IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel giudizio di opposizione
 dello stato passivo iscritto al n. 750/96  promosso  ex  art.  98  l.
 fall.  con  ricorso  depositato il 14 marzo 1996 da Massari Cristiano
 contro il Fallimento La Costruzione soc. cooperativa a r.l., cui sono
 stati riuniti i procedimenti promossi,  nei  confronti  dello  stesso
 Fallimento  La  Costruzione  soc.  coop.  a  r.l.  da Bianchi Enrico,
 Ramponi Luciano, Borgatti Carlo Alberto, Cuoghi  Valentino,  Veronesi
 Giorgio, Casotti Luigi, Borsatti Luciano, Bianchi Lino;
   Premesso:
     che   gli   odierni   opponenti  avevano  presentato  istanza  di
 insinuazione al passivo del Fallimento della societa' cooperativa  di
 produzione  e  lavoro La Costruzione a r.l. - dichiarato con sentenza
 22 maggio 1995 - assumendo di aver lavorato per la cooperativa  e  di
 non  aver  percepito il TFR e, taluno, anche la retribuzione relativa
 all'ultimo mese di lavoro e richiedendo l'ammissione al  passivo  del
 credito vantato nei confronti della stessa societa' cooperativa;
     che  il  giudice  delegato  rigettava  le  istanze  con la comune
 motivazione della impossibilita' di riconoscere al socio, in caso  di
 dissesto  della  cooperativa  di  produzione  e  lavoro, un credito a
 titolo di retribuzione, non  apparendo  giuridicamente  configurabile
 una pretesa creditoria del socio nei confronti dell'ente fallito, che
 concorra con quella dei terzi creditori e, tanto meno, una ragione di
 preferenza rispetto a questi ultimi;
     che  gli  interessati,  inpugnando il provvedimento di esclusione
 del credito  vantato,  insistevano  per  l'ammissione  della  domanda
 ritenendo  che  il proprio credito fosse ravvisabile sol considerando
 lo scopo mutualistico della cooperativa, diretto a  procurare  lavoro
 ai  propri  associati,  e tale da dare luogo a un rapporto di scambio
 tra societa'  e  socio  avente  caratteristiche  proprie  del  lavoro
 subordinato;
     che il Fallimento La Costruzione soc. coop. a r.l. in persona del
 curatore si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendo
 il  rigetto  perche' l'attivita' lavorativa del socio, in adempimento
 del contratto di societa', non consentiva  la  configurazione  di  un
 rapporto di lavoro subordinato;
     che nelle more del giudizio, entrava in vigore la legge 24 giugno
 1997,  n.  196,  il  cui  art.  24  estende ai crediti dei soci delle
 cooperative  di  lavoro  l'applicazione  delle  disposizioni  di  cui
 all'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, e agli artt. 1 e 2 del
 d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80;
     che   pertanto,   all'udienza  del  27  novembre  1997  le  parti
 precisavano  le  conclusioni  chiedendo,  entrambe,  l'ammissione  al
 passivo  del  credito in via privilegiata ex art. 2751-bis, n. 1, per
 l'importo richiesto;
     che questo Collegio, rilevando che  l'art.  2751-bis  del  codice
 civile,  quale  norma  non suscettibile di interpretazione analogica,
 non contempla tra i crediti che godono del  privilegio  generale  sui
 mobili del debitore, il credito dei soci delle cooperative di lavoro,
 ritiene  sussistano  i  presupposti  per  sospendere  il  giudizio  e
 sollevare  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  275l-bis  del  codice civile in relazione all'art. 3 della
 Costituzione nella parte in cui non prevede tra i crediti  che  hanno
 privilegio  generale sui mobili quelli riguardanti il compenso dovuto
 ai soci delle cooperative  di  produzione  e  lavoro  per  il  lavoro
 prestato in adempimento del contratto sociale;
   Cio' premesso, questo Collegio.
                                Osserva
   A) Rilevanza della questione.
   1.  -  La  questione  e' rilevante perche' questo giudizio non puo'
 essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
 di  legittimita'  costituzionale  essendo stato chiesto concordemente
 dalle parti il riconoscimento di un privilegio che  non  trova  nella
 legge espressa e specifica previsione.
   2.  -  Ne'  puo'  farsi  rientrare la ipotesi del credito del socio
 della cooperativa nella previsione legislativa, attraverso la  scelta
 dell'interpretazione  che  la  renda  piu'  conforme  a Costituzione,
 atteso che non di  mera  interpretazione  estensiva  si  tratterebbe,
 bensi'  di una vera e propria (e non consentita al giudice di merito)
 addizione normativa alla previsione  dell'art.  2751-bis  del  codice
 civile,  che  contiene  un  elenco  tassativo di tipologie di crediti
 privilegiati.
   3. - E si prospetta ingiusta, perche' non conforme all'art. 3 della
 Costituzione,  la   ammissione   del   credito   in   via   meramente
 chirografaria.
   B) Non manifesta infondatezza.
   1.  -  La  questione  appare  altresi' non manifestamente infondata
 perche' la  norma  dell'art.  2751-bis  del  codice  civile  nel  non
 contemplare  tra  le ipotesi di crediti muniti di privilegio generale
 sui mobili,  i  crediti  del  socio-lavoratore  nei  confronti  della
 societa' cooperativa, maturati in ragione del lavoro prestato, pur in
 adempimento  del  contratto  sociale,  comporta  - a parere di questo
 giudice - una disparita' di trattamento tra  le  retribuzioni  dovute
 sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le
 indennita' dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro
 (art. 2751-bis n.  1) e il compenso spettante al socio lavoratore, in
 considerazione della valenza retributiva che gli e' propria.
   2. - La questione non appare manifestamente infondata neppure sotto
 un  ulteriore  profilo,  quello  della  previsione,  in seno all'art.
 2751-bis del codice civile del privilegio a favore dei crediti  degli
 enti  cooperativi  di  produzione e di lavoro per i corrispettivi dei
 servizi prestati e della vendita dei  manufatti,  quale  segno  della
 tutela  che  il  legislatore  vuole prestare agli enti che perseguono
 scopi mutualistici: si vuole in tale modo evidenziare che, mentre  la
 cooperativa  per  i  crediti  che  vanta  verso i terzi per i servizi
 prestati e i prodotti forniti,  gode  del  privilegio,  i  soci,  che
 contribuiscono  con  il  proprio  lavoro  a  fornire  quei  servizi o
 prodotti, non solo non hanno una  preferenza,  ma  rischiano  di  non
 vedere riconosciuto neppure il proprio credito verso la cooperativa.
   C) La questione.
   La  questione  implica  due fasi di analisi, la prima relativa alla
 esistenza del credito, la seconda relativa alla  (mancata)  esistenza
 del privilegio.
   Il credito. Questo collegio ritiene - dissentendo dalle conclusioni
 del  giudice  delegato  -  che,  pur  in  caso di dissesto dell'ente,
 potrebbe essere ravvisato un credito del socio nei  rapporti  interni
 tra  socio  e  cooperativa,  credito  derivante  dalla prestazione di
 lavoro offerta dal socio.
   E sulla base delle seguenti argomentazioni.
   1. - La entita' della cooperativa  in  esame  (costituita  da  nove
 soci)  e  le  previsioni  dello statuto, inducono a ritenere certo il
 fatto  che  le  prestazioni  del  socio  siano  state  espletate   in
 conformita' con le previsioni dei patti sociali e in correlazione con
 le  finalita'  proprie  e  tipiche  della cooperativa di lavoro (come
 ritenuto dal  giudice  delegato  in  sede  di  verifica  dello  stato
 passivo):  pertanto  non  puo'  riconoscersi  il  credito  in  quanto
 derivante da prestazioni di  lavoro  subordinato,  bensi'  in  quanto
 collocato in un rapporto a struttura associativa.
   2.  -  Ed  invero,  e'  pacifico tra le parti che la cooperativa La
 Costruzione e' cooperativa di produzione e lavoro  a  responsabilita'
 limitata; per le obbligazioni sociali rispondono dunque la societa' e
 i  soci  ma  solo  nei limiti della quota sottoscritta; tra gli scopi
 della cooperativa si legge all'art. 3 dello statuto, vi e' quello  di
 gestire  imprese  e  assumere  lavori  di  costruzione  edilizia e di
 falegnameria ... di compiere ogni altra operazione che possa comunque
 giovare ai soci soprattutto nella esplicazione della  loro  attivita'
 di lavoratori.
   3.  -  Per  diventare  soci  occorre  essere lavoratori dei settori
 artigiano, industriale e del commercio e delle arti.
   4.  -  Gia'  la  Corte  costituzionale,  chiamata  a  giudicare  la
 legittimita'  costituzionale dell'art. 409 n. 3 c.p.c. nella parte in
 cui  non  comprende  anche  il  rapporto  tra  socio   lavoratore   e
 cooperativa di produzione e lavoro in relazione agli artt. 3, 24 e 45
 della  Costituzione,  pur  dichiarando inammissibile la questione, ha
 ritenuto affidata al giudice di merito la valutazione  dei  requisiti
 per  estendere  il  rito  speciale  del  lavoro  ai  soci lavoratori,
 utilizzando   elementi   diversi   da   quelli   richiesti   per   la
 qualificazione    del    rapporto   sostanziale,   dando   prevalenza
 all'elemento lavoro. Per quanto riguarda i rapporti  tra  cooperativa
 di  produzione  e  lavoro  e socio lavoratore si deve tener conto del
 modello   organizzativo  prescelto  dalla  societa'  e  dei  rapporti
 concreti che si instaurano  tra  socio  e  cooperativa  in  modo  che
 risultino   soddisfatte  le  finalita'  della  tutela  esterna  senza
 incidere sulla struttura del rapporto (v. ord. Corte costituzionale 2
 aprile 1992, n. 155, in Gazzetta Ufficiale n. 16 del 15 aprile 1992).
   5. - La giurisprudenza di legittimita', ormai consolidata nel senso
 di ritenere di compentenza  del  giudice  ordinario  le  controversie
 sorte  tra  socio  e  cooperativa  di produzione e lavoro, in ragione
 della struttura associativa del  rapporto,  non  e'  di  ostacolo  al
 riconoscimento  in  questa sede in un credito del socio nei confronti
 della cooperativa, atteso che e' pur sempre un rapporto  obbligatorio
 quello   sottoposto  all'attenzione  del  giudice  (ordinario  o  del
 pretore-giudice del lavoro).
   6. - Orbene, e' certo - e  desumibile  dalla  produzione  di  copia
 delle  buste  paga  e  nei  mod.  INPS di denuncia delle retribuzioni
 soggette a contribuzione - che tutti i soci  lavoratori,  insieme  ai
 dipendenti  non soci risultano iscritti nel libro paga della societa'
 cooperativa e vengono retribuiti mediante la consegna  di  una  busta
 paga,  analoga,  nella  forma  e  nel  contenuto  (e quindi anche nei
 criteri di quantificazione del compenso) a quella dei dipendenti, con
 conseguenti ritenute nella retribuzione, sia di  ordine  fiscale  che
 previdenziale, e periodico accantonamento della quota di TFR.
   7. - Tale equiparazione, sotto il profilo economico, del lavoro dei
 soci  lavoratori  a quello dei dipendenti non soci, comporta altresi'
 che  nella  contabilita'  dell'impresa  il  compenso  per  il  lavoro
 prestato dai soci rappresenta un costo e non un utile da distribuire.
   8. - La conclusione e' confortata dal fatto che gli eventuali utili
 non  sono  distribuiti  in proporzione alla prestazione di lavoro dei
 soci, ma sono  accantonati  e  quindi  eventualmente  distribuiti  in
 relazione  alla  quota  di  conferimento del socio; l'utile, in altri
 termini, appare correlato alla remunerazione del  capitale,  per  cui
 gli  eventuali utili vengono assegnati a riserva ovvero allo scopo di
 dare un interesse al capitale sociale: e' poi  espressamente  vietata
 la  distribuzione  ai  soci  dei residui attivi di bilancio in misura
 superiore al  tasso  di  interesse  legale  ragguagliato  alle  quote
 effettivamente  deliberate; dunque, nessuna distribuzione di utili ha
 luogo in relazione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato.
   9. - Non appare pertanto si possa condividere la  tesi  secondo  la
 quale  la  misura della remunerazione del lavoro altro non sia che un
 mero anticipo sugli utili  e  che  la  stessa  mensilizzazione  della
 retribuzione abbia un valore meramente contabile per cui il pagamento
 della retribuzione possa aver luogo solo in presenza di utili.
   10.  -  Tale  tesi,  che conduce alla logica conclusione per cui in
 assenza  di  utili,  per  lo  stato  di  accertata  insolvenza  della
 societa',  i soci lavoratori non possano vantare alcun credito, viene
 disattesa proprio dalla previsione dell'art. 24  legge  n.  196/1997,
 che   prevede  l'intervento  del  Fondo  di  garanzia  (istituto  che
 interviene in caso di dissesto del datore  di  lavoro)  anche  per  i
 crediti dei soci nei confronti della cooperativa.
   11.   -   Per   le   ragioni   esposte,  dovrebbe  dunque  apparire
 conseguenziale la conclusione della ammissibilita', anche in  ipotesi
 di  fallimento, del credito del socio nei confronti della cooperativa
 in relazione al lavoro prestato  per  il  conseguimento  degli  scopi
 propri della societa'.
   12.  -  Va poi osservato che l'impossibilita' per la cooperativa di
 garantire i minimi retributivi ai propri soci determinerebbe il venir
 meno stesso dello  scopo  sociale  o  una  deviazione  dal  medesimo,
 essendo   perduto   il   carattere   mutualistico   della   struttura
 associativa.
   13.  -  In  tale  prospettiva,  potrebbe  allora  riconoscersi  nel
 compenso corrisposto al socio lavoratore, una natura retributiva.
   14.  -  La  natura  retributiva  del  compenso  si  puo'  desumere,
 peraltro, dalla stessa legislazione  che  prevede,  sia  in  tema  di
 orario di lavoro, sia in tema di riposo settimanale e domenicale, sia
 in  tema  di  malattia  e  cosi'  via,  la  corresponsione  al  socio
 lavoratore di una retribuzione  fissa  e  periodica:  la  particolare
 ratio  di  tali  norme  che hanno una specifica funzione protettiva e
 assistenziale, risiede nella considerazione dell'attivita' di  lavoro
 come  tale  e nella sua oggettivita', indipendentemente dal fatto che
 sia prestata dal lavoratore  subordinato  ovvero  dal  socio  di  una
 cooperativa  di  lavoro.  E' stato osservato che analoghe esigenze di
 tutela  del   lavoro   sussisterebbero   anche   relativamente   alla
 retribuzione,   richiamando,  in  particolare,  il  precetto  dettato
 dall'art. 36 della  Costituzione.
   15.  -  E'  proprio  nell'ordine  dei  valori  riconosciuti   dalla
 legislazione  c.d.  sociale,  che tutela il lavoro (indipendentemente
 dalla struttura del rapporto in cui lo stesso viene  svolto)  che  si
 colloca  la  recente  disposizione dell'art. 24 della legge 24 giugno
 1997,   n.   196,   recante   norme   in   materia   di    promozione
 dell'occupazione;  detto  articolo  stabilisce  che per i crediti dei
 soci delle cooperative di lavoro trovano applicazione le disposizioni
 di cui all'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n.  297, e agli artt. 1
 e 2 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80.
   16. - L'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n.  297  (recante  norme
 sul trattamento di fine rapporto e in materia pensionistica) prevede,
 a  sua  volta, l'istituzione del Fondo di garanzia per il trattamento
 di fine rapporto con lo scopo di sostituirsi al datore di  lavoro  in
 caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine
 rapporto,  di  cui  all'art.  2120  del  codice  civile, spettante ai
 lavoratori o loro aventi diritto; e gli artt. 1 e 2 del  d.lgs.    27
 gennaio  1992, n. 80, estendono l'intervento del Fondo di garanzia ai
 crediti  inerenti  gli  ultimi  tre  mesi  del  rapporto  di   lavoro
 rientranti nei dodici mesi che precedono la procedura di fallimento o
 quelle elencate nel medesimo articolo.
   17.  -  L'art.  2,  comma 7, della legge n. 297/1982 citata prevede
 altresi' che i pagamenti dei crediti maturati per i titoli di cui  al
 precedente  punto,  siano  eseguiti  dal  Fondo entro sessanta giorni
 dalla richiesta dell'interessato e prevede che il fondo sia surrogato
 di diritto al lavoratore  o  ai  suoi  aventi  causa  nel  privilegio
 spettante  sul  patrimonio  dei datori di lavoro ai sensi degli artt.
 2751-bis e 2776 del codice civile per le somme da esso pagate.
   E' a questo punto che subentra la questione riguardante la causa di
 prelazione.
   1. - L'art. 2751-bis del codice civile (ora richiamata dall'art.  2
 legge n. 297/1982, a sua  volta  richiamata  dall'art.  24  legge  n.
 196/1997),  quale  norma  di  natura  eccezionale non suscettibile di
 applicazione analogica, non elenca tra i  crediti  aventi  privilegio
 generale sui mobili, quello dei soci delle cooperative di lavoro.
   2.  -  Ora,  appare  chiaro  che  la  norma richiamata risulterebbe
 inapplicabile proprio nella parte relativa al diritto di  surroga  in
 posizione privilegiata del Fondo di garanzia.
   3.  -  Non  puo',  certo,  dubitarsi  del  fatto  che  tale  ultima
 considerazione non influirebbe ne' su una pronuncia di ammissione del
 credito del socio in via chirografaria (in mancanza  di  una  diversa
 previsione   normativa)   ne',   stando  al  tenore  letterale  delle
 disposizioni richiamate, sul pagamento dovuto dal Fondo  di  garanzia
 al socio che vanta il credito.
   4.   -   L'inapplicabilita'   parziale  dell'art.  2  citato  viene
 richiamata  solo  per  sottolineare,  anche  da  questo  profilo,  la
 manifesta   non   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
 costituzionale, che questo collegio intende,  per  tutte  le  ragioni
 esposte, proporre.