IL GIUDICE ISTRUTTORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia civile promossa da Romairone Bruno, residente in Genova, difeso e rappresentato in giudizio dall'avv. G. Villani con mandato a margine dell'atto di citazione, presso il quale ha eletto domicilio in Genova, via Alla Porta degli Archi, 3/20, attore; Contro Assicurazioni Generali S.p.a., con sede in Trieste, rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. S. Bianchi, con mandato in calce all'atto di citazione e presso il cui studio in Galleria Mazzini, 3/7, Genova ha eletto domicilio, convenuta; E nei confronti di Banca Carige S.p.a. - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, rappresentata e difesa in giudizio dall'avv. G.P. Villani con mandato a margine dell'atto d'intervento e presso il cui studio in Genova, via Alla Porta degli Archi, 3/20 ha eletto domicilio, terzo intervenuto. Letti gli atti di causa, viste le istanze delle parti e le memorie depositate, a scioglimento della riserva; O s s e r v a L'attore Romairone Bruno, beneficiario di una polizza cumulativa infortuni stipulata dalla Banca Carige sua datrice di lavoro, il 31 dicembre 1984 con l'Assicurazioni Generali S.p.a. a favore dei propri dipendenti, ha agito nel presente giudizio per ottenere il pagamento dell'indennizzo assicurativo essendo stato coinvolto l'8 settembre 1990 in un incidente stradale da cui gli sono derivate asserite invalidita' temporanea e permanente. La compagnia convenuta, costituendosi, ha eccepito preliminarmente l'intervenuta prescrizione annuale del diritto fatto valere dall'attore ai sensi dell'art. 2952 cpv. c.c., decorrente nel caso di polizza infortuni dal giorno della verificazione del fatto denunciato come infortunio, assumendo che dopo la denuncia dell'incidente, avvenuta l'11 settembre 1990 e dopo l'inoltro di diversi altri documenti attinenti all'infortunio sino al 23 dicembre 1992, prima della richiesta di visita medica avvenuta nel febbraio 1995 non e' stata piu' inviata alcuna ulteriore comunicazione. Da qui l'intervenuta prescrizione, secondo l'assicurazione, essendo decorso oltre un anno senza l'inoltro di idonei atti interruttivi. Interveniva altresi' volontariamente in giudizio la banca Carige S.p.a. associandosi in via principale alla domanda del Romairone e, in via subordinata, chiedendo la condanna della compagnia al pagamento a suo favore dell'indennizzo dovuto. Il giudice istruttore con ordinanza 23 marzo 1998, segnalava d'ufficio alle parti ai sensi dell'art. 183, terzo comma, c.p.c. un possibile profilo di illegittimita' costituzionale della norma relativa alla prescrizione annuale dei crediti assicurativi, invitando le parti a trattare la questione mediante apposite memorie. L'intervenuta rilevava la non manifesta infondatezza della questione sotto il profilo della sottoposizione allo stesso termine di prescrizione dei diritti di credito derivanti dal contratto di assicurazione contro gli infortuni e quelli derivanti dai contratti di assicurazione contro i danni; la convenuta, al contrario, richiamando la tesi dell'appartenenza del contratto di assicurazione contro gli infortuni all'area dell'assicurazione contro i danni, sosteneva l'infondatezza della questione di legittimita' costituzionale relativa allo stesso termine di prescrizione. Ritiene questo giudice istruttore che sia non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita', sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2952 cpv. c.c., nella parte in cui sottopone allo stesso termine breve di prescrizione diritti di credito relativi a beni profondamente diversi quali, da un lato, le cose danneggiate e, dall'altro, come nel caso di specie, l'integrita' fisica della persona. Riguardo al primo profilo, appare innanzi tutto difficilmente contestabile che la vigente disciplina della prescrizione annuale di tutti i diritti derivanti dal contratto di assicurazione, omogeneizzando beni di rango notevolmente differente tra loro quali la vita, l'integrita' della persona e le cose materiali, presenta aspetti discutibili in generale, essendosi da piu' parti evidenziata l'eccessiva brevita' del termine, non certo convincentemente giustificabile con riferimento ad esigenze "che il diritto al risarcimento del danno da infortunio sia accertato nel piu' breve tempo possibile nell'interesse dello stesso danneggiato e per ovvie ragioni obiettive concernenti la raccolta delle prove che l'adozione di un piu' lungo termine avrebbe potuto pregiudicare" (Corte cost. 18 gennaio 1977, n. 31 in materia di termine di prescrizione - ma triennale - dei diritti nascenti dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni). Appare del resto significativo di una scelta legislativa eccessivamente sbilanciata verso l'interesse dell'assicurazione, il fatto che la disciplina in esame non sembra trovare corrispondenza negli altri ordinamenti europei piu' importanti in cui, a parte la previsione di termini prescrizionali piu' lunghi, la tendenza di fondo risulta quella di differenziarli in relazione al tipo di polizza. Cosi' in Francia, ove il termine e' biennale ma e' elevato a 10 nei contratti di assicurazione sulla vita allorche' il beneficiario e' una persona distinta dal contraente e nei contratti di assicurazione contro gli infortuni quando i beneficiari sono gli aventi diritto dell'assicurato deceduto; cosi' in Germania, dove la prescrizione e' biennale in genere e quinquennale nell'assicurazione sulla vita; cosi' in Spagna ove, egualmente, la prescrizione e' biennale nell'assicurazione contro i danni e quinquennale nell'assicurazione di persone, comprensiva quindi anche dell'assicurazione contro le malattie e gli infortuni. In altri ordinamenti, infine (Belgio, Lussemburgo, Gran Bretagna, Danimarca), esistono termini prescrizionali comunque piu' elevati, da due a sei anni. Cio' premesso, non sfugge a questo giudice che la Corte costituzionale ha gia' affrontato, con risposta negativa, il quesito circa la ragionevolezza in generale del termine annuale ex art. 2952 c.c., denunciata sotto il profilo della sua comparazione con la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c., in materia di risarcimento del danno da fatto illecito (v. ordinanza 12 novembre 1987, n. 458) dichiarando la questione manifestamente infondata, diverse essendo le situazioni regolate dalle due norme codicistiche. Si ritiene, tuttavia, prospettabile nuovamente la questione sotto un diverso e nuovo profilo, attinente proprio all'oggetto della presente controversia, vale a dire la ragionevolezza in relazione all'art. 3 Cost., non del termine breve in se' ma della piena equiparazione attuata dalla disciplina dell'art. 2952 cpv. c.c., tra situazioni profondamente diverse, sotto il profilo dei beni protetti dall'ordinamento, quali sono i diritti derivanti dai contratti di assicurazione contro i danni alle cose e dai contratti di assicurazione contro gli infortuni. La questione di legittimita' pare, invero, non manifestamente infondata in linea con la qualificazione, da tempo recepita, del sindacato di costituzionalita' ex art. 3 come giudizio sulla ragionevolezza delle leggi e sull'attuazione delle esigenze di coerenza tra le varie parti dell'ordinamento giuridico: non pare assolvere a detti canoni una disciplina unitaria della prescrizione che non differenzi i diritti dei soggetti colpiti nei beni di rango piu' elevato (quali la vita o, nel caso di specie, la persona e la sua integrita' fisica) e quelli dei soggetti lesi nei propri beni materiali. Il vulnus al principio di eguaglianza, inteso come limite di ragionevolezza della funzione legislativa ordinaria, appare evidente. Ne' sembra indispensabile, atteso il tipo di irragionevolezza ipotizzato, individuare con esattezza il c.d. tertium comparationis, dato che esso occorre evidenziare nell'ordinanza di rimessione allorquando si ipotizzi un'arbitraria disparita' di trattamento di situazioni omogenee, essendo in tale situazione tre le norme in discussione: quella contestata, quella costituzionale asseritamente violata e quella (appunto il tertium) che disciplina la situazione asseritamente analoga. Nel caso di specie, viceversa, il raffronto riguarda unicamente le fattispecie reali a cui l'unica norma in discussione si applica, in relazione cioe' alla sua ratio; e pertanto non spetta al giudice remittente indicare obbligatoriamente quale dovrebbe essere il diverso regime prescrizionale idoneo a differenziare in modo costituzionalmente ragionevole e conforme al principio di eguaglianza la prescrizione dei diritti assicurativi che ineriscono alla persona rispetto a quelli inerenti ai beni materiali, se il termine triennale previsto per l'assicurazione obbligatoria Inail, la prescrizione quinquennale per i fatti illeciti o quella ordinaria decennale, rientrando cio' nelle scelte discrezionali che fara' eventualmente il legislatore. Cio' che interessa in questa sede e' solo l'evidenziazione dell'irrazionalita' dell'equiparazione che puo' venir meno con una eventuale pronuncia di illegittimita' "nella parte in cui", che non rischia comunque di determinare alcun vuoto normativo operando in ogni caso, per l'ipotesi espunta dalla norma dichiarata illegittima, il regime ordinario della prescrizione. Riguardo, infine, alla rilevanza della questione sollevata, appare evidente che l'eccezione di prescrizione formulata dalla convenuta risulta, prima facie, idonea a definire il giudizio in corso, tanto e' vero che la circostanza non e' stata messa in discussione da alcuna delle parti nelle memorie depositate e risultando allo stato degli atti che tra la comunicazione inviata dalla Carige il 23 dicembre 1992 e la successiva richiesta di visita medica, avvenuta nel febbraio 1995, non sono stati posti in essere altri idonei atti interruttivi.