ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio sull'ammissibilita' di  conflitto  di  attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato promosso dal giudice per le indagini preliminari
 presso il Tribunale di Roma nei confronti del Senato della Repubblica
 sorto a seguito della delibera del Senato  della  Repubblica  con  la
 quale  e' stata dichiarata l'insindacabilita' delle opinioni espresse
 dal Senatore Giuseppe Arlacchi nei confronti  di  Corrado  Carnevale,
 con  ricorso  depositato  il  9  marzo  1998 ed iscritto al n. 91 del
 registro ammissibilita' conflitti.
   Udito nella camera di consiglio  del  17  giugno  1998  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 Tribunale di Roma, nel corso di un procedimento penale a  carico  del
 Senatore  Giuseppe  Arlacchi,  con ordinanza del 16 febbraio 1998, ha
 sollevato conflitto di attribuzione nei confronti  del  Senato  della
 Repubblica  in  ordine alla deliberazione adottata il 29 gennaio 1997
 con la quale il Senato ha deliberato che il fatto, per il quale pende
 detto procedimento penale, concerne opinioni espresse  da  un  membro
 del  Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art.
 68, primo comma, della Costituzione;
     che nel corso del procedimento presso il  Tribunale  di  Roma  e'
 stato  chiesto il rinvio a giudizio del Senatore Arlacchi per i reati
 di diffamazione a mezzo stampa previsti dall'articolo  595,  primo  e
 terzo comma, del codice penale, e dall'art. 13 della legge 8 febbraio
 1948,  n.  47 (Disposizioni sulla stampa), che egli avrebbe commessi,
 in  danno  del  dottor  Corrado  Carnevale,  a  mezzo   dell'articolo
 pubblicato dal quotidiano "La Repubblica" nell'edizione del 14 maggio
 1995,  nonche'  del  commento che il medesimo giornale, nell'edizione
 del successivo 17 maggio, ha  pubblicato  alla  lettera  di  smentita
 fatta  pervenire  dal  dottor Carnevale in relazione ai fatti che gli
 venivano attribuiti;
     che, ai sensi del decreto-legge 10 maggio 1996,  n.  253,  allora
 vigente, la difesa del Senatore Arlacchi ha eccepito l'applicabilita'
 dell'art. 68 della Costituzione e che il Senato della Repubblica, cui
 il  giudice  ricorrente  ha  trasmesso  gli  atti  ritenendo  di  non
 accogliere l'eccezione, ha deliberato il 29 gennaio 1997 che il fatto
 concerne  opinioni  espresse   nell'esercizio   delle   funzioni   di
 parlamentare;
     che  il giudice ricorrente deduce che il Senato della Repubblica,
 con la detta deliberazione, non ha esercitato  in  modo  corretto  il
 potere   di   decidere   sulla   sussistenza   dei   presupposti  per
 l'applicabilita' ai suoi componenti dell'art. 68, primo comma,  della
 Costituzione,  e  lamenta,  di  conseguenza, la lesione delle proprie
 attribuzioni giurisdizionali, in quanto le dichiarazioni rese a mezzo
 stampa dall'imputato si inscrivono, a suo avviso, nell'ambito di "una
 polemica    strettamente   personale   sfociata   in   varie   azioni
 giudiziarie", cosicche' considerarle strumentalmente  collegate  alle
 funzioni parlamentari integrerebbe, da parte del Senato, un "evidente
 travalicamento dei confini segnati dall'art. 68 della Costituzione".
   Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.  37,
 terzo  e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte
 e'  chiamata   a   deliberare   senza   contraddittorio   in   ordine
 all'ammissibilita'  del  conflitto  sotto  il  profilo dell'esistenza
 della "materia di un conflitto la cui  risoluzione  spetti  alla  sua
 competenza", restando impregiudicata ogni ulteriore questione;
     che  la  forma  dell'ordinanza,  utilizzata  dal  giudice  per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Roma,  deve  considerarsi
 idonea  ai  fini del ricorso per conflitto di attribuzione (ordinanze
 n. 37 del 1998, nn. 469, 442 e 251 del 1997);
     che, sotto il profilo dei requisiti soggettivi, il giudice per le
 indagini preliminari presso  il  Tribunale  di  Roma  deve  ritenersi
 legittimato  a  sollevare il conflitto, in ragione della posizione di
 piena indipendenza attribuita dalla  Costituzione  a  ciascun  organo
 giurisdizionale  nell'esercizio  delle relative funzioni (ex plurimis
 ordinanze nn. 37 del 1998, 469, 442 e 325 del 1997);
     che il Senato della Repubblica e' parimenti legittimato ad essere
 parte del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, in quanto
 ciascuna Camera del Parlamento e' competente  a  dichiarare  in  modo
 definitivo  la  propria volonta' in ordine all'applicabilita' ai suoi
 componenti dell'art. 68, primo  comma,  della  Costituzione  (fra  le
 altre,  ordinanze  nn.  179 e 178 del 1998, sentenza n. 375 del 1997,
 ordinanze 469 e 442 del 1997);
     che,  sotto  il  profilo  oggettivo,  sussiste  la  materia   del
 conflitto,  in  quanto  il  ricorrente  lamenta  che  la sua sfera di
 attribuzioni, costituzionalmente garantita, e' stata illegittimamente
 menomata dalla suindicata deliberazione del Senato della Repubblica;
     che dal ricorso possono ricavarsi "le ragioni  del  conflitto"  e
 "le  norme  costituzionali  che  regolano la materia", come richiesto
 dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.