ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto, con ricorso depositato il 9 febbraio 1998 ed iscritto al n. 88 del registro ammissibilita' conflitti, dal tribunale di Roma, 10 sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati, sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 22 ottobre 1997, con la quale e' stata dichiarata l'insindacabilita' delle opinioni espresse dall'onorevole Tiziana Parenti nei confronti del dott. Paolo Ielo. Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il giudice relatore Cesare Mirabelli. Ritenuto che nel corso di un procedimento penale, promosso nei confronti di Tiziana Parenti, parlamentare, con l'imputazione del reato di diffamazione recata col mezzo della stampa (art. 595 cod. pen., in relazione alla legge 8 febbraio 1948, n. 47), il tribunale di Roma, 10 sezione penale, ha proposto, con ordinanza del 23 gennaio 1998, ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione, adottata il 22 ottobre 1997, con la quale la Camera dei deputati, su proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato che i fatti per i quali e' in corso il procedimento penale concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione; che il tribunale ricorrente sostiene che la Camera dei deputati avrebbe illegittimamente esercitato il proprio potere, valutando arbitrariamente il presupposto del collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare, e chiede che la Corte dichiari che non spetta alla Camera dei deputati la valutazione della condotta attribuita all'onorevole Parenti, in quanto estranea alla previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, e di conseguenza annulli la relativa deliberazione adottata dalla Camera nella seduta del 22 ottobre 1997 (Resoconto stenografico, Esame doc. IV-ter, n. 44/A, pag. 32). Considerato che la Corte, in questa fase, e' chiamata a deliberare senza contraddittorio se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza (art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87), sussistendo i requisiti soggettivi ed oggettivi di un conflitto tra poteri dello Stato, restando impregiudicata ogni definitiva decisione anche sull'ammissibilita'; che il tribunale di Roma, in relazione al giudizio del quale e' investito, e' legittimato a sollevare il conflitto, quale organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali da esso esercitate, svolte in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita (sentenze n. 231 del 1975 e n. 379 del 1996; ordinanze n. 251 e n. 325 del 1997 e n. 177 del 1998); che, parimenti, la Camera dei deputati e' legittimata ad essere parte del presente conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta (sentenza n. 265 del 1997; ordinanze n. 37 e n. 177 del 1998); che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale di Roma denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio, che si asserisce illegittimo, da parte della Camera dei deputati del potere di dichiarare l'insindacabilita' - prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione - delle opinioni espresse dai propri membri nell'esercizio delle loro funzioni (sentenza n. 1150 del 1988; ordinanze n. 132, n. 325 e n. 469 del 1997).