IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  promossa da
 Daniela Scapinelli contro Gabriella Malpighi e  Margherita  Montanari
 Malpighi,  citazione  notificata  il giorno 28 dicembre 1990, udienza
 del collegio il giorno 3 giugno 1998.
                               F a t t o
   Il giorno 16 novembre 1989, mori' in Modena a  settantacinque  anni
 d'eta'  Alberto  Malpighi,  proprietario  di  numerosi  beni mobili e
 immobili; il giorno 12 dicembre 1989, fu pubblicato il suo testamento
 olografo.
   In esso, fra l'altro, era scritto: "nomino mie eredi universali  le
 mie figlie Margherita e Damiela"; poi: "leggo l'usufrutto generale di
 tutti i miei beni ... a mia moglie Gabriella".
   Ancora: "nel caso in cui una delle mie figlie non volesse accettare
 il presente testamento le spettera' la sola legittima"; infine, luogo
 e data: "Modena 21 agosto 1989", seguiti dalla sottoscrizione.
   "Margherita"  era  Margherita  Montanari  Malpighi, figlia da primo
 matrimonio della moglie di  Alberto  Malpighi;  quest'ultimo  l'aveva
 adottata, gia' maggiorenne, con effetti da decreto 20 luglio 1978 del
 tribunale di Modena.
   "Damiela"  era  Daniela  Scapinelli,  figlia  naturale  di  Alberto
 Malpighi; quest'ultimo l'aveva riconosciuta,  gia'  maggiorenne,  con
 dichiarazione 14 febbraio 1978 davanti a ufficiale di stato civile.
   La  "moglie Gabriella" era Gabriella Malpighi; che Alberto Malpighi
 aveva sposato gia' vedova di certo Gaetano Montanari, dal quale aveva
 avuto la figlia "Margherita" di cui sopra si e' detto.
   Prima della causa, Daniela Scapinelli faceva fissare un  termine  a
 Gabriella Malpighi a norma dell'art. 650 c.c., termine poi compiutosi
 senza rinunzia della stessa; chiedeva e otteneva sequestri giudiziari
 di documenti e di beni.
   Sempre  prima  della causa, nell'accettare l'eredita' con beneficio
 d'inventario, Daniela Scapinelli dichiarava la scelta di  abbandonare
 la nuda proprieta' della porzione disponibile, a norma dell'art.  550
 c.c..
   Nella  causa,  Daniela  Scapinelli ha chiesto sia dichiarato essere
 lei  l'unica  erede  legittimaria  di   Alberto   Malpighi;   e,   di
 conseguenza,   che   sia   determinata  nella  meta'  del  patrimonio
 ereditario la quota a lei riservata nella divisione, pure chiesta.
   Dichiarazione di essere lei l'unica erede legittimaria  di  Alberto
 Malpighi, perche' l'adozione di Margherita Montanari Malpighi sarebbe
 stata  nulla;  e  cio'  per assenza di suo consenso, lei al tempo del
 decreto di adozione gia' figlia naturale riconosciuta  e  maggiorenne
 dell'adottante.
   La  norma  contenuta  nel  primo  comma  dell'art. 291 c.c. sarebbe
 costituzionalmente illegittima, per violazione degli  artt.  3  e  30
 della  Costituzione,  nella parte in cui non condiziona l'adozione al
 consenso   dei   figli   naturali    riconosciuti    e    maggiorenni
 dell'adottante.
   Gabriella Malpighi e Margherita Montanari Malpighi hanno sostenuto,
 fra  l'altro,  la  validita'  dell'adozione,  anche per esserci stato
 consenso di Daniela Scapinelli; hanno chiesto dichiararsi il  diritto
 di  lei  alla  quota  di un quarto soltanto del patrimonio ereditario
 nella  divisione,  eccependo  l'operare  dell'ultima   clausola   del
 testamento.
   Sono  state  proposte  da  Daniela  Scapinelli anche domande per la
 nullita' e la simulazione di atti, per la conseguente  determinazione
 dell'asse  ereditario da dividere, per la riduzione e la restituzione
 di  donazioni  indirette;  domande  tutte  contrastate  da  Gabriella
 Malpighi e Margherita Montanari Malpighi.
   Il  pubblico  ministero,  intervenuto  nella questione di stato, ha
 chiesto che sia dichiarata nulla l'adozione di  Marcherita  Montanari
 Malpighi;  dopo  lunga istruttoria, e ulteriore sequestro giudiziario
 di beni immobili, le parti private hanno precisato le conclusioni  il
 giorno 17 giugno 1997.
                             D i r i t t o
                               Rilevanza
   In  generale,  il  decreto  di  adozione ordinaria e' atto privo di
 contenuto decisorio e sostanzialmente amministrativo; atto del  quale
 i  consensi  e  gli assensi prescritti sono presupposti o condiciones
 iuris (Cass., 4 luglio, 1983, n. 4461, in motivazione).   Il  difetto
 dei  consensi  o degli assensi prescritti, dunque, e' tipico vizio di
 legittimita'; che puo' farsi valere in via di querela nullitatis, con
 azione autonoma e  imprescrittibile  volta  a  contestare  lo  status
 costituito  (Cass.,  20  maggio  1980,  n. 3309, in motivazione.   La
 natura costitutiva del decreto di adozione  ordinaria,  poi,  importa
 che i presupposti o condiciones iuris debbano sussistere al tempo del
 decreto  medesimo  (Cass.,  11  novembre  1970, n. 2355).   Qualora i
 presupposti o condiciones iuris, sebbene  anteriormente  sussistenti,
 non  ci  siano  piu'  al  tempo  del  decreto  di adozione ordinaria,
 quest'ultima non puo' essere pronunciata e, se pronunciata, e'  nulla
 (sempre  Cass.,  11 novembre 1970, n. 2355).  Di conseguenza, Daniela
 Scapinelli avrebbe potuto impugnare senza limite temporale l'adozione
 ordinaria di Margherita Montanari Malpighi; e il suo consenso avrebbe
 potuto essere necessario, giacche' l'acquisto dello status di  figlia
 naturale  riconosciuta  precedette  il decreto.   L'efficacia ex tunc
 della  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale,  e  il  non
 carattere di cosa  giudicata  dell'adozione  ordinaria,  renderebbero
 rilevante   l'aggiungere   al  primo  comma  dell'art.  291  c.c.  la
 condizione   del   consenso   dei   figli    naturali    riconosciuti
 dell'adottante.    Difatti e' pacifico in causa, e comunque si ricava
 dai documenti prodotti da Daniela Scapinelli (nn. 43,  44,  45),  che
 quest'ultima  non  partecipo',  ne'  fu  chiamata in nessun modo, nel
 procedimento di adozione ordinaria di Margherita Montanari  Malpighi.
 La rilevanza cosi' come illustrata, inoltre, non verrebbe meno per la
 deduzione   della  difesa  di  Gabriella  Malpighi  e  di  Margherita
 Montanari Malpighi, concernente un consenso  che  Daniela  Scapinelli
 avrebbe  manifestato  a  L.  Cavazzuti,  assunto  come  testimone nel
 processo.
   Anzitutto, la deduzione e' stata specificata  nel  destinatario  la
 prima  volta  in  comparsa  conclusionale,  impedendo  cosi' la prova
 contraria; senza dire che il testimone, interessato perche' marito di
 Margherita Montanari Malpighi, e'  di  scarsissima  credibilita'  sul
 punto.  Si deve osservare, comunque, che per i consensi e gli assensi
 nel  procedimento  d'adozione  ordinaria  sono  prescritte specifiche
 forme dall'art. 311 c.c.; invece qui il consenso avrebbe  avuto  come
 destinatario  nemmeno  l'adottante  o  l'adottata,  ma addirittura un
 soggetto estraneo.  Dalla rilevanza per  la  decisione  pregiudiziale
 sull'essere  valida  o  nulla  l'adozione, deriva la rilevanza per la
 decisione principale sulle domande di Daniela  Scapinelli  di  essere
 dichiarata  erede  legittimaria  e  di  ottenere  una  quota di piena
 proprieta' nella divisione.  Non avendo Gabriella Malpighi rinunziato
 nel termine al  legato,  che  era  all'evidenza  in  sostituzione  di
 legittima,  le  misure  delle  quote  di  riserva  andrebbero desunte
 dall'art. 537 c.c. (Cass., 9 marzo 1987, n. 2434; Cass., 11  febbraio
 1995,  n. 529.  Se dunque l'adozione di Margherita Montanari Malpighi
 fosse dichiarata nulla, Alberto Malpighi avrebbe lasciato  un  figlio
 solo, Daniela Scapinelli; alla quale sarebbe stata riservata la meta'
 del  patrimonio  ereditario,  a  norma  del primo comma dell'art. 537
 c.c..  Se Daniela Scapinelli fosse stata riservataria della meta' del
 patrimonio ereditario., non avrebbe potuto invocare la scelta a norma
 dell'art. 550 c.c.; con essa, infatti,  non  avrebbe  abbandonato  la
 nuda proprieta' della disponibile o di parte di essa.  Si ricorda che
 nel  testamento  a  Daniela  Scapinelli  era  stata assegnata la nuda
 proprieta' della meta' del patrimonio ereditario; vale  a  dire,  una
 nuda  proprieta'  in quota corrispondente nell'ipotesi a quella della
 legittima, e nulla piu': non c'era nuda proprieta' di disponibile  da
 poter abbandonare, ma unicamente nuda proprieta' di legittima.
   In  altre  parole,  non si sarebbe verificata la situazione aliquid
 datum,  aliquid  retentum     implicita  nell'art.   550   c.c.;   la
 legittimaria  non avrebbe dato in cambio di usufrutto nuda proprieta'
 della disponibile, la legataria non avrebbe ricevuto nuda  proprieta'
 di  disponibile  in  cambio  dell'usufrutto che le veniva tolto.   Da
 escludere, poi, che in altro modo  Daniela  Scapinelli  abbia  potuto
 senza  formalita'  e  unilateralmente  assumere  la qualita' di erede
 legittimaria, rinunziando alla delazione  testamentaria  (da  ultimo,
 Cass.,  25  gennaio 1983, n. 697); sarebbe stata erede testamentaria,
 con diritto alla reintegrazione di legittima lesa.  Per ottenere  una
 quota di piena proprieta' nella divisione, allora, Daniela Scapinelli
 avrebbe   dovuto   chiedere   la  riduzione  della  disposizione  del
 testamento  con  la  quale  era  stata assegnata a Gabriella Malpighi
 l'usufrutto di tutto il patrimonio ereditario (si veda  invece  nella
 memoria  di replica, pag. 6, righe 12-13).  Per vero, l'art. 549 c.c.
 non troverebbe qui applicazione: in  primo  luogo,  "pesi"  in  senso
 proprio  sono  tipicamente  gli oneri a favore di terzi, i divieti di
 disporre, le nomine di curatori  speciali;  e  non  i  lasciti  o  le
 liberalita'  a favore di altri legittimari.  Comunque, la volonta' di
 Alberto Malpighi, che credeva aver  di  fronte  due  figlie  ciascuna
 riservataria  di un terzo, non era di imporre pesi o condizioni sulla
 quota spettante a Daniela Scapinelli; nel  qual  caso  sarebbe  stata
 intrinsecamente viziata la volonta' del testatore e illecita la causa
 del  legato di usufrutto.  Si noti che Alberto Malpighi mostrava, con
 l'ultima clausola del testamento, la convinzione di aver assegnato  a
 ciascuna  delle  credute  figlie  piu'  della  legittima: in guisa di
 "sanzione" disponeva che, se non accettato  il  testamento,  la  sola
 legittima  sarebbe  spettata  loro.   Si sarebbe trattato, quindi, di
 "lesione  accidentale"  della  legittima,  dipendente  da  fatti  (la
 nullita'  dell'adozione)  che  il  testatore  non poteva prevedere ed
 estrinseci  alla  sua  volonta';  per  costante   dottrina,   lesione
 necessitante  di azione di riduzione, non nulla a norma dell'art. 549
 c.c.  Di conseguenza, se l'adozione di Margherita Montanari  Malpighi
 fosse  dichiarata  nulla,  potrebbero  essere rigettate le domande di
 Daniela Scapinelli di essere dichiarata erede legittimaria e ottenere
 una quota  di  piena  proprieta'  nella  divisione,  tutte  le  parti
 succedendo  per  testamento.    L'istituzione di Margherita Montanari
 Malpighi  dovrebbe  essere  considerata  valida,   nonostante   l'uso
 dell'espressione  "figlia" e il venir meno dell'adozione; il criterio
 ermeneutico  speciale  della  volonta'   effettiva   del   testatore,
 porterebbe  a  riconoscere  l'intenzione  di  beneficiare  la persona
 indipendentemente dalla qualita' de  iure.    L'ultima  clausola  del
 testamento   non   potrebbe   operare  in  questo  processo:  Daniela
 Scapinelli non l'avrebbe  invocata  quale  causa  petendi  delle  sue
 domande;   Gabriella   Malpighi   e   Margherita  Montanari  Malpighi
 l'avrebbero eccepita unicamente al fine di limitare a  un  quarto  la
 quota di riserva della coerede nel concorso di entrambe loro.
   Se  al  contrario  l'adozione  di Margherita Montanari Malpighi non
 fosse da dichiarare nulla, Alberto  Malpighi  avrebbe  lasciato  piu'
 figli,  la  predetta  e  Daniela Scapinelli; alle quali sarebbe stato
 riservato un terzo ciascuna del patrimonio ereditario,  a  norma  del
 secondo comma dell'art. 537 c.c.
   Se  Daniela  Scapinelli  fosse  stata  riservataria di un terzo del
 patrimonio ereditario, avrebbe potuto  invocare  la  scelta  a  norma
 dell'art.  550  c.c.;  con  essa,  infatti, avrebbe abbandonato parte
 della nuda proprieta' della disponibile: la differenza tra  la  meta'
 assegnatale nel testamento e il terzo riservatole dalla legge.
   Di  conseguenza, se l'adozione di Margherita Montanari Malpighi non
 fosse da dichiarare nulla, potrebbero essere parzialmente accolte  le
 domande di Daniela Scapinelli di essere dichiarata erede legittimaria
 e ottenere una quota di piena proprieta' del patrimonio ereditario.
   Convertito  in  legato di proprieta' il legato di usufrutto dopo la
 scelta a norma delll'art. 550 c.c., alle  altre  parti  spetterebbero
 sulla   disponibile   quote   di   piena  proprieta'  nella  medesima
 proporzione  voluta  dal  testatore  (tra  il  valore   capitalizzato
 dell'usufrutto  sull'intero  patrimonio  e quello della meta' in nuda
 proprieta' dell'intero patrimonio).
   Prevarrebbe qui sul testamento, compresa l'ultima clausola di esso,
 il  diritto  di  Daniela Scapinelli a divenire erede legittimaria per
 effetto della scelta a norma dell'art. 550  c.c.,  e  a  ottenere  la
 corrispondente quota di piena proprieta' nella divisione.
   Con  riguardo  alla  rilevanza, infine, si deve ben sottolineare un
 aspetto: che di  la'  dall'eccezione  di  Daniela  Scapinelli  e  dal
 persistere   di   un   suo  interesse  concreto  all'accertamento  di
 legittimita' costituzionale, il tema si porrebbe comunque d'ufficio.
   La sua rilevanza deriva direttamente, senza che le  domande  e  gli
 interessi  delle  parti  possano  avere  influenza, dalle conclusioni
 precisate  dal    p.m.  affinche'  sia  dichiarata  nulla  l'adozione
 ordinaria di Margherita Montanari Malpighi.
   Qui  l'essere  valida  o  nulla  l'adozione  non  e'  piu' semplice
 pregiudiziale alla determinazione della  quota  riservata  a  Daniela
 Scapinelli;  ma oggetto di di domanda principale e unica proposta nel
 pubblico interesse, futuro capo autonomo di sentenza.
                      Non manifesta infondatezza
   Scopo della legge nel condizionare l'adozione ordinaria al consenso
 dei  discendenti  legittimi  o  legittimati  dell'adottante,  e'   di
 tutelare  persone  interessate  sia  sotto l'aspetto morale che sotto
 quello patrimoniale (Corte cost., 19 maggio 1988, n. 557).
   Sotto l'aspetto morale,  viene  soprattutto  in  rilievo  l'effetto
 previsto   dall'art.   299   c.c.:   l'adottato   assume  il  cognome
 dell'adottante; e per  questo  riguardo  sussiste  un  interesse  dei
 discendenti  legittimi  o  legittimati dell'adottante, che portano il
 medesimo cognome.
   Ma anche i figli naturali riconosciuti dell'adottante possono  aver
 assunto  il  medesimo  cognome,  a  norma  dell'art.  262 c.c.; sotto
 l'aspetto morale, dunque, il loro  interesse  puo'  essere  uguale  a
 quello dei discendenti legittimi o legittimati.
   Sotto  l'aspetto  patrimoniale,  vengono soprattutto in rilievo gli
 effetti previsti dagli artt. 567 e 536 c.c.: l'adottato  puo'  essere
 erede   legittimo,  o  legittimario,  dell'adottante;  e  per  questo
 riguardo  sussiste  un  interesse   dei   discendenti   legittimi   o
 legittimati  dell'adottante,  a  non  veder  compromesse  aspettative
 successorie.
   Ma anche i figli naturali riconosciuti hanno  medesime  aspettative
 successorie: come eredi legittimi a norma degli artt. 566 e 573 c.c.,
 come  eredi  legittimari  a  norma  degli artt. 537 e 542 c.c.; sotto
 l'aspetto patrimoniale, dunque, il loro interesse e' uguale a  quello
 dei discendenti legittimi o legittimati.
   La  differente  valutazione legislativa del consenso e del dissenso
 di  persone  tutte  ugualmente  interessate  all'adozione  ordinaria,
 appare priva di motivi razionali; in violazione insieme dell'art. 3 e
 dell'art.  30 della Costituzione.
   L'art.  30 della Costituzione, per vero, pone un limite alla tutela
 dei figli nati fuori del  matrimonio,  costituito  dal  dover  essere
 quella  tutela  "compatibile  con i diritti dei membri della famiglia
 legittima".
   Ma questi diritti, nell'adozione ordinaria,  hanno  carattere  solo
 negativo,  perche'  consistono unicamente nella facolta' di negare il
 consenso e impedire cosi' l'adozione al proprio genitore o coniuge.
   Per tale loro carattere, quei diritti in nulla sarebbero toccati da
 un'uguale  facolta'  dei  figli naturali riconosciuti: il consenso di
 costoro non basterebbe  a  permettere  un'adozione  ordinaria  cui  i
 membri della famiglia legittima non consentissero.
   Il  difetto  di  consenso  dei figli naturali riconosciuti, d'altra
 parte, lascerebbe intatti i diritti morali e patrimoniali dei  membri
 della  famiglia  legittima;  mentre  gli  istessi  non  avrebbero  un
 interesse positivo, giuridicamente tutelato, a che si  facesse  luogo
 all'adozione ordinaria.
   Le svolte considerazioni si ritiene possano valere non soltanto per
 la  posizione  dei figli naturali riconosciuti, ma pure per l'analoga
 posizione di tutti i discendenti  naturali  riconosciuti;  in  questo
 senso,   come  alternativa  e  d'ufficio,  si  amplia  il  dubbio  di
 legittimita' costituzionale.
               Questione di legittimita' costituzionale
   La difesa di  Daniela  Scapinelli  ha  insistito  perche',  in  via
 principale,   la  condizione  del  consenso  all'adozione  dei  figli
 naturali riconosciuti dell'adottante sia ritenuta dal tribunale;  con
 interpretazione secundum costitutionem e senza sollevare questione di
 legittimita' costituzionale.
   Ad  argomento,  la  medesima  difesa  ha  citato,  fra l'altro, due
 recenti sentenze della Corte costituzionale (18 aprile 1997, n. 99, e
 13 maggio 1998, n. 166); nelle quali si e' affermata  la  sufficienza
 dell'interpretazione  secundum  costitutionem, in due specifici casi,
 al fine della pari  tutela  dei  figli  naturali  rispetto  a  quelli
 legittimi.
   Ed  e'  vero  che,  in  generale,  "ove  una  norma  di  legge  sia
 suscettibile di piu' interpretazioni, di cui una darebbe  alla  norma
 un  significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio e' soltanto
 apparente e deve essere superato e risolto interpretando la norma  in
 senso conforme alla Costituzione e alle leggi costituzionali".
   Cosi',  letteralmente,  ha  pronunciato  piu'  volte  la  Corte  di
 cassazione (sez. un., 13 aprile 1965, n.  666;  sez.  un.,  10  marzo
 1971,  n. 674; 5 maggio 1995, n. 4906); e nel medesimo senso la Corte
 costituzionale, "in  caso  di  possibili  letture  alternative  della
 norma" (18 aprile 1997, n. 99, sopra citata, in motivazione).
   Con altre parole ancora e piu' brevemente, si puo' dire che, se tra
 piu'  interpretazioni  possibili della norma, ve n'e' una conforme ai
 principi costituzionali, questa  deve  essere  adottata  dal  giudice
 ordinario,  senza  bisogno  di  sollevare  questione  di legittimita'
 costituzionale.
   Presupposto decisivo per l'interpretazione secundum  costitutionen,
 dunque,  e'  che  essa deve essere un'interpretazione possibile della
 norma;  possibile  applicando  gli  articoli   12,   13,   14   delle
 disposizioni sulla legge in generale alla norma in discussione.
   Quest'ultima  limitazione e' importante e necessaria, altrimenti vi
 sarebbe pericolo di circoli viziosi;  se  l'interpretazione  secundum
 costitutionem  fosse  resa possibile applicando direttamente le norme
 costituzionali  alla  norma  in  discussione,  quasi  mai  la   Corte
 costituzionale    dovrebbe   essere   investita   da   questioni   di
 legittimita'.
   Nel caso di specie,  tre  criteri  potrebbero  in  ipotesi  rendere
 possibile  un'interpretazione  del  primo  comma  dell'art.  291 c.c.
 secundum  costitutionem:    quello  dell'interpretazione   estensiva,
 quello dell'interpretazione per analogia, quello dell'interpretazione
 sistematica.
   L'interpretazione  estensiva  opera  quando il giudice ordinario si
 trova di fronte a un'espressione ambigua o imprecisa, che puo' essere
 intesa in un significato piu' largo e in un significato piu' stretto:
 e viene scelto il primo significato.
   Ma l'espressione usata nella norma non deve essere tanto  specifica
 da  non  poter  essere  estesa  senza  arbitrio  a casi diversi; deve
 indicare, piu' o meno latamente, un genus nel quale il  caso  diverso
 possa essere ricompreso come sua species.
   Nel   primo  comma  dell'art.  291  c.c.,  e'  usata  l'espressione
 "discendenti legittimi o legittimati", il che gia' indica una species
 compresa nel genus "discendenti", applicare la norma  ai  discendenti
 naturali  riconosciuti  varrebbe  non  ad  estendere la norma stessa.
 bensi' ad aggiungervi una species a un'altra.
    L'interpretazione per analogia opera quando manca nell'ordinamento
 una specifica norma regolante  la  concreta  fattispecie  (Cass.,  29
 aprile  1995,  n. 4754); quando, insomma, nell'ordinamento vi sia una
 vera e propria lacuna.
   E una lacuna puo' esservi perche' nell'ordinamento manchi una norma
 certa o manchi una norma giusta; a colmare la prima  deve  provvedere
 il  giudice  ordinario,  a  colmare  la  seconda  deve  provvedere il
 legislatore o il giudice costituzionale.
   La lacuna come mancanza di  una  norma  certa  importa  che  in  un
 ordinamento   non  vi  sia  ne'  la  norma  che  regoli  la  concreta
 fattispecie, ne' la norma incompatibile  in  rapporto  alla  concreta
 fattispecie.
   Ma  la  concreta  fattispecie  della  presenza  di  una discendente
 naturale  riconosciuta  e   maggiorenne   dell'adottante   al   tempo
 dell'adozione,   e'   regolata   dall'ordinamento   con   una   norma
 incompatibile in rapporto alla  necessita'  del  suo  consenso  quale
 condizione dell'adozione.
   Il  giudice  ordinario non si trova qui di fronte a una fattispecie
 che "non puo' essere  decisa  con  una  precisa  disposizione",  come
 richiederebbe  l'art.  12 delle disposizioni sulla legge in generale;
 la precisa disposizione e' il primo comma dell'art. 291 c.c..
   Quest'ultimo offre la norma per rigettare la domanda di  dichiarare
 nulla  l'adozione,  pur  in  difetto  del  consenso della discendente
 naturale riconosciuta e maggiorenne dell'adottante: per la  decisione
 manca semmai una norma giusta e non una norma certa.
   L'interpretazione sistematica opera, nella sua forma piu' consueta,
 quando  una  o piu' norme impediscono di dare a quella in discussione
 un significato che con  esse  sarebbe  in  contraddizione;  si  dice,
 cosi',  che  il  significato  non  in  contraddizione  risponde  a un
 principio immanente nell'ordinamento.
   Le due sentenze della Corte costituzionale citate dalla  difesa  di
 Daniela   Scapinelli   hanno  letto  "genitore",  per  l'appunto  con
 interpretazione sistematica, laddove gli artt. 156,  sesto  comma,  e
 155, quarto comma, c.c., usavano l'espressione "coniuge".
   La norma che avrebbe reso contraddittorio un significato escludente
 il  genitore  naturale  da  quelle  situazioni,  e'  stata  rinvenuta
 nell'art.   261  c.c.:  "il  riconoscimento  comporta  da  parte  del
 genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli
 ha nei confronti dei figli legittimi".
   Questa   norma,   pero',  non  puo'  fondare  nel  caso  di  specie
 un'interpretazione sistematica che aggiunga al primo comma  dell'art.
 291  c.c.  la  condizione  del  consenso all'adozione dei discendenti
 naturali riconosciuti dell'adottante.
   I "doveri" del genitore naturale, cui si riferisce l'art. 291 c.c.,
 sono quelli tipicamente previsti dagli artt. 147 e 148 c.c., estranei
 all'adozione;  e  d'altronde,  il  consenso  all'adozione  dei  figli
 naturali   riconosciuti   dell'adottante   non   si   porrebbe   come
 corrispettivo di un "dovere" del genitore.
   Cio' perche' il prestare il consenso  prescritto  dal  primo  comma
 dell'art.   291  c.c.,  e'  semplice  presupposto  o  condicio  iuris
 dell'adozione; in altre parole, la  prestazione  o  la  negazione  si
 configurano come diritti potestativi dei discendenti, e come tale non
 corrispondono  a  "doveri"  di  sorta  del  genitore  adottante, ma a
 semplici sue soggezioni.
   Tolta   la   possibilita'   di   fondare   sull'art.    261    c.c.
 un'interpretazione  sistematica nel caso di specie, non si rinvengono
 altre specifiche norme idonee a quella funzione; cioe' norme di legge
 ordinaria che  escludano  qualsiasi  disparita'  di  trattamento  tra
 discendenti  legittimi  e  naturali,  in  generale o nell'adozione in
 particolare.
   Ovviamente, siffatte norme potrebbero rinvenirsi negli stessi artt.
 3 e 30 della Costituzione, con i quali il primo comma  dell'art.  261
 c.c.  sarebbe  in  contraddizione;  e  dunque  a esso dovrebbe essere
 aggiunta, in via di interpretazione sistematica,  la  condizione  del
 consenso dei discendenti naturali riconosciuti dell'adottante.
   Ma  si cadrebbe nei circoli viziosi ai quali si e' sopra accennato:
 conseguenza sarebbe  che  quasi  sempre  si  potrebbe  non  sollevare
 questione  di  legittimita'  costituzionale  e  ottenere il risultato
 (magari additivo³) in via  di  interpretazione  sistematica  secundum
 costitutionem.
                              Dispositivo
   Applicando l'art. 23 legge 11 marzo  1953 n. 87;