ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 303 (recte:
 art. 300) del codice di  procedura  civile,  promosso  con  ordinanza
 emessa  il 6 gennaio 1997 dal pretore di Roma nel procedimento civile
 vertente tra la S.r.l. Costruzioni Moderne Prefabbricati e la  S.r.l.
 "Diamante  Immobiliare"  ed  altri,  iscritta  al n. 586 del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di  consiglio  dell'11  marzo  1998  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Ritenuto  che  nel  corso  di  un procedimento possessorio in cui i
 procuratori di soggetti intervenuti avevano richiesto la declaratoria
 d'interruzione del processo a seguito del fallimento  della  societa'
 attrice,  non  dichiarato dal procuratore di quest'ultima, il pretore
 di Roma, con ordinanza emessa il 6 gennaio 1997, ha  sollevato  -  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  24  della Costituzione - questione di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  303  (recte:  art.  300)  del
 codice   di   procedura   civile,   nella   parte  in  cui  subordina
 l'interruzione del processo, in caso di fallimento della parte,  alla
 dichiarazione del procuratore di quest'ultima;
     che,   a   parere  del  giudice  a  quo  nel  caso  in  cui  tale
 dichiarazione non venga resa, potrebbe  derivare  un  pregiudizio  ai
 contraddittori  del  fallito  per  l'impossibilita' di far valere nei
 confronti del fallimento una eventuale sentenza favorevole.
   Considerato che il pretore  si  duole  dell'asserita  inadeguatezza
 degli  strumenti  di  tutela  dei  diritti  a  contenuto patrimoniale
 eventualmente  conseguenti  al  giudizio  nel  momento  in  cui  essi
 verranno fatti valere nei confronti del fallimento;
     che  la  denunciata  norma  -  regolatrice  in  modo unitario del
 fenomeno dell'interruzione per perdita della capacita' processuale  -
 e' stata gia' esaminata da questa Corte, la quale ha posto in luce il
 sostanziale  "parallelismo"  tra  la  posizione  degli aventi causa e
 quella del curatore fallimentare con riguardo specifico agli obblighi
 del difensore-mandatario, il cui eventuale inadempimento al dovere di
 informare il proprio rappresentato circa la pendenza del processo  e'
 stato annoverato tra gli inconvenienti di mero fatto (sentenza n. 136
 del  1992),  per  cui  e'  stata  esclusa  la carenza di tutela degli
 indicati soggetti;
     che il pretore di Roma denuncia ora la stessa norma  per  lesione
 (costituzionalmente  rilevante)  del  diritto  delle  controparti del
 soggetto fallito;
     che, pero', la  lamentata  lesione  non  e'  riferita  -  ne'  e'
 riferibile  -  all'applicazione  di tale norma bensi' ad eventualita'
 estranee ad essa, indicate dal rimettente nel mancato intervento  del
 curatore  fallimentare,  nella  pronuncia  d'una  successiva sentenza
 favorevole alle controparti e, ancora, nella proposizione - da  parte
 del curatore stesso - di un'eccezione d'inopponibilita' al fallimento
 ove  detta  sentenza  venga  posta in esecuzione prima che il fallito
 riacquisti la capacita' patrimoniale;
     che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale