IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa di opposizione ad ordinanza-ingiunzione promossa, ex artt. 22 e seguenti legge 689/1981, da Cavaglia' S.r.l. contro provincia di Biella per l'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione n. 20771 del 1 ottobre 1997 della provincia di Biella - Settore tutela ambientale; Letti gli atti del procedimento; A scioglimento della riserva che precede in ordine alle eccezioni sollevate dalla ricorrente; Premesso che in data 13 dicembre 1995 il "Servizio protezione ambiente" della provincia di Vercelli (cui e' succeduta la provincia di Biella) contestava alla ricorrente Cavaglia' S.r.l. (impresa che svolge attivita' di smaltimento rifiuti speciali ed inerti ed in possesso della relativa autorizzazione) il conferimento, nello stabilimento, di rifiuti di provenienza extraregionale in violazione dell'art. 18, comma 1, della legge regionale piemontese 13 aprile 1995, n. 59 (la sanzione irrogata era pari a L. 6.667.000); che avverso la suddetta contestazione la Cavaglia' S.r.l. proponeva ricorso alla provincia di Biella, la quale, nel rigettarlo, emetteva ordinanza-ingiunzione con cui veniva irrogata la sanzione di L. 8.000.000. Avverso tale ordinanza ingiunzione la Cavaglia' S.r.l. proponeva l'opposizione all'origine del presente procedimento, non contestando il fatto del conferimento nel proprio impianto di rifiuti di provenienza extraregionale, ma eccependo (tra l'altro) l'incostituzionalita' del citato art. 18, comma 1, della legge regionale piemontese 13 aprile 1995, n. 59, per contrarieta' agli artt. 3, 11, 32, 41, 116, 117, 120 del testo fondamentale. Costituitasi in giudizio, la provincia di Biella contestava la fondatezza di tale eccezione; Rilevato che appare opportuno sottoporre al giudizio della Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 1, della legge regionale piemontese 13 aprile 1995, n. 59, come sollevata dalla ricorrente, per contrarieta' agli artt. 3, 11, 32, 41, 117, 120 della Costituzione italiana, non apparendo tali questioni manifestamente infondate; O s s e r v a L'art. 18 della legge regionale piemontese 13 aprile 1995, n. 59, recita testualmente: "1. - Presso le discariche per i rifiuti speciali e speciali tossici e nocivi operanti o individuate sul territorio piemontese nell'ambito del sistema integrato di smaltimento di cui al capo IV e' vietato smaltire i rifiuti di qualunque tipologia provenienti da altre Regioni. 2. - Presso gli impianti di stoccaggio per i rifiuti di origine sanitaria operanti o individuate sul territorio piemontese e' vietato smaltire i rifiuti di qualunque tipologia provenienti da altre Regioni, fino alla realizzazione dei poli di smaltimento previsti dal piano regionale. 3. - I divieti di cui ai commi 1 e 2 sono derogabili solo a seguito di specifiche intese interregionali. 4. - I contratti in essere di data certa registrati entro la data di entrata in vigore della presente legge hanno validita' fino alla scadenza in essi indicata, comunque non superiore a due anni, e non possono essere rinnovati". Come detto e' il comma primo della suddetta disposizione che viene in considerazione, stante il tipo di rifiuti oggetto dell'attivita' della Cavaglia' S.r.l. (la quale risulta essere in possesso della relativa autorizzazione) ed il tenore dell'ordinanza impugnata, che tale comma ha specificamente applicato nella fattispecie: premesso che tale norma pare senz'altro riferirsi a tutti gli impianti comunque operanti all'interno del territorio piemontese, per i quali sia stata rilasciata la relativa autorizzazione, si osserva come la stessa sia chiaramente volta a porre un limite all'esercizio dell'attivita' di smaltimento dei rifiuti speciali e speciali tossici e nocivi, nel senso che negli impianti predetti e' vietato smaltire rifiuti provenienti da fuori regione. In argomento va innanzitutto evidenziata la disposizione fondamentale di cui all'art. 5, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, (c.d. decreto Ronchi, che ha, con le modificazioni subite ad opera del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 228.11.97, n. 389, dato nuova ed organica regolamentazione alla materia della gestione dei rifiuti, in attuazione delle direttive nn. 91/156/CEE e 91/689/CEE), la quale testualmente prevede: "Lo smaltimento dei rifiuti e' attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie piu' perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi, al fine di: a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati piu' vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessita' di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie piu' idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica". Va inoltre ricordato che: per l'art. 18, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 22/1997 "spettano allo Stato ... la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonche' l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione"; l'art. 11 e 26 d.lgs. n. 22/1997 hanno previsto rispettivamente un catasto dei rifiuti articolato in una sezione nazionale - oltre che in sezioni regionali e provinciali - ("in modo da assicurare un quadro conoscitivo completo.... anche ai fini della pianificazione delle connesse attivita' di gestione ...") e l'osservatorio nazionale sui rifiuti (che tra l'altro "provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonche' alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti" e "predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio e ne cura la trasmissione al Ministri dell'ambiente, dell'industria commercio artigianato e della sanita'"). Va subito ricordato come tali norme stabiliscano senz'altro, in materia, dei "principi fondamentali" dell'ordinamento statuale, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 117, comma 1, della Costituzione (e' lo stesso art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 22/1997 ad affermare che: "Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto delle disposizioni in esso contenute che costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Costituzione"; inoltre si ricordi che le norme citate sono state poste in diretta attuazione dei correlativi principi affermati dalle sopra ricordate direttive comunitarie). Pare allo scrivente che il divieto assoluto di cui all'art. 18, comma 1, della legge regionale piemontese 13 aprile 1995, n. 59, si ponga in contrasto coi predetti principi fondamentali dello Stato enunciati dalle ricordate norme del d.lgs. n. 22/1997 e dunque in contrasto con l'art. 117 della Costituzione (nonche' con l'art. 11 del Testo fondamentale, derivando detti principi, nel caso di specie, da direttive comunitarie e quindi direttamente da obblighi assunti dallo Stato, in condizioni di parita', a livello internazionale). Ed infatti: A) Indubbiamente dalle norme sopra evidenziate si evince con chiarezza come il legislatore nazionale abbia istituito un sistema di smaltimento dei rifiuti integrato: da cio' si evince innanzitutto che l'attivita' relativa non e' compiutamente affidata ad ogni singola regione sul suo territorio e che, di contro, appare l'indispensabilita' di una organizzazione, nel campo dello smaltimento dei rifiuti, a livello nazionale (oltre che regionale) per rendere certo che le finalita' fondamentali di cui al nominato d.lgs. n. 22/1997 (e di cui alle direttive comunitarie n. 91/156/CEE e n. 91/689/CEE), che attraverso il relativo servizio ci si propone di assicurare, siano sempre conseguite (e cio' anche quando, ad esempio, in una determinata regione siano prodotti rifiuti eccedenti le capacita' di smaltimento esistenti in quel momento sul suo territorio: invero la chiusura di una regione ai rifiuti altrove prodotti pone in serie difficolta' le regioni dove la produzione e' superiore alle capacita' di smaltimento nel proprio territorio). La controversa legislazione regionale rende in pratica indisponibile il territorio piemontese per tali necessita' e rischia seriamente di compromettere il sistema unitario elaborato dal legislatore statale col d.lgs. n. 22/1997: la norma regionale de qua appare quindi travalicare i limiti posti alla potesta' legislativa regionale dall'art. 117 della Costituzione, contrastando con i principi fondamentali dell'ordinamento dello Stato e con gli interessi nazionali in materia (ed inoltre, rischiando di compromettere le primarie finalita' di tutela della salute pubblica - e dell'ambiente -, che con l'istituzione del sistema di smaltimento integrato si e' inteso perseguire, pare porsi altresi' in diretto contrasto con l'art. 32 del Testo fondamentale). Si e' appena detto che l'attivita' di smaltimento dei rifiuti, per raggiungere le sue finalita', si deve valere non solo di un servizio organizzato su base regionale, ma anche di poteri e strutture diretti da organi statali. Costituisce fatto notorio che non corrispondono fra loro l'ampiezza del territorio di ogni regione, il numero dei siti in esso identificabili come idonei al trattamento dei rifiuti e la produzione degli stessi, dipendendo tali fattori da caratteristiche rispettivamente fisiche e socioeconomiche non necessariamente armonizzabili. Da questa discrasia e', quanto meno, condeterminato il fenomeno del recapito dei rifiuti in impianti situati in ambito regionale diverso da quello in cui sono stati prodotti, che costituisce talora un'ineludibile necessita', che dev'essere soddisfatta almeno quando siano in pericolo interessi pubblici irrinunciabili. Il fenomeno, all'evidenza, interessando piu' ambiti regionali, non e' governabile da nessuna regione da sola. La non disponibilita', da parte delle singole regioni, delle esigenze predette, deriva dal fatto che esse rispondono, a parere dello scrivente, ad interessi pubblici di carattere unitario e sono da annoverare fra quelle esigenze che sono garantite a mezzo dei poteri di competenza statale di cui alle ricordate norme del d.lgs. n. 22/1997 (artt. 5, 11, 18 e 26). Tali norme, come gia' detto, prevedono una serie di poteri statali di indirizzo e coordinamento della pianificazione regionale - stabiliti direttamente dall'art. 18 d.lgs. n. 22/1997, ma di cui sono anche espressione il catasto e l'osservatorio nazionale dei rifiuti (artt. 11 e 26 d.lgs. cit.) - volti a garantire un'organizzazione in grado di affrontare anche problemi di carattere sovraregionale, che in particolare possono derivare dalla non coincidenza tra capacita' di produzione e capacita' smaltimento dei rifiuti da parte di un'unica regione. Percio' non possono ritenersi costituzionalmente legittime le norme regionali, quali quella in discussione, che tendono a far coincidere l'ambito territoriale in cui i rifiuti sono prodotti con quello in cui sono smaltiti, proprio in quanto si pongono in contrasto con l'interesse nazionale al complessivo funzionamento del sistema di smaltimento dei rifiuti su tutto il territorio dello Stato (interesse espresso attraverso le norme fondamentali sopra menzionate e da perseguirsi unitariamente a mezzo dei suddetti poteri statali di indirizzo e coordinamento). Se cosi' non fosse, infatti, alcune regioni non riuscirebbero a smaltire nel proprio territorio tutti i rifiuti prodotti, con conseguenze del tutto contrarie all'interesse pubblico di un ordinato e controllato loro conferimento in discarica e con inconvenienti che finirebbero per ripercuotersi nell'ambito di tutta l'attivita' di smaltimento a livello nazionale (con ostacoli alla realizzazione del sistema integrato di impianti ed al rispetto delle esigenze igienico-sanitarie e di tutela ambientale di cui al citato art. 5, comma 3, d.lgs. n. 22/1997. Inoltre verrebbe favorito il formarsi, specie nelle regioni di piu' intensa produzione di rifiuti senza analoga capacita' di smaltimento, di discariche abusive); B) il principio di "autosufficienza" per ristretti ambiti territoriali (cioe' di smaltimento dei rifiuti in ambiti territorialmente limitati - che sembra ispirare l'art. 18, l.r. Piemonte n. 59/1995 -) appare limitato dall'art. 5, lett. a) d.lgs. n. 22/1997 ai soli rifiuti urbani non pericolosi (per la relativa definizione cfr. art. 7, d.lgs. n. 22/1997), mentre il divieto previsto dalla norma regionale controversa e' totale ed assoluto, cioe' rivolto nei confronti dei rifiuti di qualunque tipo (la normativa comunitaria - direttiva n. 91/156/CEE, regolamento n. 259/1993 - pone fra gli obiettivi da raggiungere, nello smaltimento dei rifiuti, quello dell'"autosufficienza" a livello nazionale e comunitario e non certo a livello locale: e comunque il principio dell'"autosufficienza" va sempre contemperato col principio di "prossimita'" - su cui v. infra -, tenendo conto del contesto geografico o della necessita' di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti); C) il principio di "prossimita'" (disposto in specifica attuazione della disciplina comunitaria piu' sopra citata) appare vanificato (o comunque seriamente compromesso), sol che si consideri che il divieto di cui all'art. 18 legge regionale cit. puo' comportare, in concreto, la conseguenza (paradossale) che determinati rifiuti, anche pericolosi, siano smaltiti nell'impianto piu' adeguato piu' vicino sol perche' provenienti da regione (magari limitrofa, ma) diversa da quella in cui e' sito l'impianto di smaltimento (con conseguente maggiore movimentazione dei rifiuti stessi e pericolo di danno ambientale ed alla salute pubblica: di tale che la disposizione appare contrastare anche con l'art. 32 Cost.). Pertanto il divieto di cui si discute pare porsi in netto contrasto anche con l'obiettivo indicato dall'art. 5, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 22/1997 (peraltro si consideri che se le regioni limitrofe al Piemonte ponessero analoga limitazione, tale finalita' verrebbe inevitabilmente vanificata). La disposizione di cui all'art. 18, comma 1, l.r. Piemonte 13 aprile 1995, n. 59, risulta pertanto aver eluso i limiti del rispetto delle norme fondamentali dello Stato e degli interessi nazionali vigenti nella materia de qua, che condizionano la legittima esplicazione della potesta' legislativa regionale, in violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. (nonche', per i motivi sopra detti, dell'art. 11 Cost.). Al contrario di quanto sostenuto da parte resistente, la teorica possibilita' di intese interregionali che deroghino al divieto di cui si tratta (cfr. comma 3, dell'art. 18, l.r. Piemonte cit.) non appare assolutamente in grado di eliminare i profili di illegittimita' sopra evidenziati, ne' di dare concreta attuazione ai fondamentali principi comunitari e statuali prima ricordati, in quanto si pone come un evento assolutamente indeterminato, futuro e del tutto incerto. La questione di legittimita' costituzionale appare fondata anche in relazione ai parametri di cui agli artt. 3, 41 e 120 della Costituzione, atteso che il divieto di smaltire rifiuti provenienti da fuori regione crea inevitabilmente un'alterazione dell'assetto concorrenziale del mercato della raccolta dei rifiuti a favore delle imprese prive di limiti territoriali di esercizio. Le imprese soggette invece a tali limiti, a causa di una ridotta utilizzazione degli impianti, sono soggette ad una maggiore incidenza dei costi fissi e ad una conseguente minore capacita' concorrenziale, con relativa perdita di quote di mercato, provocata dalla condizione di ineguaglianza nei confronti delle imprese di altre regioni. Tale situazione si risolve inevitabilmente in una disparita' di trattamento senza valide giustificazioni, tale peraltro da poter provocare l'estinzione totale delle capacita' economiche delle aziende assoggettate ai predetti limiti territoriali (in tema si consideri che la Corte di giustizia - sent. 7 febbraio 1985, causa 240/1983 - ha affermato che le misure adottate a protezione dell'ambiente - tra cui certo rientrano quelle di cui alla direttiva 91/156/CEE ed al d.lgs. n. 22/1997 - non possono tuttavia tradursi in provvedimenti discriminatori per le imprese del settore "ne' eccedere le restrizioni inevitabili giustificate dal perseguimento dello scopo di interesse generale costituito dalla tutela dell'ambiente"). Il deteriore trattamento degli imprenditori piemontesi del settore non appare giustificabile in quanto la regione (in difetto di criteri generali stabiliti, in materia, dallo Stato ex art. 18, d.lgs. n. 22/1997) non e' autorizzata, ai sensi degli artt. 41 e 120 della Costituzione, ad imporre limiti ed impedimenti all'esplicarsi di un'attivita' economica, limiti peraltro tali non da semplicemente comprimere, ma da rischiare di compromettere del tutto la stessa economicita' delle aziende del settore. Infine, sotto il profilo rilevanza di fatto, la risoluzione dei dubbi di costituzionalita' appare essenziale, in quanto la condotta accertata e sanzionata con l'ordinanza-ingiunzione opposta, consiste proprio nello smaltimento di rifiuti provenienti da fuori regione, sicche' dipendono dal giudizio di legittimita' l'accoglimento o il rigetto dell'opposizione presentata da Cavaglia' S.r.l.