IL PRETORE Letti gli atti tutti della causa; O s s e r v a Con ricorso ex art. 615, comma 2, c.p.c. depositato in data 5 maggio 1997 ritualmente iscritto nel r.g.a.c. di questa pretura al n. 1019/97, la coop. agricola "S. Rocco" a r.l., in persona dei suo presidente protempore, con sede in Leverano proponeva opposizione avverso il pignoramento mobiliare ai suoi danni effettuato in data 27 aprile 1997 dalla So.Ba.Ri.T S.p.a. - sportello di Veglie -, per il recupero coattivo della somma di L. 13.451.262 per eccedenza acqua relativa agli anni 1994, 1995 e 1996, come risultante da cartella esattoriale n. 7006425 del 10 gennaio 1997, contestando i criteri di calcolo delle somme richieste e quindi il diritto stesso dell'ente impositore a procedere esecutivamente nei propri confronti, atteso che il titolo esecutivo azionato - la prefata cartella esattoriale - si riferirebbe a consumi non effettuati e quindi intimerebbe il pagamento di somme non dovute. Si costituiva in giudizio 1'E.A.A.P., quale ente impositore, a mezzo della Avvocatura dello Stato di Lecce, eccependo preliminarmente ed in via assorbente la inammissibilita' ed improponibilita' del ricorso alla stregua del divieto di cui all'art. 54 d.P.R. n. 602/1973, e comunque la infondatezza nel merito dello stesso. Non si costituiva invece il concessionario del servizio di riscossione. Alla stregua delle disposizioni di legge invocate dall'opposto E.A.A.P. la opposizione de qua andrebbe dichiarata inammissibile ex art. 54, d.P.R. n. 602/1973, perche' trattasi di opposizione proposta ex art. 615, c.p.c.: cio' conferma, a fini decisori, la rilevanza della normativa, la cui difformita dai principi costituzionali si ritiene non manifestamente infondata. Com'e' noto il sistema dei rimedi nei confronti della esecuzione esattoriale delineato dagli artt. 53 e 54, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e segnatamente la improponibilita' delle ordinarie opposizioni previste dal codice di rito con il correlato divieto di sospensione cautelare ope iudicis, e' stato piu' volte sottoposto al controllo di legittimita' costituzionale. Giova aggiungere che, relativamente alla esecuzione esattoriale ed alle opposizioni previste dagli artt. da 615 a 618 c.p.c., in relazione agli artt. 53 e 54, d.P.R. n. 602/73, alla stregua della piu' recente giurisprudenza della S.C. (Cass. ss.uu. 17 luglio 1992, n. 8686; Cass. ss.uu. 8 marzo 1993, n. 6668; Cass. ss.uu. 25 marzo 1991, n. 3191) sussiste il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, atteso che le invocate disposizioni di legge hanno riservato all'Intendenza di finanza (ora dir. reg. delle entrate) il sindacato sugli atti esecutivi del concessionario, mentre viene riconosciuto al pretore un sindacato giurisdizionale solo in ipotesi di opposizione ex art. 619, c.p.c., unico rimedio giurisdizionale ammesso in materia di procedura esattoriale. Orbene, non sfugge al remittente che codesta Corte ha in passato gia' espresso il proprio orientamento in materia, sempre confermando la legittimita' delle disposizioni sopra richiamate, ritenendo e chiarendo che nello speciale procedimento espropriativo esattoriale si manifesti piu' energicamente che in altre ipotesi, il principio della esecutorieta' dell'atto amministrativo, al fine di assicurare la sollecita riscossione dei tributi, nel preminente interesse costituzionale di garantire il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato. In relazione alla ritenuta natura amministrativa della esecuzione fiscale, dunque il controllo sulla regolarita' degli atti della procedura esattoriale e' devoluto in via esclusiva alla autorita' amministrativa, mediante determinazioni avverso le quali sono esperibili i comuni rimedi della giurisdizione amministrativa di legittimita'. Tale peculiare regime della espropriazione esattoriale trova tuttavia applicazione anche alla riscossione di crediti di natura non tributaria di numerosi enti pubblici in virtu' di specifiche disposizioni di rinvio, in particolare delle previsioni di cui al d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, che ha realizzato una tendenziale unificazione dei sistemi di riscossione, generalizzando l'esazione a mezzo ruolo di entrate pubbliche, anche per canoni, proventi della utilizzazioni di beni demaniali o patrimoniali contributi di spettanza degli enti locali ed altre entrate patrimoniali dello Stato o assimilate. Recenti pronunce di codesta Corte in materia di crediti non aventi natura tributaria e riscossi con il sistema dei ruoli hanno chiarito che per tali ultimi la tutela giurisdizionale non debba subire alcuna limitazione come conseguenza della riscossione mediante iscrizione a ruolo e successiva esecuzione esattoriale, atteso che la natura civilistica dei crediti contestati - al di la' dell'identico regime di recupero coatto - impedisce una estensione totale dei principi in materia di imposte e tasse (sentenza 13 luglio 1995, n. 315; sent. 21 settembre 1995, n. 437; sent. 23 luglio 1996 n. 300), cosi' affermandosi la possibilita' per il giudice ordinario di sospendere la esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non tributaria, utilizzando i rimedi cautelari ordinari apprestati dal codice di rito nei confronti della esecuzione forzata. Ed in effetti la ratio che sottende le disposizioni dettate in materia di esecuzione esattoriale appare ispirata a principi di tutela della pretesa tributaria e di assicurare la rapida e certa soddisfazione coattiva della stessa. Certamente non puo' che condividersi, alla luce di cio', la scelta operata dal legislatore di escludere il ricorso ai rimedi previsti dal codice di rito dagli artt. 615 al 618, c.p.c. avverso gli atti esecutivi compiuti dall'esattore, laddove si intenda contestare il diritto della ente impositore di procedura ad esecuzione forzata: in tali ipotesi solo la Direzione delle entrate quale soggetto comunque terzo, rispetto all'organo che ha provveduto all'accertamento dell'imposta, potra' sindacare in via amministrativa la legittimita' della intrapresa esecuzione in forza di tributo iscritto a ruolo. Cio' che si pone in dubbio e', tuttavia, la legittimita' costituzionale dell'art. 54, d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui esclude la esperibilita' dell'opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c., anche nell'ipotesi in cui si intenda contestare il diritto di agire esecutivamente dell'ente impositore per il recupero coatto di crediti non aventi natura tributaria. Sembra al remittente che lasciare tali situazioni prive delle forme di tutela giurisdizionale previste ordinariamente per crediti privatistici sia contrario ai principi del nostro ordinamento costituzionale, vuoi e non solo in tema di esercizio del diritto di difesa, quanto e soprattutto a principi di tutela del diritto alla uguaglianza fra tutti i cittadini, sotto il profilo della disparita' di trattamento che l'utente subisce rispetto gli altri servizi pubblici (Enel, Telecom, azienda di distribuzione del gas metano) non ricompresi nel sistema della riscossione esattoriale. Va da se', per le medesime considerazioni gia' svolte da codesta Corte per cio' che concerne il potere di sospendere la esecuzione esattoriale, ove si tratti di esecuzione esattoriale per il recupero di crediti di natura non tributaria, che la preclusione alla esperibilita' della opposizione di che trattasi non dovrebbe aver ragion d'essere, attesa la natura civilistica del credito, indipendentemente dalle modalita' di esazione, di tal che' la posizione dell'utente risulta in tal modo ingiustamente sacrificata. Peraltro ritiene il remittente che le precedenti pronunce di codesta Corte, con le quali si e' ammessa con interpretazione adeguatrice la possibilita' di sospensione della esecuzione esattoriale, non possano estensivamente essere interpretate nel senso di aver abolito implicitamente anche la preclusione alla esperibilita' delle opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi, sicche' si impone una piu' generale rivisitazione dell'intera problematica legata al sistema di riscossione coattiva delle entrate di natura non tributaria, non limitato all'aspetto della tutela cautelare. Va considerato, quindi, che allorche' la norma di cui all'art. 54, d.P.R. n. 602/1973, stabilisce che non sono ammesse in sede di esecuzione esattoriale le opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi detta disciplina osta ad esaminare nel merito la domanda volta a contestare i criteri per il calcolo delle somme richieste e, quindi, in definitiva il fondamento stesso della pretesa avanzata dall'ente erogatore. Sicche', anche se puo' in astratto disporsi in via cautelare la sospensione della esecuzione fino alla definizione del giudizio di merito, la inammissibilita' ex art. 54, d.P.R. citato, in concreto, del ricorso in opposizione potrebbe portare - alla stregua dei principi vigenti in tema di tutela cautelare - a denegare la sospensione, attesa la mancanza di fumus del ricorso stesso, perche' inammissibile. Non sfiigge invero che, essendo il titolo rappresentato per lo piu' da un atto amministrativo, la opposizione volta a contestare un credito in esso consacrato e divenuto ormai inopponibile, per mancata impugnazione dell'atto stesso, renderebbe comunque inammissibile il rimedio giurisdizionale di che trattasi, tuttavia non infrequente e' il caso in cui al debitore non e' stata offerta tale possibilita' di contestare l'accertamento effettuato dall'ente impositore per non essere stata notificata la cartella esattoriale ovvero la nota esplicativa, sicche' la mancata previsione del ricorso ai rimedi ordinari di opposizione priverebbe l'utente di qualsiasi forma di tutela dei propri diritti. La discriminatorieta' della disciplina invocata appare poi in maniera piu' chiara solo ove si consideri che precludere la possibilita' di esperire la opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c., di fatto significa privare di tutela giurisdizionale adeguata il contribuente - debitore, che, mentre e' legittimato a proporre un'azione di accertamento negativo della pretesa dell'ente creditore, prima che i ruoli siano consegnati all'esattore ed abbia inizio la procedura esattoriale, successivamente all'inizio della stessa non ha la possibilita' di ricorrere ai rimedi approntati dal codice di rito - opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi - preclusi in via assoluta, perche' inammissibili, senza che la natura del credito (tributario o no) per cui l'esecuzione e' iniziata, o il regime di recupero coatto possano ritenersi ragioni sufficienti a giustificare tale diverso trattamento; e cio' anche in ragione del fatto che la tutela cautelare, gia' riconosciuta in materia, per essere effettiva, deve necessariamente presupporre la possibilita' in dette ipotesi di ricorrere all'A.G.O con le opposizioni di cui agli artt. dal 615 al 618, c.p.c. La denunciata disciplina appare anche priva di giustificazione in relazione agli interessi che mira a tutelare. Occorre infatti tener conto che la riscossione delle entrate non tributarie dell'E.A.A.P. pur essendo inserita nel regime di cui al d.P.R. n. 602/1973, ne mutua solo in parte la disciplina, atteso che alla riscossione delle entrate non tributarie non si applica il sistema di gradualita' nella riscossione previsto per le imposte dall'art. 15 del d.P.R. citato. Se e' vero che il contemperamento di tale discriminatorieta' e' dato dal gia' riconosciuto potere per l'A.G.O. di sospensione della esecuzione esattoriale, ove si tratti di crediti non tributari, tuttavia non puo' tacersi che tale correttivo per essere in concreto valido ed effettivo deve essere congiunto alla possibilita' per l'utente di adire l'autorita' giudiziaria ordinaria per avanzare contestazioni in ordine alla esistenza ed all'entita' del credito, provocando un'azione di accertamento negativo non solo quando la esecuzione non e' ancora iniziata, ma anche e soprattutto dopo l'inizio della stessa, se la predetta azione non si e' potuta proporre prima per cause non attribuibili al debitore esecutato. A fortiori poi sol che si consideri che la inammissibilita' ex art. 54, d.P.R. n. 602/1973, della opposizione di che trattasi ben puo' essere rilevata anche d'ufficio, precludendo al giudice qualsivoglia pronuncia nel merito e comportando, come conseguente corollario, la revoca della sospensione della esecuzione eventualmente concessa medio tempore. Tali considerazioni inducono il giudicante a sottoporre la questione al vaglio della Corte, ritenuto che la lettura della normativa (art. 54, secondo comma, d.P.R.n. 603/1973), rilevante ai fini decisori in senso letterale e tassativo escludente la ammissibilita' e proponibilita' delle opposizioni regolate dagli artt. dal 615 al 618 del codice di procedura, e in particolare nel caso che qui ci occupa, della opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. limitatamente ai crediti di natura non tributaria, si presti ad una valutazione di non manifesta infondatezza per contrasto con gli artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, 113, primo e secondo comma, della Costituzione.