ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  398,  comma
 5-bis,  del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa
 il 22 settembre 1997 dal giudice per le indagini  preliminari  presso
 la  Pretura  di  Vibo  Valentia,  iscritta  al  n.  800  del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito nella camera di  consiglio  del  6  maggio  1998  il  giudice
 relatore Valerio Onida.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di un procedimento penale a carico di un imputato
 del  reato   di   corruzione   di   minorenne,   previsto   dall'art.
 609-quinquies   del   codice  penale,  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  Pretura  circondariale  di  Vibo   Valentia,
 chiamato  a pronunciarsi su di una richiesta di incidente probatorio,
 con escussione quale teste della minore di sedici  anni  vittima  del
 reato,  ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in
 riferimento agli artt.  3, 32 e 72 della Costituzione, dell'art. 398,
 comma 5-bis, del codice di procedura penale, nella parte in  cui  non
 consente   di   adottare   le   speciali  modalita'  di  espletamento
 dell'incidente probatorio  ivi  contemplate,  anche  nell'ipotesi  di
 reato di cui all'art. 609-quinquies del codice penale.
   Il remittente osserva che nella richiesta del pubblico ministero si
 rappresenta  la  necessita' di escutere la testimonianza della minore
 con le speciali modalita' di cui  all'art.  398,  comma  5-bis,  cod.
 proc.  pen.  (e  cosi'  in  un  locale  con  specchio unidirezionale,
 affinche' il padre della minore, accusato  del  reato,  assista  alla
 deposizione  senza poter interagire con la teste), a tutela sia della
 genuinita' della prova sia dell'integrita' psicofisica  della  minore
 medesima;  ma che il tenore letterale della disposizione non consente
 di adottare tali modalita', previste per la deposizione a tutela  dei
 minori  nelle ipotesi dei delitti di cui agli artt. 609-bis, 609-ter,
 609-quater e 609-octies, nella ipotesi del delitto  di  cui  all'art.
 609-quinquies.
   La  questione  di  legittimita' costituzionale del citato art. 398,
 comma 5-bis, cod. proc. pen.  e'  ritenuta  rilevante  in  quanto  si
 tratta  di  una  norma processuale che il giudicante ritiene di dover
 applicare, assumendo  la  prova  richiesta  un  fondamentale  rilievo
 nell'economia   del   giudizio,   e  dovendosi  d'altra  parte  porre
 l'acquisizione  probatoria  al  riparo  da  possibili  eccezioni   di
 nullita' se non di inutilizzabilita'.
   Cio'  premesso,  il  giudice  a quo osserva che, allo scopo di dare
 maggiore tutela alle vittime dei reati sessuali, con l'art. 13  della
 legge  n.  66  del  1996 si e' consentito, quando si procede per tali
 reati, ivi  compreso  quello  previsto  dall'art.  609-quinquies  del
 codice  penale,  di  ricorrere  all'incidente  probatorio anche al di
 fuori dei casi gia' previsti dal comma 1  dell'art.  392  cod.  proc.
 pen;  e si e' inoltre previsto, con l'art. 14 della stessa legge, che
 ha introdotto il comma 5-bis dell'art. 398, cod. proc. pen., che, nel
 caso in  cui  la  vittima  del  reato  (recte:  la  persona  comunque
 interessata all'assunzione della prova) sia minore degli anni sedici,
 l'acquisizione  probatoria  possa avvenire con modalita' particolari,
 intese  a  garantire  la  genuinita'  della  prova   e   l'integrita'
 psicofisica del minore. Ma tale ultima previsione e' stata introdotta
 con riferimento limitato ad alcune ipotesi di reato, fra le quali non
 e'  compresa quella di cui all'art.  609-quinquies cod. pen.: ora, il
 carattere eccezionale della norma e la tassativita'  dell'elenco  dei
 reati  previsti precluderebbero sia una interpretazione estensiva sia
 un'applicazione analogica della norma stessa.
   Emergerebbe  in  tal  modo,  in  primo  luogo,  una  disparita'  di
 trattamento   illogica   e  ingiustificatamente  discriminatoria,  in
 contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione,  nei  confronti  delle
 vittime  dei  diversi  reati,  pur  in  presenza  del  medesimo  bene
 giuridico tutelato dalle norme incriminatrici, del medesimo interesse
 protetto dalla norma procedurale (genuinita'  della  prova  e  tutela
 della  persona  offesa, pur nel rispetto delle garanzie difensive), e
 della medesima condizione del soggetto passivo del reato (eta' minore
 degli anni sedici).
   La norma in esame, ad avviso del remittente,  sarebbe,  in  secondo
 luogo,  in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, per la mancata
 tutela della salute del minore  in  una  situazione  nella  quale  il
 giudice  ravvisi  la  necessita'  di  adottare  speciali  cautele per
 salvaguardarne l'equilibrio e l'integrita' psichica, essendo la ratio
 della norma appunto quella di preservare il piu' possibile il  minore
 e  la  sua  salute  nella  situazione  di  stress  emozionale  cui lo
 sottopone la testimonianza.
   In terzo luogo, il giudice  a  quo  ritiene  la  norma  viziata  di
 illogicita',   incoerenza   e  contraddittorieta'  rispetto  ai  suoi
 presupposti, che inciderebbero anche sulla tutela  del  diritto  alla
 salute. Infatti la ratio della norma, come sopra individuata, sarebbe
 confermata  dalla  estensione  a tutte le ipotesi di reato sessuale a
 danno  di  minore  dei  sedici   anni,   compresa   quella   di   cui
 all'art.609-quinquies    cod.   pen.,   del   ricorso   all'incidente
 probatorio. Non si capirebbe la ragione per la quale il  legislatore,
 mentre   da   un   lato   ha  esteso  la  possibilita'  di  ricorrere
 all'incidente probatorio, non abbia poi, con riguardo a  quest'ultimo
 reato, accolto il logico corollario della possibilita' di ricorrere a
 particolari  modalita' nell'assunzione della prova: l'art. 398, comma
 5-bis,   cod.   proc.   pen.,  costituirebbe  infatti  il  necessario
 complemento, dal punto di vista delle modalita' esecutive,  dell'art.
 392 cod. proc. pen.
   Infine  il  remittente  denuncia  la  violazione dell'art. 72 della
 Costituzione e delle norme  del  regolamento  della  Camera  da  esso
 richiamate.
   Egli   osserva   che   la  Camera  dei  deputati,  nell'ambito  del
 procedimento c.d. "misto" adottato per l'approvazione del progetto di
 legge divenuto la legge n. 66 del 1996, in cui la  commissione  opera
 in  sede  redigente  (e  in cui, a norma dell'art. 96 reg. Camera, la
 commissione formula gli articoli, mentre  all'aula  e'  riservata  la
 approvazione   dei   singoli   articoli   cosi'   formulati,  nonche'
 l'approvazione finale del  progetto  con  semplici  dichiarazioni  di
 voto),  ha  approvato  in  aula  un  testo  diverso  da quello che la
 commissione redigente aveva  formato.  Quest'ultima  avrebbe  infatti
 approvato  un  testo  che  includeva  anche l'ipotesi di reato di cui
 all'art. 609-quinquies cod. pen. fra quelle per le quali e' possibile
 ricorrere  a  particolari  modalita'  di   assunzione   della   prova
 nell'incidente  probatorio,  oltre  che  fra  quelle  per le quali si
 consente il ricorso "allargato"  all'incidente  probatorio  medesimo:
 mentre  l'assemblea  avrebbe  da  un  lato  approvato  il nuovo testo
 dell'art. 392, comma 1, cod. proc. pen., emendato con il  riferimento
 anche  all'art. 609-quinquies, dall'altro avrebbe invece approvato il
 nuovo art. 398, comma  5-bis,  cod.  proc.  pen.  nella  formulazione
 originaria,   non   comprensiva  dell'emendamento  che  estendeva  il
 richiamo anche all'art. 609-quinquies cod. pen.
   2. - Non vi e' stata  costituzione  di  parti  ne'  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione sollevata investe il comma 5-bis dell'art. 398
 del codice di procedura penale -  aggiunto  dall'art.  14,  comma  2,
 della  legge  15  febbraio  1996,  n.  66  (Norme  contro la violenza
 sessuale) - nella parte in cui, prevedendo (nel caso di indagini  che
 riguardano  determinate  ipotesi  di  reati  sessuali)  l'adozione di
 modalita'  particolari   attraverso   cui   procedere   all'incidente
 probatorio  quando  fra  le  persone interessate all'assunzione della
 prova vi siano minori di sedici anni, e le  esigenze  del  minore  lo
 rendano  necessario  od  opportuno,  non  contempla,  fra  le ipotesi
 richiamate, il reato di  corruzione  di  minorenne  di  cui  all'art.
 609-quinquies  del  codice  penale ("Chiunque compie atti sessuali in
 presenza di persona minore di anni  quattordici,  al  fine  di  farla
 assistere ...").
   Tale omissione, secondo il remittente, contrasta con gli articoli 3
 e 32 della Costituzione, per disparita' di trattamento ingiustificata
 di   situazioni   assimilabili,  per  intrinseca  irragionevolezza  e
 contraddittorieta' rispetto alla  previsione  della  possibilita'  di
 ricorrere  anche  nel  caso  di  reato  di  corruzione  di  minorenne
 all'incidente probatorio al di fuori  dei  presupposti  comuni  (art.
 392,  comma  1-bis, cod. proc.  pen., aggiunto dall'art. 13, comma 1,
 della legge n. 66 del 1996), e  per  la  mancata  tutela,  in  questa
 ipotesi  e  solo  in  questa,  della  salute  psichica del minore. La
 disposizione impugnata sarebbe altresi'  illegittima  per  violazione
 dell'art.  72  della  Costituzione,  avendo  la  Camera  dei deputati
 approvato l'art. 14  della  legge  in  un  testo  diverso  da  quello
 definito dalla commissione  in sede redigente, che invece contemplava
 fra   i   reati   in   questione   anche  quello  previsto  dall'art.
 609-quinquies cod. pen.
   2. - Non e' fondata la censura di  violazione  dell'art.  72  della
 Costituzione.
   La  legge  n. 66 del 1996 proviene da un iter parlamentare promosso
 presso la Camera dei deputati attraverso la presentazione di numerose
 proposte  di  legge,  il  cui  esame  congiunto  fu   affidato   alla
 Commissione   giustizia,   prima  in  sede  referente,  poi  in  sede
 redigente, riservandosi dunque all'assemblea, a  norma  dell'art.  96
 del  regolamento,  l'approvazione  sia dei singoli articoli formulati
 dalla commissione, sia del testo complessivo.
   La disposizione contenuta nell'attuale  art.  6  della  legge,  che
 introduce  l'art.  609-quinquies  del  codice  penale,  relativo alla
 corruzione di minorenne, non figurava  nella  proposta  assunta  come
 testo  base  dalla  Commissione giustizia della Camera sia nella sede
 referente (seduta del 6 luglio 1995), sia poi  nella  sede  redigente
 (seduta del 25 luglio 1995). In tale testo erano invece gia' presenti
 disposizioni di contenuto corrispondente agli attuali artt. 13, comma
 1,  e 14, comma 2, in tema di incidente probatorio, con riferimento a
 tutti i  nuovi  delitti  che  si  venivano  a  configurare  (violenza
 sessuale  semplice e aggravata, atti sessuali con minorenne, violenza
 di gruppo):  non, ovviamente, al delitto di corruzione di  minorenne,
 che la proposta non contemplava.
   La  previsione  del  delitto di corruzione di minorenne, attraverso
 l'introduzione dell'art. 609-quinquies nel codice  penale,  consegui'
 solo  all'approvazione  da  parte della commissione di un emendamento
 aggiuntivo all'art. 5 (seduta del 26 settembre  1995);  nella  stessa
 seduta  la commissione approvo' anche un altro emendamento aggiuntivo
 all'art. 6, che introduceva a sua volta  un  art.  609-quinquies  del
 codice penale, con oggetto e contenuto diversi.
   Sempre  nella  medesima  seduta  la commissione completo' l'esame e
 l'approvazione in sede redigente del  progetto,  votando  cosi',  fra
 l'altro,  sugli  articoli  12  e  13, che recavano rispettivamente le
 modifiche agli artt. 392 e 398 del codice  di  procedura  penale.  In
 tale sede, furono approvati due emendamenti del relatore, interamente
 sostitutivi   dei   due  articoli,  nei  quali  la  nuova  disciplina
 processuale veniva riferita ai delitti di  cui  agli  artt.  609-bis,
 609-ter,    609-quater    e    609-quinquies    del   codice   penale
 (rispettivamente emendamenti 12.6 e 13.5): senza che peraltro risulti
 che si sia discussa in alcun modo la riferibilita' o meno della nuova
 disciplina dell'incidente probatorio  al  delitto  di  corruzione  di
 minorenne.
   Sempre  nella  seduta del 26 settembre la commissione autorizzo' la
 Presidenza a procedere al coordinamento formale del testo.
   In sede di coordinamento, gli articoli 13 (gia' 12) e 14 (gia'  13)
 vennero  riformulati,  facendosi riferimento, in entrambi, ai delitti
 di cui agli  articoli  609-bis,  609-ter,  609-quater  e  609-octies:
 dunque  anche  al  delitto di violenza di gruppo (art. 609-sexies nel
 testo  approvato  dalla  commissione,  art.  609-octies   nel   testo
 coordinato),  ma  non al delitto di corruzione di minorenne, previsto
 dall'art.  609-quinquies nel testo coordinato.
   Fu  tale  testo coordinato ad essere sottoposto all'Assemblea, e da
 questa approvato (dopo un'ulteriore  rielaborazione  da  parte  della
 commissione  del solo art. 8), con il voto dei singoli articoli e poi
 col voto finale (seduta del 28 settembre 1995). Peraltro, nelle norme
 comuni,  tale  testo  conteneva  un   riferimento   al   nuovo   art.
 609-quinquies   del  codice  penale  solo  all'art.  7,  in  tema  di
 irrilevanza della ignoranza dell'eta' della persona offesa.
   Il Senato, in  prima  lettura,  modifico'  il  testo,  fra  l'altro
 inserendo  il  riferimento  anche  all'art.  609-quinquies cod. pen.,
 oltre che negli articoli 10, 11 e 12, nell'art. 13,  che  introduceva
 il  comma 1-bis dell'art. 392 cod. proc. pen; non pero' nell'art. 14,
 che introduceva  il  comma  5-bis  dell'art.  398  cod.  proc.  pen.,
 approvato invece nel testo pervenuto dall'altro ramo del Parlamento.
   La  Camera,  in  seconda  lettura, prese in esame solo gli articoli
 emendati, fra cui non vi era l'art. 14, e modifico' ulteriormente  il
 solo  art.  5, approvando per il resto il testo trasmesso dal Senato:
 il quale, a sua volta, nella seduta del 14  febbraio  1996,  approvo'
 definitivamente  il  testo  trasmesso  dalla  Camera,  che  fu quindi
 promulgato e pubblicato.
   3. - La ricostruzione dell'iter parlamentare della  legge  consente
 di  constatare:  a)  che  il testo promulgato della legge e' in tutto
 conforme  a  quello  concordemente  approvato   dalle   due   Camere:
 precisamente,  l'art.  13, che introduce il comma 1-bis dell'art. 392
 cod. proc.   pen., fu approvato dalla  Camera  senza  il  riferimento
 all'art.  609-quinquies,  emendato  dal  Senato  che  vi inseri' tale
 riferimento, e riapprovato dalla Camera nel testo del Senato;  mentre
 l'art.  14,  che  introduce  il  comma 5-bis dell'art. 398 cod. proc.
 pen., fu approvato gia' in prima lettura da entrambe le Camere in  un
 testo,  conforme a quello promulgato, che non contiene il riferimento
 all'art. 609-quinquies cod. pen; b) che l'omissione di tale  richiamo
 nell'art.  398,  comma  5-bis,  cod.  proc.  pen.  non  e'  frutto di
 modifiche  del  testo   dell'articolo   intervenute   dopo   la   sua
 approvazione,  da  parte  di ciascuno dei due rami del Parlamento, ma
 risulta a seguito del coordinamento che ha  preceduto  l'approvazione
 dei   singoli  articoli,  e  poi  del  testo  complessivo,  da  parte
 dell'assemblea della Camera in sede di prima lettura.
   Non puo' pertanto  parlarsi  di  una  violazione  delle  norme  sul
 procedimento  legislativo  contenute nell'art. 72 della Costituzione,
 le quali richiedono,  per  quanto  qui  interessa,  soltanto  che  il
 progetto sia approvato "articolo per articolo e con votazione finale"
 da  ciascuna  delle due Camere, ovviamente nel medesimo testo: mentre
 altri errori o  eventuali  violazioni  di  norme  regolamentari,  che
 possano verificarsi nel procedimento, sfuggono al sindacato di questa
 Corte  sulla  legittimita'  costituzionale  della  legge regolarmente
 promulgata e pubblicata (sentenza n. 9 del 1959).
   Ne' vi e' luogo, nella specie, per quanto si e' detto,  a  rilevare
 difformita',  intervenute  a  seguito di operazioni di coordinamento,
 fra testo approvato da ciascuna Camera e testo promulgato o trasmesso
 all'altra Camera (cfr. sentenze n. 9 del 1959, n. 134  del  1969,  n.
 292 del 1984): poiche', come si e' osservato, il coordinamento su cui
 ha  attirato  l'attenzione il giudice remittente fu precedente, e non
 successivo, all'approvazione degli articoli da  parte  dell'assemblea
 della  Camera,  la  cui volonta' si e' espressa dunque, col voto, sul
 testo di tali articoli come risultanti a  seguito  del  coordinamento
 medesimo.
   4. - La questione e' invece fondata in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione.
   La  legge  n.  66 del 1996, com'e' noto, ha sottoposto ad integrale
 revisione le norme del codice penale  in  tema  di  reati  contro  la
 liberta' sessuale, abrogando in toto il capo I (Dei delitti contro la
 liberta'  sessuale)  del  titolo  IX (Dei delitti contro la moralita'
 pubblica e il buon costume) del libro secondo, nonche'  gli  articoli
 530,  539, 541, 542 e 543 (art. 1); e inserendo nella sezione III del
 capo III (Dei delitti contro la liberta' morale) del titolo XII  (Dei
 delitti  contro  la  persona)  le  nuove  fattispecie  di reato della
 violenza sessuale, semplice ed aggravata (artt. 3 e 4: artt.  609-bis
 e  ter del codice penale), degli atti sessuali con minorenne (art. 5:
 art. 609-quater del codice), della  corruzione  di  minorenne,  nella
 nuova  formulazione  (art. 6: art. 609-quinquies del codice), e della
 violenza sessuale di gruppo (art. 9: art. 609-octies del codice).
   Accanto a queste nuove  disposizioni  incriminatrici,  e  ad  altre
 prescrizioni comuni (artt. 10, 11, 12, 15, 16) o di diverso contenuto
 (art. 17), la legge n. 66 ha introdotto alcune nuove disposizioni nel
 codice di procedura penale.
   Precisamente,  l'art.  13  della  legge  ha  aggiunto nell'art. 392
 (relativo ai casi in cui si puo' procedere con incidente  probatorio)
 il  comma  1-bis, in base al quale "nei procedimenti per i delitti di
 cui agli  articoli  609-bis,  609-ter,  609-quater,  609-quinquies  e
 609-octies  del  codice  penale  il  pubblico  ministero o la persona
 sottoposta  alle  indagini  possono  chiedere  che  si  proceda   con
 incidente  probatorio  all'assunzione  della testimonianza di persona
 minore degli anni sedici, anche al di fuori  delle  ipotesi  previste
 dal  comma  1",  oltre  che un comma 2-bis sul  deposito da parte del
 pubblico ministero degli atti di indagine compiuti,  insieme  con  la
 richiesta di incidente
  probatorio.
   A sua volta, l'art. 14 della legge ha introdotto nell'art. 398 cod.
 proc.  pen.  (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio),
 oltre ad un comma 3-bis sul diritto  ad  ottenere  copia  degli  atti
 depositati, un nuovo comma 5-bis, ai cui sensi, "nel caso di indagini
 che  riguardano  ipotesi  di  reato  previste dagli articoli 609-bis,
 609-ter,  609-quater e 609-octies del codice penale, il giudice,  ove
 fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori
 di  anni  sedici,  con  l'ordinanza  di cui al comma 2, stabilisce il
 luogo, il tempo e le modalita' particolari attraverso  cui  procedere
 all'incidente  probatorio,  quando  le esigenze del minore lo rendono
 necessario od opportuno": il  comma  prosegue  poi  disciplinando  il
 luogo   dell'udienza   e   le   modalita'   di  documentazione  delle
 dichiarazioni testimoniali.
   Mentre dunque la disposizione che consente il ricorso all'incidente
 probatorio fa riferimento a tutte  le  nuove  fattispecie  delittuose
 configurate  dalla legge n. 66, la disposizione - qui censurata - che
 prevede il ricorso a modalita' particolari, quando  le  esigenze  del
 minore  lo  richiedano,  fa invece riferimento a tutte le fattispecie
 meno una, quella  appunto  della  corruzione  di  minorenne  prevista
 dall'art.  609-quinquies.
   Ora,  e'  di  tutta evidenza che la limitazione alla applicabilita'
 della disposizione che prevede modalita'  particolari  di  assunzione
 della prova nell'incidente probatorio, derivante dal mancato richiamo
 all'art. 609-quinquies, non trova alcuna giustificazione ragionevole.
 Una  volta  reso  possibile  il  ricorso all'incidente probatorio per
 questi reati non si puo' negare che le esigenze del minore, in  vista
 delle  quali il nuovo art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen. consente
 l'adozione di particolari modalita'  di  assunzione  della  prova,  a
 tutela  appunto,  specialmente,  della persona del minore, sussistano
 identiche anche nel  caso  in  cui  si  procede  per  il  delitto  di
 corruzione  di  minorenne (che anzi, come si e' ricordato, presuppone
 che la persona offesa abbia meno di quattordici anni), non  meno  che
 nelle altre ipotesi di delitti a cui il legislatore si e' riferito.
   Le  esigenze  di  salvaguardia della personalita' del minore (oltre
 che di assicurazione della genuinita' della prova),  a  tutela  delle
 quali  la  disposizione  e'  dettata,  sono  d'altra parte di preciso
 rilievo  costituzionale,  coinvolgendo  la  protezione  dei   diritti
 fondamentali della persona: sicche' non sarebbe tollerabile la lacuna
 o  la contraddizione dell'ordinamento, che discende dalla limitazione
 in discorso, nemmeno se fosse frutto di una  scelta  consapevole  del
 legislatore.  Cio'  che,  peraltro,  non  risulta in alcun modo, come
 appare anche dall'iter parlamentare che si e' ricordato.
   Resta assorbito ogni altro profilo di censura.