Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente pro-tempore
 della  Giunta  regionale,  on. dott. Giancarlo Galan, autorizzato con
 delibera  della  Giunta  regionale  n.  1406  del  5   maggio   1998,
 rappresentata  e difesa, come da mandato a margine del presente atto,
 dall'avv.  prof. Mario Bertolissi di  Padova,  con  domicilio  eletto
 presso l'avv.  Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
   Contro  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  presso  la  quale  e'
 domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
   Per   la   dichiarazione   di   illegittimita'  costituzionale  per
 violazione degli artt. 76, 117, 118 e 119 della  Costituzione,  degli
 artt.  3,  commi 1, 3 e 6; 7, commi 1, 2 lett. a), 3 e 8 lett. a); 9;
 13; 18; 25, comma 2; 29, commi 1 e 2; 33; 41, comma 3; 44; 50,  commi
 2  e  3; 52, comma 1; 54; 58; 59; 63; 65; 66, comma 1, lett. b-c; 67,
 comma 1; 69, commi 1 e 2; 75; 77; 80; 83; 85; 88; 92, commi  2  e  3;
 93;  98;  99,  comma 3, secondo periodo; 104; 106, comma 1; 107; 109,
 comma 2; 115; 118; 119; 120; 121, comma 1; 124; 129;  131,  comma  2;
 132;  137;  138,  comma 2; 142; 146; 156 del d.lgs. 31 marzo 1998, n.
 112, recante "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
 Stato alle regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
 della legge 15 marzo 1997, n. 59", nonche' dello stesso decreto nella
 sua  interezza  (pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta
 Ufficiale, serie generale, n. 92 del 21 aprile 1998).
                               F a t t o
   Il decreto legislativo n. 112 del 1998 opera  (o,  come  meglio  si
 vedra':  pretenderebbe  di operare) una vasta serie di "conferimenti"
 di funzioni e  compiti  amministrativi  alle  regioni  ed  agli  enti
 locali, dichiarando di attuare la legge 15 marzo 1997, n. 59.
   Ferme  rimanendo  riserve  di  competenza  in  capo  allo Stato, il
 decreto in certi  casi  stabilisce  direttamente  il  conferimento  a
 favore  degli  enti  locali,  mentre per la generalita' delle materie
 l'attribuzione e' in capo alla  regione.  Anche  in  questa  ipotesi,
 tuttavia, la regione e' solamente il destinatario "provvisorio" delle
 funzioni,  dovendo  essa  determinare, entro sei mesi dall'emanazione
 del decreto legislativo, le funzioni  amministrative  che  richiedono
 l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente
 a  conferire  tutte  le altre agli enti locali (art. 3, comma 1), cui
 vanno - sempre contestualmente - attribuite  le  necessarie  "risorse
 umane, finanziarie, organizzative e strumentali" (art. 3, comma 3).
   Disposizione  essenziale  del  sistema e' quella di cui all'art. 7:
 sotto la dimessa rubrica "attribuzione delle risorse", il legislatore
 delegato  stabilisce  in  realta'   che   saranno   i   provvedimenti
 amministrativi  di  competenza  del Presidente del Consiglio ai sensi
 dell'art. 7, legge n. 59/1997 che determineranno:
     a) la decorrenza degli effetti dei conferimenti;
     b) la  decorrenza  dell'abrogazione  delle  corrispondenti  norme
 stabilite dal decreto legislativo;
     c)  il trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane,
 strumentali ed organizzative.
   Numerose  disposizioni  del  sistema  legislativo  cosi'  delineato
 presentano  vizi  di illegittimita' costituzionale (cio' che, data la
 stretta connessione sussistente tra di  esse,  implica  l'invalidita'
 dell'intero d.lgs. n. 112/1998), per i seguenti motivi;
                             D i r i t t o
   1.  -  Violazione  degli  artt. 76, 117 e 118 della Costituzione da
 parte delle disposizioni che rendono incerti i conferimenti.
   A parte talune decorrenze puntualmente definite (v. ad esempio  gli
 artt.  115, comma 3, 130, commi 2 e 3, e 144, comma 3), l'art.  7 del
 decreto, con norma di carattere generale, prevede  -  come  e'  stato
 appena  evidenziato -  che le regioni potranno esercitare le funzioni
 conferite solo a partire dal momento che il Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri  indichera'  con  uno  dei  tanti provvedimenti fondati
 sull'art. 7 della legge  n.  59.  Il  provvedimento,  o  forse,  piu'
 provvedimenti, dovrebbero intervenire entro il 31 dicembre 1999 (art.
 3,   comma   6,   d.lgs.  n.  112),  e  dovrebbero  fissare  l'inizio
 dell'esercizio delle funzioni per un  giorno  non  successivo  al  31
 dicembre 2000 (art.  7, comma 2, lett. a).
   E'  peraltro  da osservare che la fissazione della data di concreto
 "trasferimento" potrebbe bene mancare,  senza  che  alcun  meccanismo
 consenta, attualmente, di stabilire una qualche forma di conferimento
 "automatico".
   E' vero che il comma 10 dell'art. 7 stabilisce che, se lo Stato non
 adotta  i  provvedimenti  di attuazione, la Conferenza unificata puo'
 predisporre gli schemi degli  atti  ed  inviarli  al  Presidente  del
 Consiglio,  ma  all'iniziativa  della  Conferenza  ancora  non segue,
 necessariamente, alcuna concreta fissazione di date.
   Allo  scopo  (stabilire  una  data  certa  di  conferimento   delle
 funzioni)  non  giova  nemmeno  il  bizzarro meccanismo inventato con
 l'ultimo comma dell'art.  7  del  decreto.  Ammesso  infatti  che  il
 congegno sia applicabile nel caso qui ipotizzato (cio' che e' dubbio,
 in quanto la disposizione si riferisce, alla lettera, solo al mancato
 trasferimento  delle  risorse),  e  che,  quindi,  il  Presidente del
 Consiglio lasci decorrere i termini che la legge gli assegna; che  la
 Conferenza  unificata  gli  segnali  la  scadenza del termine; che il
 Presidente del Consiglio conceda se stesso un periodo  ulteriore  per
 provvedere
  ammesso  che  si  veda  un  Presidente  del  Consiglio  considerarsi
 inadempiente e nominare a se stesso un  commissario  ad  acta;  tutto
 cio',  ammesso,  ancora  non  si  ha  una  data certa di inizio delle
 funzioni (e men  che  meno  la  si  avrebbe  ipotizzando  un  qualche
 intervento giurisdizionale ...).
   Dalle  disposizioni ricordate deriva dunque che - stando alle norme
 del decreto legislativo n. 112 la generalita' delle funzioni  non  e'
 stata  affatto  conferita, e che anche per il futuro non vi e' alcuna
 certezza di conferimento.
   Ma allora, se e' cosi', deve concludersi  che  il  Governo  non  ha
 attuato  la  legge di delega, che imponeva un trasferimento, sia pure
 graduale, di funzioni e compiti (art. 1, comma 1; art.  3,  comma  1,
 lett.  a)):  e  gradualita'  del  conferimento  non  puo' significare
 l'incertezza del suo stesso avverarsi.
   Da cio', a giudizio della  regione,  deriva  l'incostituzionalita',
 per  violazione  degli  artt.  76, 117 e 118 della Costituzione delle
 disposizioni  che  subordinano  la  decorrenza  dei  conferimenti  ai
 provvedimenti  amministrativi di cui all'art. 7 della legge n. 59: si
 tratta degli artt. 3, comma 6; 7, comma 1; 7, comma 2, lett.  a);  7,
 comma  8, lett.   a), limitatamente alle parole "l'individuazione del
 termine, eventualmente  differenziato,  da  cui  decorre  l'esercizio
 delle funzioni conferite".
   L'incostituzionalita'  dovrebbe  poi  essere estesa, per gli stessi
 motivi, a quelle disposizioni del decreto legislativo che ribadiscono
 in  piu'  punti  il  condizionamento  dell'esercizio  delle  funzioni
 regionali  ai  provvedimenti del Presidente del consiglio (l'art. 50,
 commi 2 e 3), o ad analoghi atti amministrativi dei quali non  vi  e'
 certezza alcuna (gli artt. 63 e 138, comma 2).
   La  eventuale dichiarazione di incostituzionalita' non impedirebbe,
 ovviamente al  legislatore  statale  di  fissare  altri  termini  per
 l'esercizio delle funzioni conferite, con le forme e nel rispetto dei
 limiti stabiliti dalla Costituzione.
   2.  -  Violazione  degli  artt. 76, 117 e 118 della Costituzione da
 parte di disposizioni che riservano allo  Stato  compiti  e  funzioni
 nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione.
   Numerose  disposizioni  riservano  allo Stato determinati compiti o
 funzioni, pur nelle materie che la  legge  di  delega  n.  59  voleva
 fossero "conferite" alle regioni.
   Una  prima  serie  di  riserve  ha ad oggetto funzioni ricadenti in
 materie, "proprie" della  regione,  sulla  base  dell'elenco  di  cui
 all'art.      117   della   Costituzione:  cosi'  e'  per  l'art.  13
 (artigianato); l'art.  44 (turismo ed industria alberghiera);  l'art.
 54  (urbanistica e lavori pubblici); l'art. 59 (edilizia residenziale
 pubblica);  l'art.  69,  comma   2   (protezione   della   natura   e
 dell'ambiente);  gli  artt.  115, 118, 119, 120, 121 comma 1, 124 (in
 materia di assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera,  con  personale  e
 strutture  relativi),  l'art.  129  (nelle  parti  in  cui concerne i
 servizi  sociali  a  favore  della  generalita'  dei  soggetti,   con
 esclusione,  cioe',  delle  particolari categorie di persone indicate
 dall'art. 1, comma  3,  della  legge  n.  59),  l'art.    142  (sulla
 formazione   professionale).      Tali   riserve   di  funzioni  sono
 incostituzionali,  per  violazione  degli  artt.  117  e   76   della
 Costituzione.    E'  vero  che  l'art.  3,  comma  1,  lett. a) della
 legge-delega  ha  demandato  ai  decreti  legislativi  di individuare
 "tassativamente le funzioni e i compiti da  mantenere  in  capo  alle
 amministrazioni  statali",  ma  cio'  doveva avvenire "ai sensi e nei
 limiti di cui all'art. 1". Nel quale art. 1 non  si  prevede  affatto
 una clausola generale di riserva allo Stato di compiti di "interesse,
 nazionale"  ma  si prevedono singole - per quanto numerose - ipotesi,
 ora con la esclusione dai "conferimenti" di intere materie (quelle di
 cui al comma 3), ora (e sono i casi considerati al comma  4)  con  la
 esclusione  di  compiti che pure - astrattamente - sarebbero ricaduti
 nelle materie da conferire. E' da evidenziare come questa sia l'unica
 interpretazione dell'art. 1 della legge  n.    59,  che  consenta  di
 attribuire un qualche significato alla disposizione del citato quarto
 comma:  infatti,  se  la  riserva di compiti di "interesse nazionale"
 fosse gia' stata  implicita  nel  sistema  (ricavabile  dal  comma  2
 dell'art.  1),  le  minuziose ipotesi del quarto comma risulterebbero
 del tutto prive di significato.  Tale risultato interpretativo  trova
 poi   conferma   e  rafforzamento  nei  criteri  direttivi  stabiliti
 dall'art. 4, comma 3, legge n. 59/1997, il quale obbligava il Governo
 a seguire: il  principio  di  completezza,  con  l'attribuzione  alla
 regione  dei  compiti ... non (gia') assegnati (lett. b)); i principi
 di   unicita'    e    responsabilita'    dell'amministrazione,    con
 l'attribuzione ad un unico soggetto dei compiti connessi, strumentali
 e   complementari  (lett.  e)),  il  principio  di  omogeneita',  con
 l'attribuzione di funzioni e compiti allo stesso livello  di  Governo
 che  gia'  esercitava competenze identiche o affini (lett. f)). Con i
 principi  direttivi  cosi'  posti  sono  in  radicale  contrasto   le
 menzionate  riserve di competenze, le quali mantengono la separazione
 di funzioni omogenee, accanto alla pluralita' delle amministrazioni e
 dei  soggetti  competenti,  con   conseguente   annacquamento   delle
 responsabilita'.    Il  legislatore  delegato,  operando  in  materie
 "proprie" della regione, e riservando allo Stato funzioni al di fuori
 dei casi considerati dall'art. 1 della legge n. 59, ha quindi violato
 gli artt. 117 e 76 della Costituzione (ed  anche  la  violazione,  di
 tale  ultima  disposizione  puo' farsi valere nella presente sede, in
 quanto gli artt. 1 e 4  della  delega  pongono  criteri  direttivi  a
 diretta  tutela  della  posizione  costituzionale  di autonomia della
 regione).
   3. -  Violazione  degli  artt.  76,  117,  comma  2,  e  118  della
 Costituzione.    da  parte  di  disposizioni che riservano allo Stato
 compiti e funzioni al di fuori delle  materie  di  cui  all'art.  117
 della Costituzione.
   Ma  la  violazione dell'art. 76 della Costituzione - e negli stessi
 termini - viene operata  pure  da  quelle  disposizioni  del  decreto
 legislativo   che  riservano  allo  Stato  funzioni  in  materie  non
 "proprie" della regione, al di fuori dei  casi  ammessi  dall'art.  1
 della  legge  n.   59. Si tratta degli artt. 18 e 29, comma 2 (per le
 parti in cui si riferiscono a funzioni - rispettivamente  concernenti
 le  industrie e l'energia - diverse da quelle ricomprese nell'art. 1,
 comma 3, legge n. 59/1997), dell'art. 33, dell'art. 65, dell'art. 85,
 degli  artt.  93,  98  e  104  (per  le  parti  in  cui  tali  ultime
 disposizioni  si  riferiscono, rispettivamente, alle opere pubbliche,
 alla viabilita' e ai trasporti di interesse "non regionale" ai  sensi
 dell'art.  117  della Costituzione), e dell'art. 137 (per la parte in
 cui non riguarda gli oggetti considerati dall'art. 1, comma 3,  lett.
 q) della legge n. 59/1997).
   Anche  in  tali  ipotesi,  infatti,  pur  in assenza di un puntuale
 fondamento costituzionale, l'attribuzione integrale dei compiti  alle
 regione  era  imposta  dalla legge di delega, sia in base all'art. 1,
 sia in base al principio di completezza di cui all'art. 4,  comma  3,
 lett.  b).
   4.  -  Violazione  degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, da
 parte delle disposizioni che hanno riservato allo Stato  "compiti  di
 rilievo  nazionale"  senza  osservare il procedimento stabilito dalla
 legge di delega.
   In attuazione del principio di cui all'art. 1, comma 4,  lett.  c),
 "compiti  di  rilievo  nazionale"  sono  riservati allo Stato in vari
 punti del decreto legislativo n. 112/1998. Vengono in rilevo, tra gli
 altri, gli artt. 29, comma 1; 52, comma 1; 69, comma 1; 77;  80;  83;
 88; 107; 156.  La stessa disposizione della legge di delega prevedeva
 pero'  che,  ai  fini  dell'individuazione  dei  predetti compiti, lo
 "schema" del decreto legislativo fosse predisposto "previa intesa con
 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
 province autonome", e che "in mancanza dell'intesa, il Consiglio  dei
 Ministri  delibera  motivatamente  in  via definitiva su proposta del
 Presidente del Consiglio dei Ministri".  Nonostante il preambolo  del
 decreto  legislativo dia atto della raggiunta intesa, il procedimento
 seguito ai fini dell'emanazione non ha affatto rispettato la legge di
 delega.  Ed invero, in primo luogo, non vi e' stata  alcuna  "intesa"
 preliminare   alla  adozione  dello  schema  da  parte  del  Governo:
 puramente e semplicemente, i compiti di rilievo nazionale sono  stati
 inseriti  direttamente nel testo approvato in Consiglio dei Ministri,
 e sull'intero testo e' stato  chiesto  il  parere  della  Conferenza,
 secondo  il  disposto dell'art.   6 della legge n. 59. Ma e' evidente
 che il "parere" ex art. 6 e la "intesa" ex art.  1,  comma  4,  della
 delega  sono  diversi  sia  per  oggetto,  sia per contenuto, sia per
 successione  temporale.     In  secondo  luogo,   comunque,   nemmeno
 successivamente  alla  predisposizione  governativa  dello  schema e'
 stata  raggiunta  la  necessaria  "intesa"  sui  compiti  di  rilievo
 nazionale,  come  si  ricava da piu' passi del verbale della riunione
 della conferenza Stato-regioni del 5 marzo 1998,  dal  quale  risulta
 anche  che  il  ministro  Bassanini, al termine della discussione sul
 punto, aveva proposto "di aggiornare la seduta, per quanto attiene il
 punto all'esame, e di costituire una serie di  tavoli  di  confronto,
 tecnico-politico   per   verificare   la  possibilita'  di  pervenire
 all'intesa"  (pag.  18).    In  conseguenza  dell'iter   erroneamente
 seguito,  il  Consiglio  dei  Ministri  non  ha  nemmeno  "deliberato
 motivatamente in via definitiva" sui punti di  mancata  intesa  (come
 imponeva la delega), ed in tal modo la regione e' stata privata della
 possibilita'   di   conoscere   sulla   base   di  quali  elementi  -
 costituzionali, legislativi, sociali e di fatto - determinati compiti
 debbano  essere  di  rilievo  nazionale,  cio'  che  e'  di  primaria
 importanza  quando  vengono  in  rilievo  concetti  quali  quello  di
 "interesse nazionale",  il  cui  uso  -  se  non  e'  assoggettato  a
 controllo   -  almeno  per  quanto  attiene  all'iter,  formativo  ed
 argomentativo  dei  provvedimenti  che  ispira  -  puo'  condurre  ad
 "espropri"  di  qualsivoglia  estensione  ed  intensita',  sia  delle
 materie  costituzionalmente  attribuite  alle   regioni   sia   delle
 "materie"  che  il  Parlamento  ha imposto al legislatore delegato di
 "conferire"  comunque  alle  regioni  medesime.    Da  quanto esposto
 risulta che - in relazione  alle  disposizioni  denunciate  -  si  e'
 omesso  un  anello  del procedimento, quale risultante dalla legge di
 delega; e l'omissione importa la violazione di un limite  "ulteriore"
 imposto  al  Governo  a  tutela  dell'autonomia  delle  regioni,  con
 conseguente  illegittimita'  delle  norme   contenute   nel   decreto
 delegato.
   5.  -  Violazione  degli  artt.  76,  117  e  118,  comma  1, della
 Costituzione,  da  parte   delle   disposizioni   che   attribuiscono
 direttamente  agli  enti  locali  compiti  e funzioni ricadenti nelle
 materie di cui all'art.  117 della Costituzione.  Talune disposizioni
 del decreto legislativo, intervenendo in materie comprese nell'elenco
 costituzionale, attribuiscono direttamente funzioni e,  compiti  alle
 province,  ai  comuni,  ad  altri  enti  locali.   Si tratta di norme
 incostituzionali, in quanto: a) sottraggono alla regione funzioni  ad
 essa  spettanti  sulla base degli artt. 117 e 118 della Costituzione;
 non  trovano  fondamento  sull'art.  118  della   Costituzione,   non
 trattandosi  di  compiti  di  "interesse esclusivamente locale" (come
 invece puo' essere in taluni,  limitati,  casi:  ad  esempio,  quello
 dell'art.  117,  comma  1,  primo  periodo, del decreto n. 112); c) e
 comunque, violano l'art. 76 della Costituzione, poiche'  l'art.    4,
 comma  1,  della  legge di delega stabilisce che nelle materie di cui
 all'art. 117 della Costituzione l'attribuzione delle funzioni  e  dei
 compiti  deve  essere operata a favore delle regioni cui e' riservata
 la valutazione circa la necessita' che  gli  stessi  siano  svolti  a
 livello  regionale o meno.  Tra le disposizioni che presentano questo
 vizio si denunciano specificamente:  l'art. 41, comma 3,  relativo  a
 funzioni  amministrative  in  materia  di fiere e mercati; l'art. 66,
 comma 1, lett. b) e c),  incidente  nella  materia  dell'agricoltura;
 l'art.  99,  comma  3,  secondo periodo, che attribuisce direttamente
 alle  province  "le  funzioni   di   progettazione,   costruzione   e
 manutenzione  della  rete stradale", incidendo illegittimamente sulle
 materie regionali della viabilita' e dei lavori pubblici;  gli  artt.
 131,  comma  2,  e  132,  i  quali,  intervenendo nella materia della
 beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera, indicano
 direttamente (o per il tramite di una  legge  regionale  a  contenuto
 vincolato) quali funzioni spettano a comuni e province.
   6.  - Violazione degli artt. (76), 117 e 118 della Costituzione, da
 parte delle disposizioni che assegnano alla regione  il  termine  per
 conferire funzioni e compiti amministrativi agli enti locali.
   6.1.  -  Secondo  l'art.  3,  comma  1, del decreto legislativo, la
 regione entro sei mesi dalla  emanazione  del  decreto  stesso,  deve
 determinare  quali funzioni richiedono l'unitario esercizio a livello
 regionale, provvedendo contestualmente a  conferire  tutte  le  altre
 agli  enti  locali  (analoga disposizione e' contenuta nell'art. 132,
 comma 1, primo periodo).   Ora, a  prescindere  dalle  considerazioni
 (gia'  svolte  e  da  svolgere:    cfr.,  nn.  1  e 7) in ordine alla
 incertezza  sulla   effettivita'   dei   conferimenti,   sulla   loro
 estensione, sul trasferimento delle risorse necessarie, il termine di
 sei  mesi  e' incostituzionale, in quanto - essendo irragionevolmente
 breve - lede nel suo complesso l'autonomia organizzativa, legislativa
 ed amministrativa  della  regione.  La  brevita'  del  termine  rende
 pressoche'   inevitabile   il   mancato  rispetto  di  esso,  con  la
 conseguenza  che  la  regione  dovrebbe  altrettanto  inevitabilmente
 essere   "sostituita"   dal   Governo:   e'  pero'  evidente  che  la
 "sostituzione", se inevitabile, non e' piu'  tale,  ma  si  configura
 come   una  vero  esproprio  di  competenze.    Che  il  termine  sia
 irragionevolmente breve, e' provato da vari elementi:
     a) La vastita' ed eterogeneita' delle materie toccate dal decreto
 legislativo n. 112  richiede  da  parte  regionale  una  ricognizione
 dell'intera  legislazione  amministrativa vigente, non solo regionale
 ma  anche  statale,  posto  che  i  compiti  conferiti   sono   stati
 individuati  con  la  clausola  generale della spettanza alla regione
 delle funzioni non attribuite a soggetti diversi.   In qual  modo  la
 regione  possa  riuscire ad operare l'individuazione e la valutazione
 di tutte queste funzioni nel termine  di  sei  mesi,  non  e'  pero',
 nemmeno  concepibile; lo stesso Governo, per l'emanazione del decreto
 n. 112, ha  ottenuto  dal  Parlamento  che  il  termine  inizialmente
 previsto  in  nove  mesi dall'entrata in vigore della legge di delega
 fosse prorogato al 31 marzo 1998 (art. 7, comma 1,  legge  15  maggio
 1997,  n.  127):  ed e' riuscito a rispettarlo, come si e' visto e si
 vedra' (cfr. nn. 1 e 9) solo ricorrendo massicciamente a rinvii e  ad
 "autodeleghe".
     b) Oltre a cio', poiche' il periodo assegnato decorre dal momento
 della  emanazione  del decreto legislativo, avvenuta il 31 marzo, una
 parte di esso, era gia' trascorsa al momento in  cui  la  regione  ha
 avuto  conoscenza  ufficiale del testo, a seguito della pubblicazione
 in Gazzetta Ufficiale, sotto la data del 21 aprile (per tacere  della
 circostanza  che la disponibilita' materiale della Gazzetta non vi e'
 stata prima del 30 aprile).
     c) L'irragionevolezza del termine risulta inoltre dal  fatto  che
 esso   non   tiene   alcun   conto  degli  adempimenti  che  dovranno
 necessariamente intervenire nel procedimento legislativo regionale de
 quo. Per quanto  riguarda  la  ricorrente,  regione  del  Veneto,  in
 particolare,  va  ricordato  che  il  primo  comma dell'art. 55 dello
 Statuto stabilisce che la delega delle funzioni  amministrative  agli
 enti   locali   puo'  essere  conferita  solo  dopo  che  sono  stati
 "consultati gli enti interessati" (si tratta di  una  norma,  la  cui
 violazione  ha  gia' indotto questa Corte costituzionale ad annullare
 una  legge  della  regione  con  la  sentenza  n.  993   del   1988):
 consultazione  che si aggiunge a quella imposta dall'art. 4, comma 1,
 della legge n. 59 del 1997.
   6.2. - Per il caso in cui si ritenga che la fissazione del  termine
 in  discorso risultasse imposta al legislatore delegato dall'art.  4,
 comma 5, legge 59/1997 (che pero' disciplina  un  caso  assolutamente
 anomalo  -  e  incostituzionale, ad avviso della regione - di "delega
 eventuale"), questa difesa chiede che la Corte costituzionale sollevi
 dinanzi  a  se  stessa  questione  di  legittimita'  della   predetta
 disposizione,  in riferimento ai parametri e ai motivi richiamati con
 riferimento alle corrispondenti disposizioni del decreto legislativo,
 che vengono allora conseguentemente impugnate  anche  per  violazione
 della legge di delega.
   7.   -  Violazione  dell'art.  119  della  Costituzione,  da  parte
 dell'art.  7, comma 3, del decreto legislativo.  L'art. 7,  comma  3,
 del  decreto  impugnato  prevede  che alle regioni e agli enti locali
 sono "attribuiti beni e risorse corrispondenti per ammontare a quelli
 utilizzati dallo Stato per  l'esercizio  delle  medesime  funzioni  e
 compiti  prima del conferimento", tenendosi contro, tra l'altro, "dei
 beni  e  delle  risorse  utilizzati  dallo Stato in un arco temporale
 pluriennale, da un minimo di tre  ad  un  massimo  di  cinque  anni".
 Questa    disposizione   -   anche   per   effetto   della   assoluta
 indeterminatezza dei "criteri" di cui alle  lettere  b)  e  c)  dello
 stesso  comma  -  lede  l'autonomia  finanziaria  regionale garantita
 dall'art. 119 della Costituzione, in quanto non solo  non  determina,
 ma  neppure consente di determinare con sufficiente certezza di quali
 risorse sara' possibile disporre.    L'indeterminatezza  dipende  dal
 fatto  che  e'  stato  rimesso  al  Governo  di  scegliere sia l'arco
 temporale di riferimento, sia l'anno-base per il calcolo; e a partire
 da questo dato, poi, all'amministrazione statale si  e'  lasciata  la
 possibilita'  di  operare  qualsiasi  tipo di variazione, in quanto i
 criteri delle lettere  b)  e  c)  dello  stesso  comma  consentono  -
 all'evidenza  - operazioni di qualsivoglia segno.  E' da rilevare che
 l'incertezza  in  ordine  alle   risorse   da   trasferire   concerne
 direttamente  la  disposizione  normativa impugnata, e pertanto e' ad
 essa (e non agli emanandi provvedimenti del Presidente del  Consiglio
 dei   Ministri)   che  va  riferita  in  modo  immediato  la  lesione
 dell'autonomia finanziaria regionale.  La lesione qui sostenuta (come
 pure quella denunciata al numero seguente) non sembra a questa difesa
 che possa essere esclusa sulla base, dell'orientamento  affermato  da
 codesta  Corte costituzionale, per il quale spese di modesta entita',
 che lo Stato faccia gravare senza copertura sulla finanza  regionale,
 non  potrebbero  compromettere  l'autonomia dell'ente autonomo (v. ad
 esempio la sentenza 307/1983).   Nel  caso  in  oggetto,  invero,  le
 dimensioni  dei  "conferimenti"  (e  dei  "ritrasferimenti" agli enti
 locali) sono comunque tali da importare l'impiego di mezzi  economici
 rilevantissimi.
   8.  -  Violazione  dell'art.  119 della Costituzione da parte della
 disposizione che obbliga la regione a  trasferire  agli  enti  locali
 mezzi  finanziari.    Incostituzionale,  per violazione dell'art. 119
 della Costituzione, e' l'art. 3, comma  3,  del  d.lgs.  n.  112,  in
 rapporto  all'art.  7 dello stesso decreto.  Secondo la disposizione,
 la regione, entro il prossimo 30 settembre, dovrebbe attribuire  agli
 enti   locali  i  mezzi  necessari  a  coprire  gli  oneri  derivanti
 dall'esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti, "nel rispetto
 dell'autonomia organizzativa e regolamentare" degli enti  stessi.  Ma
 e'  chiaro,  che  la  disposizione lede l'autonomia finanziaria della
 regione, in quanto non si vede da quali fonti essa  possa  trarre  le
 necessarie  risorse,  posto  che,  alla  regione beni e mezzi saranno
 attribuiti (se lo saranno...) soltanto in futuro,  dai  provvedimenti
 governativi  da  adottarsi  ai  sensi  dell'art.  7 d.lgs. 112/1998 e
 dell'art.  7 della legge 59/1997.
   9. - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della  Costituzione,  per
 mancato  riordinamento  delle  strutture e per mancata individuazione
 delle  modalita'  di  trasferimento  del  personale.     Il   decreto
 legislativo  n.  112  non ha dato attuazione ad una serie di principi
 stabiliti dalla legge con delega.  Con le lettere d) ed e)  dell'art.
 3,  comma 1, legge n. 59/1997, il Parlamento aveva imposto al Governo
 di provvedere alla soppressione, trasformazione o accorpamento  delle
 strutture  centrali e periferiche interessate dal conferimento, oltre
 che di individuare le modalita' e le procedure per  il  trasferimento
 del  personale  statale;  la  norma  di delega conteneva un rinvio ai
 provvedimenti amministrativi ex art. 7, legge n. 59/1997, ma soltanto
 per quanto attiene alle modalita' della soppressione delle strutture.
 Salve talune limitate eccezioni (ad esempio, quelle di cui agli artt.
 50,  comma  1,  92,  comma  4,  96,  comma  2, 106, comma 2, 134), il
 legislatore delegato ha invece sostanzialmente omesso di  provvedere.
 Di  singole disposizioni di rinvio al futuro e' cosparso il testo del
 decreto, con norme con le quali il Governo pretende di  autodelegarsi
 il  potere  legislativo  (si  vedano ad esempio gli artt. 58, 75, 92,
 commi 2 e 3, 106, comma 1, 109, comma 2, 146, oppure, ancora,  l'art.
 67,  comma  1. Stando all'ultima disposizione citata, l'avere scritto
 le parole "un apposito organismo tecnico" entro  il  31  marzo  1998,
 termine  ultimo  per  l'esercizio  della  delega;  legittimerebbe  il
 Governo ad  istituire  quell'organismo  con  decreti  "correttivi  ed
 integrativi"  entro  il  31 marzo 1999, sulla base dell'art. 10 della
 legge di delega³  Per  inciso,  sia  detto  che  il  contenuto  della
 "autodelega",  per  la  parte  in  cui  vorrebbe escludere la regione
 dall'organismo, sarebbe incostituzionale, posto che di esso  dovrebbe
 servirsi nello svolgimento delle proprie funzioni).  Accanto a queste
 specifiche  previsioni, rinvii "generali" sono disposti dagli artt. 7
 e 9 del decreto impugnato: per quanto riguarda il personale, il comma
 4, dell'art. 7, si rimette ai (futuri) provvedimenti  governativi  ex
 art.  7  della  legge  n.  59;  per  quanto riguarda le strutture, il
 successivo art. 9 rinvia, oltre che agli atti  amministrativi  appena
 ricordati,  anche  ai  decreti  previsti  dagli  artt.  10 e 11 della
 medesima legge n. 59. Il richiamo all'art. 10 della legge  delega  e'
 pero'  fuori  luogo, perche' esso prevede decreti legislativi recanti
 disposizioni correttive ed integrative di quelle  gia'  emanate,  che
 nel  caso  invece  non vi sono; e fuori di luogo e' anche il richiamo
 all'art. 11, che  da'  al  Governo  una  delega  in  materie  affatto
 diverse,  quali  il  pubblico  impiego  e  gli  apparati  statali non
 interessati dal conferimento di funzioni.   Sostanzialmente,  quindi,
 con  il decreto delegato n. 112 il Governo si e' limitato a stabilire
 che sara' esso stesso, ma con i provvedimenti amministrativi ex  art.
 7,  legge n. 59/1997, a disciplinare quegli aspetti della materia cui
 fa riferimento l'art. 3, comma 1, lett.  d) ed e), della legge n. 59.
 Secondo  questa  difesa,  le  omissioni  legislative   rilevate   non
 implicano  tanto  che  il  decreto legislativo impugnato sia solo una
 attuazione  parziale  della  delega,  ma  concretano   piuttosto   un
 illegittimo  esercizio  del potere delegato, e cio' in considerazione
 della  strettissima  connessione  esistente  tra   le   "parti"   qui
 considerate  della  delega  attribuita con la legge n. 59. Ed invero,
 l'indicazione delle strutture oggetto del  riordinamento,  come  pure
 quella  del  personale da trasferire, erano essenziali, nell'impianto
 della legge n. 59 del 1997, per dare  concretezza  ai  "conferimenti"
 queste  norme  dovevano  concorrere  congiuntamente ad identificare i
 compiti ed il personale trasferiti, e la loro mancanza rende  viziato
 l'intero esercizio della delega.
   10.  - Violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, per
 mancata individuazione degli strumenti di  raccordo  e  cooperazione.
 L'art.  3,  comma  1,  della  legge  n.  59  obbligava  il  Governo a
 prevedere, con il  decreto  legislativo,  procedure  e  strumenti  di
 raccordo  "che consentano la collaborazione e l'azione coordinata tra
 enti locali, tra regioni e tra i diversi  livelli  di  governo  e  di
 amministrazione"  (lett. c)); le modalita' per l'avvalimento da parte
 dello Stato di uffici regionali e locali (lett. f)); il  conferimento
 a  particolari strutture organizzative di funzioni che non richiedono
 l'esercizio esclusivo da parte delle  regioni  e  degli  enti  locali
 (lett.  g)).    Tali  principi,  in  buona sostanza, ed anche qui con
 alcune limitate eccezioni (v. ad esempio l'art. 111,  comma  1),  non
 sono  stati  attuati dal d.lgs. n. 112/1998, con violazione dell'art.
 76 della Costituzione e - trattandosi di criteri, concretanti  misure
 di  tutela  e  garanzia a favore delle regioni - con violazione anche
 degli  artt. 117 e 118 della Costituzione. Va tra  l'altro  osservato
 che,   l'individuazione   di   tali  strumenti  di  raccordo  avrebbe
 probabilmente indotto a non operare quei ritagli di materie a  favore
 dello  Stato,  che  invece sono stati illegittimamente disposti, come
 sopra si e' osservato.
   11. -  Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione da parte
 dell'art.  25,  comma  2,  del  decreto.    L'art.  25  del   decreto
 legislativo   fissa   il  principio  dell'unicita'  del  procedimento
 amministrativo  in  materia  di  autorizzazione  all'insediamento  di
 attivita'   produttive;  esso  sara'  disciplinato  con  uno  o  piu'
 regolamenti, i quali - tra l'altro - dovranno prevedere che, nel caso
 in cui il progetto contrasti  con  le  previsioni  di  uno  strumento
 urbanistico,  si  possa  ricorrere alla conferenza di servizi, la cui
 determinazione (se vi e' accordo sulla  variazione  dello  strumento)
 costituisce   proposta   di   variante,   sulla  quale  si  pronuncia
 definitivamente il consiglio comunale (comma  2,  lett.  g)).    Tale
 previsione lede la competenza regionale in materia di urbanistica, in
 quanto espropria la regione del potere di concorrere alla definizione
 dell'assetto urbanistico.
   12. - Riserva di illustrazione.
   La  difesa  della  regione e' consapevole della sinteticita' con la
 quale sono stati  esposti  i  motivi  di  impugnazione  del  presente
 ricorso.    Cio'  e',  dovuto al fatto che i termini processuali sono
 assai ristretti, se  raffrontati  con  la  complessita'  dell'oggetto
 dell'impugnazione e con la vastita' delle materie che esso tocca.  Si
 fa quindi espressa riserva di ulteriore illustrazione delle questioni
 sollevate,  chiedendo sin d'ora che la Corte costituzionale, nel caso
 accolga il ricorso,  valuti  la  possibilita'  di  fare  applicazione
 dell'art.  27, legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiarando "quali sono le
 altre disposizioni legislative, la  cui  illegittimita'  deriva  come
 conseguenza della decisione adottata".