IL TRIBUNALE
   Pronunciando  in  primo  luogo  sull'eccezione  di incompetenza per
 territorio sollevata dalla difesa  degli  imputati  Isordi  e  Gosso,
 ritenuto  che  l'eccezione  e'  tardiva  in  quanto formulata dopo il
 compimento delle formalita' di apertura del dibattimento;
   Rilevato:
     che il p.m. ha prodotto il verbale di interrogatorio in  data  30
 maggio  1995  dell'imputato Rafele Francesco, oggi contumace, e ne ha
 domandato la lettura e l'acquisizione agli atti;
     che ha conseguentemente  sollevato  eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale  degli  artt. 513, comma 1, c.p.p. nel testo novellato
 dalla legge n. 267/1997, 514 e 6, legge n. 267/1997 per contrasto con
 gli artt. 2, 3,  24,  101,  comma  2,  111,  comma  1,  e  112  della
 Costituzione;
     che  la difesa dei coimputati ha espresso dissenso in ordine alla
 lettura del verbale prodotto;
     che  la  difesa  dell'imputato  Rafele  ha   depositato   memoria
 difensiva  ex art. 121 c.p.p. affermando l'irrilevanza e la manifesta
 infondatezza della sollevata questione;
     che la difesa degli altri  coimputati  si  e'  associata  a  tali
 conclusioni;
   Ritenuto:
     che  l'art. 513 c.p.p. nel testo novellato si applica, in base al
 principio tempus regit actum, ai procedimenti in corso alla  data  di
 entrata  in vigore della novella, vale a dire alla data del 12 agosto
 1997;
     che tale  conclusione  si  ricava  dalla  disciplina  transitoria
 dettata  dall'art.  6,  comma 2, legge n. 267/1997, che e' dichiarata
 applicabile ai giudizi di  primo  grado  in  corso  quando  e'  stata
 disposta  la  lettura, nei confronti di altri senza il loro consenso,
 dei  verbali  delle  dichiarazioni,  rese  dalle   persone   indicate
 nell'art.  513  c.p.p., vale a dire nei soli casi in cui tale lettura
 sia stata disposta  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 267/1997;
     che  non  avrebbe altrimenti spiegazione la previsione, contenuta
 nella norma, che debba essere disposta la citazione  dei  dichiaranti
 per un nuovo esame;
   Ritenuto   che   la   richiesta  del  p.m.  di  dar  lettura  delle
 dichiarazioni rese dal Rafele durante le  indagini  preliminari  deve
 trovare  accoglimento  ai  sensi  dell'art.  513, comma 1, c.p.p. con
 effetti  peraltro,  stante  la  nuova   disciplina   introdotta   dal
 legislatore,  nei  soli  confronti  del  Rafele, avendo la difesa dei
 coimputati rifiutato il consenso alla lettura;
   Ritenuto ancora:
     che  poteva  trovare  applicazione  nel  presente   giudizio   la
 disciplina  dettata  dal  primo  comma dell'art. 6, legge n. 267/1997
 secondo la quale nei  procedimenti  penali  in  corso  il  p.m.  puo'
 chiedere  l'incidente  probatorio  per l'esame dell'indagato su fatti
 concernenti la responsabilita' di altri e per  l'esame  dei  soggetti
 indicati  nell'art.  210  c.p.p.   anche dopo l'esercizio dell'azione
 penale, purche' ne facesse richiesta al g.i.p. entro sessanta  giorni
 dalla data di entrata in vigore della legge;
     che  a  tale conclusione conduce il rilievo che l'art. 6, secondo
 comma, che regola la nuova citazione in dibattimento dei soggetti per
 cui sia stata disposta la lettura delle dichiarazioni  rese  ex  art.
 513   c.p.p.,   cui   segue   il   regime   transitorio  di  limitata
 utilizzabilita' della prova previsto dal quinto  comma  della  norma,
 regime  diverso  e  speciale  rispetto alla possibilita' di avvalersi
 dell'incidente  probatorio,  presuppone   l'avvenuta   apertura   del
 dibattimento, si' che a contrario puo' concludersi che la facolta' di
 chiedere  l'incidente  probatorio  sussisteva  in tutti i casi in cui
 ancora non si fosse  proceduto  al  compimento  delle  formalita'  di
 apertura del dibattimento;
     che nel caso di specie alla data di entrata in vigore della legge
 ancora  non  erano  stata  compiute  le  formalita'  di  apertura del
 dibattimento, si' che ben avrebbe  potuto  il  p.m.  avvalersi  della
 facolta'   di   chiedere   l'incidente  probatorio,  con  conseguente
 utilizzabilita' della prova cosi' formata;
   Ritenuto:
     che la  proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'
 rilevante  in  quanto  il  tribunale  ai fini dell'accertamento della
 penale  responsabilita'  dei  coimputati  del  Rafele  nel   presente
 giudizio  deve  fare  applicazione della disciplina dettata dall'art.
 513   c.p.p.    novellato    e    dovrebbe    fatalmente    affermare
 l'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese  dal  Rafele in sede di
 indagini preliminari nei confronti soltanto  di  quest'ultimo,  senza
 poterle   prendere  in  esame  con  riferimento  ai  coimputati,  nei
 confronti dei quali il Rafele ha effettuato  chiamate  in  correita',
 stante  l'espresso divieto sancito dalla norma in difetto di consenso
 della  difesa  dei  coimputati  stessi   (consenso   che   e'   stato
 espressamente negato);
     che in senso contrario non rileva la circostanza che il p.m.  non
 abbia   inteso  avvalersi  della  facolta'  di  chiedere  l'incidente
 probatorio prevista dall'art. 6, comma 1, legge n.  267/1997,  atteso
 che  il  tribunale  non  deve pronunciare in ordine ad un'intervenuta
 decadenza processuale, ma valutare  l'utilizzabilita'  del  materiale
 probatorio versato in atti;
   Ritenuto:
     che  la sollevata questione di legittimita' costituzionale non e'
 manifestamente infondata per i profili in seguito prospettati;
     che invero sembra sussistere  violazione  del  principio  di  cui
 all'art.  101,  comma  2,  della  Costituzione  atteso che l'art. 513
 novellato consente la lettura delle dichiarazioni rese dal coimputato
 contumace con  efficacia  nei  confronti  degli  altri  imputati  ove
 sussista il loro consenso;
     che  in  tal  modo l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dal
 coimputato puo' essere paralizzata per  il  solo  fatto  che  vi  sia
 opposizione  di  una  delle parti, anche quando l'opposizione non sia
 stata in alcun modo motivata;
     che  invero  si  attribuisce  alle  parti  un  potere   di   veto
 aprioristico  all'acquisizione  come prova di un atto che, senza tale
 opposizione, avrebbe pieno ingresso nel processo;
     che risulta violato il principio per cui il giudice  e'  soggetto
 soltanto  alla  legge  e  non puo' essere di conseguenza condizionato
 dalla volonta' di  una  delle  parti  del  processo,  in  ragione  di
 un'immotivata  ed  insindacabile  opposizione  all'acquisizione di un
 atto;
   Ritenuto ancora:
     che l'opposizione di un imputato ed il consenso alla  lettura  di
 un altro puo' portare a pronunce differenti nei confronti di soggetti
 coimputati   di   concorso   nel   mesesimo   reato,   con  posizioni
 sostanzialmente equivalenti, con risultati manifestamente aberranti;
     che  in  tal  modo  l'utilizzo  variabile  della  prova  viene  a
 confliggere  con  il  principio,  piu' volte riconosciuto dalla Corte
 costituzionale, della necessita' di non dispersione della prova (cfr.
 ex multis Corte cost., 26 marzo 1993, n. 111);
     che l'art. 513 c.p.p. si pone in conflitto con gli artt. 3  della
 Costituzione  in  quanto tratta in modo difforme situazioni uguali in
 violazione  di  ogni  principio  di  ragionevolezza,  e   112   della
 Costituzione   in   quanto  viene  ad  incidere  sull'obbligatorieta'
 dell'esercizio dell'azione penale (a nulla vale infatti sancire  tale
 obbligatorieta',   se  poi  il  concreto  risultato  e'  condizionato
 all'immotivato consenso o dissenso di un coimputato);
   Ritenuto:
     che il differenziato regime  probatorio  previsto  dall'art.  513
 c.p.p. novellato e dall'art. 6, commi 2 e 5, legge n. 267/1997 per le
 dichiarazioni  rese dal coimputato o dall'imputato di reato connesso,
 in ipotesi di dissenso in ordine alla  loro  lettura  espresso  dalla
 difesa  dei  coimputati (secondo l'art. 513 c.p.p. tali dichiarazioni
 sono  inutilizzabili,  secondo  l'art.  6  tali  dichiarazioni  hanno
 efficacia  probatoria  limitata,  condizionata  alla  sussistenza  di
 elementi di prova ricavabili aliunde) comporta un trattamento diverso
 della disciplina della prova in ordine a  fatti  di  reato  anteriori
 tutti  alla  novella  legislativa,  in ragione del mero accidente che
 alla data di entrata in vigore della legge n.  267/1997  fosse  stato
 aperto o meno il dibattimento;
     che  tale  differenziata  disciplina, che puo' portare a pronunce
 diverse nei confronti di imputati di reati connessi in base  al  mero
 accidente  che  una posizione sia stata stralciata ed un giudizio sia
 stato   celebrato   con   maggior   celerita',   appare   del   tutto
 irragionevole,  si'  che anche sotto questo profilo sembra sussistere
 violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione;
     che  tale  differenziato  regime  determina  anche violazione del
 diritto di difesa;
     che infatti le dichiarazioni del coimputato  o  dell'imputato  di
 reato  connesso  possono avere rilevanza anche a favore dell'imputato
 ed il regime dell'inutilizzabilita' e'  invece  generalizzato  sia  a
 favore che contro  l'imputato;
     che  pertanto  sembra  sussistere  anche  conflitto con l'art. 24
 della Costituzione;