ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 75, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) come modificato dall'art. 69, comma 3, lettera h), del d.-l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, e dell'art. 30, comma 1, lettera u), in relazione alla lettera t), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria di beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promossi con ordinanze emesse il 17 ottobre 1995 (n. 2 ordinanze) ed il 26 settembre 1996 (n. 2 ordinanze) dalla commissione tributaria centrale, iscritte rispettivamente ai nn. 803, 804, 805 e 806 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 1 luglio 1998 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che, con quattro ordinanze di identico contenuto, emesse tra il 17 ottobre 1995 e il 26 settembre 1996 (r.o. nn. 803, 804, 805 e 806 del 1997), il presidente della XIII sezione della commissione tributaria centrale ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 75, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato dall'art. 69, comma 3, lettera h), del d.-l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, il quale prevede che i giudizi pendenti innanzi alla commissione tributaria centrale alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento del contenzioso tributario si estinguono qualora non venga presentata da alcuna delle parti istanza di trattazione nel termine decadenziale di sei mesi, decorrenti dalla data di entrata in vigore dello stesso d.lgs. n. 546; che i dubbi di costituzionalita', in riferimento ai citati parametri costituzionali e all'eccesso di potere legislativo, vengono estesi all'art. 30, comma 1, lettera u), in relazione alla lettera t), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria di beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale); che, ad avviso del giudice a quo, la disciplina dell'onere decadenziale relativa ai processi pendenti dinanzi alla commissione tributaria centrale ridurrebbe la garanzia giurisdizionale delle posizioni giuridiche dedotte in giudizio dalle parti private, sia in assoluto che nel raffronto con quelle opposte degli uffici tributari, originando, altresi', disparita' di trattamento fra processi pendenti in primo e in secondo grado, per i quali l'onere non e' (piu') previsto, e quelli pendenti dinanzi alla commissione tributaria centrale, per i quali esso e', senza ragione plausibile, mantenuto; che la disparita' di trattamento si determinerebbe, altresi', tra gli stessi contribuenti a seconda della rispettiva idoneita' personale al comportamento processuale piu' adeguato alla tutela delle proprie ragioni. Considerato che l'identita' delle questioni consente che i relativi giudizi siano trattati e decisi congiuntamente; che, per quanto riguarda l'art. 75, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, tale norma e' gia' stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 111 del 1998 nella parte in cui non prevede che il termine (di sei mesi) per la presentazione dell'istanza di trattazione decorra dalla data della ricezione dell'avviso contenente l'indicazione dell'onere di proposizione dell'istanza stessa; che, pertanto, la questione nuovamente sollevata in riferimento a tale norma deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; che, quanto alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 1, lettera u), in relazione alla lettera t), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione e per eccesso di potere legislativo, essa e' gia' stata dichiarata non fondata con la citata sentenza n. 111 del 1998; che, pertanto, la questione oggi sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.