' sociali, economiche e demografiche del territorio servito. Lo scopo perseguito appare ragionevole e non viene qui contestato, come non lo e' il metoro prefigurato per il suo raggiungimento. Cio' che si lamenta e' pero' che il comma 2, nel disciplinare le conseguenze dell'eventuale inadempimento: equipara, sul piano delle fattispecie da sanzionare da parte dello Stato, l'inadempienza delle regioni e quella delle "relative aziende unita' sanitarie locali e aziende ospedaliere"; conseguentemente consente una sanzione a carico della regione e del suo sistema sanitario complessivo in relazione ad un eventuale inadempimento localizzato anche in una sola azienda, fattispecie che dovrebbe competere alla regione sanzionare, sul piano istituzionale, finanziario e disciplinare, e non allo Stato; fa irragionevolmente gravare, senza necessita' di tutela di alcun interesse costituzionalmente meritevole, conseguenze sanzionatorie su soggetti pubblici ed utenti che non hanno in alcun modo concorso al fatto ritenuto lesivo; consente l'intervento statale sul sistema sanitario regionale, in funzione sanzionatoria e, nel caso di omissione di singole aziende, sostitutiva dell'intervento regionale, senza che sia contemplata alcuna procedimentalizzazione: non prevede preavvisi, diffide, termini per provvedere; non mostra alcuno scrupolo di rispetto delle esigenze del metodo della leale collaborazione che codesta ecc.ma Corte ha da tempo individuato, in analoghi contesti, come vincolanti; demanda allo Stato, e per esso al Ministro della sanita', una discrezionalita' del tutto illimitata, salva la soglia massima del 3%, e salvo il parere della Conferenza Stato-regioni-citta', nel dosare la sanzione finanziaria, in assenza di parametri che consentano di proporzionare la sanzione all'inadempimento. 1.2. - Il comma 4 dello stesso art. 32 applica alle regioni che, entro il 31 marzo 1998, non abbiano dato attuazione agli strumenti di pianificazione riguardanti la tutela della salute mentale di cui all'art. 1, comma 20, della legge n. 662 del 1996, e che non abbiano provveduto alla completa istituzione delle residenze territoriali e alla chiusura degli ospedali psichiatrici, le sanzioni previste dal comma 23 dello stesso articolo. Il termine e' di irragionevole brevita', a motivo degli investimenti immobiliari e degli interventi edilizi, di grande complessita' e di significativa lunghezza, da porre in atto. L'inosservanza eventuale del termine e' sanzionata ancora una volta in forma irragionevolmente grave e priva di proporzionalita' all'entita' dell'eventuale inadempimento, oltre che rimessa nell'an e nel quomodo ad un'eccessiva discrezionalita' dell'autorita' statale. 1.3. - Il comma 5 dell'art. 32 disciplina il riutilizzo delle disponibilita' finanziarie derivanti dalle riduzioni di cui al comma 2, devolvendole al finanziamento di azioni di sostegno volte alla rimozione degli ostacoli che hanno dato luogo all'inadempienza o a progetti speciali a favore di fasce sociali deboli. Lo stesso comma destina le risorse derivanti dalle riduzioni di cui al comma 23 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 e al comma 4 della stessa legge finanziaria n. 449 del 1997 alla realizzazione di un progetto obiettivo in tema di salute mentale e "a titolo incentivante, a favore di aziende... che abbiano attuato i programmi di chiusura dei residui ospedali psichiatrici". Tale disciplina: prevede la possibilita' di assegnazione di risorse non direttamente alle regioni, ma alle singole aziende, da parte Ministro, con evidente aggiramento non solo del sistema di finanziamento del Servizio sanitario regionale come disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e successive modificazioni, e dunque della autonomia finanziaria regionale, ma anche della capacita' di governo della sanita' da parte della regione; rimette al Ministro della sanita' la determinazione della quota di fondi da assegnare alle regioni, con il solo vincolo del parere della Conferenza Stato-regioni, salvo l'avvalimento dell'Osservatorio nazionale sulla salute mentale e dell'Istituto superiore della sanita', che sono peraltro meri organi statali centrali; concede al Ministro un'irragionevole discrezionalita' nella riassegnazione dei fondi, non significativamente correlata a parametri legislativamente disciplinati e caratterizzati dalla necessaria correlazione con finalita' di interesse pubblico, a rilevanza costituzionale, nella cui individuazione e nel cui perseguimento le regioni abbiano parte; contempla l'attivazione, pur limitatamente alla psichiatria, di un potere sostitutivo ibrido, comportante la nomina di commissari ad acta definiti "regionali", ma nominati dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della sanita' d'intesa con la regione interessata: dal che non e' dato evincere se il soggetto od organo sostituto sia la stessa regione che da' l'intesa o l'azienda, verso la quale dovrebbe essere la regione ad intervenire. 2. - Quanto all'art. 34, comma 1, violazione degli artt. 3, 32, 81, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 34, comma 1, prescrive l'inquadramento progressivo in ruolo come dirigenti di primo livello degli specialisti ambulatoriali in regime convenzionale, medici e non, sia pure in aree di attivita' specialistica individuate dalle regioni. A prescindere dalla ragionevolezza di una simile scelta legislativa, che sovraccarica di altro personale, anche in soprannumero, le regioni e le aziende, proprio in un momento in cui la legislazione statale si orienta non solo verso la privatizzazione del rapporto di impiego pubblico, ma verso una diversificazione delle forme di collaborazione con le pubbliche amministrazioni, rimane il fatto che l'inquadramento ingenera, rispetto al rapporto convenzionale, un significativo aggravio di spesa a carico del SSN, cui non fa riscontro alcuna messa a disposizione delle risorse necessarie, con conseguente pregiudizio per l'autonomia finanziaria regionale, ma anche per la capacita' regionale di governo del sistema sanitario nel suo insieme e in specie dei flussi di spesa, con particolare riguardo a quella corrente nel settore del personale. Cio', poi, nello stesso momento in cui si impone una ulteriore riduzione della spesa complessiva, nelle forme del gia' contestato art. 32. Puo' essere invocato in proposito il principio, elaborato dalla giurisprudenza della ecc.ma Corte, del parallelismo tra responsabilita' di disciplina e di controllo e responsabilita' finanziaria (v. gia' sentenza n. 355/1993). 3. - Quanto all'art. 37, violazione degli artt. 2, 3, 32, 81, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 37 assolve, pur con colpevole ritardo, ad un obbligo morale del legislatore nazionale verso una patologia purtroppo sempre molto diffusa, consentendo la fornitura gratuita a carico del SSN della protesi mammaria alle assistite che abbiano subito un intervento di mastectomia. Come sempre, tuttavia, nessuna risorsa sanitaria aggiuntiva viene messa a disposizione delle regioni, pur in tempi di stretta sulla spesa. L'autonomia finanziaria e il governo della spesa vengono cosi' pregiudicati insieme al diritto alla salute, a parole meglio protetto ma in fatto costretto nelle strettoie di una competizione crescente tra patologie per la aggiudicazione di risorse sempre piu' scarse. 4. - Quanto all'art. 39, comma 19, violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione. L'art. 39, comma 19, estende alle regioni ed alle province autonome la disciplina relativa alla riduzione delle spese di personale, ma nel far cio': equipara indebitamente le regioni, la cui autonomia gode di garanzia costituzionale su diversi versanti, ad enti quali le camere di commercio, gli enti del SSN e gli enti locali in generale, la cui posizione costituzionale e' del tutto diversa e meno protetta; reitera, prolunga nel tempo e generalizza misure di contenimento dell'utilizzo di personale che codesta Corte ha gia' statuito dover essere temporanee e preordinate ad instaurare un regime transitorio in attesa della riforma sanitaria o di un riassetto generale del settore (sentenza n. 416/1995, sulla legge finanziaria 23 dicem-bre 1994, n. 724, con richiami alle precedenti sentenze nn. 610/1988, 245/1984, 307/1983). Nel lamentare la perdurante protrazione di un'artificiosa emergenza, la regione ricorrente non puo' non constatare la violazione dei richiamati parametri costituzionali. 5. - Quanto all'art. 41, comma 1, violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 41, comma 1, detta norme generali relative alla revisione degli organi collegiali, applicandole presumibilmente anche alle regioni, in difetto di esenzione delle medesime, equiparandole cosi' a categorie di enti non munite di alcuna garanzia costituzionale di autonomia. Attribuendo la competenza, in ordine alla revisione, all'"organo di direzione politica responsabile" la legge censurata invade il campo riservato alla ricorrente in ordine alla distribuzione dei compiti interna alla propria organizzazione, per costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale riservata all'autonomia regionale. Non pare, del resto, trattarsi di misure urgenti e provvisorie volte al contenimento del disavanzo pubblico (sentenza n. 356/1992, 128 e 357 del 1993, 222/1994), quanto di vere e proprie misure organizzative, caratterizzate da una scelta di principio non provvisoria, ma a regime. 6. - Quanto all'art. 43, violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 43, in particolare al comma 3, introduce una disciplina generale, applicabile anche alle regioni in difetto di espressa esenzione, delle convenzioni con soggetti pubblici o privati per la fornitura a titolo oneroso di consulenze o servizi aggiuntivi. Tanto, vincolando la destinazione del 50% dei ricavi delle convenzioni stipulate ai fini di cui al comma 1 ad economie di bilancio. Tale prescrizione e' incompatibile con l'autonomia finanziaria regionale (con pesanti riflessi, peraltro, anche sull'autonomia legislativa ed amministrativa), autonomia che esige che le regioni possano liberamente conformare gli strumenti operativi in questione, cosi' come i loro ricavi. Anche in questo caso le misure in oggetto sono a regime, e non transitorie. 7. - Quanto all'art. 44, comma 4, violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione. Altre censure devono venire sollevate contro l'art. 44, comma 4, che estende l'applicabilita' dell'art. 14 della legge n. 59 del 1997 alle amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 29 del 1993, eppercio' anche alle regioni. Cosi' facendo - sembra di poter dedurre dalla non limpida formulazione del testo - si consente allo Stato di imporre soppressioni e fusioni di enti, trasformazioni in soggetti di diritto privato, nonche' varie altre prescrizioni organizzative anche alle regioni, omettendo qualunque procedura di raccordo e comprimendo intollerabilmente l'autonomia organizzativa regionale. Di qui, la violazione degli indicati parametri costituzionali, anche nel caso in cui il significato della censurata disposizione stesse nell'estensione dei principi di cui al riferito art. 14 alle regioni, in qualita' di principi fondamentali della legislazione statale. 8. - Quanto agli artt. 47 comma 1, e 48, commi 1, 4 e 5, violazione degli artt. 97, 117, 118 e 119 della Costituzione. Gli artt. 47, comma 1, e 48, commi 1, 4 e 5, dettano disposizioni concernenti rispettivamente le limitazioni ai pagamenti a carico del bilancio dello Stato a favore di enti caratterizzati da giacenze di disponibilita' liquide, il concorso del sistema delle autonomie regionali agli obiettivi della finanza pubblica mediante il blocco del fabbisogno finanziario, la sospensione dei pagamenti "ad eccezione di quelli che possono arrecare danni patrimoniali all'ente o a soggetti che intrattengono con l'ente rapporti giuridici e negoziali". Tale disciplina, quanto meno: e' intrinsecamente irragionevole, ai limiti della comprensibilita', almeno quanto al comma 5 dell'art. 48: non e' ad esempio dato comprendere quale titolo di pagamento dovrebbe sussistere a favore di terzi in assenza di rapporti giuridici e negoziali; e quanto all'art. 47, comma 1, non e' dato comprendere quale sia l'assegnazione di competenza delle regioni sulla cui entita' il Tesoro con proprio decreto determina l'importo minimo delle giacenze, compreso tra il 10 e il 20% delle assegnazioni stesse; demanda, almeno quanto al comma 1 dell'art. 47, al Ministro del tesoro la determinazione delle categorie di enti e del limite di giacenza che attiva la ripresa dei pagamenti statali, in violazione della riserva di legge di cui all'art. 119; equipara ancora una volta regioni ed altri enti, locali e non, privi di autonomia costituzionalmente garantita o comunque dotati di minore garanzia; non configura misure temporanee o di emergenza, ma struttura vincoli permanenti; limita in termini pesantissimi l'autonomia finanziaria regionale, con pesanti riflessi su quella legislativa ed amministrativa, introducendo fattori di incertezza e di imprevedibilita' gestionale.