IL PRETORE
   Letti gli atti, sciogliendo la riserva;
                           Premesso in fatto
   Con ricorso ex art. 28 legge n.  300/1970  depositato  in  data  20
 luglio   1997  la  FALCRI,  la  FIBA-CISL  e  la  UIB/UIL  chiedevano
 accertarsi la sussistenza  di  comportamenti  antisindacali  commessi
 dalla  Banca  Cassa  di  Risparmio  di  Torino  S.p.a., asseritamente
 consistiti nella mancata concessione dei permessi retribuiti  di  cui
 all'art.  23,  legge  n.  300/1970  e  nel  versamento  all'INPS  dei
 contributi sindacali previsti dall'art. 26 della legge citata;
   La  CRT  di  Torino,   costituitasi,   eccepiva   la   carenza   di
 giurisdizione e contestava nel merito la domanda;
   Nelle  more  del  giudizio  la  convenuta  depositava  ricorso  per
 regolamento preventivo di giurisdizione e chiedeva la sospensione del
 giudizio ex art. 367 c.p.c.;
   Con  decreto  motivato  depositato  in  data  19  settembre 1997 il
 pretore respingeva sia l'istanza di sospensione  sia  il  ricorso  ex
 art. 28;
   Con  ricorso  depositato  in  data  7  ottobre  1997  la FALCRI, la
 FIBA-CISL e la UIB/UIL proponevano  opposizione  avverso  il  decreto
 pretorile chiedendone la revoca;
   La  convenuta  CRT  si costituiva in giudizio chiedendo la conferma
 del decreto opposto;
   All'udienza fissata per gli incombenti di cui all'art.  420  c.p.c.
 le   ricorrenti   in   opposizione   sollevavano   la   questione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 51, comma 1, n 4) e  comma  2
 c.p.c. in relazione agli artt. 3, primo comma e 24 della Costituzione
 nella  parte  in  cui non prevede che il giudice che abbia provveduto
 all'emissione del decreto di repressione della condotta antisindacale
 sia incompatibile alla trattazione del merito della causa promossa in
 opposizione al medesimo decreto;
   La parte convenuta si rimetteva;
                          Ritenuto in diritto
   Certamente sussiste il requisito della  rilevanza  della  questione
 svolta  posto  che  il  giudizio  non  puo'  essere definito senza la
 risoluzione  della  medesima;  non  ricorre  infatti   l'obbligo   di
 astensione  previsto  dall'art.  51,  comma  1 n. 4) c.p.c. stante la
 tassativita' dei motivi di astensione obbligatoria e trattandosi  nel
 caso  di  specie,  di  fasi  diverse  del  medesimo procedimento; ne'
 ricorrono i presupposti per l'astensione  facoltativa  atteso  che  i
 criteri  di  assegnazione  delle  cause  ai  magistrati della sezione
 lavoro,  indicati  nelle  tabelle   di   composizione   dell'ufficio,
 espressamente  prevedono  che  "le  cause di opposizione a decreto ex
 art. 28, legge n. 300/1970 sono assegnate al giudice della prima fase
 del procedimento";
   La questione non appare manifestamente infondata in relazione  agli
 art. 3 e 24 della Costituzione; il legislatore ha infatti introdotto,
 con   l'art.   669-terdecies,   comma   2,   c.p.c.,   un'ipotesi  di
 incompatibilita' del  giudice  nell'ambito  dello  stesso  grado  del
 processo;  la  ratio  legis  della  citata  disposizione, consistente
 nell'evitare il possibile condizionamento psicologico derivante dalla
 naturale tendenza a confermare il giudizio  gia'  espresso  in  altro
 momento  decisionale  del  procedimento con cio' comportando il venir
 meno dell'imparzialita' del giudice, appare estensibile  al  giudizio
 di  opposizione  previsto dall'art.   28, legge n. 300/1970; pertanto
 sotto questo profilo la differente dsiciplina dettata per  situazioni
 simili  potrebbe  costituire  violazione del principio di uguaglianza
 sancito dall'art. 3, comma primo della Costituzione; considerato  che
 il  procedimento  di opposizione a decreto concesso ex art. 28, legge
 n. 300/1970 non e' assimilabile al giudizio di merito conseguente  ad
 un provvedimento cautelare, onde non possono valere le argomentazioni
 svolte  da  codesta  Corte  nella  sentenza n.   326 del 27 ottobre-7
 novembre 1997; che infatti se e' vero che la cognizione attribuita al
 giudice in sede di provvedimenti cautelari ante causam non ha  natura
 anticipatoria  della  decisione  di  merito  essendo  fondata  su una
 valutazione di semplice verosimiglianza del diritto azionato in  sede
 cautelare  non altrettanto puo' dirsi per il procedimento ex art. 28,
 legge n. 300/1970; che il procedimento ex art. 28 e' un  procedimento
 speciale  caratterizzato dalla assenza della natura cautelare e dalla
 espressa  attribuzione  al  decreto dell'efficacia esecutiva in senso
 proprio posto che, in difetto di  opposizione,  il  decreto  acquista
 l'incontrovertibilita'   propria   del   giudicato;   che  quindi  il
 procedimento, seppur caratterizzato dalla sommarieta', presuppone  un
 accertamento   pieno   della   condotta  antisindacale  asseritamente
 realizzata, accertamento richiesto dalla lettera dell'art. 28 che  fa
 riferimento  al  giudizio  in  ordine  alla  sussistenza  (e non alla
 verosimile ricorrenza) della  condotta  denunciata;  che  quindi  nel
 giudizio  di  opposizione  le  valutazioni  cadono sulla medesima res
 judicanda; che pertanto, come gia' ritenuto da  codesta  Corte  nella
 sentenza n. 432 del 1995 in riferimento all'art. 34, comma 2, c.p.p.,
 ricorre  un'ipotesi  di  incompatibilita'  endoprocessuale  stante la
 duplicazione di  giudizi  della  medesima  natura  presso  lo  stesso
 giudice;  che  quindi  la  c.d. forza della prevenzione puo' incidere
 negativamente  sul  diritto  alla  tutela   giurisdizionale   sancito
 dall'art.  24  della Costituzione essendo l'imparzialita' del giudice
 connaturata all'essenza stessa della giurisidizione;