ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 376 del  codice
 penale  in  relazione  all'art. 378 dello stesso codice, promosso con
 ordinanza emessa il 26 settembre 1997 dal tribunale  di  Sassari  nel
 procedimento penale a carico di Daniele Uras ed altri, iscritta al n.
 835 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  20  maggio  1998  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto  che  il  tribunale  di  Sassari, nel corso di un giudizio
 penale in fase dibattimentale, ha  sollevato  con  ordinanza  del  26
 settembre  1997, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  376  del  codice
 penale,  che  prevede  la  speciale  causa  di  non punibilita' della
 ritrattazione, nella parte in cui  non  ne  estende  l'applicabilita'
 anche  al  delitto  di favoreggiamento personale (art. 378 cod. pen.)
 commesso mediante false o reticenti dichiarazioni rese  alla  polizia
 giudiziaria   nel   corso   delle  indagini  preliminari,  mentre  e'
 applicabile al delitto di false informazioni  al  pubblico  ministero
 (art.  371-bis cod. pen., introdotto dall'art. 11, comma 1, del d.-l.
 8 giugno 1992, n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356);
     che  il  tribunale  rimettente  ricorda  che  questione   simile,
 sollevata assumendo a termine di raffronto la disciplina per il reato
 di  falsa testimonianza (art. 372 cod. pen.), e' stata dichiarata non
 fondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 228  del  1982,
 nella  quale  si  e'  osservato che la finalita' della ritrattazione,
 consistente  nell'interesse  alla  giusta  definizione  del  processo
 principale,  in  modo  da  evitare  decisioni  giudiziali  fondate su
 presupposti  non  veri, e' riferibile al reato di falsa testimonianza
 ma non  al  reato  di  favoreggiamento  personale  consistente  nelle
 dichiarazioni  false  o reticenti rese alla polizia giudiziaria, data
 la differente struttura e obiettivita' giuridica dei due delitti, che
 in   un   caso   (falsa   testimonianza)   consente   e    nell'altro
 (favoreggiamento  personale) esclude il raggiungimento dell'anzidetta
 finalita' attraverso una resipiscenza successiva;
     che peraltro, una volta  introdotta  dal  legislatore  -  con  il
 citato  art.  11,  comma  1,  del d.-l. n. 306 del 1992 convertito in
 legge n.  356 del 1992 - la fattispecie dell'art 371-bis  cod.  pen.,
 che  punisce  le  false  o  reticenti  dichiarazioni rese al pubblico
 ministero dalla persona informata sui fatti, nel corso delle indagini
 preliminari, e contestualmente modificata - con  il  comma  5,  dello
 stesso  art.    11  -  la disposizione sostanziale ora impugnata, che
 prevede la speciale causa di non punibilita' della ritrattazione,  in
 modo  da  estenderne  l'applicabilita'  alla  nuova figura di delitto
 contro l'amministrazione della giustizia, assume consistenza, secondo
 il rimettente, il dubbio di costituzionalita' della disciplina che ne
 risulta;
     che  infatti,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  per  un   verso
 l'interesse   tutelato   dall'art.  371-bis  cod.  pen.,  ravvisabile
 nell'esigenza  di  evitare  che  le  indagini  siano   rallentate   o
 vanificate,  e'  del tutto assimilabile a quello tutelato dal delitto
 di favoreggiamento personale realizzato a mezzo di dichiarazioni  non
 veritiere  alla  polizia  giudiziaria; per altro verso l'integrazione
 dell'uno o dell'altro titolo  di  reato  puo'  dipendere  da  fattori
 casuali, come la circostanza che le dichiarazioni siano assunte dalla
 polizia giudiziaria, anche su delega del pubblico ministero, anziche'
 direttamente da quest'ultimo;
     che,   a   fronte   di   tali   elementi   di   omologazione,  la
 differenziazione di disciplina quanto alla possibilita' di  applicare
 la  disposizione  di  favore  della  ritrattazione  risulta,  per  il
 rimettente, irragionevole  e  lesiva  del  principio  di  parita'  di
 trattamento  di  situazioni  analoghe  (art.  3  della Costituzione),
 nonche' lesiva della garanzia difensiva (art. 24 della  Costituzione)
 in quanto determina conseguenze processuali diversificate in presenza
 di quadri probatori e investigativi identici, con lesione dei diritti
 delle parti del processo diverse dall'autore del reato;
     che  la  questione  di costituzionalita' sollevata e' rilevante -
 conclude   il   tribunale   rimettente   -   perche'   attiene   alla
 utilizzabilita' o meno, ai fini delle contestazioni, di un verbale di
 sommarie informazioni rese da un soggetto alla polizia giudiziaria;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che,  ritenendo  trasferibili anche alla presente questione i
 rilievi contenuti nella sentenza n. 228 del 1982 di questa Corte,  ha
 concluso per una declaratoria di infondatezza.
   Considerato  che,  come risulta dall'ordinanza di rimessione e come
 si desume altresi' dal fatto che l'organo  giudiziario  rimettente  -
 tribunale  -  non e' quello ordinariamente competente a conoscere del
 reato di favoreggiamento personale,  alla  stregua  del  criterio  di
 determinazione   della  competenza  per  materia  secondo  il  limite
 edittale di pena (artt. 6 e 7 cod. proc. pen.),  il  processo  penale
 nel  corso  del  quale  la  questione  di  costituzionalita' e' stata
 sollevata  non  ha  per oggetto la figura di reato di favoreggiamento
 personale, alla quale si richiede di  estendere  la  possibilita'  di
 applicazione della causa di non punibilita' della ritrattazione;
     che,  in  rapporto  ai profili di incostituzionalita' dedotti dal
 rimettente,  incentrati  sull'ingiustificata  diversificazione  nella
 disciplina  sostanziale  di situazioni tra loro assimilabili, si deve
 osservare  che  la  possibilita'  giuridica  di  ritrattare,  che  il
 tribunale chiede riconoscersi in favore di chi sia imputato del reato
 di  favoreggiamento  personale,  non  potrebbe evidentemente spiegare
 alcun effetto sull'esito del giudizio di  merito  cui  il  rimettente
 medesimo  e'  chiamato,  che non concerne quel titolo di reato ne' il
 suo autore;
     che, in rapporto all'asserita  rilevanza  della  questione  circa
 l'utilizzabilita'  nel  processo  a  quo  di  un  verbale di sommarie
 informazioni rese da un soggetto alla polizia  giudiziaria,  si  deve
 rilevare  che  non risulta dall'ordinanza, e non e' neppure da questa
 logicamente ricavabile, in quale modo l'esito dell'eventuale processo
 penale per le dichiarazioni, in  ipotesi,  false  sia  incidente  sul
 regime  di  utilizzazione dell'atto nel processo a quo, instaurato su
 imputazioni diverse da quella di favoreggiamento, una  volta  che  il
 soggetto  assuma  la  veste  di imputato di reato connesso (art. 210,
 comma 1, cod. proc.  pen.);
     che d'altra parte qualora l'enunciata incidenza  della  questione
 sollevata  sull'utilizzazione  dell'atto processuale debba intendersi
 nel senso che il dichiarante non ha ancora assunto,  allo  stato,  la
 veste  di  imputato  del  reato di favoreggiamento personale, deve in
 contrario  osservarsi  che   a   maggior   ragione   il   dubbio   di
 costituzionalita' e' ininfluente sul processo principale, non potendo
 per  definizione  porsi  un  problema  di  non punibilita' in difetto
 dell'esercizio  dell'azione  penale  o  dell'avvio  del  procedimento
 penale  in  ordine  al  reato cui si chiede di rendere applicabile la
 causa di non punibilita';
     che, pertanto, la questione e' sollevata sotto  ogni  profilo  in
 via  ipotetica  e,  risultando  priva  del necessario carattere della
 rilevanza rispetto al giudizio  principale,  deve  essere  dichiarata
 manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.