ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'intero  art.  1  del
 decreto-legge  25  maggio  1994,  n. 313 (Disciplina dei pignoramenti
 sulle contabilita' speciali  delle  prefetture,  delle  direzioni  di
 amministrazione  delle  Forze  armate  e  della  Guardia di finanza),
 convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio  1994,  n.  460,
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  21 novembre 1996 dal pretore di
 Avellino nel procedimento civile vertente tra  Giuseppe  Adamo  e  il
 Ministero  dell'interno  ed  altra,  iscritta  al  n. 16 del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 5 - prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di costituzione di  Giuseppe  Adamo  e  della  Banca
 d'Italia,  nonche'  l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
 dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
   Uditi gli avvocati Alfonso Luigi Marra  per  Giuseppe  Adamo,  Pier
 Luigi  Lorenti  per  la Banca d'Italia e l'avvocato dello Stato Maria
 Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza emessa il 21  novembre  1996  nel  corso  di  un
 giudizio  promosso  da  un  creditore  che, avendo notificato atto di
 pignoramento presso terzi in danno del  Ministero  dell'interno  alla
 Banca  d'Italia  servizio di tesoreria provinciale di Avellino, e non
 essendo questa comparsa a rendere dichiarazione  sulla  esistenza  di
 quali  somme destinate alla prefettura si trovasse in possesso, aveva
 chiesto che si procedesse ad accertare l'esistenza  di  somme  dovute
 dalla tesoreria alla prefettura, il pretore di Avellino ha sollevato,
 in  riferimento  agli  artt.  3, 24, 25, 28 e 113 della Costituzione,
 questione di  legittimita'  costituzionale  dell'intero  art.  1  del
 decreto-legge  25  maggio  1994,  n. 313 (Disciplina dei pignoramenti
 sulle contabilita' speciali  delle  prefetture,  delle  direzioni  di
 amministrazione  delle  Forze  armate  e  della  Guardia di finanza),
 convertito, con modificazioni, nella legge 22 luglio 1994, n. 460.
   La norma  denunciata  prevede  che  i  pignoramenti  sui  fondi  di
 contabilita'  speciale  a  disposizione delle prefetture, destinati a
 servizi e finalita' di protezione civile, di difesa  nazionale  e  di
 sicurezza pubblica, al rimborso delle spese anticipate dai comuni per
 l'organizzazione delle consultazioni elettorali, nonche' al pagamento
 di  emolumenti  e  pensioni  a  qualsiasi  titolo dovuti al personale
 amministrativo, non sono soggetti ad esecuzione forzata (comma 1). La
 stessa disposizione prevede: che i pignoramenti ed i sequestri aventi
 ad oggetto  le  somme  affluite  nelle  contabilita'  speciali  delle
 prefetture,  come  pure  ogni  altro atto consequenziale, si eseguono
 esclusivamente, a pena di nullita'  rilevabile  d'ufficio,  con  atto
 notificato   al   direttore  di  ragioneria  responsabile  presso  le
 prefetture  nella  cui  circoscrizione  risiedono  i soggetti privati
 interessati;  che  il  funzionario  di  prefettura,  cui  sia   stato
 notificato atto di pignoramento o di sequestro, e' tenuto a vincolare
 l'ammontare, sempre che esistano sulla contabilita' speciale fondi la
 cui destinazione sia diversa da quelle indicate al comma 1 (commi 2 e
 4).  Inoltre la stessa disposizione prevede che non sono ammessi atti
 di sequestro o di pignoramento presso le sezioni di  tesoreria  dello
 Stato, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio (comma 3).
   Il  pretore  di  Avellino  ritiene  che questa disciplina introduca
 nuovamente la regola della impignorabilita' delle somme di  denaro  e
 dei  crediti  pecuniari  dello  Stato,  basata sulla discrezionalita'
 della  pubblica  amministrazione  nell'uso  delle   proprie   risorse
 patrimoniali e sulla destinazione ad un pubblico servizio delle somme
 che,  con  l'iscrizione  nel  bilancio,  sarebbero  vincolate sia per
 l'amministrazione che per i terzi. Il principio della  divisione  dei
 poteri   non   consentirebbe   ingerenze  nell'azione  amministrativa
 mediante l'azione esecutiva,  che  incontrerebbe  percio'  un  limite
 nello stanziamento di bilancio e nella emissione del titolo di spesa;
 in  tal  modo  l'amministrazione  rimarrebbe arbitra nella scelta dei
 crediti  da  soddisfare.  Questa  concezione   ricorda   il   giudice
 rimettente  sarebbe  da  tempo  superata, giacche' e' stata affermata
 l'ammissibilita' della condanna  della  pubblica  amministrazione  al
 pagamento di somme di denaro, e di conseguenza anche l'esecuzione per
 espropriazione;  mentre  il  vincolo  di  destinazione ad un pubblico
 servizio, che rende i beni non  disponibili  e  non  suscettibili  di
 esecuzione forzata, dovrebbe essere specificatamente accertato.
   Il giudice rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale che
 ha  affermato la necessita' di individuare i limiti di pignorabilita'
 in relazione alla natura ed alla destinazione dei beni dei  quali  di
 volta in volta si chiede l'espropriazione (sentenza n. 138 del 1981).
 L'art.  1  del  decreto-legge  n.  313 del 1994 tenderebbe, invece, a
 realizzare una impignorabilita' generalizzata, sul presupposto, prima
 richiamato ed oramai superato, che sia esclusa  l'esecuzione  forzata
 nei   confronti   della  pubblica  amministrazione.  La  disposizione
 denunciata finirebbe cosi' con il tutelare il soggetto e non gia'  la
 funzione  pubblica,  con  la  conseguenza  che  l'amministrazione non
 sarebbe piu' tenuta al principio per il quale  il  debitore  risponde
 dell'adempimento  delle  sue  obbligazioni  con  tutti  i  suoi  beni
 presenti e futuri, e che verrebbe anche meno la parita' di condizioni
 dei creditori. Inoltre la deroga alla competenza territoriale  ed  il
 divieto  di utilizzare i comuni strumenti processuali dell'esecuzione
 forzata sarebbero in contrasto  con  gli  artt.  3,  24  e  25  della
 Costituzione.
   2.  -  Si e' costituito in giudizio il creditore che procedeva alla
 esecuzione  nel  giudizio  principale,  ribadendo  e  sviluppando  le
 argomentazioni  dell'ordinanza  che  ha  sollevato  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  e   sostenendo   che   l'art.   1   del
 decreto-legge  n.  313  del  1994 ripristinerebbe la discrezionalita'
 dell'amministrazione  nell'adempimento in sede esecutiva.
   Difatti la capillare classificazione dei cespiti  qualificati  come
 non    soggetti   ad   esecuzione   tenderebbe   a   realizzare   una
 impignorabilita' generalizzata, riproponendo principi oramai superati
 dalla giurisprudenza costituzionale.
   Inoltre  la  possibilita'  di  procedere  all'esecuzione solo nella
 circoscrizione nella quale risiede  il  creditore,  travolgerebbe  le
 regole della competenza territoriale e limiterebbe la responsabilita'
 del debitore, che risponderebbe soltanto con i beni che si trovano in
 quella circoscrizione.
   Infine  contenere  l'attivita'  dell'ufficiale giudiziario entro la
 sola  notifica  del  pignoramento,  lasciando   al   funzionario   di
 prefettura   la   verifica   dell'esistenza   di  fondi  pignorabili,
 affiderebbe ad un'attivita' amministrativa del debitore, al di  fuori
 del  controllo giurisdizionale, la valutazione se vincolare o meno le
 somme delle quali si chiede il pignoramento.
   3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
 dichiarata inammissibile o, nel merito, infondata.
   L'inammissibilita'  e'  dedotta  per  piu' profili. La questione di
 legittimita'  costituzionale  non  sarebbe  rilevante  nel   giudizio
 principale,   giacche'  nella  fase  di  passaggio  tra  il  processo
 esecutivo e quello  di  cognizione,  destinato  all'accertamento  del
 debito  del  terzo per il quale era stato chiesto il pignoramento, il
 giudice  non  avrebbe  dovuto  fare  applicazione  della   disciplina
 denunciata,  potendo  solo  dar corso al giudizio di accertamento, se
 competente per valore, o rimettere altrimenti  gli  atti  al  giudice
 competente.
   Inoltre l'ordinanza di rimessione, pur denunciando l'intero art.  1
 del  decreto-legge  n.  313  del  1994, sarebbe motivata soltanto con
 riferimento al primo comma, che stabilisce  l'impignorabilita'  delle
 somme iscritte nelle contabilita' speciali di alcune amministrazioni,
 destinate  a  specifici  fini  pubblici  di particolare rilevanza. La
 stessa ordinanza non motiverebbe  affatto  sugli  altri  commi  della
 stessa disposizione, che riguardano le modalita' dei pignoramenti, da
 effettuare  sostanzialmente  nella forma del pignoramento diretto, ed
 escludono il pignoramento presso le sezioni di tesoreria dello Stato.
 La  questione  di  legittimita'   costituzionale   sarebbe   pertanto
 inammissibile  per  la  parte  che  investe  queste norme. Ma sarebbe
 inammissibile anche con riferimento al primo comma,  perche'  sarebbe
 stato  necessario  preliminarmente  accertare che esistevano soltanto
 fondi di contabilita' speciale presso  la  tesoreria  a  disposizione
 della   prefettura   e   destinati  alle  finalita'  che  li  rendono
 impignorabili; inoltre la questione avrebbe potuto  essere  sollevata
 solo subordinatamente a quella che investe i commi successivi.
   Ad  avviso  dell'Avvocatura, le questioni sollevate con riferimento
 ai commi 2 e 3 della disposizione denunciata sarebbero in  ogni  caso
 infondate,  giacche'  non  contraddice al principio di ragionevolezza
 (art. 3 Cost.) una diversa disciplina processuale del pignoramento di
 speciali  somme  di   pertinenza   di   determinate   amministrazioni
 pubbliche,  con  esclusione del ricorso al pignoramento presso terzi.
 Il creditore non sarebbe  privato  di  tutela  giudiziaria  (art.  24
 Cost.), ne' vi sarebbe deroga al principio del giudice naturale (art.
 25 Cost.), che spetta alla legge precostituire.
   Anche la questione di legittimita' costituzionale riferita al primo
 comma  della  stessa  disposizione  e',  ad  avviso  dell'Avvocatura,
 infondata.    L'impignorabilita'  riguarderebbe  solo  i   fondi   di
 contabilita'   speciale   di  un  limitatissimo  numero  di  soggetti
 pubblici,  tra  i  quali  le  prefetture,  sempreche'   destinati   a
 specifiche  finalita'  essenziali  di  preminente  interesse pubblico
 (servizi di protezione civile, di difesa  nazionale  e  di  sicurezza
 pubblica)  o  per  spese obbligatorie ed inderogabili.  La disciplina
 speciale e' dettata non per una tutela privilegiata del soggetto,  ma
 per  assicurare  il  perseguimento  di specifiche finalita' pubbliche
 essenziali.   Ricorrerebbero,   quindi,   le   condizioni   che    la
 giurisprudenza      costituzionale      indica     per     consentire
 l'impignorabilita'  di  somme  destinate   a   specifiche   finalita'
 pubbliche (sentenza n.  138 del 1981). Non sussisterebbe, inoltre, la
 denunciata  violazione  degli  art.  24 e 113 della Costituzione, non
 essendo in discussione la tutela giurisdizionale, una volta affermata
 dal legislatore la  indisponibilita'  di  determinati  beni  che  non
 possono essere sottratti alla loro destinazione.
   Infine,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  sarebbe  incomprensibile  il
 richiamo all'art. 28 della  Costituzione,  indicato  nel  dispositivo
 dell'ordinanza  di  rimessione,  ma  del  quale non vi e' cenno nella
 motivazione.
   4. - Ha depositato memoria di costituzione e di intervento la Banca
 d'Italia, anche quale sezione di tesoreria provinciale dello Stato di
 Avellino,  concludendo  per  l'inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita'   costituzionale   e,   nel  merito,  per  la  manifesta
 infondatezza.
   La Banca d'Italia sostiene di essere legittimata ad intervenire nel
 giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, pur non  essendo
 ancora  parte  processuale nel giudizio principale, giacche' potrebbe
 essere considerata potenzialmente e virtualmente parte  in  causa,  e
 l'interesse  all'intervento  nascerebbe solo a seguito dell'ordinanza
 di rimessione.
   Inoltre  la  Banca  d'Italia,  nell'esercizio   del   servizio   di
 tesoreria,  affidatole  per legge (n. 104 del 1991) ed in base ad una
 convenzione con il Ministero del Tesoro (17 gennaio  1992),  dovrebbe
 essere  considerata organo dello Stato, il cui diritto ad intervenire
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  troverebbe  fondamento
 nell'art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Infine
 la  Banca  d'Italia,  avendo  interesse nella contestazione, potrebbe
 intervenire  nel  giudizio  in  base  all'art.  37  delle  norme  del
 regolamento  di  procedura  innanzi  al  Consiglio  di  Stato in sede
 giurisdizionale (regio decreto 17 agosto 1907, n. 642), da  applicare
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  in forza del richiamo
 operato dall'art. 22 della legge n. 87 del 1953.
   5. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri  ha  depositato  una  memoria  per  ribadire  l'eccezione di
 inammissibilita' della questione, sostenendo che  essa  e'  meramente
 ipotetica,  essendo  stata  sollevata  nel  corso  della procedura di
 esecuzione presso terzi, quando il terzo non era comparso per rendere
 la dichiarazione, mentre la questione potrebbe essere rilevante  solo
 nel giudizio di accertamento.
   Nel merito l'Avvocatura ribadisce che la norma denunciata non tende
 a  realizzare  una  impignorabilita' generalizzata, giacche' le somme
 escluse dall'esecuzione  sono  solo  quelle  destinate  a  necessita'
 essenziali   per   l'esercizio   di  funzioni  primarie  dello  Stato
 (protezione civile, difesa nazionale  e  sicurezza  pubblica),  e  le
 prefetture  dispongono  di  altri  fondi  con  diversa  destinazione,
 suscettibili  di  pignoramento  con  le  modalita'   previste   dalla
 disposizione  denunciata, la cui capienza non e' posta in discussione
 e  che  sono  solitamente  adeguati   alle   corrispondenti   pretese
 creditrici.  Il  contenimento dell'azione esecutiva nell'ambito della
 prefettura  della  circoscrizione  di  residenza  degli   interessati
 risponderebbe a principi di buon andamento e la notifica al direttore
 di  ragioneria  responsabile presso tale prefettura consentirebbe una
 adeguata  organizzazione  delle  procedure  di  pagamento,   seguendo
 l'ordine  cronologico  degli  atti  esecutivi e senza possibilita' di
 arbitrio. L'Avvocatura ritiene, inoltre,  impropriamente  invocati  i
 principi  costituzionali  enunciati  dagli  artt.  24,  25, 28 e 113,
 giacche'  dalla  disposizione  denunciata  non   deriverebbe   alcuna
 limitazione  del  diritto  di difesa, non vi sarebbe alcuna incidenza
 sul giudice  naturale  precostituito  per  legge  e  sarebbe  persino
 difficile ipotizzare quali siano le supposte lesioni degli artt. 28 e
 113.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  investe  la
 disciplina  dei  pignoramenti  sulle  contabilita'   speciali   delle
 prefetture,  dettata dall'art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n.
 313, convertito, con modificazioni, nella legge 22  luglio  1994,  n.
 460.  Secondo  questa  disciplina, i fondi di contabilita' speciale a
 disposizione delle prefetture e destinati  a  determinati  servizi  e
 finalita'  (protezione civile, difesa nazionale e sicurezza pubblica,
 organizzazione   delle   consultazioni   elettorali,   pagamento   di
 emolumenti  e  pensioni  al  personale) non sono soggetti, salvo casi
 particolari, ad esecuzione forzata (comma 1).  I  pignoramenti  ed  i
 sequestri  che  hanno  per  oggetto somme affluite nelle contabilita'
 speciali, come pure  ogni  altro  atto  consequenziale,  si  eseguono
 esclusivamente,  a  pena  di  nullita' rilevabile d'ufficio, con atto
 notificato al direttore di  ragioneria  delle  prefetture  nella  cui
 circoscrizione  risiedono  i  privati  interessati; il funzionario e'
 tenuto a vincolare  l'ammontare  sui  fondi  che  hanno  destinazioni
 diverse da quelle prima indicate (commi 2 e 4). Non sono ammessi atti
 di sequestro o pignoramento sui fondi di contabilita' speciale presso
 le  sezioni  di  tesoreria dello Stato, a pena di nullita' rilevabile
 d'ufficio (comma 3).
   Il pretore di  Avellino  -  giudice  dell'esecuzione  al  quale  il
 creditore  che procedeva ad espropriazione forzata presso terzi aveva
 chiesto di disporre il giudizio per accertare le somme che  la  Banca
 d'Italia,  quale  sezione di tesoreria provinciale dello Stato, terzo
 non comparso per rendere dichiarazione del debito, avesse disponibili
 per la prefettura del luogo - ritiene che questa  disciplina  sia  in
 contrasto  con  gli  artt.  3,  24,  25, 28 e 113 della Costituzione,
 giacche' da essa deriverebbe l'impignorabilita'  generalizzata  delle
 somme  di  denaro  dello  Stato,  con una tutela che riguarderebbe il
 soggetto  e  non  la  funzione  pubblica,  mentre  i  creditori   non
 verrebbero in alcun modo garantiti, potendo agire esecutivamente solo
 presso  la  prefettura  del  luogo  di  loro  residenza e senza poter
 utilizzare gli ordinari strumenti del processo esecutivo.
   2. - L'intervento nel giudizio di legittimita' costituzionale della
 Banca d'Italia, quale  tesoreria  provinciale  dello  Stato,  non  e'
 ammissibile.
   Nel  processo  principale, di espropriazione presso terzi, la Banca
 d'Italia ha veste  di  terzo  chiamato  dal  creditore  pignorante  a
 dichiarare    di   quali   somme   fosse   debitore   nei   confronti
 dell'espropriato. In tale veste non e' comparsa all'udienza stabilita
 per fare la dichiarazione, ne'  puo'  essere  considerata  parte  del
 procedimento   esecutivo,   divenendo   tale  solo  nel  giudizio  di
 accertamento che eventualmente si instauri ad istanza  del  creditore
 che  procede all'esecuzione. Cio' che accadrebbe solo a seguito della
 citazione o della notifica del verbale d'udienza  con  l'istanza  del
 creditore  che  ha chiesto di procedere al giudizio di cognizione nei
 confronti, appunto, oltre che del debitore sottoposto ad  esecuzione,
 anche  del  terzo  (cfr.  ordinanza allegata alla sentenza n. 263 del
 1996).
   Neppure puo' essere accolta la  pretesa  della  Banca  d'Italia  di
 intervenire  nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale, pur non
 essendo parte del giudizio  principale,  quale  organo  dello  Stato,
 invocando  l'art.  20,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87. Questa disposizione stabilisce che  gli  organi  dello  Stato  (e
 delle Regioni) hanno diritto di intervenire in giudizio, nel contesto
 della  disciplina  della  rappresentanza  e della difesa dinanzi alla
 Corte costituzionale, affidata, per il Governo, all'Avvocato generale
 dello Stato  (terzo  comma)  e,  per  le  altre  parti,  ad  avvocati
 abilitati  al  patrocinio  innanzi  alla  Corte  di cassazione (primo
 comma). Anche quella relativa agli organi dello Stato e', dunque, una
 regola che riguarda la rappresentanza e difesa nel giudizio, giacche'
 si stabilisce che non e'  richiesta,  per  tali  organi,  una  difesa
 professionale.    Cio',  tuttavia,  non  riguarda,  ne' vale quindi a
 modificare, la disciplina della legittimazione ad essere parte  o  ad
 intervenire in giudizio.
   Tuttavia  anche se, come vorrebbe la Banca d'Italia, si attribuisse
 all'art. 20, secondo comma, della legge n. 87 del 1953 il significato
 del piu' ampio riconoscimento  di  un  diritto  di  qualsiasi  organo
 statale ad intervenire in qualsiasi giudizio, egualmente l'intervento
 della  Banca  d'Italia  sarebbe inammissibile, perche' ad essa, quale
 esercente il servizio  di  tesoreria  provinciale,  non  puo'  essere
 attribuita  l'asserita  qualifica  di organo dello Stato. Difatti, la
 gestione del servizio di tesoreria e' affidata  alla  Banca  d'Italia
 quale  ente  concessionario  di  pubblico  servizio ed i rapporti con
 l'amministrazione dello Stato sono disciplinati, in base alla  legge,
 mediante apposite convenzioni (v. legge 28 marzo 1991, n. 104), senza
 che  in  ragione  della  gestione  di  tale  servizio  l'ente venga a
 configurarsi come organo dello Stato.
   3.  -  La  questione  di  legittimita'   costituzionale,   riferita
 all'intero  art.  1  del decreto-legge n. 313 del 1994, comprende due
 distinti complessi di  prescrizioni  normative  che,  pur  collegati,
 devono essere esaminati separatamente.
   Il  primo,  essenzialmente  riferibile  al terzo comma, non ammette
 atti di sequestro o di  pignoramento  sui  fondi  delle  contabilita'
 speciali delle prefetture presso le sezioni di tesoreria dello Stato.
 Tali   atti   sono   nulli   e   non  determinano  alcun  obbligo  di
 accantonamento ne'  sospendono  l'accreditamento  delle  somme  nelle
 contabilita' speciali intestate alle prefetture. In corrispondenza al
 divieto di pignoramento o sequestro presso la tesoreria, l'esecuzione
 puo'  e deve essere effettuata direttamente presso le prefetture, con
 atto  notificato  al  direttore  di  ragioneria  responsabile, cui e'
 affidata la gestione contabile dei fondi.
   Il secondo complesso di  prescrizioni  normative,  riferibile  agli
 altri  commi  dello  stesso  art.  1, stabilisce l'impignorabilita' o
 insequestrabilita' dei fondi che hanno le destinazioni indicate dalla
 stessa disposizione e disciplina le operazioni che deve  compiere  il
 funzionario  responsabile,  al quale i pignoramenti o i sequestri che
 hanno per oggetto somme affluite nelle  contabilita'  speciali  vanno
 notificati  con  le modalita' previste per l'espropriazione mobiliare
 presso il debitore.
   3.1. - La prima delle due questioni e' ammissibile, ma  nel  merito
 non e' fondata.
   Nel  giudizio  principale,  la  nullita', rilevabile d'ufficio, del
 pignoramento presso la sezione di tesoreria  dello  Stato,  stabilita
 dalla disposizione denunciata, impedisce di dare ingresso al giudizio
 di  cognizione,  richiesto  dal  creditore che procede all'esecuzione
 forzata per accertare di quali somme del  debitore  il  terzo,  quale
 tesoriere, sia in possesso. La questione e', dunque, rilevante.
   Essa  e',  tuttavia,  non fondata, giacche' la disciplina stabilita
 per i pignoramenti sulle  contabilita'  speciali  non  configura  una
 procedura  tale da determinare l'impignorabilita' dei fondi assegnati
 alle  prefetture,  ma  tende  invece  ad  adeguare  la  procedura  di
 esecuzione  forzata  alle particolari modalita' di gestione contabile
 dei fondi stessi ed alla impignorabilita' di quella parte di essi che
 risulti  gia'  destinata  a  servizi  qualificati  dalla  legge  come
 essenziali.
   Questa  disciplina,  uniformandosi  a quanto gia' previsto in altri
 casi nei quali opera il sistema  delle  contabilita'  speciali  (art.
 1-bis,  comma  4-bis,  aggiunto  dall'art.  11  del  decreto-legge 18
 gennaio 1993, n. 8 alla legge 29 ottobre 1984, n.  720),  esclude  il
 pignoramento  presso  il  tesoriere  dei  fondi  gestiti  con  questa
 particolare procedura e prevede, invece, il  pignoramento  presso  il
 funzionario  direttamente  responsabile  della gestione contabile dei
 fondi ed in grado di conoscerne l'ammontare e la disponibilita', come
 pure di verificare se e quali vincoli di destinazione siano imposti e
 per quali  somme  vi  siano  cause  di  impignorabilita'.  In  questo
 contesto  e' giustificato disporre che gli atti di pignoramento delle
 somme  affluite  nelle  contabilita'  speciali  siano  notificati  al
 direttore  di  ragioneria  responsabile,  il  quale, senza esercitare
 alcun  potere  discrezionale,  e'  tenuto  a  vincolare   l'ammontare
 pignorato  assumendone  la  correlativa responsabilita', con atti non
 sottratti a verifica o accertamento giurisdizionale.
   3.2. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  altri
 commi dello stesso art. 1 e' inammissibile.
   La  questione e' stata sollevata in una procedura di espropriazione
 presso terzi, a seguito  di  atto  di  pignoramento  notificato  alla
 tesoreria.
   Ritenuto non fondato il dubbio di legittimita' costituzionale della
 norma che non ammette, a pena di nullita' da rilevare d'ufficio, tale
 forma  di  pignoramento  per  i  fondi  affluiti  nelle  contabilita'
 speciali, prevedendo invece quello presso il funzionario responsabile
 della gestione contabile dei fondi, non trova alcuna applicazione nel
 giudizio principale la disciplina relativa sia alla  impignorabilita'
 di  quella parte delle somme affluite nelle contabilita' speciali che
 hanno  una  specifica  destinazione  prevista  dalla  legge, sia alla
 determinazione della prefettura  competente,  individuata  in  quella
 nella cui circoscrizione risiede il privato interessato.