Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, on. dott. Giancarlo Galan, autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 1406 del 5 maggio 1998, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof. Mario Bertolissi di Padova, con domicilio eletto presso l'avv. Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 76, 117, 118 e 119 della Costituzione, degli artt. 3, commi 1, 3 e 6; 7, commi 1, 2 lett. a), 3 e 8 lett. a); 9; 13; 18; 25, comma 2; 29, commi 1 e 2; 33; 41, comma 3; 44; 50, commi 2 e 3; 52, comma 1; 54; 58; 59; 63; 65; 66, comma 1, lett. b-c; 67, comma 1; 69, commi 1 e 2; 75; 77; 80; 83; 85; 88; 92, commi 2 e 3; 93; 98; 99, comma 3, secondo periodo; 104; 106, comma 1; 107; 109, comma 2; 115; 118; 119; 120; 121, comma 1; 124; 129; 131, comma 2; 132; 137; 138, comma 2; 142; 146; 156 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59", nonche' dello stesso decreto nella sua interezza (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 92 del 21 aprile 1998). F a t t o Il decreto legislativo n. 112 del 1998 opera (o, come meglio si vedra': pretenderebbe di operare) una vasta serie di "conferimenti" di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed agli enti locali, dichiarando di attuare la legge 15 marzo 1997, n. 59. Ferme rimanendo riserve di competenza in capo allo Stato, il decreto in certi casi stabilisce direttamente il conferimento a favore degli enti locali, mentre per la generalita' delle materie l'attribuzione e' in capo alla regione. Anche in questa ipotesi, tuttavia, la regione e' solamente il destinatario "provvisorio" delle funzioni, dovendo essa determinare, entro sei mesi dall'emanazione del decreto legislativo, le funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire tutte le altre agli enti locali (art. 3, comma 1), cui vanno - sempre contestualmente - attribuite le necessarie "risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali" (art. 3, comma 3). Disposizione essenziale del sistema e' quella di cui all'art. 7: sotto la dimessa rubrica "attribuzione delle risorse", il legislatore delegato stabilisce in realta' che saranno i provvedimenti amministrativi di competenza del Presidente del Consiglio ai sensi dell'art. 7, legge n. 59/1997 che determineranno: a) la decorrenza degli effetti dei conferimenti; b) la decorrenza dell'abrogazione delle corrispondenti norme stabilite dal decreto legislativo; c) il trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative. Numerose disposizioni del sistema legislativo cosi' delineato presentano vizi di illegittimita' costituzionale (cio' che, data la stretta connessione sussistente tra di esse, implica l'invalidita' dell'intero d.lgs. n. 112/1998), per i seguenti motivi; D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione da parte delle disposizioni che rendono incerti i conferimenti. A parte talune decorrenze puntualmente definite (v. ad esempio gli artt. 115, comma 3, 130, commi 2 e 3, e 144, comma 3), l'art. 7 del decreto, con norma di carattere generale, prevede - come e' stato appena evidenziato - che le regioni potranno esercitare le funzioni conferite solo a partire dal momento che il Presidente del Consiglio dei Ministri indichera' con uno dei tanti provvedimenti fondati sull'art. 7 della legge n. 59. Il provvedimento, o forse, piu' provvedimenti, dovrebbero intervenire entro il 31 dicembre 1999 (art. 3, comma 6, d.lgs. n. 112), e dovrebbero fissare l'inizio dell'esercizio delle funzioni per un giorno non successivo al 31 dicembre 2000 (art. 7, comma 2, lett. a). E' peraltro da osservare che la fissazione della data di concreto "trasferimento" potrebbe bene mancare, senza che alcun meccanismo consenta, attualmente, di stabilire una qualche forma di conferimento "automatico". E' vero che il comma 10 dell'art. 7 stabilisce che, se lo Stato non adotta i provvedimenti di attuazione, la Conferenza unificata puo' predisporre gli schemi degli atti ed inviarli al Presidente del Consiglio, ma all'iniziativa della Conferenza ancora non segue, necessariamente, alcuna concreta fissazione di date. Allo scopo (stabilire una data certa di conferimento delle funzioni) non giova nemmeno il bizzarro meccanismo inventato con l'ultimo comma dell'art. 7 del decreto. Ammesso infatti che il congegno sia applicabile nel caso qui ipotizzato (cio' che e' dubbio, in quanto la disposizione si riferisce, alla lettera, solo al mancato trasferimento delle risorse), e che, quindi, il Presidente del Consiglio lasci decorrere i termini che la legge gli assegna; che la Conferenza unificata gli segnali la scadenza del termine; che il Presidente del Consiglio conceda se stesso un periodo ulteriore per provvedere ammesso che si veda un Presidente del Consiglio considerarsi inadempiente e nominare a se stesso un commissario ad acta; tutto cio', ammesso, ancora non si ha una data certa di inizio delle funzioni (e men che meno la si avrebbe ipotizzando un qualche intervento giurisdizionale ...). Dalle disposizioni ricordate deriva dunque che - stando alle norme del decreto legislativo n. 112 la generalita' delle funzioni non e' stata affatto conferita, e che anche per il futuro non vi e' alcuna certezza di conferimento. Ma allora, se e' cosi', deve concludersi che il Governo non ha attuato la legge di delega, che imponeva un trasferimento, sia pure graduale, di funzioni e compiti (art. 1, comma 1; art. 3, comma 1, lett. a)): e gradualita' del conferimento non puo' significare l'incertezza del suo stesso avverarsi. Da cio', a giudizio della regione, deriva l'incostituzionalita', per violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione delle disposizioni che subordinano la decorrenza dei conferimenti ai provvedimenti amministrativi di cui all'art. 7 della legge n. 59: si tratta degli artt. 3, comma 6; 7, comma 1; 7, comma 2, lett. a); 7, comma 8, lett. a), limitatamente alle parole "l'individuazione del termine, eventualmente differenziato, da cui decorre l'esercizio delle funzioni conferite". L'incostituzionalita' dovrebbe poi essere estesa, per gli stessi motivi, a quelle disposizioni del decreto legislativo che ribadiscono in piu' punti il condizionamento dell'esercizio delle funzioni regionali ai provvedimenti del Presidente del consiglio (l'art. 50, commi 2 e 3), o ad analoghi atti amministrativi dei quali non vi e' certezza alcuna (gli artt. 63 e 138, comma 2). La eventuale dichiarazione di incostituzionalita' non impedirebbe, ovviamente al legislatore statale di fissare altri termini per l'esercizio delle funzioni conferite, con le forme e nel rispetto dei limiti stabiliti dalla Costituzione. 2. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione da parte di disposizioni che riservano allo Stato compiti e funzioni nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione. Numerose disposizioni riservano allo Stato determinati compiti o funzioni, pur nelle materie che la legge di delega n. 59 voleva fossero "conferite" alle regioni. Una prima serie di riserve ha ad oggetto funzioni ricadenti in materie, "proprie" della regione, sulla base dell'elenco di cui all'art. 117 della Costituzione: cosi' e' per l'art. 13 (artigianato); l'art. 44 (turismo ed industria alberghiera); l'art. 54 (urbanistica e lavori pubblici); l'art. 59 (edilizia residenziale pubblica); l'art. 69, comma 2 (protezione della natura e dell'ambiente); gli artt. 115, 118, 119, 120, 121 comma 1, 124 (in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, con personale e strutture relativi), l'art. 129 (nelle parti in cui concerne i servizi sociali a favore della generalita' dei soggetti, con esclusione, cioe', delle particolari categorie di persone indicate dall'art. 1, comma 3, della legge n. 59), l'art. 142 (sulla formazione professionale). Tali riserve di funzioni sono incostituzionali, per violazione degli artt. 117 e 76 della Costituzione. E' vero che l'art. 3, comma 1, lett. a) della legge-delega ha demandato ai decreti legislativi di individuare "tassativamente le funzioni e i compiti da mantenere in capo alle amministrazioni statali", ma cio' doveva avvenire "ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1". Nel quale art. 1 non si prevede affatto una clausola generale di riserva allo Stato di compiti di "interesse, nazionale" ma si prevedono singole - per quanto numerose - ipotesi, ora con la esclusione dai "conferimenti" di intere materie (quelle di cui al comma 3), ora (e sono i casi considerati al comma 4) con la esclusione di compiti che pure - astrattamente - sarebbero ricaduti nelle materie da conferire. E' da evidenziare come questa sia l'unica interpretazione dell'art. 1 della legge n. 59, che consenta di attribuire un qualche significato alla disposizione del citato quarto comma: infatti, se la riserva di compiti di "interesse nazionale" fosse gia' stata implicita nel sistema (ricavabile dal comma 2 dell'art. 1), le minuziose ipotesi del quarto comma risulterebbero del tutto prive di significato. Tale risultato interpretativo trova poi conferma e rafforzamento nei criteri direttivi stabiliti dall'art. 4, comma 3, legge n. 59/1997, il quale obbligava il Governo a seguire: il principio di completezza, con l'attribuzione alla regione dei compiti ... non (gia') assegnati (lett. b)); i principi di unicita' e responsabilita' dell'amministrazione, con l'attribuzione ad un unico soggetto dei compiti connessi, strumentali e complementari (lett. e)), il principio di omogeneita', con l'attribuzione di funzioni e compiti allo stesso livello di Governo che gia' esercitava competenze identiche o affini (lett. f)). Con i principi direttivi cosi' posti sono in radicale contrasto le menzionate riserve di competenze, le quali mantengono la separazione di funzioni omogenee, accanto alla pluralita' delle amministrazioni e dei soggetti competenti, con conseguente annacquamento delle responsabilita'. Il legislatore delegato, operando in materie "proprie" della regione, e riservando allo Stato funzioni al di fuori dei casi considerati dall'art. 1 della legge n. 59, ha quindi violato gli artt. 117 e 76 della Costituzione (ed anche la violazione, di tale ultima disposizione puo' farsi valere nella presente sede, in quanto gli artt. 1 e 4 della delega pongono criteri direttivi a diretta tutela della posizione costituzionale di autonomia della regione). 3. - Violazione degli artt. 76, 117, comma 2, e 118 della Costituzione. da parte di disposizioni che riservano allo Stato compiti e funzioni al di fuori delle materie di cui all'art. 117 della Costituzione. Ma la violazione dell'art. 76 della Costituzione - e negli stessi termini - viene operata pure da quelle disposizioni del decreto legislativo che riservano allo Stato funzioni in materie non "proprie" della regione, al di fuori dei casi ammessi dall'art. 1 della legge n. 59. Si tratta degli artt. 18 e 29, comma 2 (per le parti in cui si riferiscono a funzioni - rispettivamente concernenti le industrie e l'energia - diverse da quelle ricomprese nell'art. 1, comma 3, legge n. 59/1997), dell'art. 33, dell'art. 65, dell'art. 85, degli artt. 93, 98 e 104 (per le parti in cui tali ultime disposizioni si riferiscono, rispettivamente, alle opere pubbliche, alla viabilita' e ai trasporti di interesse "non regionale" ai sensi dell'art. 117 della Costituzione), e dell'art. 137 (per la parte in cui non riguarda gli oggetti considerati dall'art. 1, comma 3, lett. q) della legge n. 59/1997). Anche in tali ipotesi, infatti, pur in assenza di un puntuale fondamento costituzionale, l'attribuzione integrale dei compiti alle regione era imposta dalla legge di delega, sia in base all'art. 1, sia in base al principio di completezza di cui all'art. 4, comma 3, lett. b). 4. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, da parte delle disposizioni che hanno riservato allo Stato "compiti di rilievo nazionale" senza osservare il procedimento stabilito dalla legge di delega. In attuazione del principio di cui all'art. 1, comma 4, lett. c), "compiti di rilievo nazionale" sono riservati allo Stato in vari punti del decreto legislativo n. 112/1998. Vengono in rilevo, tra gli altri, gli artt. 29, comma 1; 52, comma 1; 69, comma 1; 77; 80; 83; 88; 107; 156. La stessa disposizione della legge di delega prevedeva pero' che, ai fini dell'individuazione dei predetti compiti, lo "schema" del decreto legislativo fosse predisposto "previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome", e che "in mancanza dell'intesa, il Consiglio dei Ministri delibera motivatamente in via definitiva su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri". Nonostante il preambolo del decreto legislativo dia atto della raggiunta intesa, il procedimento seguito ai fini dell'emanazione non ha affatto rispettato la legge di delega. Ed invero, in primo luogo, non vi e' stata alcuna "intesa" preliminare alla adozione dello schema da parte del Governo: puramente e semplicemente, i compiti di rilievo nazionale sono stati inseriti direttamente nel testo approvato in Consiglio dei Ministri, e sull'intero testo e' stato chiesto il parere della Conferenza, secondo il disposto dell'art. 6 della legge n. 59. Ma e' evidente che il "parere" ex art. 6 e la "intesa" ex art. 1, comma 4, della delega sono diversi sia per oggetto, sia per contenuto, sia per successione temporale. In secondo luogo, comunque, nemmeno successivamente alla predisposizione governativa dello schema e' stata raggiunta la necessaria "intesa" sui compiti di rilievo nazionale, come si ricava da piu' passi del verbale della riunione della conferenza Stato-regioni del 5 marzo 1998, dal quale risulta anche che il ministro Bassanini, al termine della discussione sul punto, aveva proposto "di aggiornare la seduta, per quanto attiene il punto all'esame, e di costituire una serie di tavoli di confronto, tecnico-politico per verificare la possibilita' di pervenire all'intesa" (pag. 18). In conseguenza dell'iter erroneamente seguito, il Consiglio dei Ministri non ha nemmeno "deliberato motivatamente in via definitiva" sui punti di mancata intesa (come imponeva la delega), ed in tal modo la regione e' stata privata della possibilita' di conoscere sulla base di quali elementi - costituzionali, legislativi, sociali e di fatto - determinati compiti debbano essere di rilievo nazionale, cio' che e' di primaria importanza quando vengono in rilievo concetti quali quello di "interesse nazionale", il cui uso - se non e' assoggettato a controllo - almeno per quanto attiene all'iter, formativo ed argomentativo dei provvedimenti che ispira - puo' condurre ad "espropri" di qualsivoglia estensione ed intensita', sia delle materie costituzionalmente attribuite alle regioni sia delle "materie" che il Parlamento ha imposto al legislatore delegato di "conferire" comunque alle regioni medesime. Da quanto esposto risulta che - in relazione alle disposizioni denunciate - si e' omesso un anello del procedimento, quale risultante dalla legge di delega; e l'omissione importa la violazione di un limite "ulteriore" imposto al Governo a tutela dell'autonomia delle regioni, con conseguente illegittimita' delle norme contenute nel decreto delegato. 5. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118, comma 1, della Costituzione, da parte delle disposizioni che attribuiscono direttamente agli enti locali compiti e funzioni ricadenti nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione. Talune disposizioni del decreto legislativo, intervenendo in materie comprese nell'elenco costituzionale, attribuiscono direttamente funzioni e, compiti alle province, ai comuni, ad altri enti locali. Si tratta di norme incostituzionali, in quanto: a) sottraggono alla regione funzioni ad essa spettanti sulla base degli artt. 117 e 118 della Costituzione; non trovano fondamento sull'art. 118 della Costituzione, non trattandosi di compiti di "interesse esclusivamente locale" (come invece puo' essere in taluni, limitati, casi: ad esempio, quello dell'art. 117, comma 1, primo periodo, del decreto n. 112); c) e comunque, violano l'art. 76 della Costituzione, poiche' l'art. 4, comma 1, della legge di delega stabilisce che nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione l'attribuzione delle funzioni e dei compiti deve essere operata a favore delle regioni cui e' riservata la valutazione circa la necessita' che gli stessi siano svolti a livello regionale o meno. Tra le disposizioni che presentano questo vizio si denunciano specificamente: l'art. 41, comma 3, relativo a funzioni amministrative in materia di fiere e mercati; l'art. 66, comma 1, lett. b) e c), incidente nella materia dell'agricoltura; l'art. 99, comma 3, secondo periodo, che attribuisce direttamente alle province "le funzioni di progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale", incidendo illegittimamente sulle materie regionali della viabilita' e dei lavori pubblici; gli artt. 131, comma 2, e 132, i quali, intervenendo nella materia della beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera, indicano direttamente (o per il tramite di una legge regionale a contenuto vincolato) quali funzioni spettano a comuni e province. 6. - Violazione degli artt. (76), 117 e 118 della Costituzione, da parte delle disposizioni che assegnano alla regione il termine per conferire funzioni e compiti amministrativi agli enti locali. 6.1. - Secondo l'art. 3, comma 1, del decreto legislativo, la regione entro sei mesi dalla emanazione del decreto stesso, deve determinare quali funzioni richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire tutte le altre agli enti locali (analoga disposizione e' contenuta nell'art. 132, comma 1, primo periodo). Ora, a prescindere dalle considerazioni (gia' svolte e da svolgere: cfr., nn. 1 e 7) in ordine alla incertezza sulla effettivita' dei conferimenti, sulla loro estensione, sul trasferimento delle risorse necessarie, il termine di sei mesi e' incostituzionale, in quanto - essendo irragionevolmente breve - lede nel suo complesso l'autonomia organizzativa, legislativa ed amministrativa della regione. La brevita' del termine rende pressoche' inevitabile il mancato rispetto di esso, con la conseguenza che la regione dovrebbe altrettanto inevitabilmente essere "sostituita" dal Governo: e' pero' evidente che la "sostituzione", se inevitabile, non e' piu' tale, ma si configura come una vero esproprio di competenze. Che il termine sia irragionevolmente breve, e' provato da vari elementi: a) La vastita' ed eterogeneita' delle materie toccate dal decreto legislativo n. 112 richiede da parte regionale una ricognizione dell'intera legislazione amministrativa vigente, non solo regionale ma anche statale, posto che i compiti conferiti sono stati individuati con la clausola generale della spettanza alla regione delle funzioni non attribuite a soggetti diversi. In qual modo la regione possa riuscire ad operare l'individuazione e la valutazione di tutte queste funzioni nel termine di sei mesi, non e' pero', nemmeno concepibile; lo stesso Governo, per l'emanazione del decreto n. 112, ha ottenuto dal Parlamento che il termine inizialmente previsto in nove mesi dall'entrata in vigore della legge di delega fosse prorogato al 31 marzo 1998 (art. 7, comma 1, legge 15 maggio 1997, n. 127): ed e' riuscito a rispettarlo, come si e' visto e si vedra' (cfr. nn. 1 e 9) solo ricorrendo massicciamente a rinvii e ad "autodeleghe". b) Oltre a cio', poiche' il periodo assegnato decorre dal momento della emanazione del decreto legislativo, avvenuta il 31 marzo, una parte di esso, era gia' trascorsa al momento in cui la regione ha avuto conoscenza ufficiale del testo, a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sotto la data del 21 aprile (per tacere della circostanza che la disponibilita' materiale della Gazzetta non vi e' stata prima del 30 aprile). c) L'irragionevolezza del termine risulta inoltre dal fatto che esso non tiene alcun conto degli adempimenti che dovranno necessariamente intervenire nel procedimento legislativo regionale de quo. Per quanto riguarda la ricorrente, regione del Veneto, in particolare, va ricordato che il primo comma dell'art. 55 dello Statuto stabilisce che la delega delle funzioni amministrative agli enti locali puo' essere conferita solo dopo che sono stati "consultati gli enti interessati" (si tratta di una norma, la cui violazione ha gia' indotto questa Corte costituzionale ad annullare una legge della regione con la sentenza n. 993 del 1988): consultazione che si aggiunge a quella imposta dall'art. 4, comma 1, della legge n. 59 del 1997. 6.2. - Per il caso in cui si ritenga che la fissazione del termine in discorso risultasse imposta al legislatore delegato dall'art. 4, comma 5, legge 59/1997 (che pero' disciplina un caso assolutamente anomalo - e incostituzionale, ad avviso della regione - di "delega eventuale"), questa difesa chiede che la Corte costituzionale sollevi dinanzi a se stessa questione di legittimita' della predetta disposizione, in riferimento ai parametri e ai motivi richiamati con riferimento alle corrispondenti disposizioni del decreto legislativo, che vengono allora conseguentemente impugnate anche per violazione della legge di delega. 7. - Violazione dell'art. 119 della Costituzione, da parte dell'art. 7, comma 3, del decreto legislativo. L'art. 7, comma 3, del decreto impugnato prevede che alle regioni e agli enti locali sono "attribuiti beni e risorse corrispondenti per ammontare a quelli utilizzati dallo Stato per l'esercizio delle medesime funzioni e compiti prima del conferimento", tenendosi contro, tra l'altro, "dei beni e delle risorse utilizzati dallo Stato in un arco temporale pluriennale, da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni". Questa disposizione - anche per effetto della assoluta indeterminatezza dei "criteri" di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma - lede l'autonomia finanziaria regionale garantita dall'art. 119 della Costituzione, in quanto non solo non determina, ma neppure consente di determinare con sufficiente certezza di quali risorse sara' possibile disporre. L'indeterminatezza dipende dal fatto che e' stato rimesso al Governo di scegliere sia l'arco temporale di riferimento, sia l'anno-base per il calcolo; e a partire da questo dato, poi, all'amministrazione statale si e' lasciata la possibilita' di operare qualsiasi tipo di variazione, in quanto i criteri delle lettere b) e c) dello stesso comma consentono - all'evidenza - operazioni di qualsivoglia segno. E' da rilevare che l'incertezza in ordine alle risorse da trasferire concerne direttamente la disposizione normativa impugnata, e pertanto e' ad essa (e non agli emanandi provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che va riferita in modo immediato la lesione dell'autonomia finanziaria regionale. La lesione qui sostenuta (come pure quella denunciata al numero seguente) non sembra a questa difesa che possa essere esclusa sulla base, dell'orientamento affermato da codesta Corte costituzionale, per il quale spese di modesta entita', che lo Stato faccia gravare senza copertura sulla finanza regionale, non potrebbero compromettere l'autonomia dell'ente autonomo (v. ad esempio la sentenza 307/1983). Nel caso in oggetto, invero, le dimensioni dei "conferimenti" (e dei "ritrasferimenti" agli enti locali) sono comunque tali da importare l'impiego di mezzi economici rilevantissimi. 8. - Violazione dell'art. 119 della Costituzione da parte della disposizione che obbliga la regione a trasferire agli enti locali mezzi finanziari. Incostituzionale, per violazione dell'art. 119 della Costituzione, e' l'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 112, in rapporto all'art. 7 dello stesso decreto. Secondo la disposizione, la regione, entro il prossimo 30 settembre, dovrebbe attribuire agli enti locali i mezzi necessari a coprire gli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti, "nel rispetto dell'autonomia organizzativa e regolamentare" degli enti stessi. Ma e' chiaro, che la disposizione lede l'autonomia finanziaria della regione, in quanto non si vede da quali fonti essa possa trarre le necessarie risorse, posto che, alla regione beni e mezzi saranno attribuiti (se lo saranno...) soltanto in futuro, dai provvedimenti governativi da adottarsi ai sensi dell'art. 7 d.lgs. 112/1998 e dell'art. 7 della legge 59/1997. 9. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, per mancato riordinamento delle strutture e per mancata individuazione delle modalita' di trasferimento del personale. Il decreto legislativo n. 112 non ha dato attuazione ad una serie di principi stabiliti dalla legge con delega. Con le lettere d) ed e) dell'art. 3, comma 1, legge n. 59/1997, il Parlamento aveva imposto al Governo di provvedere alla soppressione, trasformazione o accorpamento delle strutture centrali e periferiche interessate dal conferimento, oltre che di individuare le modalita' e le procedure per il trasferimento del personale statale; la norma di delega conteneva un rinvio ai provvedimenti amministrativi ex art. 7, legge n. 59/1997, ma soltanto per quanto attiene alle modalita' della soppressione delle strutture. Salve talune limitate eccezioni (ad esempio, quelle di cui agli artt. 50, comma 1, 92, comma 4, 96, comma 2, 106, comma 2, 134), il legislatore delegato ha invece sostanzialmente omesso di provvedere. Di singole disposizioni di rinvio al futuro e' cosparso il testo del decreto, con norme con le quali il Governo pretende di autodelegarsi il potere legislativo (si vedano ad esempio gli artt. 58, 75, 92, commi 2 e 3, 106, comma 1, 109, comma 2, 146, oppure, ancora, l'art. 67, comma 1. Stando all'ultima disposizione citata, l'avere scritto le parole "un apposito organismo tecnico" entro il 31 marzo 1998, termine ultimo per l'esercizio della delega; legittimerebbe il Governo ad istituire quell'organismo con decreti "correttivi ed integrativi" entro il 31 marzo 1999, sulla base dell'art. 10 della legge di delega³ Per inciso, sia detto che il contenuto della "autodelega", per la parte in cui vorrebbe escludere la regione dall'organismo, sarebbe incostituzionale, posto che di esso dovrebbe servirsi nello svolgimento delle proprie funzioni). Accanto a queste specifiche previsioni, rinvii "generali" sono disposti dagli artt. 7 e 9 del decreto impugnato: per quanto riguarda il personale, il comma 4, dell'art. 7, si rimette ai (futuri) provvedimenti governativi ex art. 7 della legge n. 59; per quanto riguarda le strutture, il successivo art. 9 rinvia, oltre che agli atti amministrativi appena ricordati, anche ai decreti previsti dagli artt. 10 e 11 della medesima legge n. 59. Il richiamo all'art. 10 della legge delega e' pero' fuori luogo, perche' esso prevede decreti legislativi recanti disposizioni correttive ed integrative di quelle gia' emanate, che nel caso invece non vi sono; e fuori di luogo e' anche il richiamo all'art. 11, che da' al Governo una delega in materie affatto diverse, quali il pubblico impiego e gli apparati statali non interessati dal conferimento di funzioni. Sostanzialmente, quindi, con il decreto delegato n. 112 il Governo si e' limitato a stabilire che sara' esso stesso, ma con i provvedimenti amministrativi ex art. 7, legge n. 59/1997, a disciplinare quegli aspetti della materia cui fa riferimento l'art. 3, comma 1, lett. d) ed e), della legge n. 59. Secondo questa difesa, le omissioni legislative rilevate non implicano tanto che il decreto legislativo impugnato sia solo una attuazione parziale della delega, ma concretano piuttosto un illegittimo esercizio del potere delegato, e cio' in considerazione della strettissima connessione esistente tra le "parti" qui considerate della delega attribuita con la legge n. 59. Ed invero, l'indicazione delle strutture oggetto del riordinamento, come pure quella del personale da trasferire, erano essenziali, nell'impianto della legge n. 59 del 1997, per dare concretezza ai "conferimenti" queste norme dovevano concorrere congiuntamente ad identificare i compiti ed il personale trasferiti, e la loro mancanza rende viziato l'intero esercizio della delega. 10. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, per mancata individuazione degli strumenti di raccordo e cooperazione. L'art. 3, comma 1, della legge n. 59 obbligava il Governo a prevedere, con il decreto legislativo, procedure e strumenti di raccordo "che consentano la collaborazione e l'azione coordinata tra enti locali, tra regioni e tra i diversi livelli di governo e di amministrazione" (lett. c)); le modalita' per l'avvalimento da parte dello Stato di uffici regionali e locali (lett. f)); il conferimento a particolari strutture organizzative di funzioni che non richiedono l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali (lett. g)). Tali principi, in buona sostanza, ed anche qui con alcune limitate eccezioni (v. ad esempio l'art. 111, comma 1), non sono stati attuati dal d.lgs. n. 112/1998, con violazione dell'art. 76 della Costituzione e - trattandosi di criteri, concretanti misure di tutela e garanzia a favore delle regioni - con violazione anche degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Va tra l'altro osservato che, l'individuazione di tali strumenti di raccordo avrebbe probabilmente indotto a non operare quei ritagli di materie a favore dello Stato, che invece sono stati illegittimamente disposti, come sopra si e' osservato. 11. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione da parte dell'art. 25, comma 2, del decreto. L'art. 25 del decreto legislativo fissa il principio dell'unicita' del procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attivita' produttive; esso sara' disciplinato con uno o piu' regolamenti, i quali - tra l'altro - dovranno prevedere che, nel caso in cui il progetto contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico, si possa ricorrere alla conferenza di servizi, la cui determinazione (se vi e' accordo sulla variazione dello strumento) costituisce proposta di variante, sulla quale si pronuncia definitivamente il consiglio comunale (comma 2, lett. g)). Tale previsione lede la competenza regionale in materia di urbanistica, in quanto espropria la regione del potere di concorrere alla definizione dell'assetto urbanistico. 12. - Riserva di illustrazione. La difesa della regione e' consapevole della sinteticita' con la quale sono stati esposti i motivi di impugnazione del presente ricorso. Cio' e', dovuto al fatto che i termini processuali sono assai ristretti, se raffrontati con la complessita' dell'oggetto dell'impugnazione e con la vastita' delle materie che esso tocca. Si fa quindi espressa riserva di ulteriore illustrazione delle questioni sollevate, chiedendo sin d'ora che la Corte costituzionale, nel caso accolga il ricorso, valuti la possibilita' di fare applicazione dell'art. 27, legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiarando "quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimita' deriva come conseguenza della decisione adottata".