IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza, visti gli  atti  del  procedimento
 penale  contro  Di  Maurizio Rita, Giulivi Ludovico e Bufaloni Romano
 imputati dei reati di cui: a) art. 110, c.p., 20, lettera  c),  legge
 n. 47/1985; b) art. 110 c.p., 1-sexies, legge n. 431/1985.
   Il giudice remittente e' chiamato ad applicare, tra l'altro, l'art.
 1-sexies,   legge   n.  431/1985  in  merito  al  quale  si  sospetta
 l'incostituzionalita' come da motivazione che di seguito si  esprime.
 Tanto   premesso   in   punto   di   rilevanza  sulla  non  manifesta
 infondatezza;
                             O s s e r v a
   La previsione di cui all'art. 82,  quinto  comma,  lett.  h),  come
 modificato  dall'art.  1, della legge n. 413/1985, nel momento in cui
 sottopone a "vincolo paesaggistico" ai sensi della legge n. 1497/1939
 tutte e indiscriminatamente "le zone gravate da usi civici e le  aree
 assegnate alle Universita' Agrarie", contrasta con gli artt. 2, 9, 97
 della  Costituzione  e  con  il  principio del "giusto procedimento",
 anch'esso  di  rilevanza  costituzionale   in   quanto   strettamente
 collegato  alla  tutela  delle situazioni dei cittadini nei confronti
 dei pubblici poteri (Corte costituzionale n. 16/1962).
   E' noto che la Corte costituzionale (con sentenza n.  151/1986)  ha
 affrontato - in sede di conflitto di attribuzione - alcuni profili di
 dedotta incostituzionalita' della legge n. 431/1985.
   In  tale  sede  la Corte nell'attribuire alle norme il carattere di
 grande riforma economica e sociale  ha  affermato  che  dalle  stesse
 emerge  "una  nuova  concezione  della  tutela paesaggistica" "che si
 sostanzia in  una  riconsiderazione  assidua  dell'intero  territorio
 nazionale alla luce della primarieta' del valore estetico-culturale".
   Mentre infatti, la normativa di cui alla legge n. 1497/1939 prevede
 una  "tutela  diretta...  di localita' di particolare pregio estetico
 isolatamente considerate", quella di  cui  alla  legge  n.  431/1985,
 introduce   una   tutela  improntata  a  integralita'  e  globalita',
 attraverso  "la  imposizione  del  vincolo  paesaggistico  (e  quindi
 preclusioni di sostanziali alterazioni della forma del territorio) in
 ordine  a  vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso
 individuati secondo tipologie paesistiche ubicazionali o morfologiche
 rispondenti a criteri largamente  diffusi  e  consolidati  nel  lungo
 tempo".  Se  tale e' la nuova "concezione" della tutela (alla luce di
 valori   estetico-culturali)   basata,   peraltro,   su    "tipologie
 paesistiche   ubicazionali   o  morfologiche  rispondenti  a  criteri
 largamente  diffusi  e  consolidati",  non  c'e'  chi  non  veda  che
 l'applicazione di tali "principi e criteri" alle "zone gravate di usi
 civici   e   alle   aree   assegnate   alle  Universita'  Agrarie"  -
 indiscriminatamente  -  sia  del  tutto  irragionevole ed incoerente,
 privo di giustificazione anche  solo  teorica  e  fonte  di  evidente
 ingiustizia  e  disparita' di trattamento, essendo riferibile solo ad
 una caratteristica giuridica delle aree in questione, che  del  tutto
 prescinde   per   la   sua   natura,  da  caratteristiche  fisiche  o
 morfologiche o ubicazionali  delle  aree  stesse  e  non  e'  affatto
 riferibile a criteri largamente diffusi e consolidati.
   Attraverso  tale  vincolo  indiscriminato,  che  viene a gravare su
 amplissimi territori di proprieta' pubblica e privata  (e'  noto  che
 l'uso  civico puo' essere esercitato soprattutto su terreni privati),
 che possono essere, come spessissimo sono, privi di qualsiasi valenza
 paesistico-ambientale, si viene, infatti:
   1. - A vulnerare, in modo del tutto irragionevole, il  precetto  di
 cui   all'art.   9  della  Costituzione,  che  se  assume  il  valore
 estetico-culturale come  primario,  sempre  comporta,  peraltro,  che
 nelle  forme  concrete di tutela il valore stesso sia ragionevolmente
 individuato e preventivamente riconosciuto ed in effetti sussista, in
 relazione  a  caratteristiche  ad  esso  proprie  e  non   attraverso
 l'utilizzazione di caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche.
   Nel caso di specie, poi, il vincolo cosi' imposto viene palesemente
 a  interferire  proprio  con  l'esercizio  di  quei  diritti  la  cui
 esistenza e' assunta quale presupposto della imposizione, nonche' con
 l'esercizio di facolta' private e pubbliche di  utilizzo  delle  aree
 che vengono del tutto ingiustificatamente compresse.
   2.  -  Ne'  puo'  dimenticarsi  che  per consolidata giurisprudenza
 (Consiglio di Stato n. 1351/1988 e Corte costituzionale n. 56/1968) i
 beni  aventi   valore   paesistico   "costituiscono   una   categoria
 originariamente   di  interesse  pubblico",  da  cui  la  natura  non
 ablatoria dei vincoli.   Peraltro,  ove  tale  "originario  interesse
 pubblico"  non  possa  ritenersi  sussistente (perche' i beni vengono
 individuati  senza  alcun  riferimento  alla  loro  stuttura  fisica,
 ubicazionale   e/o  morfologica),  il  vincolo  assume  un  contenuto
 ablatorio in palese contrasto con l'art. 42 della Costituzione.
   3. - Tale indiscriminato e  irragionevole  vincolo  viene  anche  a
 porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ponendo in essere
 una  irragionevole,  arbitraria  e  non  giustificata  disparita'  di
 trattamento, tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree
 gravate da usi civici, che vedono gravemente limitate e/o escluse  le
 facolta'  di  godimento  ed  utilizzo  loro  spettanti  e  gli  altri
 cittadini, senza che le aree  soggette  a  vincolo  siano  mai  state
 oggetto  di  valutazione  e/o  accertamento  del  carattere  (assunto
 apoditticamente   ed   in   via   generale)   della   loro    valenza
 paesistico-ambientale,   ne'   in   concreto  ne'  in  riferimento  a
 caratteristiche morfologico-ubicazionali  obiettivamente  comuni  tra
 loro.
   4.  -  E', infine, vulnerato il principio del giusto procedimento e
 l'art. 97 della Costituzione, entrambi posti a tutela delle posizioni
 soggettive dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri.
   Attraverso  tale  vincolo  indiscriminato,   ed   in   assenza   di
 qualsivoglia  norma  di coordinamento e procedimentale, da un lato si
 viene ad interferire  nella  attivita'  di  gestione  delle  aree  e,
 dall'altro,   nell'esercizio   delle   facolta'   e  dei  diritti  di
 proprietari e degli utenti. Ne' puo' soccorrere, al riguardo, il gia'
 ricordato principio  della  "nuova  forma  di  tutela  improntata  ad
 integralita'  e globalita'" poiche', in ogni caso, manca a sostenerla
 - in riferimento alla categoria di beni in  oggetto  -  un  qualsiasi
 dato   e/o   parametro   comune  riferibile  (anche  in  astratto)  a
 "caratteri" propri di beni aventi pregio paesistico-ambientale.
   Ulteriore negativo riflesso di tale situazione  e'  la  sostanziale
 perdita  di  concretezza  della  stessa  ratio  punitiva sottesa alle
 speciali  norme  incriminatrici  introdotte  proprio  per  assicurare
 protezione  accentuata a beni e valori di particolare considerazione.
 Conseguentemente le stesse norme incriminatrici  solo  apparentemente
 risultano  rispettose  del  principio  di  tipicita' inteso nella sua
 stretta correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che,  in
 tali  eventualita',  giova  ribadirlo,  solo in termini assiomatici e
 senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria
 astrazione, risulta sussistente. In questa ottica, in cui  la  tutela
 del  valore  ambientale  e' affidata piuttosto a illusioni repressive
 che non a concreti atti della pubblica  autorita'  di  individuazione
 del  bene  da tutelare, viene ad essere inciso lo stesso principio di
 ragionevolezza, atteso che si  introduce  un  regime  particolarmente
 afflittivo  senza  alcuna  certezza  che lo stesso sia in rapporto di
 sintonia con interessi effettivamente sussistenti. Di tale disarmonia
 del sistema e' espressione la  norma  richiamata  nella  rubrica  del
 presente  processo,  come  puo'  evincersi  dalla irragionevole e non
 giustificabile   maggiore   afflittivita'   della   predetta    norma
 incriminatrice,  che  presenta  un carattere prevalentemente formale,
 quale risposta  punitiva  per  la  mancata  acquisizione  del  titolo
 autorizzatorio  da parte degli enti preposti alla tutela del vincolo,
 rispetto alla previsione di cui all'art. 734 c.p., che  considera  la
 deturpazione  di  fatto  ed  in  concreto  del  bene  ambientale, con
 evidente maggior spregio del valore paesaggistico ed ambientale.
   Ne' puo' pretermettersi la sospetta  incostituzionalita'  dell'art.
 1-sexies,  legge  n.  43l/1985,  in se' considerato, in raffronto con
 l'art. 25, secondo  comma,  della  Costituzione  per  violazione  del
 principio di legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al
 riguardo  non  appaiono  persuasive le precisazioni giurisprudenziali
 che individuano in quella riportata dall'art. 20, lett. c), legge  n.
 47/1985,  fondando  sull'argomento  che  soltanto l'art. 20, lett. c)
 richiamato si riferisce a zone vincolate.
   Tale argomentazione non incide affatto sulla problematica di  fondo
 concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una
 specifica  sanzione  tra  quelle gradatamente riportate nell'art.  20
 richiamato e, da qui, la  palese  indeterminatezza  della  previsione
 sanzionatoria.  A  tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la
 richiamata  impostazione   giurisprudenziale,   alla   gia'   cennata
 problematica   insistente   sulla   irragionevole  concentrazione  di
 previsioni  sanzionatorie  distinte  per  un  medesimo  fatto   e   a
 salvaguardia dello stesso interesse.