IL PRETORE
   Sciogliendo la riserva che precede;
                             O s s e r v a
   L'art.  11,  comma  9,  legge  n.  40/1998,  nel  disciplinare   il
 procedimento  di  impugnazione  del  provvedimento  di espulsione dal
 territorio italiano dello  straniero,  individua  la  competenza  per
 territorio del pretore sulla base dei criteri della residenza e della
 dimora dell'interessato.
   La  norma recepisce quello che era stato indicato, dalla dottrina e
 dalla giurisprudenza, nell'assenza di una disciplina generale analoga
 a quella dettata per il procedimento ordinario di cognizione, come il
 principale criterio di attribuzione della competenza territoriale nei
 procedimenti in camera  di  consiglio  regolati  dagli  artt.  737  e
 seguenti del c.p.c.
   La  scelta  del legislatore ha quindi tenuto conto delle ragioni di
 maggiore tutela da parte del giudice piu'  vicino  all'interessato  e
 maggiormente  in  grado di acquisire informazioni e prove nell'ambito
 della cognizione dei fatti  regolata  dall'art.  738  del  c.p.c.  Il
 criterio  risponde anche ad esigenze di effettivita' di esercizio del
 diritto  di  difesa  dell'interessato,  che  puo'   piu'   facilmente
 acquisire  elementi  probatori  a suo favore nel luogo di dimora o di
 residenza,  anche  in  considerazione   dei   limitati   termini   di
 proposizione del ricorso e di durata del procedimento.
   Nel  caso  in  esame,  la individuazione del giudice competente per
 territorio deve  tenere  conto  di  quanto  risulta  dal  decreto  di
 espulsione,  nel quale e' indicato come domicilio della ricorrente il
 comune di Firenze. In realta', nello stesso decreto la ricorrente  e'
 indicata come persona senza fissa dimora.
   La indicazione di Firenze come luogo del domicilio della ricorrente
 porta quindi ad affermare la incompetenza del pretore di Padova.
   A  questo punto occorre tenere conto di quanto previsto dal comma 9
 dell'art. 11, legge n. 40/1998, dal quale risulta che il giudice puo'
 accogliere o respingere il ricorso, ponendo una alternativa rigida da
 cui e'  esclusa  una  pronuncia  declinatoria  della  competenza  con
 rimessione al giudice ritenuto competente per territorio.
   La   esclusione   di  un  meccanismo  di  traslatio  iudicii  e  la
 proposizione di una alternativa secca tra accogli-mento e rigetto del
 ricorso, analogamente a regime proprio  del  procedimento  cautelare,
 nel  quale,  ai  sensi  dell'art.  669-septies  del  c.p.c.,  anche a
 pronuncia di incompetenza definisce il  processo  senza  attuare  una
 rimessione   al   giudice   competente,  comporta  tuttavia  notevoli
 conseguenze  sul  concreto  esercizio  del  diritto  di  difesa   del
 ricorrente.
   Queste  conseguenze  vanno ravvisate anzitutto nella impossibilita'
 di richiamare i meccanismi proprio degli artt. da 42 a 51 del c p.c.,
 ed in particolare la riassunzione  del  processo  avanti  al  giudice
 competente,  con  la  ulteriore  conseguenza  che, nel caso in cui il
 ricorso sia stato proposto l'ultimo giorno utile, come  nel  caso  in
 esame,  o  in  cui  la  decisione  del pretore venga emessa una volta
 trascorso il termine di proposizione della domanda, il nuovo  ricorso
 al  giudice  competente dovra' ritenersi inammissibile. Viceversa, il
 meccanismo della riassunzione  del  processo,  mantenendo  validi  ed
 efficaci  gli effetti processuali dell'atto introduttivo del processo
 consentirebbe  la  prosecuzione  del  processo  avanti   al   giudice
 competente. Ed in proposito, la disciplina del comma 9, dell'art. 11,
 della  legge  n.    40/1998  si pone in contrasto con la elaborazione
 giurisprudenziale che, per i procedimenti regolati dall'art. 737  del
 c.p.c.,  ha  ammesso  l'applicabilita'  in  assenza  di  una  diversa
 disciplina, dell'art.   45 del c.p.c., cfr.  Cassazione,  8  novembre
 1989, n. 4696; Cassazione, 7 febbraio 1987, n. 1262.
   La  seconda  conseguenza  discende dalla incompatibilita' di questi
 meccanismi con la ristrettezza dei tempi stabiliti per la definizione
 del procedimento, modellati sul termine di quindici  giorni  previsto
 dal  comma  6, dell'art. 11, della legge n. 40/1998 per la esecuzione
 del provvedimento di espulsione.
   E' evidente, e l'esame di questa controversia lo dimostra,  che  la
 ristrettezza  dei termini processuali e la impossibilita' di adottare
 provvedimenti  cautelari   di   sospensione   della   efficacia   del
 provvedimento impugnato, analogamente a quanto previsto dall'art. 22,
 ultimo  comma,  legge  n.  689/1981  in  materia  di  opposizione  ai
 provvedimenti sanzionatori adottati dalla pubblica  autorita',  priva
 di  fatto  il ricorrente della concreta possibilita' di esercitare il
 proprio diritto di difesa e di ottenere la piena tutela  del  proprio
 diritto  alla  permanenza nel territorio dello Stato, particolarmente
 in un caso, come quello in esame, in cui dallo  stesso  provvedimento
 impugnato emerge la difficolta' di individuare il giudice competente,
 in  assenza  di  una  elezione  di domicilio della ricorrente e nella
 affermazione della assenza di una fissa dimora.
   Si ritiene quindi che la disciplina dettata dall'art. 11, comma  9,
 legge  n.  40/1998,  per  gli  aspetti  che  sono  stati evidenziati,
 contrasti con l'art.  24  della  Costituzione,  perche'  comprime  il
 diritto  di  difesa  e  il  diritto di ottenere tutela giudiziale del
 diritto azionato.
   La questione di costituzionalita' che e' stata prospettata e' anche
 rilevante ai fini della decisione del giudizio in corso.  E  'infatti
 evidente   che   la  rilevata  incompetenza  del  pretore  di  Padova
 porterebbe al rigetto della domanda e alla conseguente impossibilita'
 per la ricorrente di riproporre il  ricorso  al  giudice  competente,
 cosi'  come la ristrettezza dei termini di proposizione della domanda
 e la assenza di un potere di sospensione del provvedimento impugnato,
 per poter acquisire le informazioni utili a  verificare  la  concreta
 situazione  di  fatto  per  la piu' esatta individuazione del giudice
 competente, stante la palese indicazione nel provvedimento  impugnato
 di  un  domicilio  non  meglio precisato e della assenza di una fissa
 dimora della ricorrente.
   Si  ritiene  infine  di  dover  segnalare  alla Corte un diverso, e
 subordinato, profilo di incostituzionalita'  della  norma  in  esame,
 nella  parte  in  cui  non  disciplina  espressamente  il criterio di
 individuazione del giudice competente nel caso in cui  il  ricorrente
 non  abbia  fissa dimora. La questione rileva per la incertezza della
 determinazione del domicillo della ricorrente,  dal  momento  che  il
 provvedimento  di espulsione contiene una contraddittoria indicazione
 di un domicilio a Firenze, peraltro del tutto generica, ma  anche  di
 una  situazione  di  fatto  caratterizzata dalla assenza di una fissa
 dimora e che agli atti non risulta alcuna conferma della elezione  di
 domicilio a Firenze da parte della ricorrente.
   In  questa  situazione,  e  nella  impossibilita'  di  applicare il
 criterio del domicilio eletto ai sensi  dell'art.  8,  del  d.-l.  n.
 416/1989  convertito,  in  legge  n.  39/1980, espressamente abrogato
 dall'art.   46,  della  legge  n.  40/1998,  l'interprete  deve  fare
 riferimento  ai  criteri  generali  adottati  dalla giurisprudenza in
 materia. In proposito,  occorre  richiamare  l'orientamento  espresso
 dalla  giurisprudenza  di  legittimita'  che,  per  i procedimenti in
 camera di consiglio a struttura contenziosa, ha richiamato i  criteri
 generali  dell'art.  13  del  c.p.c ed in particolare il criterio del
 foro del convenuto, cfr. Cassazione  sezioni  unite  del  7  febbraio
 1992, n. 1373.
   Al  procedimento  in  esame  va  attribuita  infatti  la  natura di
 procedimento  contenzioso,   analogamente   alla   disciplina   della
 opposizione  alle ordinanze applicative di sanzioni amministrative di
 cui alla legge n. 689/1981, vertendosi in tema di impugnazione di  un
 provvedimento sanzionatorio emesso dalla autorita' amministrativa nel
 quale  l'autorita'  si  pone come controparte, e in materia di tutela
 dei diritti dello straniero - si pensi ai riflessi della pronuncia su
 diritti fondamentali della persona, come quelli in  tema  di  lavoro,
 casa e salute, espressamente riconosciuti e disciplinati dalla legge.
   Ma  la  applicazione  di questo principio alla fattispecie in esame
 realizza una ingiustificata disparita' di trattamento con coloro  che
 si  trovano  nelle  condizioni  di  dimora  e residenza note, proprio
 considerando che il criterio della dimora e della residenza  mira  ad
 un  piu'  approfondito  esame della vicenda da parte del giudice piu'
 vicino agli interessi di cui si chiede tutela e ad assicurare un piu'
 compiuto esercizio del diritto alla difesa del ricorrente, a  maggior
 ragione  in  una  situazione  caratterizzata  dalla  ristrettezza dei
 termini per proporre e definire il processo.
   Anche questa e' una questione rilevante ai fini della decisione del
 procedimento, investendo  direttamente  gli  aspetti  di  valutazione
 della competenza territoriale del giudice adito.