IL TRIBUNALE
   A scioglimento della riserva espressa nella pubblica udienza del 26
 marzo  1998,  ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sulla questione di
 legittimita' costituzionale dell'art.  6,  comma  2,  della  legge  7
 agosto  1997, n. 267, in relazione all'art. 513, comma 2, c.p.p. come
 modificato dall'art. 1  della  legge  7  agosto  1997,  n.  267,  con
 riferimento   agli   articoli   3,   101,   111,   112   della  Carta
 costituzionale, nel procedimento penale n. 299/1996 iscritto a carico
 di Correra Antonio e Fioriti Luca, imputati,  entrambi,  di  concorso
 nel reato di abuso d'ufficio continuato.
   Premessa.
   Gli  imputati  sono stati rinviati a gudizio con decreto del g.u.p.
 del tribunale di Pescara  del  15  luglio  1996.  All'udienza  del  3
 gennaio  1997,  costituite  le  parti,  il processo subiva due rinvii
 (uno, su richiesta del p.m, per assenza dei  testi,  e  l'altro,  per
 astensione  dei  difensori dalle udienze penali) fino all'udienza del
 27 febbraio 1998, allorche' veniva dichiarato aperto il dibattimento.
 Espletati in buona  parte  i  mezzi  di  prova  richiesti  dal  p.m.,
 all'udienza  del  26  marzo  1998  il teste Marinucci, indicato nella
 lista del p.m. ed imputato in procedimento connesso, gia'  prosciolto
 con  sentenza  del  g.u.p., dichiarava di avvalersi della facolta' di
 non rispondere a norma dell'art. 210, comma  4,  c.p.p.  Sul  mancato
 consenso  dei  difensori degli imputati alla lettura, ed acquisizione
 al fascicolo dibattimentale, del verbale delle dichiarazioni rese dal
 Marinucci al p.m. nel  corso  delle  indagini  preliminari,  il  p.m.
 prospettava  la  questione di legittimita' costituzionale in epigrafe
 indicata.  Il  tribunale  riservava  la   decisione,   quindi,   alla
 successiva  udienza  del  6  aprile  1998,  sentiti i difensori degli
 imputati che  contestavano  la  fondatezza  della  questione,  ed  il
 difensore della parte civile che, invece, si associava alla richiesta
 del  p.m.,  essendo stato completato l'esame dei testi della pubblica
 accusa, veniva data lettura della presente ordinanza in  presenza  di
 tutte le parti.
                             O s s e r v a
   Ritiene   il  Collegio  che,  nel  caso  di  specie,  ricorrano  le
 condizioni della rilevanza e della non manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale prospettata dal p.m.
   Sulla rilevanza.
                               In fatto
   La  questione  e  rilevante  ai  fini  della decisione in quanto le
 dichiarazioni rese da chi sia stato gia' imputato di  concorso  nello
 stesso reato per il quale si procede, e poi prosciolto, ineriscono ai
 fatti  che  costituiscono  oggetto  della  imputazione  ed,  inoltre,
 provengono da persona che, avendo ricoperto  il  ruolo  di  direttore
 provinciale  dell'Ente  Poste  di  Pescara nel periodo immediatamente
 successivo a quello  in  cui  la  direzione  dell'ente  era  affidata
 all'imputato  Correra  Antonio,  si  e'  trovato  nelle condizioni di
 conoscere direttamente la  natura  e  la  consistenza  delle  pretese
 attivita' illecite (attualmente sub iudice) compiute dal predecessore
 nella  "gestione" del personale dipendente, mediante la violazione di
 leggi  e  regolamenti  che,  come  e'  noto,  costituisce  l'elemento
 materiale  del  reato previsto dall'art.  323 c.p. come novellato con
 legge n. 234/1997.
                              In diritto
   La   norma sospettata di incostituzionalita', allo stato, impedisce
 l'ingresso   nel   fascicolo    del    dibattimento    del    verbale
 predibattimentale  dell'imputato  in  procedimento connesso che si e'
 avvalso della facolta' di  non  rispondere.  Infatti,  alla  data  di
 entrata  in vigore della legge n. 267/1997, il giudizio de quo era in
 corso, essendo state  gia'  costituite  pubblicamente  le  parti  del
 rapporto  processuale,  senza,  pero', che a quella data, fosse stata
 gia' data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dal  Marinucci
 nel  corso delle indagini preliminari. Risulta, percio', di immediata
 applicazione la nuova disposizione  processuale  contenuta  nell'art.
 513,  comma  secondo c.p.p., non essendo possibile, ne' il ricorso al
 regime transitorio regolato dall'art. 6, comma 2-5 della citata legge
 - regime riservato al caso in cui, nel giudizio in corso,  sia  stata
 gia'  disposta  la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dalle
 persone indicate nell'art.  513, c.p.p. al p.m. o alla p.g. da questi
 delegata o al g.i.p. o al g.u.p. -  ne'  il  ricorso  alla  norma  di
 salvaguardia,  contenuta  nel  comma primo del citato articolo 6, con
 cui  viene  consentito  al  p.m.,  allo  scopo   di   recuperare   le
 dichiarazioni    dell'imputato    in    procedimento   connesso   nel
 contraddittorio delle parti, di chiedere l'incidente probatorio anche
 dopo l'esercizio dell'azione penale (che, come e' noto, si perfeziona
 con la chiusura delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a
 giudizio), e quindi, non oltre la emissione del decreto  che  dispone
 il giudizio.
   A   tutto   concedere,   pur  aderendo  alla  interpretazione  meno
 restrittiva, secondo cui il ricorso del p.m. all'incidente probatorio
 sarebbe stato possibile, con la  preclusione  di  ogni  utilizzazione
 successiva  del verbale di interrogatorio, anche dopo l'emissione del
 decreto che dispone il giudizio (e cio'  alla  luce  della  decisione
 della  Corte  costituzionale  del  10  marzo 1994, n. 779, con cui e'
 stata ritenuta  la  ammissibilita'  dell'incidente  probatorio  anche
 durante  la  fase  dell'udienza preliminare), e' ragionevole ritenere
 che una competenza funzionale del g.i.p.,  non  sia  certamente  piu'
 consentita   dopo   che   il  procedimento  penale  e'  approdato  al
 dibattimento.
   Resta  fermo  che,   in   questa   sede,   non   risultano   essere
 immediatamente  rilevanti, ai fini della decisione da assumere, tutti
 gli altri profili di incostituzionalita' dell'art. 513 c.p.p.,  posto
 che  la  rilevanza della questione di costituzionalita' da sottoporre
 al vaglio del giudice delle leggi, e'  limitata  alla  portata  delle
 disposizioni contenute nella norma transitoria (art. 6 ).
   Sulla non manifesta infondatezza.
   Il  regime  transitorio  disciplinato  dall'art. 6, comma 2-5 della
 legge  n.  267/1997  non  e'   esente   da   specifici   profili   di
 incostituzionalita',  quando, per i giudizi in corso, il Legislatore,
 al palese scopo di recuperare l'oralita' e il  contraddittorio  nella
 formazione   della   prova,  e  quindi  di  consentire  una  graduale
 sostituzione   della   vecchia   normativa,   limita   la    parziale
 retroattivita'  della  nuova  norma  processuale, attraverso il nuovo
 esame dell'imputato in procedimento connesso, al solo caso in cui, al
 momento della entrata in vigore della legge n. 267,  sia  stata  gia'
 disposta la lettura delle dichiarazioni predibattimentali.
   Giova  sottolineare, a questo punto, che, in un recente passato, la
 Corte costituzionale ha piu' volte ribadito che i  principi  fondanti
 del  nuovo  processo  penale,  di tipo accusatorio, sono non soltanto
 quelli della pubblicita' e oralita' del  processo,  ma  anche  quello
 della  ricerca  della verita', cui e' legato, come corollario, quello
 della non dispersione della prova necessario  per  pervenire  ad  una
 giusta  decisione  (ex  plurimis  Corte  cost. n. 255/1992 in tema di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 500, comma 3 e 4, c.p.p.    -
 vecchia  formula;  n.  241/1994  in  tema  di  "ragionevolezza  della
 codificazione di un criterio logico  -  argomentativo  da  parte  del
 legislatore  nella  sua discrezionalita', sia in raffronto ad ipotesi
 analoghe, per le quali valga l'opposto principio  di  utilizzabilita'
 probatoria,  sia  anche  e  soprattutto,  in  termini  assoluti,  con
 riguardo  alla  funzione  stessa  della  giurisdizione  penale";   n.
 179/1994  in  tema  di  lettura  di  dichiarazioni  rese  da prossimi
 congiunti che si avvalgano, in dibattimento, della  facolta'  di  non
 rispondere  -  verbale che viene considerato come atto irripetibile).
 Ed ancora vanno ricordati i principi, di rango costituzionale,  della
 obbligatorieta'  della  azione  penale e della uguaglianza di tutti i
 cittadini di fronte alla legge, principi entrambi in conflitto con la
 concezione di un modello processuale penale che dovesse ammettere  il
 principio dispositivo della prova (v. Corte cost. n. 111/1993 ).
   Tutti i suesposti principi fondamentali, riconducibili ai parametri
 di  rilievo  costituzionale  di cui agli artt. 3, 101, 111, 112 della
 Carta costituzionale, risultano indubbiamente vulnerati  dalla  nuova
 disciplina processuale regolata dagli articoli di legge da sottoporre
 a  scrutinio di legittimita'. E' irragionevole, infatti, la scelta di
 un meccanismo processuale di recupero  della  prova  che,  in  regime
 transitorio,   tratti   situazioni   identiche  in  maniera  diversa,
 consentendo l'acquisizione del verbale di  interrogatorio,  sia  pure
 con  ridotta  efficacia probatoria, quando sia stata gia' disposta la
 lettura, ed escludendola quando  tale  lettura,  per  un  mero  fatto
 accidentale  o  casuale, non sia ancora avvenuta. La irragionevolezza
 di un simile sistema processuale,  imputabile  probabilmente  a  mera
 dimenticanza,  e'  ancora piu' vistosa nel caso in cui la lettura sia
 stata fissata nel dibattimento, nel quadro della consueta  gradazione
 delle  attivita' istruttorie, in una data che e' successiva di appena
 un  giorno  a  quella  di  entrata  in  vigore  della   nuova   legge
 processuale.
   Il  sospetto  di  incostituzionalita'  della  norma in rassegna, e'
 quindi  fondato,  specie  ove  si  consideri  la  patente  violazione
 dell'art  3 della Carta costituzionale che si consuma ogni volta che,
 anche nell'ambito di uno stesso processo che conta numerosi  imputati
 in  procedimento  connesso,  alcuni siano stati esaminati prima della
 entrata in vigore della legge n.  267,  ed  altri  dopo  (ipotesi  di
 dipendenza  della  prova da fattori oggettivamente temporali), ovvero
 quando una  parte  degli  imputati  in  procedimento  connesso  abbia
 accordato  il  consenso  alla lettura, mentre altri lo abbiano negato
 (ipotesi di dipendenza della prova da fattori meramente  soggettivi),
 con  il  conseguente  irrimediabile  pregiudizio dell'esercizio della
 giurisdizione, della esigenza di accertamento della  verita'  (valida
 per un imputato e non per un altro) e del principio di uguaglianza di
 tutti i cittadini di fronte alla legge.
   Non  ignora  il tribunale che le norme transitorie sono espressione
 di discrezionalita'  legislativa  (Corte  costituzione  27  settembre
 1990,  n.  419  in Cass. Pen. 1991, II, 72). Nella parte motiva della
 citata  decisione  della   Consulta,   tuttavia,   e'   stata   anche
 sottolineata la necessita' che il Legislatore stabilisca "un criterio
 atto  ad assicurare la graduale sostituzione della nuova alla vecchia
 disciplina, senza individuare particolari situazioni  nell'ambito  di
 una  medesima  categoria  di  soggetti, bensi' facendo riferimento ad
 inevitabili fattori naturali  esterni,  quale  l'iter  temporale  dei
 procedimenti  penali".  Orbene,  nel  caso  della  norma  transitoria
 sottoposta a scrutinio di legittimita' costituzionale, norma  con  la
 quale,  indubbiamente,  e'  stato  fissato  un  criterio oggettivo di
 diritto intertemporale con effetti capaci di incidere sul  meccanismo
 di   acquisizione   delle  prove,  non  puo'  certo  essere  ritenuta
 ragionevole  una  evidente  disparita'  di  trattamento  rispetto   a
 situazioni identiche che stazionano nell'ambito dello stesso processo
 e nella medesima fase processuale.
   E'   appena  il  caso  di  sottolineare,  infine,  che  non  e'  in
 discussione, in questa sede, la ragionevolezza della applicabilita' o
 inapplicabilita' della norma transitoria tout court in  un  grado  di
 giudizio  piuttosto  che  in  un  altro  (questione  sulla  quale  la
 giurisprudenza di legittimita' e' rimasta divisa fino  alla  discussa
 sentenza  delle  sezioni unite del 25 febbraio 1998 che ha risolto il
 contrasto nel senso della applicabilita' della nuova disciplina anche
 nel giudizio di Cassazione).   La questione,  invece,  e'  quella  di
 stabilire  se,  nel quadro dei principi suesposti, sia ragionevole la
 previsione normativa di una  parziale  retroattivita'  del  riformato
 art.  513  c.p.p.,  nel  medesimo  "giudizio  di  merito  in  corso",
 riconosciuta   a   taluni   imputati   nei   confronti   dei   quali,
 irrazionalmente,  si  applica la speciale disciplina transitoria che,
 invece, e' negata ad altri  che  versano  nelle  medesime  condizioni
 processuali.