IL TRIBUNALE Esaminati gli atti del procedimento penale n. 353/1995 r.g. trib. nei confronti di Ribatti Nicola ed altri, imputati dei reati di cui agli artt. 416, 110 e 640-bis, c.p., e 8 legge n. 4/29 e 4 lett. d), legge n. 516/1982, per il quale e' fissata l'udienza dibattimentale per il giorno 6 febbraio 1998; Letta l'istanza, depositata in data 22 settembre 1997, con la quale l'A.I.M.A. in persona del Ministro pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, costituita parte civile, prospettando la mancanza di garanzie patrimoniali in ordine all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, ha chiesto a questo tribunale di disporre con ordinanza il sequestro conservativo di taluni beni, indicati nell'istanza, appartenenti all'imputato Ribatti Nicola; Osserva quanto segue: Non manifesta infondatezza Ai sensi dell'art. 317, primo comma c.p.p., il provvedimento che dispone il sequestro conservativo, a richiesta della parte civile, e' emesso con ordinanza del giudice che procede. Avverso tale ordinanza e' ammessa richiesta di riesame, anche nel merito, ai sensi degli artt. 318 e 324 c.p.p. La lettura testuale e sistematica delle disposizioni normative sopra citate induce a ritenere, in via interpretativa, che il giudice, investito della richiesta avanzata dalla parte civile, debba provvedere senza la instaurazione di alcun contraddittorio tra le parti, ne' antecedente ne' conseguente alla emanazione della ordinanza, di accoglimento o di rigetto che sia. Il contraddittorio delle parti risulterebbe conseguentemente rinviato ad un grado di giudizio successivo, innanzi ad altro giudice, a seguito di eventuale richiesta di riesame da parte dell'imputato. Tale sembra essere l'unica interpretazione possibile del richiamato art. 317 c.p.p., interpretazione condivisa dal Supremo Collegio, secondo il quale la previsione della forma di ordinanza, attribuita al provvedimento che dispone il sequestro conservativo, non implica la necessita' del contraddittorio e quindi la celebrazione di una udienza, dovendo viceversa il giudice provvedere de plano (cosi' Cass. sez. VI n. 1044 del 7 luglio 1995 imp. D'Amato ed altri). Nella citata pronuncia, i giudici della legittimita' hanno ribadito che nel rito penale non esiste il principio secondo il quale alla forma della ordinanza e' connesso il divieto di provvedere inaudita altera parte, principio per altro vigente in via solo tendenziale nel rito civile. Sicche' si e' ritenuta conforme allo spirito e al testo dell'art. 317 c.p.p., la previsione di un contraddittorio del tutto eventuale e posticipato al momento della introduzione della impugnazione per riesame. Tale impostazione interpretativa e' condivisibile, se si considera che: 1) il procedimento in camera di consiglio, disciplinato dall'art. 127 c.p.p., che costituisce lo strumento processuale per consentire la instaurazione del contraddittorio delle parti, fuori del dibattimento, non e' stato espressamente richiamato dal legislatore (come invece avviene in altri casi. cfr. ad esempio gli artt. 41/3, 130/2, 263/2, 309/8, 310/2 e 406/5), il che consente di ritenere, secondo il brocardo latino ubi lex voluit, dixit ......; che nel particolare procedimento incidentale, finalizzato ad ottenere il sequestro conservativo, il contraddittorio e' stato intenzionalmente escluso dal legislatore, il quale, come gia' detto, non richiama l'art. 127 c.p.p. ne' prevede espressamente - ne' cio' e' dato desumere implicitamente - alcuna forma di "incontro delle parti", anteriore o successivo alla emanazione della ordinanza (come avveniva per l'analogo istituto processuale disciplinato dal codice di procedura penale abrogato, all'art. 618); 2) il sequestro conservativo, eloquentemente inserito nel titolo Il del Libro IV relativo alle misure cautelari reali, e' tendenzialmente equiparato, quanto all'iter procedimentale, al sequestro preventivo, nonostante la abissale differenza di finalita' tra i due istituti, sequestro preventivo dal quale quello cautelare mutua la disciplina processuale con riguardo all'aspetto che qui interessa, e cioe' quello della assenza del contraddittorio, giacche' anche nel procedimento, finalizzato alla emanazione del sequestro preventivo, il contraddittorio e' rinviato ad una fase successiva ed eventuale, rappresentata dal giudizio promosso a seguito di richiesta di riesame; 3) la particolare fase processuale nella quale il presente processo penale pende (predibattimentale, a seguito, tra l'altro, di dichiarazione di incompatibilita' dei giudici componenti il collegio, innanzi al quale si era svolta parte della fase dibattimentale), non implica di per se' la sussistenza del contraddittorio atteso che il dibattimento non e' stato ancora aperto, l'istanza di sequestro conservativo e' stata introdotta fuori udienza, e non e' imposta, ne' appare ragionevole pretenderla, la presenza quotidiana in cancelleria delle parti, ed in particolare dell'imputato, al fine di verificare l'eventuale deposito di istanze pregiudizievoli dei propri interessi D'altronde, proprio nella fase pre-dibattimentale e' disciplinata, all'art. 467 c.p.p., la procedura incidentale finalizzata alla assunzione di prove non rinviabili, con la previsione di un contraddittorio reso possibile dalla fissazione di apposita udienza, il che conferma la possibilita', rectius la necessita', di un contraddittorio "incidentale" anche nella fase predibattimentale, nonostante cioe' la instaurazione del rapporto processuale innanzi al giudice. Il quadro normativo cosi' delineato evidenzia in maniera palese una compressione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, ex art. 24 della Costituzione, a danno dell'imputato, che non trova corrisponenza sia in relazione alla posizione della parte civile, nell'ambito del rito cautelare penale, sia in rapporto alla posizione del resistente, nell'analogo rito cautelare civile. Quanto al primo raffronto, e' evidente infatti che, la previsione di un contraddittorio, successivo alla emanazione del provvedimento cautelare, soltanto innanzi al giudice della impugnazione (riesame), comporta, per l'imputato, la netta privazione di un grado del giudizio (il primo) invece garantito alla parte civile, richiedente la misura cautelare conservativa. D'altronde, la compressione del diritto di difesa dell'imputato, derivante dalla soppressione del contraddittorio, stride con lo spirito sotteso alla fase predibattimentale nella quale il processo penale pende, fase in cui non v'e' piu' un segreto istruttorio e l'istanza di sequestro conservativo della parte civile, cosi' come qualsiasi altra istanza, ben potrebbe essere conosciuta dall'imputato, che ha diritto a visionare e ottenere copia degli atti. Quanto al secondo raffronto, la diversita' di disciplina processuale, nella concessione del sequestro conservativo, in sede penale ed in sede civile, sotto il profilo della instaurazione del contraddittorio delle parti, si desume chiaramente dall'esame, e dal conseguente raffronto con il disposto dell'art. 317 c.p.p., dell'art. 669-sexies c.p.p., che impone al giudice civile di sentire le parti, di regola, prima di provvedere con ordinanza, e, solo laddove la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, di provvedere con decreto, fissando tuttavia a breve (entro gg. 15) la comparizione delle parti, a seguito della quale il medesimo giudice puo' confermare, modificare o revocare il provvedimento emanato con decreto. Solo avverso l'ordinanza emessa a seguito del contraddittorio delle parti e' previsto, ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c., il reclamo ad altro giudice. In estrema sintesi, nel rito civile, e' pur sempre assicurato, nello stesso grado del giudizio cautelare, il contraddittorio, quand'anche in via eccezionale successivo alla concessione, in forma di decreto, del sequestro conservativo. Rispetto al rito cautelare civile, quindi, emergono due palesi differenze. In primo luogo, la parte, potenzialmente destinataria del sequestro conservativo penale, e cioe' nel caso di specie l'imputato, e' privata, in via generale ed assoluta, della possibilita' di interloquire preventivamente, sulla sussistenza delle condizioni per la concessione della cautela; anche quando non ricorre in concreto alcun pericolo per la attuazione del provvedimento cautelare derivabile dalla convocazione preventiva della controparte; in secondo luogo, e' negato il contraddittorio delle parti, quand'anche successivo, innanzi allo stesso giudice che ha emesso l'ordinanza, che, tra l'altro, e' ritenuta irrevocabile (cfr. tra le altre, Cass. Sez. VI, 25 settembre 1995 imp. Nanocchio, Cass. sez. V, 6 ottobre 1995, imp. Giannecchini) per difetto di espressa previsione normativa in senso contrario. La assoluta e generale privazione della possibilita' di interloquire preventivamente, sulla sussistenza delle condizioni per la concessione della misura cautelare de qua, pur ragionevolmente prevista nel rito civile, costituisce una palese compressione del diritto di difesa dell'imputato, tenuto conto del peso notevole che puo' assumere la imposizione di un sequestro, idoneo a privare il destinatario della misura della disponibilita' dei suoi beni. D'altra parte, lo stesso art. 319 c.p.p., prevede la possibilita' per l'imputato (e per il responsabile civile) di evitare la misura cautelare, rectius di impedirne la sua attuazione, attraverso la prestazione di idonea cauzione. Non v'e' chi non veda come la privazione tout court della possibilita' di interloquire preventivamente sulla emanazione del provvedimento impositivo del sequestro impedisca all'interessato, che sia disponibile a prestare cauzione, di evitare la misura reale di cui trattasi, quand'anche ne sussistano i presupposti. La compressione del diritto di difesa, per l'imputato, si manifesta anche in relazione alla mancata previsione normativa del contraddittorio successivo alla emanazione della ordinanza, innanzi al medesimo giudice che ha pronunciato sulla cautela conservativa. Invero, a parte la gia' evidenziata privazione, per il solo imputato (analogo discorso andrebbe fatto per il responsabile civile), di un grado del giudizio cautelare, la previsione del contraddittorio successivo, innanzi al solo giudice del riesame, non consente al destinatario della misura cautelare di adire in via breve e con maggiore immediatezza, lo stesso giudice autore dell'ordinanza, che, in quanto gia' a conoscenza della questione, con maggiore speditezza puo' rendere giustizia (fatta salva ovviamente, come in sede civile, la possibilita' del reclamo ad altro giudice). Inoltre, a parte i profili di disuguaglianza di trattamento fin qui sottolineati, non appare certo secondario evidenziare che la mancata previsione del contraddittorio delle parti innanzi al giudice investito della richiesta della parte civile, riflette le sue conseguenze pregiudizievoli anche con riguardo alla esigenza di buon andamento della pubblica amministrazione, bene costituzionalmente protetto dall'art. 97 della Costituzione. Va da se' infatti che, laddove fosse resa possibile al giudice di primo grado la conoscenza completa, che puo' derivare soltanto dal confronto delle parti interessate, si potrebbe evitare la impugnazione del provvedimento di primo grado eventualmente emesso in assenza delle condizioni di legge, in tal modo alleggerendo il carico degli uffici giudiziari investiti per legge della impugnazione. D'altronde, se fosse inutile il "riesame" del provvedimento, nel contraddittorio delle parti, ad opera dello stesso giudice che lo emano', non avrebbe ragionevole senso tale disciplina prevista invece nel rito civilistico. Orbene, le disparita' di trattamento, in relazione alle garanzie difensive riconosciute alle parti private nell'ambito dello stesso rito penale, e in relazione a quelle tutelate in capo all'imputato, nel rito penale, e al resistente, nel rito civilistico, non sembrano trovare una adeguata e ragionevole giustificazione, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Invero, le diversita' di disciplina, come sopra enucleate, contrariamente ad altre, pur rinvenibili nell'ambito del rito penale (si pensi ad esempio alla diversa posizione, assunta dall'attore, in sede civile, e dalla parte civile, in sede penale, la quale ultima puo' - com'e' noto - anche rivestire la funzione di testimone, ovvero all'iter procedimentale finalizzato alla adozione del sequestro preventivo, ex art. 321 e seg. c.p.p., promosso ovviamente dal pubblico ministero, casi per i quali il bene primario e' rappresentato dall'istanza punitiva dello Stato) non sembrano trovare una giustificazione ragionevole ed un fondamento giuridico nella peculiarita' delle situazioni diversamente disciplinate, con riferimento al diverso "peso costituzionale" degli interessi e dei beni giuridici posti in gioco. Invero, il sequestro conservativo chiesto dalla parte civile, nel corso del processo penale, mira in ogni caso a tutelare un interesse meramente privatistico, perfettamente sovrapponibile a quello che si fa valere nella separata sede civile, non certo confondibile con l'interesse pubblico all'accertamento della verita' e alla punizione del reo. L'interesse di cui e' portatrice la parte civile, in definitiva, con particolare riferimento alla richiesta di sequestro conservativo, e' semplicemente quella di assicurarsi la realizzazione in concreto della pretesa risarcitoria, nel caso di accertata responsabilita' dell'imputato, interesse che ben potrebbe essere autonomamente fatto valere in sede civile, con gli strumenti processuali che le sono propri. D'altra parte, non puo' ritenersi decisiva la presenza a monte, nell'ambito del processo penale, della attivita' di indagine svolta da un organo pubblico qual'e' il p.m., che ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio dell'imputato. Infatti, tale circostanza, che puo' spiegare i suoi effetti sotto il profilo della sussistenza del fumus boni iuris (limitatamente alla configurabilita' dell'illecito penale per il quale si procede) - in relazione alla quale, per altro, solo dopo contrasti giurisprudenziali si e' giunti ad affermare la necessita', in capo al giudice, di valutarne la configurabilita' in concreto (cfr. Cass. sez. IV 17 maggio 1994, imp. Corti; contra Cass. sez. III, 7 novembre 1990, imp. Lobianco) -, e' del tutto indifferente con riguardo sia alla configurabilita' in concreto del diritto al risarcimento del danno, a garanzia del quale la cautela e' chiesta (che costituisce l'altro aspetto del fumus boni iuris) sia alla sussitenza del periculum in mora rispetto ai quali resta "sovrana" la iniziativa probatoria della parte civile, iniziativa che richiede, in capo al giudice, una verifica rigorosa cosi' come ribadito dal Supremo Collegio (Cass. Sez. I n. 2128 del 24 aprile 1996). In definitiva, appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 317 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97 della Costituzione, sotto un triplice profilo: 1) nella parte in cui prevede che la emanazione della ordinanza, applicativa del sequestro conservativo chiesto dalla parte civile, avvenga in assenza di ogni forma di contraddittorio tra le parti, ne' anteriore ne' successivo, innanzi al giudice autore del provvedimento cautelare, contrariamente a quanto stabilito, nel rito civile, dall'art. 669-sexies c.p.c.; 2) nella parte in cui, comunque, non limita la ipotesi di emanazione di ordinanza de plano, al solo caso in cui, analogamente a quanto stabilito dall'art. 669-sexies, secondo comma, c.p.c., la convocazione dell'imputato potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento cautelare; 3) nella parte in cui priva l'imputato (e il responsabile civile) di un grado del giudizio a tutto vantaggio della parte civile che, per di piu', ha la ovvia possibilita' di scegliere lo strumento processuale (in sede penale o in sede civile) ritenuto piu' efficace e spedito. Rilevanza della questione Qualunque determinazione questo tribunale intenda adottare in ordine all'esito della istanza di sequestro conservativo avanzato dalla parte civile, non e' possibile prescindere dalla applicazione della norma di rito, di cui all'art. 317 c.p.p., dovendo l'ordinanza, stando alla interpretazione, letterale e sistematica, come sopra evidenziata, essere emanata de plano, nonostante la sussistenza dei dubbi di legittimita' costituzionale, ampiamente sopra sviluppati.