LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di  secondo
 grado,  iscritta  al  n.  277 del r.g. degli affari diversi dell'anno
 1998, posta in decisione all'udienza del 3 luglio 1998 introdotta  da
 Miceli  Francesco,  nato  a  Roma il 25 agosto 1948, e De Nardo Maria
 Luisa, nata  a  Vibo  Valentia  il  29  gennaio  1949,  elettivamente
 domiciliati  in  Roma,  piazza  del  Colosseo,  4,  presso  lo studio
 dell'avv.  Francesco  Miceli  che  sta  in  giudizio  di  persona   e
 rappresenta e difende la De Nardo per mandato in atti.
   Con  l'intervento  del  procuratore  generale  presso  la  Corte di
 appello di Roma.
   Oggetto: reclamo avverso il decreto emesso in data 9 marzo 1998 del
 tribunale per i minorenni di Roma  concernente  la  dichiarazione  di
 idoneita' degli istanti alla adozione del minore straniero R.  S. S.,
 nato in Bielorussia il 21 maggio 1990.
                       Svolgimento del processo
   Risulta  in  atti  che  i  reclamanti, previamente contattati dalla
 Associazione  di   volontariato   "Puer",   nell'ottobre   del   1995
 ospitarono,  per  spirito  di  solidarieta',  il  minore  R.  S.  S.,
 proveniente come altri suoi coetanei da una  delle  zone  contaminate
 dal  disastro  nucleare  di  Chernobyl.  Dall'incontro  tra i coniugi
 Miceli ed il bambino, nacque un immediato reciproco attaccamento, che
 indusse  gli  istanti,  nuovamente   interpellati   dall'Associazione
 "Puer", a rinnovare l'ospitalita' nei confronti di R.
   La  conoscenza  del  bambino  e  del  mondo  di  abbandono  che  lo
 circondava,  determino',  nei  coniugi  la  decisione   di   chiedere
 l'idoneita' alla adozione internazionale.
   L'istanza,  presentata  il  25  gennaio  1996,  venne  accolta  dal
 tribunale per i minorenni di Roma, che, con decreto 16 dicembre  1996
 dichiaro'  l'idoneita'  della coppia ad adottare un singolo minore di
 nazionalita' straniera, purche' nato prima del 25 agosto 1988  e  che
 non  avesse raggiunto il decimo anno di eta' (quest'ultimo limite, su
 richiesta del Miceli veniva elevato di due anni da questa Corte,  con
 decreto  30  maggio  1997).  Nelle  more  i coniugi Miceli ospitavano
 nuovamente il minore R. - i periodi  di  ospitalita'  ad  oggi  hanno
 raggiunto  una  durata  complessiva  di circa 17 mesi - che sempre di
 piu' andava affezionandosi al nucleo ospitante, composto   oltre  che
 dagli istanti, dai due figli
  di  primo letto della De Nardo, rispettivamente di 25 e 26 anni.  In
 occasione di un viaggio in Bielorussia, allo scopo di far visita a R.
 gli    istanti  apprendevano  che  il   bambino,   istituzionalizzato
 dall'eta'  di   quattro anni, in quanto la madre - il padre risultava
 sconosciuto -  era  stata  privata  della  potesta'  sul  figlio  dal
 Tribunale  di Mogilev con sentenza 11 marzo 1994, si trovava in stato
 di adottabilita', ed inoltre che al bambino erano stati diagnosticati
 ritardi dello sviluppo psichico, per cui all'eta' di sette  anni  era
 destinato ad un internato di isolamento in cui sarebbe rimasto fino a
 17 anni.
   Il  desiderio  di  sottrarre  R.  a  queste  tristi previsioni e di
 offrirgli un'assistenza  sanitaria  adeguata  spingeva  il  Miceli  a
 presentare, in data 5 settembre 1997,  al Governo Bielorusso, tramite
 l'autorita'  consolare  a  Roma, domanda di adozione del minore; alla
 richiesta - che a tutt'oggi non ha avuto alcun  esito  -  allegavano,
 tra  gli  altri  documenti,  il  decreto  di  idoneita'  all'adozione
 internazionale, in cui era evidenziato il limite di eta' indicato dal
 legislatore, superato dalla coppia istante di circa due anni.
   Nell'ottobre del 1997 i Miceli si recavano a trovare il bambino nel
 nuovo istituto di Crugloe in cui era stato trasferito  al  compimento
 del  settimo  anno: le condizioni di degrado e di promiscuita' in cui
 R, era costretto a vivere e la profonda infelicita'  manifestata  dal
 piccolo,   inducevano   i   Miceli,  allo  scopo  di  munirsi  di  un
 riconoscimento  che  assicurasse  l'ingresso  di  R.  in  Italia,   a
 presentare  in  data  30  dicembre  1997,  un  ricorso  diretto  alla
 dichiarazione di idoneita' all'adozione specifica di R.
   Il tribunale per i minorenni dl Roma, rilevato che la differenza di
 eta' tra gli istanti ed il minore superava  quella  prescritta  dalla
 norma  (artt.  6 e 30 della legge n. 184/1983) e che nella specie non
 poteva trovare applicazione la sentenza della Corte costituzionale n.
 303 del 1996, con decreto del 9 marzo 1998 rigettava l'istanza.
   Avverso  il  decreto  proponevano  tempestivo  reclamo   i   Miceli
 ricordando   che   la   piu'   recente   giurisprudenza  della  Corte
 costituzionale aveva affermato la non assolutezza  del  criterio  del
 divario  di  eta'  previsto dall'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n.
 184, ed ammesso deroghe specifiche alla norma, tenendo in  preminente
 considerazione  l'interesse  del  minore,  nei confronti del quale il
 mancato inserimento in una determinata famiglia  comporterebbe  grave
 danno.
   Cio'  premesso,  essi  argomentavano che l'eta raggiunta da R. e le
 sue condizioni psichiche portavano ragionevolmente ad  escludere  una
 diversa  soluzione  adottiva, per cui, in caso di mancata adozione da
 parte degli stessi istanti, il bambino era destinato a restare fino a
 17 anni nell'istituto per handicappati, con conseguenze  irreparabili
 sul  suo  stato  di  salute  e con prospettive future molto precarie;
 facevano altresi' rilevare che la differenza di eta' tra essi istanti
 ed il bambino non superava di molto quella  prevista  dalla  norma  e
 comunque era contenuta nel c.d. "divario biologico".
   Evidenziavano infine, che a seguito della pronuncia 24 luglio 1996,
 n.  303 della Corte costituzionale  con la quale era stata dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  6,  comma  secondo  della
 legge  n.  184/1983  nella  parte  in cui non prevede che, il giudice
 possa disporre l'adozione valutando  esclusivamente  l'interesse  del
 minore  quando l'eta' di uno dei coniugi superi di oltre quarant'anni
 l'eta'  dell'adattando  e  sempre  che  la differenza di eta' rimanga
 compresa in quella che di solito intercorre tra genitore e figlio,
  "si era creata in Italia  una  ingiustificabile  disuguaglianza  tra
 coppie  in cui uno solo dei coniugi abbia superato il limite di eta',
 e coppie in cui tale limite e' superato da entrambi, (o  meglio,  tra
 cittadini  a  seconda  dell'eta' del rispettivo coniuge), per cui nel
 primo caso l'adozione e' consentita,  nel  secondo  aprioristicamente
 negata".
   Chiedevano  quindi  che la Corte, in riforma del decreto oggetto di
 reclamo, dichiarasse gli istanti idonei all'adozione del minore R. S.
   In  via   subordinata   sollevavano   questione   di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 6 e 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184
 in  relazione  agli  artt.  23  e  31,  nonche'  dell'art.  10  della
 Costituzione.
                        Motivi della decisione
   Preliminare  all'esame  dei  motivi  di gravame proposti dai Miceli
 avverso il decreto 9 marzo 1998, e' la  verifica  in  astratto  della
 possibilita' per il giudice minorile di verificare ai sensi dell'art.
 30  della  legge  n.  184  del  1983  l'idoneita'  degli istanzi alla
 adozione internazionale nei confronti di un minore determinato.
   E' pacifico che l'idoneita' di cui all'art. 30 citato e'  di  norma
 verificata  in  astratto, quando il minore non e' ancora individuato,
 tuttavia, nulla vieta, ad avviso di questo collegio  giudicante,  che
 in  particolari  casi  essa  possa  essere "mirata" ad un determinato
 minore  (sulla  ammissibilita'  della  dichiarazione   di   idoneita'
 specifica,  Cass. sez. unite, ordinanza n. 238 del 18 novembre 1994).
 D'altra parte una dichiarazione di idoneita' specifica sembra essersi
 resa necessaria a seguito delle decisioni costituzionali n.  148  del
 1992  e  n.  303 del 1996 infatti dopo queste pronunce, il giudice e'
 chiamato a valutare in concreto se dalla mancata adozione,  nei  casi
 particolari contemplati dalla Corte, possa derivare un danno grave ad
 un  minore  gia'  individuato;  tale  valutazione non puo' che essere
 effettuata a priori, essendo  altrimenti  impossibile  l'ingresso  in
 Italia,  a  scopo  di adozione, del minore, la cui eta', in relazione
 alla coppia adottante, non sia conforme ai limiti di  legge  (in  tal
 senso, tribunale per i minorenni di Roma, decreto 9 giugno 1993).
   Anche  nella fattispecie in esame l'interesse alla dichiarazione di
 idoneita' specifica sorge nei  coniugi  Miceli  dalla  necessita'  di
 assicurarsi fin dalla fase prodromica del procedimento di adozione un
 provvedimento  che rassicuri l'Autorita' straniera sulla possibilita'
 di deroga, nel caso concreto, ai limiti posti in astratto dalla legge
 italiana e garantisca l'ingresso di R. in Italia: alla luce  di  tali
 considerazioni, la pretesa dei Miceli appare quindi ammissibile.
   Cio' premesso, osserva la Corte che le censure formulate dai Miceli
 avverso la decisione reclamata non hanno fondamento.
   Il   giudizio  espresso  dal  primo  giudice  deve  infatti  essere
 condiviso:  in forza della vigente normativa la domanda proposta  dai
 Miceli-De  Nardo  non  puo'  essere  accolta,  per il divario di eta'
 esistente tra gli istanti e il minore R., che  supera  di  circa  due
 anni  quello  previsto dall'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184,
 applicabile anche all'adozione internazionaie, in  quanto  richiamato
 nella sua interezza dall'art. 30 comma 2.
   Non  puo' peraltro essere estesa al caso di specie - neppure in via
 interpretativa, stante il carattere  eccezionale  e  specifico  delle
 ipotesi su cui si e' pronunciata la Corte costituzionale - la portata
 della  sentenza  costituzionale  n. 303 del 1996, in quanto la deroga
 della Corte al criterio  rigido  del  divario  di  eta'  e'  limitata
 all'ipotesi  in  cui  solo  uno dei coniugi adottati superi il limite
 posto dal legislatore e nella quale comunque la  differenza  di  eta'
 resti  campresa  in  quella che solitamente intercorre tra genitori e
 figli.
   La pronuncia, che  si  inserisce  nella  precedente  giurisprudenza
 costituzionale  relativa al superamento dell'assoluta rigidita' delle
 prescrizioni normative relative alla differenza di eta' tra adottanti
 e adottando,  nel  ribadire  il  principio  dell'assoluta  preminenza
 dell'interesse  del  minore  all'inserimento in un contesto familiare
 stabile e congeniale, ha confermato la legittimita', in via  generale
 della  previsione  di  un  divario  massimo  di  eta' tra adottante e
 adottato.
   Cio' che la Corte ha fatto - in questa come in    altre  precedenti
 decisioni  - e' stato attenuare a rigidita' del principio, affermando
 ancora una volta che esso non si pone in maniera cosi'  assoluta,  da
 non poter essere ragionevolmente intaccato.
   Le deroghe tuttavia, consentite in casi rigorosamente circoscritti,
  devono  rispondere  a criteri di necessita' in relazione a pincipi e
 valori costituzionali assunti quale parametro  di  valutazione  della
 legittimita' costituzionale della disposizione denunciata.
   Ne  consegue  che  la  individuazione  delle  deroghe  non puo' che
 discendere da un'apposita previsione legislativa,  ovvero  attraverso
 una  pronuncia  additiva  che riveli la illegittimita' costituzionale
 della norma per l'omessa previsione di specifiche situazioni  in  cui
 si  imponga  la  necessita'  di  derogare al requisito del divario di
 eta', a tutela di interessi particolarmente  attinenti  al  minore  e
 alla famiglia.
   La  decisione  della  Corte  dunque  non  ha  introdotto  un potere
 derogatorio generale, attribuendone la  titolarita'  ai  giudici,  ma
 solo   alcune  deroghe  alla  rigidita'  della  norma,  sottolineando
 peraltro la necessita'  che  l'eccezione  non  si  trasformi  in  una
 regola.
   Poiche'  nella  specie  non  uno, ma entrambi i coniugi superano la
 differenza di eta' prescritta, non e' consentito al giudice  accedere
 alla deroga indicata dal giudice delle leggi.
   Appare  invece  meritevole di accoglimento la richiesta avanzata in
 via   subordinata,   in   quanto   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale   dell'art.   6,  legge  n.  184/1983,  sollevata  dai
 reclamanti in relazione agli artt. 2, 3 e 31 della  Costituzione  non
 sembra essere manifestamente infondata.
   Invero,  l'art.  2  della  Costituzione  riconosce  e  garantisce i
 diritti  inviolabili  dell'uomo,  quale  quello  del  minore  ad  una
 crescita  che  gli   assicuri il pieno ed armonico sviluppo della sua
 personalita'.  Il successivo art. 3 impone allo  Stato  di  rimuovere
 gli  ostacoli che  impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
 L'art. 31 della Costituzione prevede quale  compito della  Repubblica
 quella  di  agevolare  e  proteggere  la  famiglia,  l'infanzia  e la
 gioventu'.
   Tutta  la  normativa  che  disciplina la materia dell'adozione - in
 attuazione  dei  principi  costituzionali  -  e'   incentrata   sulla
 valutazione  e  protezione  della  personalita'  e dell'interesse del
 minore ed  e'  finalizzata  al  raggiungimento    di  tale  interesse
 mediante  il  suo  inserimento  in  una  famiglia che gli assicuri un
 sereno sviluppo.
   Anche il limite di eta' posto dall'art. 6 della legge  n.  184/1983
 riguardo all'eta' degli adottanti e' improntato alla giusta finalita'
 di dare ai minori in abbandono genitori adottivi ancora giovani ed in
 grado   di  trasmettere  loro  il  proprio  patrimonio  culturale  ed
 educativo.
   Pero' tale disposizione appare in evidente contrasto con  le  norme
 costituzionali  innanzi  precisate  - la Corte Costituzionale e' gia'
 intervenuta in tal senso -  in  quanto  non  prevede  che  al  limite
 dell'eta'  si  possa  derogare  in casi particolari, in cui la rigida
 applicazione della norma comporti al minore un danno irreversibile.
   La Corte  costituzionale  ha  affermato  che  nel  contesto  di  un
 istituto  preordinato ad assicure al minore in stato di abbandono una
 famiglia di accoglienza idonea ad assolvere pienamente la funzione di
 solidarieta' propria della famiglia legittima, "la  necessita'  della
 deroga  al  criterio  rigido  del divario di eta', si verifica quando
 l'inserimento in  quella  specifica  famiglia  adottiva  risponde  al
 preminente  interesse  del  minore e dalla mancata adozione derivi un
 danno grave e non altrimenti evitabile per lo stesso".
   Se si valuta il caso di specie alla luce dei suddetti principi,  si
 osserva:
     che  l'incontro tra gli istanti e il minore, risalente al 1995 a'
 stato occasionale e non ricercato maliziosamente  per  realizzare  un
 progetto adottivo;
     che  i  coniugi  Miceli-De  Nardo  sono stati ritenuti idonei dal
 tribunale per i minorenni di Roma all'adozione di un minore straniero
 nato prima del 25 agosto 1988;
     che tra gli stessi e il piccolo R., nato il 21 maggio 1990, si e'
 instaurato un rapporto affettivo intenso e ormai radicato;
     che  il  minore  e'  registrato  nella  banca  dati  dei  bambini
 Bielorussi  in attesa di adozione (v. certificazione 15 dicembre 1997
 proveniente  dal  Centro  nazionale  di  adozione  della   Repubblica
 Bielorussa);
     che  lo  stesso,  istituzionalizzato  quanto  meno dal 1994, allo
 stato e' inserito in un istituto che ospita minori dai 7 ai  17  anni
 di entrambi i sessi, portatori di handicap di varia natura;
     che  R. per l'appunto presenta un ritardo nello sviluppo psichico
 che  si  evidenzia  sia  nelle  funzioni  cognitive  sia  in  aspetti
 fondamentali della sua personalita' (la diagnosi formulata in data 19
 febbraio  1998  da  un  presidio  sanitario bielorusso, e' confermata
 dalla certificazione in data 24 giugno 1998 dalla Usl Roma D  da  cui
 risulta  che  il  minore  soffre  di  immaturita'  effettive, enuresi
 notturna, encopesi e problemi affettivi relazionali);
     che gli uffici sanitari del paese di origine e il neuropsichiatra
 infantile della USL citata hanno evidenziato quanto sia  dannoso  per
 l'equilibrio  psichico  del  minore  il distacco dai Miceli ed il suo
 rientro in  patria,  nonche'  la  necessita'  che  il  bambino  venga
 sottoposto  a  terapia  individuale che l'istituto in cui e' inserito
 non fornisce;
     che e' indubitabile l'interesse del minore ad essere adottato dai
 coniugi  istanti, in quanto, in considerazione dell'eta' che ha ormai
 raggiunto e delle gravi patologie da cui e' affetto e'  difficilmente
 prevedibile che un'altra coppia lo possa chiedere in adozione;
     che comunque il piccolo si sente legato ai coniugi Miceli che per
 primi,  dopo  anni  di  istituzionalizzazione,  si  sono occupati con
 premura di lui (che  rappresentano  l'unico  significativo  punto  di
 riferimento di fuori dell'istituto;
     che  d'altro  canto,  il divario di eta' tra R. e l'adottante piu
 anziano e' inferiore a 42 anni, e dunque non tale  da  collidere  con
 l'interesse   del   minore   o   da   costituire   di  per  se'  una,
 controindicazione assoluta.
   Da quanto evidenziato si evince che l'inserimento di R. nel  nucleo
 familiare  dei  coniugi  Miceli  risponde al preminente interesse del
 minore e, per converso, che la mancata adozione da parte dei medesimi
 arrecherebbe al minore quel grave ed irreparabile danno che la  Corte
 costituzionale ha ritenuto valida premessa per giustificare la deroga
 al  criterio  rigido  del  divario  massimo  di  eta' tra adottanti e
 adottando, legislativamente imposto. (Corte costituzionale n. 148 del
 1992, e n. 303 del 1996).
   Ne consegue che non e' manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 6 e 30
 della  legge  4  maggio 1983, n. 184, nella parte in cui non consente
 l'adozione di un minore in stato  di  adottabilita'  che  abbia  gia'
 instaurato con gli adottanti profondi legami, quando l'eta' di questi
 ultimi superi di piu' di quaranta anni l'eta' dell'adottando, pur
  rimanendo  la  differenza  di  eta' compresa in quella che di solito
 intercorre tra genitori e figli, e dalla mancata adozione  derivi  al
 minore un danno grave e non altrimenti evitabile.
   E'   opportuno   evidenziare   che  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale della norma, per le considerazioni  formulate  in  via
 pregiudiziale sulla possibilita' di dichiarare ex art. 30 l'idoneita'
 alla  adozione  anche  nei  confronti di uno specifico minore, appare
 rilevante anche in questa fase procedurale, relativa alla  preventiva
 dichiarazione di idoneita' dei coniugi.
   Conseguentemente,  la  Corte deve disporre l'immediata trasmissione
 degli  atti  alla  Corte  costItuzionale  e  sospendere  il  presente
 giudizio con i conseguenziali provvedimenti di cui al dispositivo.