IL TRIBUNALE
   Ha emesso la seguente ordinanza  nella  causa  civile  iscritta  al
 n.50/89  R.G. vertente tra: Russo Vincenzina Russo Giuseppina e Russo
 Nicola rappresentanti e difesi dall'avv. R. Sassano giusto mandato  a
 margine  dell'atto  di  citazione e comune di Spinoso rappresentato e
 difeso dagli avv.ti M. Franco e M. Aldinio giusto mandato  a  margine
 dell'atto.
   Rilevato  che  con  sentenza  non definitiva di questo tribunale in
 data 2 febbraio  1994  venne  accertato  che,  tra  i  vari  immobili
 interessati  alle  opere  pubbliche  del  comune  di  Spinoso, quelli
 contrassegnati con le particelle n. 315 per mq 121+90 e n. 385 per mq
 91+985, occupate per la sistemazione delle  strade  interne,  per  la
 realizzazione  della rete idrica e fognante nonche' di un parco verde
 e della Casa comunale, dopo una dichiarazione  di  pubblica  utilita'
 dell'iniziato  procedimento  di  espropriazione non venne emesso, nei
 termini legali prefissati, il decreto definitivo di esproprio;
   Rilevato che a seguito di tale sentenza, lo  stesso  tribunale  non
 coeva  ordinanza dispose che la nomina di un C.T.U. che "determinasse
 il risarcimento dei danni per il mancato godimento  delle  superficie
 predette  ..... nonche' il valore dei terreni effettivamente occupati
 alla data della ultimazione delle opere pubbliche, tenuto conto della
 natura edificatoria o agricola dei fondi;
   Rilevato che  in  conformita'  l'istruttore  ebbe  a  conferire  il
 mandato al nominato consulente il quale nella depositata relazione ha
 preso in esame - conformemente all'incarico come specificamente a lui
 conferito  -  il  valore  in  comune  commercio  dei  suoli  ritenuti
 edificatori;
   Rilevato che tale valutazione e' stata oggetto di critica da  parte
 del  convenuto  comune di Spinoso in quanto il consulente non avrebbe
 tenuto conto dell'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996,  n.
 662 che con il comma 7-bis, aggiunto all'art. 5-bis del decreto-legge
 n. 333/1992, convertito in legge n. 359/1992, aveva di fatto esteso i
 criteri  di  commisurazione  dell'indennita'  di  espropriazione, con
 l'esclusione della riduzione del 40% qualora il  privato  non  avesse
 convenuto  la cessione volontaria e con aumento del 10% dell'importo,
 come calcolato dal predetto art. 5-bis legge n. 359/1992;
   Rilevato che tale criterio di valutazione e' stato introdotto  dopo
 che  la  Corte costituzionale con sentenza n. 369 del 2 novembre 1996
 ebbe  a  dichiarare  "illegittimita'  costituzionale  del   comma   6
 dell'art.    5-bis  del  decreto  legge n. 333/1992 conv. in legge n.
 359/1992 nella parte in cui applica alle  risarcimento  del  danno  i
 criteri   di   determinazione  stabiliti  per  il  prezzo,  l'entita'
 dell'indennizzo".
   Rilevato che  a  tale  pronunzia  e'  pervenuta  la  Corte  -  come
 chiaramente  leggasi  nella  motivazione  -  tenendo  presente che la
 misura  dell'indennizzo,  quale  obbligazione  ex   lege   per   atto
 legittimo,  costituisce il punto di equilibrio tra interesse pubblico
 alla realizzazione dell'opera ed interesse privato alla conservazione
 del bene, nel mentre la misura  del  risarcimento  del  danno,  quale
 obbligazione  ex  delicto,  deve realizzare il diverso equilibrio tra
 interesse pubblico al mantenimento dell'opera gia'  realizzata  e  la
 reazione  dell'ordinamento  a  tutela  della  legalita'  violata  per
 effetto della manipolazione-distruzione illecita  del  bene  privato.
 Con  la  ulteriore  precisazione  che nella occupazione espropriativa
 l'interesse pubblico e' gia'  essenzialmente  soddisfatto  dalla  non
 restituibilita'  del  bene e dalla conservazione dell'opera pubblica,
 per  cui  la  parificazione  del  quantum  risarcitorio  alla  misura
 dell'indennita'   si   prospetta   come  un  di  piu'  che  sbilancia
 eccessivamente  il  contemperamento  tra  i  contrapposti  interessi,
 pubblico e privato, in eccessivo favore del primo;
   Rilevato  che nella nuova normativa consequenziale a tale decisione
 si prospettano egualmente quegli aspetti di incostituzionalita'  gia'
 evidenziati  sotto  la precedente normativa in quanto i sostanza essa
 ha:
     1) tolto l'abbuono del 40%, che e' privo di incidenza nell'ambito
 di occupazione acquisitiva, non essendovi spazio  per  l'applicazione
 dell'istituto della cessione volontaria;
     2)  riconosciuto  l'aumento  del  10%  rispetto all'indennita' di
 esproprio che non puo' considerarsi tale in quanto, e' calcolato  non
 piu'  sul  valore  venale  del  bene integralmente considerato ma sul
 valore  quale  risultante  dall'applicazione  dell'art.  5-bis  sopra
 citate  e  quindi  su  un  importo pari al 50% del valore medesimo e,
 quindi, in sostanza l'incremento effettivo e' di solo il 5%, cioe' il
 10% del 50%;
   Ritenuto,  pertanto,  che  la  somma  cosi'  determinata  non  puo'
 certamente  rappresentare  quella "ragionevole riduzione della misura
 della riparazione dovuta dalla p.a.  al  proprietario  dell'immobile"
 secondo la ricordata
  sentenza  della  Corte  costituzionale,  per  cui  si  ravvisano  la
 violazione degli artt. 3 e 42, comma secondo, della costituzione;
   Rilevato  inoltre  che  tale  criterio  di  valutazione  del  danno
 dovrebbe  applicarsi  per  i  beni  privati illegittimamente occupati
 dalla p.  a. prima della fissata data del 30 settembre  1996  in  tal
 modo  determinando  un'altra  violazione del principio di eguaglianza
 non essendovi alcuna valida ragione perche' chi - come gli attori nel
 presente  procedimento  -  abbia  subito   prima   di   quella   data
 l'occupazione acquisitiva debba essere destinatario di un trattamento
 notevolmente  deteriore  rispetto a chi si sia trovato nella identica
 situazione immediatamente dopo tale data;
   Ritenuto pertanto di dover  sollevare  d'ufficio  la  questione  di
 rinnovata  incostituzionalita'  sopra  indicata,  che e' rilevante ai
 fini del decidere e non manifestamente infondata in  ordine  all'art.
 5-bis,  comma  7,  della  legge  8  agosto  1992,  e n. 359, aggiunto
 dall'art.  3, comma 65, della legge 23 dicembre  1996,  n.  662,  con
 specifico  riferimento  agli  artt.  3  e  42,  secondo  comma, della
 Costituzione.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.