IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause riunite n. 6929 e 7366/r.g.l. 1997, promosse da Edison S.p.a. con il proc. dom. avv. P. Tosi, A. Baldassarre, R. De Luca Tamajo, Rosario Flammia, Mattia Persiani S. Trifiro', Via Terraggio 17, Milano e da Socie'te' Generale S.p.a., con il proc. dom. avv. S. Trifiro', A. Baldassarre, R. De Luca Tamajo, R. Flammia, Mattia Persiani, Via San Barnaba, 32, Milano; Contro, Istituto nazionale per la previdenza sociale con gli avvocati C. Casalvieri, piazza Missori, 12 Milano, G. Saia e M. Tarzia, via Melchiorre Gioia, 22, Milano; Con separati ricorsi depositati il 26 agosto 1997 e il 18 settembre 1997 le societa' indicate in epigrafe hanno convenuto in giudizio l'I.N.P.S. per chiedere al pretore: 1) in via preliminare, dichiarare non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale del comma 193 ultima parte e 194, dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per contrasto con gli art. 136, 3, 38, secondo comma e ultimo comma, 47 e 53 della Costituzione, con la conseguente rimessione, attesa la rilevanza di tali questioni ai fini della decisione, la rimessione degli atti del giudizio alla corte costituzionale; 2) in via principale, la declaratoria della illegittimita' della imposizione contributiva disposta con l'art. 1, comma 193 che 194 della legge 662 del 1996 e per l'effetto condannare l'ente previdenziale convenuto alla restituzione di tutte le somme versate per i suddetti titoli con interessi di legge e il maggior danno ex art. 1224 c.c. L'Istituto convenuto si e' ritualmente costituito contestando la prospettata incostituzionalita' delle norme di cui sopra, deducendo comunque la inammissibilita' della questione in quanto sollevata in via principale, e chiedendo nel merito il rigetto delle domande. Ritiene il giudicante che la prospettata questione di incostituzionalita' delle norme di cui sopra non sia manifestamente infondata, come del resto gia' evidenziato dal pretore di Milano con ordinanza del 2 maggio 1998 e dal pretore di Torino con ordinanza del 26 marzo 1998. In particolare in ordine alla: Ammissibilita' La domanda di rimessione degli atti alla Corte costituzionale e' da considerarsi ammissibile in quanto proposta non in via principale dalle societa' ricorrenti, ma in via preliminare rispetto ad una domanda di restituzione svolta nel merito. Rilevanza La questione, sollevata sotto diversi profili, e' rilevante in quanto investe la norma di cui all'art. 1, commi 193 e 194 della legge n. 662/1996, da applicarsi ai fini della decisione richiesta nel merito. Non manifesta infondatezza Come e' noto il comma 193 della citata norma prevede che dalla retribuzione imponibile di cui all'articolo 12 della legge n. 153/1969 sono escluse le contribuzioni e le somme versate o accantonate, anche con il sistema della mancata trattenuta da parte datore di lavoro nei confronti del lavoratore, al finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative previste dai contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali a favore del lavoratore o dei suoi familiari nel corso del rapporto di lavoro o della sua cessazione. La disposizione si applica anche ai periodi precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione, mentre restano comunque salvi e conservano loro efficacia i versamenti contributivi effettuati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 166/1991. Il successivo comma (194) dispone poi che, limitatamente il periodo contributivo dal primo settembre 1995 al 30 giugno del 1991, i datori di lavoro, per i periodi per i quali non abbiano versato contributi di previdenza assistenza sociale sulle contribuzioni e somme di cui all'art.9-bis, comma primo, del d.-l. n. 103/1991, convertito dalla legge n. 166/1991, come sostituito dal comma 193 del presente articolo, sono tenuti al pagamento dei contributi previdenziali nella misura del 15% sui predetti contributi somme. La Corte costituzionale, come si e' osservato, e' gia' stata investita della questione dalle citate ordinanze del pretore di Milano e di Torino che gia' hanno sottolineato numerosi profili di incostituzionalita' del comma 194, dell'art. 1 della legge n. 662/1996. Pur richiamandosi alle argomentazioni gia' svolte nelle suddette ordinanze, questo pretore intende in particolare sottolineare il sospetto di incostituzionalita' della sopra indicata norma soprattutto sotto due profili rispetto al comma 194 e sotto un profilo rispetto al comma 193. Comma 194: A) per il periodo che va dal settembre 1985 al giugno 1991 il contributo di solidarieta' imposto nella misura del 15% risulta superiore del 50% rispetto al contributo dovuto per i periodi successivi al luglio 1991. Pur a prescindere da ogni considerazione relativa al fatto che con tale disciplina il legislatore non si sarebbe posto in linea con la pronuncia n. 421/1995 della Corte costituzionale (con la quale era stata dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'articolo 9-bis, primo comma, d.-l. n. 103/1991, ha aggiunto dalla legge di conversione n. 166/1991, nella parte in cui concede una sanatoria totale senza alcuna contropartita analoga al contributo di solidarieta' imposto per il futuro dal comma successivo) in ogni caso si deve rilevare che la consistente differenza risulta del tutto ingiustificata in quanto anche nell'arco di tempo precedente il luglio 1991 si tratta pur sempre del medesimo contributo di solidarieta', avente i medesimi presupposti e diretto ai medesimi destinatari. Ne' risulta in alcun modo che per il periodo anteriore al luglio 1991 fosse necessaria una piu' elevata partecipazione alla finanza previdenziale, senza contare che, se fosse cosi', non dovrebbe allora trattarsi di un "contributo di solidarieta'" che prescinde in ogni caso dalla capacita' contributiva. D'altra parte il contributo di solidarieta' nella indicata misura del 15% non risulta neppure giustificato, rispetto al 10% stabilito per il periodo successivo, a causa di un aggravio dovuto per interessi legali per il pagamento "ritardato", riferibile a periodi risalenti ad anni pecedenti: in realta' e' solo con l'entrata in vigore dell'art. 9-bis, legge n. 166/1991, che il contributo di solidarieta' viene previsto come tale per la prima volta, con la conseguente irragionevolezza di una "sanzione" di carattere retroattivo ; in ogni caso la percentuale del 15% non e' neppure in linea con il tasso di interessi legali dell'epoca e quindi e' evidente che il legislatore non ha tenuto conto di questo parametro. E' palese quindi il contrasto della citata norma con gli artt. 3 e 136 Cost. B) il citato comma n. 194 inoltre, in deroga alla disciplina della prescrizione dei crediti contributivi di cui all'art. 3, comma 9 e 10 della legge n. 335/1995, attribuisce all'ente previdenziale il diritto di pretendere il contributo di solidarieta' anche in relazione a periodi pregressi rispetto ai quali il diritto si sarebbe gia' prescritto. Ne deriva quindi ancora una volta la violazione dell'articolo 3 della costituzione sia perche' la suddetta deroga appare del tutto ingiustificata e diretta a sanare la semplice inerzia dell'ente previdenziale (che ben avrebbe potuto interrompere la prescrizione gia' dopo la sentenza n. 421/1995 della Corte cost.), sia perche' si tratta di una disciplina differenziata senza alcuna giustificazione anche nell'ambito dello stesso trattamento dei crediti previdenziali diversi di quelli previsti dallo stesso comma n. 194. D'altra parte l'art. 1, comma 9, della legge n. 335/1995 gia' aveva contemplato tra i casi di prescrizione decennale il contributo di solidarieta' al di cui alla art. 9-bis, comma 2, legge n. 166/1991: non e' pertanto giustificato per il periodo anteriore al giugno del 1991, atteso che si tratta del medesimo contributo di solidarieta', un diverso trattamento del regime della prescrizione che in tal modo rende esigibile il contributo anche prima del decennio dall'entrata in vigore della legge. Senza contare che, non si tratta della previsione di un regime di prescrizione particolare per il futuro ma di una deroga (rispetto a un regime prescrizionale gia' stabilito proprio per quel tipo di contributo) dotata di retroattivita'. Comma 193: C) Va infine sottolineato un ultimo profilo di incostituzionalita' che investe il comma 193 relativamente alla soluti retentio di pagamenti gia' effettuati sugli accantonamenti per i fondi privati dai datori di lavoro piu' solerti e rispettosi della legge, ai sensi dell'art. 12, legge n. 153/1969, sulla base di percentuali ben piu' gravose anche rispetto al contributo piu' elevato del 15%. Non ignora il giudicante che in relazione alla seconda parte del comma 1, dell'art. 9-bis, legge n. 166/1991 (che conteneva una disposizione analoga) la Corte costituzionale non ha ravvisato la manifesta infondatezza della questione di legittimita' sottopostagli: tuttavia tale decisione e' derivata dal fatto che con la pronunzia n. 421/1995 la Corte aveva dichiarato l'incostituzionalita' della prima parte dell'art. 9-bis, gia' citato, diventando cosi' infondata ogni ulteriore questione attinente alla seconda parte che nella prima trovava logico presupposto. Ritiene quindi il giudicante che la questione possa essere riproposta in questa sede in quanto e' evidente che chi ha pagato sulla base della contribuzione ordinaria e' stato, in palese contrasto con il principio dell'uguaglianza, grandemente penalizzato proprio nei confronti di chi e' stato a suo tempo inadempiente. Nulla impediva infatti al legislatore di prevedere forme di sgravi o di compensazioni per chi aveva gia' pagato per i fondi privati in discussione sulla base delle contribuzione ordinaria ex art. 12, eventualmente prevedendo sconti sulla percentuale del 10% da pagarsi con l'ingresso della nuova normativa. E' del resto alquanto singolare che un legislatore tanto disponibile a riaprire i termini di prescrizione per esigere pagamenti risalenti a periodi anteriori al decennio sia poi cosi attento, sulla base di un malinteso concetto di certezza del diritto, a non riaprire piu' le situazioni di pagamenti gia' avvenuti con percentuali ben superiori al dovuto secondo la nuova normativa: il principio del "chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato" oltre a non essere costituzionalmente garantito avrebbe nella fattispecie un'applicazione assolutamente a senso unico.