IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 183/1996 r.g. trib. contro Radanich Remigio, imputato del reato di cui agli atti 110 cp, 223 in rel. a 216 nn. 1 e 2 l.f. e altro. Premesso in fatto All'udienza dibattimentale dell'8 gennaio 1998, Becci Ezio, Mari Claudio e Zele Dario, citati ex art. 210 c.p.p., si avvalevano della facolta' di non rispondere. Il pubblico ministero, preso atto di quanto sopra, chiedeva di essere autorizzato a produrre i verbali delle dichiarazioni da questi ultimi rese alla polizia giudiziaria, su delega del p.m. medesimo, nel corso delle indagini preliminari e, constatato il dissenso del difensore dell'imputato, sollevava eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 513 c.p.p., cosi' come sostituito dall'art. 1, legge 7 agosto 1997, n. 267. Considerato in ditto Ritiene il Collegio che, nella fattispecie oggi in esame, sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale non gia' della norma di cui all'art. 513 c.p.p. nella sua nuova formulazione, bensi' di quella di cui all'art. 6, comma 2, legge n. 267/1997 per contrasto con gli artt. 3, 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione. Sotto il primo profilo osserva il Tribunale che e' del tutto evidente che un'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma suddetta, nella parte in cui fa dipendere la pur limitata efficacia probatoria delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p., dalla gia' eseguita lettura di esse in fase dibattimentale, consentirebbe l'utilizzazione ai fini decisori, pur con le limitazioni segnate dal comma 5, anche dei verbali delle dichiarazioni di cui, alla data di entrata in vigore della nuova normativa, non era stata ancora data lettura, altrimenti inutilizzabili per effetto del mancato consenso alla lettura espresso dalla Difesa ai sensi del sopravvenuto art. 513, comma 2, c.p.p. In contrario, non varrebbe addurre che tale negativa eventualita' avrebbe potuto essere ovviata mediante ricorso, da parte del p.m. alla procedura di cui all'art. 6, comma 1, citata legge 267/l997. Invero, anche ad ammettere che il ricorso alla procedura dell'incidente probatorio non sia limitato alla sola fase delle indagini preliminari, ma sia esperibile anche in sede dibattimentale, non resterebbe per tale via superata la problematica in questione. Ed infatti, nell'ipotesi di rinnovato esercizio da parte dell'imputato di reato connesso in sede di incidente probatorio della facolta' di non rispondere, resterebbe comunque preclusa la applicazione della disciplina probatoria introdotta dalla norma transitoria. Sotto il secondo profilo, sembra al Collegio che il far dipendere l'applicazione del particolare regime probatorio di cui all'art. 6, comma 5, cit. legge 267/1997 da un dato del tutto casuale, quale quello della gia' avvenuta lettura dei verbali delle dichiarazioni rese ai sensi del previgente art. 513, comma 2, c.p.p., contrasta con i criteri di razionalita' e giustificatezza sottesi al principio costituzionale di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma primo, Cost. La normativa in esame appare altresi' in conflitto, da un lato, con l'esigenza del "buon andamento" dell'amministrazione della giustizia e, in particolare, con quella dell'efficienza del processo penale (art. 97, primo comma, Cost.), dall'altro con il principio che vuole il giudice soggetto solo alla legge, laddove invece nell'attuale assetto dell'istituto l'esercizio della giurisdizione resta di fatto assoggettato alle scelte incontrollabili degli imputati di reato connesso (art. 101 Cost.). Si impone, pertanto, ad avviso del collegio, un intervento del giudice delle leggi, diretto ad assicurare uniformita' di trattamento, in ordine al particolare regime probatorio delineato dall'art. 6, comma 5, della legge, a tutti i procedimenti pervenuti alla fase del giudizio, anche al fine di garantire, pur nei limiti segnati dal comma 5, le scelte processuali effettuate dal P.M. nella vigenza dell'abrogata disciplina processuale. Consegue la sospensione del processo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio.