ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1,
 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni
 sul processo penale a carico di  imputati  minorenni),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  15  mag-gio  1997  dal giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Roma, iscritta  al
 n.  504  del  registro  ordinanze  1997  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie  speciale,    dell'anno
 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  febbraio  1998  il  giudice
 relatore Valerio Onida;
   Ritenuto  che, con ordinanza del 15 maggio 1997, pervenuta a questa
 Corte il 19 giugno 1997,  il  giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso il Tribunale per i minorenni di Roma ha sollevato questione di
 legittimita'   costituzionale,   in   riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, dell'art.  23, comma 1, del d.P.R. 22  settembre  1988,
 n.  448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico
 di  imputati  minorenni),  "nella  parte  in  cui  non   prevede   la
 possibilita'  di  applicare  la  custodia  cautelare  per il reato di
 lesioni aggravate";
     che il giudice a  quo  premette  che  all'esito  dell'udienza  di
 convalida  del fermo dell'indiziato egli ha ravvisato gli estremi del
 reato di lesioni aggravate, e di conseguenza non  ha  convalidato  il
 fermo  e  ha  respinto  l'istanza  del  pubblico  ministero  tendente
 all'applicazione della custodia cautelare, in quanto, pur sussistendo
 esigenze cautelari, il titolo di reato  non  consente  l'adozione  di
 tale misura, ne' quindi consente il fermo;
     che, ad avviso del remittente, la mancata previsione del reato di
 lesioni  aggravate  fra  quelli per i quali e' consentita la custodia
 cautelare per i minori contrasterebbe con il principio di uguaglianza
 e con i principi che regolano il processo penale minorile, in  quanto
 creerebbe  una ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti
 dei responsabili di tale reato, che non sarebbe meno grave di altri -
 come il furto qualificato da una sola fra alcune aggravanti -  per  i
 quali  la norma impugnata, con evidente riferimento al criterio della
 gravita' degli stessi, di cui all'art. 3, lettera h), della legge  16
 febbraio  1987, n. 81, di delega per l'emanazione del nuovo codice di
 procedura penale, consente invece di disporre la custodia cautelare;
     che il remittente giudica rilevante  la  questione  sollevata  in
 quanto  il  minorenne  e'  raggiunto da indizi di colpevolezza per un
 reato che per le sue caratteristiche renderebbe legittimo  l'avvenuto
 fermo,  e  la natura e la gravita' del fatto renderebbero adeguata la
 custodia cautelare;
     che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri  chiedendo  che la questione sia dichiarata "inammissibile e
 non fondata", per la natura squisitamente discrezionale delle  scelte
 in materia, devolute al legislatore.
   Considerato  che il remittente ha sollevato la questione dopo avere
 non solo rifiutato la convalida del  fermo  effettuato,  ma  altresi'
 rigettato  l'istanza  del pubblico ministero volta all'adozione della
 misura della custodia cautelare, e cio' proprio in applicazione della
 norma denunciata, che non prevede detta misura nel caso del reato  di
 lesioni  aggravate;  ne' risulta essere intervenuta alcuna successiva
 istanza del pubblico ministero sulla quale il giudice fosse  chiamato
 a pronunciarsi;
     che   pertanto   la  questione  appare  manifestamente  priva  di
 rilevanza attuale in relazione al momento in cui e' stata  sollevata,
 avendo  il  giudice  gia' fatto applicazione della norma impugnata ed
 esaurito con cio' i suoi poteri decisori (cfr., ex plurimis ordinanze
 n. 35 del 1998 e n. 485 del 1995).
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.