ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del  codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 luglio 1997,
 dal pretore di Siracusa, nel procedimento di esecuzione nei confronti
 di  M. S. iscritta al n. 770 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  46,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  aprile  1998  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Siracusa  - chiamato a decidere, in
 qualita' di giudice dell'esecuzione, sulla richiesta di revoca  della
 sospensione  condizionale  della  pena  ex  art. 168, n. 1 del codice
 penale  nei  confronti  di  un  soggetto  al  quale  nel  quinquennio
 successivo  alle  precedenti  condanne  era stata applicata, ai sensi
 dell'art. 444 del codice di procedura penale,  pena  patteggiata  per
 furto  aggravato  (art.  625,  primo  comma,  n.  2,  cod. pen.) - ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27, primo,  secondo  e  terzo
 comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 444 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non
 prevede che la sentenza, con la quale  il  giudice  applica  la  pena
 concordata  fra  le  parti,  accerti  la  colpevolezza dell'imputato,
 ovvero nella parte in cui non prevede che il giudice nel  pronunciare
 sentenza  dichiari  l'imputato  colpevole  del  reato  attribuitogli,
 ovvero nella parte in cui non prevede che  il  giudice  su  richiesta
 delle  parti  ''condanni''  l'imputato  alla  pena  concordata fra le
 parti";
     che - alla stregua  del  consolidato  indirizzo  della  Corte  di
 cassazione  secondo  cui la sentenza emessa su accordo delle parti e'
 inidonea a giustificare la revoca del beneficio  de  quo,  difettando
 nella  pronuncia  di  cui  all'art.  444,  comma  2,  cod. proc. pen.
 l'accertamento della colpevolezza  dell'imputato  patteggiante  -  il
 rimettente espone che al giudice dell'esecuzione e' precluso revocare
 la sospensione condizionale della pena in caso di successiva condanna
 a pena concordata fra le parti;
     che  tale  disciplina si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione per  la  irragionevole  disparita'  di  trattamento  fra
 imputati  a  seconda del rito processuale adottato e, in particolare,
 fra "coloro che scelgono, dopo alcune sentenze di condanna  con  pena
 sospesa,   di   aderire   al   rito   del   patteggiamento  chiedendo
 l'applicazione di pena non sospesa" e  "coloro  che,  nella  medesima
 situazione, ottengano a seguito di giudizio ordinario, una condanna a
 pena sospesa";
     che,  d'altro  canto,  secondo  il giudice a quo tale conseguenza
 deriva   dalla   configurazione   stessa   dell'istituto   del   c.d.
 patteggiamento,   che   non   presuppone   alcun  accertamento  della
 responsabilita' penale dell'imputato;
     che sotto tale profilo, l'art. 444, cod. proc. pen. - nella parte
 in cui  non  prevede  che  il  giudice,  nell'applicare  la  pena  su
 richiesta  delle parti, debba accertare la colpevolezza dell'imputato
 pronunciando, in conseguenza, una vera e propria sentenza di condanna
 -  violerebbe,  a  giudizio  del   rimettente,   i   principi   della
 personalita'  della  responsabilita' penale, della presunzione di non
 colpevolezza  e  della  finalita'  rieducativa  della  pena   sanciti
 nell'art. 27, primo, secondo e terzo comma, Cost;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
   Considerato  che  con  l'ordinanza  n. 399 del 1997 questa Corte ha
 dichiarato manifestamente  inammissibile  una  analoga  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 444, cod. proc. pen., sollevata
 in relazione agli artt. 3 e 27, primo e secondo comma, Cost;
     che  in  tale  ordinanza  la  Corte  ha rilevato che una sentenza
 additiva, volta a stabilire che il giudice, nel pronunciare  sentenza
 di   applicazione   della   pena,  debba  accertare  la  colpevolezza
 dell'imputato, comporterebbe una completa revisione dell'istituto  in
 esame;
     che,  in  particolare, la diversa natura attribuita alla sentenza
 di applicazione della pena rispetto a quella risultante  dall'attuale
 disciplina  non  potrebbe  non  riflettersi  sui  controlli  e  sugli
 accertamenti giurisdizionali che il giudice e' chiamato ad effettuare
 prima di accogliere la richiesta delle parti, nonche'  sugli  effetti
 della sentenza medesima;
     che interventi di tal genere sono inibiti in sede di sindacato di
 legittimita'  costituzionale,  in  quanto  riservati  alla  sfera  di
 discrezionalita' del legislatore;
     che inoltre, con specifico  riguardo  al  problema  della  revoca
 della  sospensione  condizionale  della  pena  in  caso di successiva
 condanna a pena concordata ex art. 444, cod. proc. pen.,  l'ordinanza
 n.  267  del  1997 ha posto in rilievo, da un lato, che sono comunque
 preclusi alla Corte interventi additivi  in  materia  penale  che  si
 risolvano  in  un trattamento deteriore per l'imputato e, dall'altro,
 che sono riservati  alla  discrezionalita'  del  legislatore  sia  la
 previsione  e  la  regolamentazione  della  operativita'  di cause di
 estinzione del reato, sia il regime di esecuzione della pena e  delle
 cause di estinzione di questa;
     che  la  Corte con la predetta ordinanza ha altresi' sottolineato
 che "la scelta discrezionale operata in questo caso  dal  legislatore
 non   puo'   ritenersi  espressione  di  mero  arbitrio,  poiche'  la
 disposizione censurata e' coerente  con  il  carattere  premiale  del
 ''patteggiamento'',  ed  e' suscettibile di controllo giurisdizionale
 nel momento in cui al giudice, chiamato  a  pronunciare  sentenza  ex
 art.   444  cod.  proc.    pen.,  e'  imposta  la  valutazione  della
 ''congruita''' del trattamento  sanzionatorio  complessivo  negoziato
 tra le parti";
     che,  infine,  a  seguito  della sentenza n. 313 del 1990, con la
 quale e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art.  444,
 comma  2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che, ai fini
 e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, Cost., il giudice possa
 valutare la congruita' della pena indicata dalle parti, l'istituto e'
 stato  ricondotto  a  piena  conformita'  a Costituzione per quel che
 concerne il rispetto del principio della finalita' rieducativa  della
 pena;
     che  nell'ordinanza  non  vengono  prospettati  profili  nuovi  e
 ulteriori rispetto a quelli esaminati nelle pronunce richiamate;
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.