ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 120, comma 1,
 e 130, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il  30
 ottobre   1996   dal   Magistrato  di  sorveglianza  di  Palermo  nel
 procedimento  di  sorveglianza  nei  confronti  di  Vincenzo  Cucina,
 iscritta  al  n.  378  del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  26,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1997.
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  22 aprile 1998 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Palermo, nel corso di
 un procedimento per l'accertamento della pericolosita' sociale di  un
 condannato  ai fini dell'applicazione della misura di sicurezza della
 liberta' vigilata, instaurato a norma dell'art. 679 cod. proc.  pen.,
 ha  sollevato,  con ordinanza del 30 ottobre 1996 (pervenuta a questa
 Corte il 27 maggio 1997), questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  120,  comma  1,  e 130, comma 1, lettera b) del decreto
 legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice  della  strada),  in
 riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 27 della Costituzione;
     che  ad  avviso  del rimettente le norme impugnate, che prevedono
 rispettivamente il diniego (art. 120) e la revoca  (art.  130)  della
 patente di guida nei confronti di chi - fra altre ipotesi - sia o sia
 stato  sottoposto  a  una  misura  di  sicurezza personale, salvi gli
 effetti della riabilitazione, contrasterebbero, per un primo profilo,
 con il principio di ragionevolezza e  con  la  finalita'  rieducativa
 della misura (artt. 3 e 27 della Costituzione), poiche' la disciplina
 censurata,  con  il suo automatismo, contraddirebbe irragionevolmente
 il sistema delle misure di sicurezza, mirate bensi' al controllo  del
 soggetto ma attraverso il suo reinserimento sociale e dunque in primo
 luogo  attraverso  il  lavoro  (artt. 228, quarto comma, cod.  pen. e
 190, comma 6, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante
 le norme di attuazione del codice di procedura penale),  finendo  per
 incentivare cio' che si deve prevenire, vale a dire la commissione di
 ulteriori   reati,   a  causa  della  difficolta'  nello  svolgimento
 dell'attivita' lavorativa in conseguenza della perdita della  patente
 di  guida, come e' nella specie (svolgendo l'interessato il lavoro di
 autista);
     che, quindi, risulterebbe violato il diritto al lavoro (art.    4
 della Costituzione);
     che,  per  un  ulteriore  profilo,  la  disciplina  in  argomento
 comporterebbe una ingiustificata disparita' di  trattamento  (art.  3
 della  Costituzione),  a danno di chi subisce la revoca della patente
 per effetto dell'applicazione di una  misura  di  sicurezza,  potendo
 riottenere   il   titolo   di   guida   soltanto   a   seguito  della
 riabilitazione, rispetto a chi evita le  conseguenze  sfavorevoli  di
 tale  normativa  solo perche' risulti non piu' socialmente pericoloso
 prima dell'effettiva applicazione della misura di sicurezza;
     che, infine,  le  norme  contrasterebbero  con  l'art.  16  della
 Costituzione,  che,  riconoscendo  la  liberta'  di  circolazione, ne
 ammetterebbe limitazioni solo in presenza di  finalita'  generali  di
 sicurezza, che nel caso di specie non sarebbero ravvisabili;
     che  a tali plurimi profili di incostituzionalita' dovrebbe porsi
 rimedio, secondo una prospettazione  in  via  gradata  da  parte  del
 giudice  rimettente a) o attraverso la radicale eliminazione, per via
 di dichiarazione di incostituzionalita', di ogni  effetto  limitativo
 dell'abilitazione alla guida derivante dall'applicazione, pregressa o
 attuale,   di   una   misura   di  sicurezza,  ovvero  b)  attraverso
 l'attribuzione al magistrato di sorveglianza, in sede di procedimento
 per  l'applicazione  di  misure   di   sicurezza,   del   potere   di
 disciplinare,  in  base  alle  peculiarita' di ciascun caso concreto,
 l'uso della patente  di  guida  nei  confronti  del  sottoposto  alla
 misura,  secondo  un  modulo  gia' previsto nell'ordinamento, come e'
 quello contenuto nell'art. 62, secondo comma, della legge 24 novembre
 1981, n. 689, in tema di disciplina della sospensione  della  patente
 nell'ambito  della  semidetenzione  e della liberta' controllata; una
 prospettazione di due possibili esiti in rapporto di  subordinazione,
 questa,  che  non  sarebbe  stata  adeguatamente affrontata e risolta
 dall'ordinanza n. 253 del 1995 di questa Corte.
   Considerato che il Magistrato di sorveglianza rimettente prospetta,
 attraverso  le  richieste che si sono esposte in narrativa, formulate
 in via gradata, una declaratoria di incostituzionalita'  degli  artt.
 120,  comma  1  e  130,  comma  1,  lettera b) del nuovo codice della
 strada, tale da eliminare in radice (secondo la richiesta principale)
 o da conformare diversamente, includendovi poteri di  regolazione  in
 concreto   da  parte  del  magistrato  di  sorveglianza  (secondo  la
 richiesta subordinata), le norme che,  nell'ambito  della  disciplina
 della  circolazione  stradale,  stabiliscono  i  casi  nei quali, per
 difetto dei c.d. requisiti morali connessi  ai  precedenti  penali  e
 giudiziari, sono imposti il diniego e, specularmente, la revoca della
 patente di guida;
     che   le  norme  impugnate  attengono  ad  attribuzioni  affidate
 all'autorita'  amministrativa  di  cui  regolano  le   modalita'   di
 esercizio,  in  presenza  di  taluni  presupposti  stabiliti  in  via
 generale,  tra  i  quali  la  precedente  o  attuale   sottoposizione
 dell'interessato a una misura di sicurezza;
     che,  chiamata  a  pronunciarsi su questione analoga, riferita ai
 medesimi parametri costituzionali, questa Corte ha gia' rilevato, con
 l'ordinanza n. 253 del 1995, che in tale disciplina, nella  quale  la
 sottoposizione   a   una   misura   di  sicurezza  -  al  pari  della
 sottoposizione a una misura di prevenzione o della  dichiarazione  di
 pericolosita'   qualificata   -   costituisce  un  presupposto  delle
 determinazioni amministrative in tema di rilascio o di  revoca  della
 patente,  il  magistrato  di  sorveglianza  non e' ne' puo' essere in
 alcun modo chiamato a fare applicazione  delle  norme  impugnate,  le
 quali  per  definizione  seguono  e  non  precedono  i  provvedimenti
 giurisdizionali assunti, come si e' detto, quali presupposti;
     che l'anzidetto rilievo vale, allo stesso modo, per  entrambe  le
 prospettazioni svolte dal rimettente, essendo comunque le norme sulla
 disciplina  della  patente di guida, come tali, estranee all'ambito e
 alle determinazioni cui il magistrato di  sorveglianza  e'  chiamato,
 non  potendosi  in  alcun modo configurare gli istituti oggetto della
 presente  questione   quali   aspetti   del   complessivo   contenuto
 prescrittivo delle misure di sicurezza;
     che,  alla  stregua  dei  rilievi  che  precedono,  la questione,
 sollevata su norme delle quali il  giudice  a  quo  non  ha  da  fare
 applicazione  (v.,  oltre  alla  citata ordinanza n. 253 del 1995, la
 sentenza n.   109 del  1983,  punto  10  del  diritto),  deve  essere
 dichiarata  manifestamente  inammissibile, non spiegando la soluzione
 di essa alcuna incidenza nel giudizio a quo.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.