L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 20 agosto 1998, ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 743 dal titolo "Modifiche all'art. 2 della legge regionale 5 luglio 1997, n. 23, concernente il rinnovo del Comitato regionale di controllo. Modernizzazione amministrativa e recepimento nella regione siciliana di norme della legge 15 maggio 1997, n. 127. Interpretazione autentica del comma 5, dell'art. 52 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale il successivo 24 agosto 1998. Il provvedimento legislativo teste' approvato, oltre a disporre (art. 1) la proroga dell'attuale Comitato regionale di controllo sino al 31 dicembre 1998 e a dare attuazione (art. 2) in Sicilia a talune disposizioni della legge 15 maggio 1997, n. 127, contiene all'art. 3, che di seguito si trascrive, una norma che si ritiene in contrasto con gli artt. 3, 97 e 103 della Costituzione. "Interpretazione autentica dell'art. 52, comma 5, della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26". "1. - Il comma 5, dell'art. 52 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26, come sostituito dall'art. 2 della legge regionale 12 novembre 1996, n. 41, e' autenticamente interpretato nel senso che l'incremento delle indennita' di carica e di presenza previste per gli organi dei comuni ricompresi nelle aree metropolitane e delle province che ricomprendono aree metropolitane, costituite ai sensi degli artt. 19 e 20 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e delle relative sezioni del Comitato regionale di controllo e' dovuto a decorrere dall'emanazione del decreto del presidente della regione che individua le aree metropolitane". La soprariportata disposizione, sebbene si autodefinisca interpretazione autentica di una precedente norma regionale, nella realta' si connota, piuttosto, per le ragioni che di seguito si esporranno, quale norma di sanatoria volta a dare copertura a comportamenti illegittimi di talune amministrazioni locali ed a prevenire e/o paralizzare l'eventuale giudizio di responsabilita' a carico degli amministratori promovibile (o gia' promosso) dalla Corte dei conti ai sensi dell'art. 103 della Costituzione. Infatti, secondo quanto codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire in numerose pronunce, si puo' riconoscere il carattere di interpretazione autentica ad una legge solo quando la stessa, non modificando il testo della norma interpretata, ne chiarisce il significato e la portata, ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e quella successiva che ne esplicita il significato) le quali rimangono entrambe in vigore. Senonche', secondo i parametri di identificazione cosi' delineati, non appaiono sussistere i presupposti in base ai quali ragionevolmente il legislatore possa intervenire in via di interpretazione autentica. L'art. 2 della legge regionale n. 41/1996, che ora si intende "interpretare" (a sua volta gia' norma di interpretazione nella parte relativa all'ammontare dei compensi per i compomenti dei Co.Re.Co.), chiaramente ed inequivocabilmente ha determinato la misura dell'indennita' di carica spettante agli amministratori ed ai consiglieri delle province regionali e dei comuni facenti parte delle aree metropolitane, incrementando l'ordinaria indennita' del 50%. La corresponsione di detta indennita', comunque, secondo i principi generali dell'ordinamento ed in ossequio all'art. 97 Cost., non puo' che essere subordinata all'effettivo svolgimento di funzioni pubbliche. E in tal senso l'assessore regionale degli enti locali con circolare 30 marzo 1998, n. 2 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della regione n. 17 del 4 aprile) previa acquisizione del parere del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, ha esplicitato che l'incremento dell'indennita' di carica e di presenza previsto per le aree metropolitane dall'art. 52, legge regionale n. 26/1995, cosi' come modificato dall'art. 2, legge regionale n. 41/1996, e' subordinato alle due condizioni della costituzione di detta forma gestionale e dell'esercizio effettivo delle funzioni. Pertanto non poteva (e non puo') essere riconosciuto agli amministratori e consiglieri degli enti locali l'incremento dell'indennita', sia per il periodo antecedente alla data di entrata in vigore della cennata l.r. n. 41/1996 sia per quello successivo, stante la perdurante assenza di provvedimenti di attuazione della forma gestionale delle aree metropolitane. Infatti, ai decreti presidenziali della regione nn. 228, 229 e 230 del 10 agosto 1995 con cui sono state individuate le aree metropolitane di Catania, Palermo e Messina non e' seguita a tutt'oggi l'attivazione delle stesse, ne' sono state definite le convenzioni di cui all'art. 21 della legge regionale n. 9/1986. Cio' stante e' di palmare evidenza che in assenza di difficolta' interpretative della preesistente normativa (id est art. 2, l.r. n. 41/1996) e non esistendo difformi criteri di applicazione, la norma oggetto della presente impugnativa difetta del necessario presupposto che la giustifichi, ed appare piuttosto introdotta con l'unico e reale scopo di attribuire effetti retroattivi ad una disciplina, che si intende ora inserire, in virtu' della quale si prescinde nei fatti, ai fini della corresponsione dell'indennita', dal presupposto indispensabile dell'esercizio effettivo di funzioni pubbliche. La norma censurata, inoltre, per l'asserita natura interpretativa e la conseguente efficacia retroattiva, legittimerebbe ex post comportamenti illegittimi delle pubbliche amministrazioni, assumendo i caratteri di una generalizzata ed indiscriminata sanatoria. In proposito e' risaputo che secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte (da ultimo sentenze n. 94/1995 e n. 1/1996) le leggi di sanatoria non sono costituzionalmente precluse in via di principio, ma che trattandosi di ipotesi eccezionali, la loro giustificazione deve essere sottoposta ad uno scrutinio di costituzionalita' estremamente rigoroso. L'intervento legislativo in sanatoria, infatti, puo' essere ragionevolmente giustificato soltanto dallo stretto collegamento con le specificita' del caso, tali da escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale (nella fattispecie il presupposto dell'espletamento delle funzioni ai fini della corresponsione dell'indennita') con quella eccezionale successivamente emanata. Siffatto scrutinio deve, inoltre, essere svolto anche sotto il profilo della salvaguardia da indebite interferenze nei confronti dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali (Corte costituzionale n. 346/1991). Orbene sotto entrambi i profili la disposizione impugnata si rivela manchevole. L'estensione della disciplina di cui all'art. 2, l.r. n. 41/1996 anche ai periodi in cui non sono state e non sono svolte le funzioni proprie delle aree metropolitane, non e' sostenuta da un interesse pubblico (che piuttosto appare leso da un ingiustificato e cospicuo esborso di risorse finanziarie) legislativamente rilevante e di preminente importanza generale, bensi' risulta volta esclusivamente a fornire copertura legale successiva a decisioni risultanti difformi dalla vigente disciplina legislativa e diretta ad esonerare gli amministratori da eventuali responsabilita' di ordine giuridico.