ha pronunciato la seguente
                           Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, del
 d.lgs.  19  dicembre  1994,  n.  758  (Modificazioni  alla disciplina
 sanzionatoria in materia di lavoro), in relazione all'art.  1,  comma
 1,  lettera  b), n. 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 499 (Delega al
 Governo per la riforma  dell'apparato  sanzionatorio  in  materia  di
 lavoro),    promossi con n. 2 ordinanze emesse l'11 novembre 1996 dal
 Vice pretore di Grosseto nei procedimenti penali a carico di C.L.  ed
 altro  e  di  B.R.,  iscritti ai nn. 575 e 576 del registro ordinanze
 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 25  febbraio  1998  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che con due distinte ordinanze, in pari data e di identico
 contenuto,  il  vice  pretore  di  Grosseto ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 25,  comma  2,  del  d.lgs.  19
 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in
 materia   di  lavoro),  in  riferimento  agli  artt.  3  e  76  della
 Costituzione, ove si stabilisce che le norme del  capo  II,  relativo
 all'estinzione  delle  contravvenzioni  in  materia di sicurezza e di
 igiene del lavoro, "non si applicano ai procedimenti  in  corso  alla
 data di entrata in vigore del presente decreto";
     che   ad   avviso   del   rimettente  la  disciplina  transitoria
 contrasterebbe:    con  l'art.  3  Cost.,   perche'   discriminerebbe
 ingiustamente  il trattamento sanzionatorio di coloro che hanno posto
 in essere la  medesima  condotta  criminosa  in  tempi  diversi,  "in
 contrasto  con  il principio del favor rei nella successione di leggi
 penali nel tempo", disciplinato dall'art.  2, comma terzo, cod. pen.;
 con l'art. 76 Cost., in quanto l'art.   1, lettera  b),  della  legge
 delega  6  dicembre  1993,  n. 499, nel dettare, in materia di tutela
 della sicurezza e dell'igiene del lavoro, il principio direttivo  che
 prevede  quale  causa  di  estinzione  del  reato  l'adempimento alle
 prescrizioni obbligatoriamente impartite dagli  organi  di  vigilanza
 allo  scopo  di  eliminare  la  violazione accertata, non ha disposto
 alcuna deroga ai "principi  guida"  del  codice  penale  in  tema  di
 successione delle leggi penali nel tempo;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  chiesto  in  via principale l'inammissibilita' della
 questione per difetto di motivazione in ordine  alla  rilevanza,  non
 risultando,   tra  l'altro,  se  gli  imputati  hanno  effettivamente
 adempiuto alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza;
     che  l'Avvocatura  ha  comunque  sostenuto  l'infondatezza  della
 questione, in quanto la causa di estinzione regolata dal capo secondo
 del  decreto  legislativo  in  esame  e'  strutturata in modo tale da
 operare solo nella  fase  del  procedimento,  prima  che,  attraverso
 l'esercizio dell'azione penale, si sia aperta la fase del processo.
   Considerato   che,  in  relazione  all'identico  tenore  delle  due
 ordinanze, deve disporsi la riunione dei relativi  giudizi;
     che l'eccezione di inammissibilita' per  difetto  di  motivazione
 sulla  rilevanza  sollevata  dall'Avvocatura generale dello Stato non
 puo' essere accolta, posto che nel dispositivo delle due ordinanze il
 giudice rimettente ha dato atto che la diffida ad  adempiere  risulta
 essere stata ottemperata;
     che  l'ordinanza  e' peraltro carente di motivazione in ordine al
 diverso profilo della omessa individuazione  della  fase  in  cui  si
 trovava  il procedimento nel momento di entrata in vigore del decreto
 legislativo in esame:  se nella fase delle indagini  preliminari,  in
 cui  avrebbe potuto trovare applicazione la nuova disciplina relativa
 all'estinzione del reato, preclusa dalla  norma  transitoria  di  cui
 viene   denunciata  l'illegittimita'  costituzionale,  ovvero  quando
 l'azione penale era gia' stata esercitata, e quindi in un momento  in
 cui  la  nuova  disciplina  non  avrebbe comunque piu' potuto trovare
 applicazione;
     che,  al  riguardo,  e'  assolutamente  pacifico  che  la   nuova
 disciplina  dell'estinzione  del  reato,  contenuta  nel  capo II del
 decreto legislativo n. 758 del 1994, e' costruita in  guisa  tale  da
 operare solo all'interno della fase delle indagini preliminari, ed e'
 finalizzata  -  in  caso  di  adempimento alla prescrizione impartita
 dall'organo di vigilanza e di pagamento in via amministrativa di  una
 somma  pari  al  quarto  del  massimo  dell'ammenda  stabilita per la
 contravvenzione  commessa  -  alla  richiesta  di  archiviazione  per
 estinzione del reato da parte del pubblico ministero (artt. 21-24) e,
 quindi, ad evitare l'esercizio dell'azione penale;
     che   pertanto   la   questione   va   dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1987,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.