IL PRETORE A integrazione del verbale d'udienza e a scioglimento della riserva formulata all'udienza del 3 ottobre 1997, ha emesso d'ufficio la seguente ordinanza nel procedimento promosso con ricorso depositato in data 1 febbraio 1996 ed iscritto al n. 194/1996 di r.g. da Abbas Sufi Mohamed, rappresentato e difeso dagli avv.ti F. Petracci e F. Stradella, contro Ministero del lavoro e della previdenza sociale, convenuto, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste ed avente per oggetto: diritto degli extracomunitari ad esser iscritti nell'elenco degli invalidi civili previsto dall'art. 19 della legge n. 482/1968. In fatto Con ricorso depositato il 1 febbraio 1996 il signor Abbas Sufi Mohamed, rifugiato politico somalo, riconosciuto in data 4 ottobre 1994 dall'U.S.L. n. 1 "Triestina" invalido con una perdita permanente della capacita' lavorativa pari al 79%, ritenendo che illegittimamente l'U.P.L.M.O. (Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione) avesse respinto la sua domanda diretta ad ottenere l'iscrizione nell'elenco dei lavoratori invalidi da avviare obbligatoriamente al lavoro di cui all'art. 19 della legge n. 482/1968, ha chiesto a questo pretore che fosse dichiarato il suo diritto all'iscrizione e conseguentemente la condanna del Ministero convenuto ad eseguire detto adempimento. Il ricorrente ha individuato nella convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata dallo Stato italiano con legge n. 722/1954, nella convenzione O.I.L. n. 43/1975, ratificata con legge n. 159/1981, nella legge n. 943/1986 e nella legge n. 39/1990 le fonti normative su cui si fonda la sua pretesa. Il ricorrente ha proposto anche per il medesimo oggetto domanda per provvedimento d'urgenza ex art. 700 del c.p.c. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si e' costituito contestando la fondatezza della pretesa attorea. Con ordinanza del 21 marzo 1996 questo pretore ha rigettato in sede di prima delibazione nella procedura per provvedimento d'urgenza, la domanda attorea sull'assunto che il sistema di assunzioni obbligatorie e' previsto per i soli invalidi cittadini italiani, trattandosi di una forma di protezione speciale di categorie svantaggiate di cittadini. Nel giudizio di merito, all'udienza di discussione del 3 ottobre 1997 il pretore ha sollevato d'ufficio per le ragioni appresso esposte questione di legittimita' costituzionale della norma risultante dal combinato disposto degli artt. 1 e 5 della legge n. 943/1986 ritenute applicabili alla fattispecie in esame. In diritto Si osserva che per effetto del rinvio contenuto nell'art. 17 della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, resa esecutiva in Italia con legge n. 722 del 24 luglio 1954, al signor Abbas Sufi Mohamed rifugiato politico in Italia deve estendersi il trattamento per gli extracomunitari previsto dalla legge n. 943/1986, dal titolo "Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine". L'art. 1 di questa legge dispone che "La Repubblica italiana, in attuazione della Convenzione dell'O.I.L. n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con la legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parita' di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani...". L'art. 5 della stessa legge nell'abilitare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ad adottare con decreti le direttive di carattere generale in materia di impiego e di mobilita' professionale di lavoratori subordinati extracomunitari, nulla dice, pero', in ordine al diritto degli extracomunitari invalidi ad essere iscritti nell'apposito elenco dei lavoratori invalidi civili di cui all'art. 19 della legge n. 482/1968. Ne consegue che dovendo trovare applicazione nella fattispecie in esame la normativa richiamata, allo stato dovrebbe escludersi, in difetto di una puntuale previsione normativa, il diritto del ricorrente ad esser iscritto nell'elenco degli invalidi civili da avviarsi obbligatoriamente al lavoro. Una simile interpretazione non verrebbe di fatto a garantire un'effettiva parita' di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori extracomunitari. Dato che l'interpretazione proposta e' quella che appare piu' aderente alla volonta' del legislatore e al combinato disposto degli artt. 1 e 5 della legge n. 943/1986, appare che l'omessa previsione violi la legge n. 158/1981 di ratifica e di esecuzione della convenzione O.I.L. n. 143 del 24 giugno 1975. In particolare l'indicata omissione e' in contrasto con l'art. 10 della Convenzione che prevede l'impegno dello Stato italiano di "formulare e attuare una politica nazionale diretta a promuovere e a garantire, con metodi adatti alle circostanze e agli usi nazionali, la parita' di opportunita' e di trattamento in materia di occupazione...". Ponendosi la norma richiamata della Convenzione O.I.L. per effetto di quanto previsto dall'art. 10, primo e secondo comma della Costituzione, in posizione sovraordinata rispetto alla legislazione ordinaria, si ritiene che l'omissione normativa piu' volte rilevata contravvenga all'impegno assunto dallo Stato italiano di assicurare, pur nel limite costituito dall'adozione di metodi adatti alle circostanze e agli usi nazionali, la parita' di opportunita' di accedere al lavoro all'invalido extracomunitario rispetto all'invalido cittadino italiano. L'omessa previsione del diritto degli extracomunitari invalidi ad essere iscritti nell'apposito elenco dei lavoratori invalidi civili da avviarsi obbligatoriamente al lavoro si pone altresi' in contrasto con l'art. 2 della Costituzione che garantisce a ciascun individuo i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'. Infatti, con il negare la possibilita' di beneficiare dell'iscrizione alle liste degli invalidi da avviarsi obbligatoriamente al lavoro l'extracomunitario invalido ben difficilmente puo' inserirsi nell'ambiente di lavoro. Ambiente di lavoro che costituisce una delle formazioni sociali in cui si esplica la personalita' dell'uomo. La mancata previsione del diritto degli extracomunitari a esser iscritti nelle apposite liste viola anche il principio di ragionevolezza delle leggi di cui all'art. 3 della Costituzione. Per effetto dell'entrata in vigore della legge n. 943/1986 la parita' di trattamento tra cittadini e extracomunitari viene assicurata solo per il tempo successivo all'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, ma lascia in piedi la discriminazione costituita dall'impossibilita' dell'extracomunitario invalido di beneficiare delle misure di cui alla legge n. 482/1968. Infatti, la parita' di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori extracomunitari proclamata nell'art. 1 della legge n. 943/1986 rischia di rimanere un'inutile affermazione di principio rispetto a quella parte di lavoratori extracomunitari che per la loro condizione di deficienza fisica si troverebbero di fatto nell'impossibilita' di accedere a un posto di lavoro. Da qui il dubbio che la legge con il realizzare una parita' di trattamento solo parziale si trovi in contrasto con il richiamato principio di ragionevolezza delle leggi.