IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da Daniela Scapinelli contro Gabriella Malpighi e Margherita Montanari Malpighi, citazione notificata il giorno 28 dicembre 1990, udienza del collegio il giorno 3 giugno 1998. F a t t o Il giorno 16 novembre 1989, mori' in Modena a settantacinque anni d'eta' Alberto Malpighi, proprietario di numerosi beni mobili e immobili; il giorno 12 dicembre 1989, fu pubblicato il suo testamento olografo. In esso, fra l'altro, era scritto: "nomino mie eredi universali le mie figlie Margherita e Damiela"; poi: "leggo l'usufrutto generale di tutti i miei beni ... a mia moglie Gabriella". Ancora: "nel caso in cui una delle mie figlie non volesse accettare il presente testamento le spettera' la sola legittima"; infine, luogo e data: "Modena 21 agosto 1989", seguiti dalla sottoscrizione. "Margherita" era Margherita Montanari Malpighi, figlia da primo matrimonio della moglie di Alberto Malpighi; quest'ultimo l'aveva adottata, gia' maggiorenne, con effetti da decreto 20 luglio 1978 del tribunale di Modena. "Damiela" era Daniela Scapinelli, figlia naturale di Alberto Malpighi; quest'ultimo l'aveva riconosciuta, gia' maggiorenne, con dichiarazione 14 febbraio 1978 davanti a ufficiale di stato civile. La "moglie Gabriella" era Gabriella Malpighi; che Alberto Malpighi aveva sposato gia' vedova di certo Gaetano Montanari, dal quale aveva avuto la figlia "Margherita" di cui sopra si e' detto. Prima della causa, Daniela Scapinelli faceva fissare un termine a Gabriella Malpighi a norma dell'art. 650 c.c., termine poi compiutosi senza rinunzia della stessa; chiedeva e otteneva sequestri giudiziari di documenti e di beni. Sempre prima della causa, nell'accettare l'eredita' con beneficio d'inventario, Daniela Scapinelli dichiarava la scelta di abbandonare la nuda proprieta' della porzione disponibile, a norma dell'art. 550 c.c.. Nella causa, Daniela Scapinelli ha chiesto sia dichiarato essere lei l'unica erede legittimaria di Alberto Malpighi; e, di conseguenza, che sia determinata nella meta' del patrimonio ereditario la quota a lei riservata nella divisione, pure chiesta. Dichiarazione di essere lei l'unica erede legittimaria di Alberto Malpighi, perche' l'adozione di Margherita Montanari Malpighi sarebbe stata nulla; e cio' per assenza di suo consenso, lei al tempo del decreto di adozione gia' figlia naturale riconosciuta e maggiorenne dell'adottante. La norma contenuta nel primo comma dell'art. 291 c.c. sarebbe costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 3 e 30 della Costituzione, nella parte in cui non condiziona l'adozione al consenso dei figli naturali riconosciuti e maggiorenni dell'adottante. Gabriella Malpighi e Margherita Montanari Malpighi hanno sostenuto, fra l'altro, la validita' dell'adozione, anche per esserci stato consenso di Daniela Scapinelli; hanno chiesto dichiararsi il diritto di lei alla quota di un quarto soltanto del patrimonio ereditario nella divisione, eccependo l'operare dell'ultima clausola del testamento. Sono state proposte da Daniela Scapinelli anche domande per la nullita' e la simulazione di atti, per la conseguente determinazione dell'asse ereditario da dividere, per la riduzione e la restituzione di donazioni indirette; domande tutte contrastate da Gabriella Malpighi e Margherita Montanari Malpighi. Il pubblico ministero, intervenuto nella questione di stato, ha chiesto che sia dichiarata nulla l'adozione di Marcherita Montanari Malpighi; dopo lunga istruttoria, e ulteriore sequestro giudiziario di beni immobili, le parti private hanno precisato le conclusioni il giorno 17 giugno 1997. D i r i t t o Rilevanza In generale, il decreto di adozione ordinaria e' atto privo di contenuto decisorio e sostanzialmente amministrativo; atto del quale i consensi e gli assensi prescritti sono presupposti o condiciones iuris (Cass., 4 luglio, 1983, n. 4461, in motivazione). Il difetto dei consensi o degli assensi prescritti, dunque, e' tipico vizio di legittimita'; che puo' farsi valere in via di querela nullitatis, con azione autonoma e imprescrittibile volta a contestare lo status costituito (Cass., 20 maggio 1980, n. 3309, in motivazione. La natura costitutiva del decreto di adozione ordinaria, poi, importa che i presupposti o condiciones iuris debbano sussistere al tempo del decreto medesimo (Cass., 11 novembre 1970, n. 2355). Qualora i presupposti o condiciones iuris, sebbene anteriormente sussistenti, non ci siano piu' al tempo del decreto di adozione ordinaria, quest'ultima non puo' essere pronunciata e, se pronunciata, e' nulla (sempre Cass., 11 novembre 1970, n. 2355). Di conseguenza, Daniela Scapinelli avrebbe potuto impugnare senza limite temporale l'adozione ordinaria di Margherita Montanari Malpighi; e il suo consenso avrebbe potuto essere necessario, giacche' l'acquisto dello status di figlia naturale riconosciuta precedette il decreto. L'efficacia ex tunc della dichiarazione di illegittimita' costituzionale, e il non carattere di cosa giudicata dell'adozione ordinaria, renderebbero rilevante l'aggiungere al primo comma dell'art. 291 c.c. la condizione del consenso dei figli naturali riconosciuti dell'adottante. Difatti e' pacifico in causa, e comunque si ricava dai documenti prodotti da Daniela Scapinelli (nn. 43, 44, 45), che quest'ultima non partecipo', ne' fu chiamata in nessun modo, nel procedimento di adozione ordinaria di Margherita Montanari Malpighi. La rilevanza cosi' come illustrata, inoltre, non verrebbe meno per la deduzione della difesa di Gabriella Malpighi e di Margherita Montanari Malpighi, concernente un consenso che Daniela Scapinelli avrebbe manifestato a L. Cavazzuti, assunto come testimone nel processo. Anzitutto, la deduzione e' stata specificata nel destinatario la prima volta in comparsa conclusionale, impedendo cosi' la prova contraria; senza dire che il testimone, interessato perche' marito di Margherita Montanari Malpighi, e' di scarsissima credibilita' sul punto. Si deve osservare, comunque, che per i consensi e gli assensi nel procedimento d'adozione ordinaria sono prescritte specifiche forme dall'art. 311 c.c.; invece qui il consenso avrebbe avuto come destinatario nemmeno l'adottante o l'adottata, ma addirittura un soggetto estraneo. Dalla rilevanza per la decisione pregiudiziale sull'essere valida o nulla l'adozione, deriva la rilevanza per la decisione principale sulle domande di Daniela Scapinelli di essere dichiarata erede legittimaria e di ottenere una quota di piena proprieta' nella divisione. Non avendo Gabriella Malpighi rinunziato nel termine al legato, che era all'evidenza in sostituzione di legittima, le misure delle quote di riserva andrebbero desunte dall'art. 537 c.c. (Cass., 9 marzo 1987, n. 2434; Cass., 11 febbraio 1995, n. 529. Se dunque l'adozione di Margherita Montanari Malpighi fosse dichiarata nulla, Alberto Malpighi avrebbe lasciato un figlio solo, Daniela Scapinelli; alla quale sarebbe stata riservata la meta' del patrimonio ereditario, a norma del primo comma dell'art. 537 c.c.. Se Daniela Scapinelli fosse stata riservataria della meta' del patrimonio ereditario., non avrebbe potuto invocare la scelta a norma dell'art. 550 c.c.; con essa, infatti, non avrebbe abbandonato la nuda proprieta' della disponibile o di parte di essa. Si ricorda che nel testamento a Daniela Scapinelli era stata assegnata la nuda proprieta' della meta' del patrimonio ereditario; vale a dire, una nuda proprieta' in quota corrispondente nell'ipotesi a quella della legittima, e nulla piu': non c'era nuda proprieta' di disponibile da poter abbandonare, ma unicamente nuda proprieta' di legittima. In altre parole, non si sarebbe verificata la situazione aliquid datum, aliquid retentum implicita nell'art. 550 c.c.; la legittimaria non avrebbe dato in cambio di usufrutto nuda proprieta' della disponibile, la legataria non avrebbe ricevuto nuda proprieta' di disponibile in cambio dell'usufrutto che le veniva tolto. Da escludere, poi, che in altro modo Daniela Scapinelli abbia potuto senza formalita' e unilateralmente assumere la qualita' di erede legittimaria, rinunziando alla delazione testamentaria (da ultimo, Cass., 25 gennaio 1983, n. 697); sarebbe stata erede testamentaria, con diritto alla reintegrazione di legittima lesa. Per ottenere una quota di piena proprieta' nella divisione, allora, Daniela Scapinelli avrebbe dovuto chiedere la riduzione della disposizione del testamento con la quale era stata assegnata a Gabriella Malpighi l'usufrutto di tutto il patrimonio ereditario (si veda invece nella memoria di replica, pag. 6, righe 12-13). Per vero, l'art. 549 c.c. non troverebbe qui applicazione: in primo luogo, "pesi" in senso proprio sono tipicamente gli oneri a favore di terzi, i divieti di disporre, le nomine di curatori speciali; e non i lasciti o le liberalita' a favore di altri legittimari. Comunque, la volonta' di Alberto Malpighi, che credeva aver di fronte due figlie ciascuna riservataria di un terzo, non era di imporre pesi o condizioni sulla quota spettante a Daniela Scapinelli; nel qual caso sarebbe stata intrinsecamente viziata la volonta' del testatore e illecita la causa del legato di usufrutto. Si noti che Alberto Malpighi mostrava, con l'ultima clausola del testamento, la convinzione di aver assegnato a ciascuna delle credute figlie piu' della legittima: in guisa di "sanzione" disponeva che, se non accettato il testamento, la sola legittima sarebbe spettata loro. Si sarebbe trattato, quindi, di "lesione accidentale" della legittima, dipendente da fatti (la nullita' dell'adozione) che il testatore non poteva prevedere ed estrinseci alla sua volonta'; per costante dottrina, lesione necessitante di azione di riduzione, non nulla a norma dell'art. 549 c.c. Di conseguenza, se l'adozione di Margherita Montanari Malpighi fosse dichiarata nulla, potrebbero essere rigettate le domande di Daniela Scapinelli di essere dichiarata erede legittimaria e ottenere una quota di piena proprieta' nella divisione, tutte le parti succedendo per testamento. L'istituzione di Margherita Montanari Malpighi dovrebbe essere considerata valida, nonostante l'uso dell'espressione "figlia" e il venir meno dell'adozione; il criterio ermeneutico speciale della volonta' effettiva del testatore, porterebbe a riconoscere l'intenzione di beneficiare la persona indipendentemente dalla qualita' de iure. L'ultima clausola del testamento non potrebbe operare in questo processo: Daniela Scapinelli non l'avrebbe invocata quale causa petendi delle sue domande; Gabriella Malpighi e Margherita Montanari Malpighi l'avrebbero eccepita unicamente al fine di limitare a un quarto la quota di riserva della coerede nel concorso di entrambe loro. Se al contrario l'adozione di Margherita Montanari Malpighi non fosse da dichiarare nulla, Alberto Malpighi avrebbe lasciato piu' figli, la predetta e Daniela Scapinelli; alle quali sarebbe stato riservato un terzo ciascuna del patrimonio ereditario, a norma del secondo comma dell'art. 537 c.c. Se Daniela Scapinelli fosse stata riservataria di un terzo del patrimonio ereditario, avrebbe potuto invocare la scelta a norma dell'art. 550 c.c.; con essa, infatti, avrebbe abbandonato parte della nuda proprieta' della disponibile: la differenza tra la meta' assegnatale nel testamento e il terzo riservatole dalla legge. Di conseguenza, se l'adozione di Margherita Montanari Malpighi non fosse da dichiarare nulla, potrebbero essere parzialmente accolte le domande di Daniela Scapinelli di essere dichiarata erede legittimaria e ottenere una quota di piena proprieta' del patrimonio ereditario. Convertito in legato di proprieta' il legato di usufrutto dopo la scelta a norma delll'art. 550 c.c., alle altre parti spetterebbero sulla disponibile quote di piena proprieta' nella medesima proporzione voluta dal testatore (tra il valore capitalizzato dell'usufrutto sull'intero patrimonio e quello della meta' in nuda proprieta' dell'intero patrimonio). Prevarrebbe qui sul testamento, compresa l'ultima clausola di esso, il diritto di Daniela Scapinelli a divenire erede legittimaria per effetto della scelta a norma dell'art. 550 c.c., e a ottenere la corrispondente quota di piena proprieta' nella divisione. Con riguardo alla rilevanza, infine, si deve ben sottolineare un aspetto: che di la' dall'eccezione di Daniela Scapinelli e dal persistere di un suo interesse concreto all'accertamento di legittimita' costituzionale, il tema si porrebbe comunque d'ufficio. La sua rilevanza deriva direttamente, senza che le domande e gli interessi delle parti possano avere influenza, dalle conclusioni precisate dal p.m. affinche' sia dichiarata nulla l'adozione ordinaria di Margherita Montanari Malpighi. Qui l'essere valida o nulla l'adozione non e' piu' semplice pregiudiziale alla determinazione della quota riservata a Daniela Scapinelli; ma oggetto di di domanda principale e unica proposta nel pubblico interesse, futuro capo autonomo di sentenza. Non manifesta infondatezza Scopo della legge nel condizionare l'adozione ordinaria al consenso dei discendenti legittimi o legittimati dell'adottante, e' di tutelare persone interessate sia sotto l'aspetto morale che sotto quello patrimoniale (Corte cost., 19 maggio 1988, n. 557). Sotto l'aspetto morale, viene soprattutto in rilievo l'effetto previsto dall'art. 299 c.c.: l'adottato assume il cognome dell'adottante; e per questo riguardo sussiste un interesse dei discendenti legittimi o legittimati dell'adottante, che portano il medesimo cognome. Ma anche i figli naturali riconosciuti dell'adottante possono aver assunto il medesimo cognome, a norma dell'art. 262 c.c.; sotto l'aspetto morale, dunque, il loro interesse puo' essere uguale a quello dei discendenti legittimi o legittimati. Sotto l'aspetto patrimoniale, vengono soprattutto in rilievo gli effetti previsti dagli artt. 567 e 536 c.c.: l'adottato puo' essere erede legittimo, o legittimario, dell'adottante; e per questo riguardo sussiste un interesse dei discendenti legittimi o legittimati dell'adottante, a non veder compromesse aspettative successorie. Ma anche i figli naturali riconosciuti hanno medesime aspettative successorie: come eredi legittimi a norma degli artt. 566 e 573 c.c., come eredi legittimari a norma degli artt. 537 e 542 c.c.; sotto l'aspetto patrimoniale, dunque, il loro interesse e' uguale a quello dei discendenti legittimi o legittimati. La differente valutazione legislativa del consenso e del dissenso di persone tutte ugualmente interessate all'adozione ordinaria, appare priva di motivi razionali; in violazione insieme dell'art. 3 e dell'art. 30 della Costituzione. L'art. 30 della Costituzione, per vero, pone un limite alla tutela dei figli nati fuori del matrimonio, costituito dal dover essere quella tutela "compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima". Ma questi diritti, nell'adozione ordinaria, hanno carattere solo negativo, perche' consistono unicamente nella facolta' di negare il consenso e impedire cosi' l'adozione al proprio genitore o coniuge. Per tale loro carattere, quei diritti in nulla sarebbero toccati da un'uguale facolta' dei figli naturali riconosciuti: il consenso di costoro non basterebbe a permettere un'adozione ordinaria cui i membri della famiglia legittima non consentissero. Il difetto di consenso dei figli naturali riconosciuti, d'altra parte, lascerebbe intatti i diritti morali e patrimoniali dei membri della famiglia legittima; mentre gli istessi non avrebbero un interesse positivo, giuridicamente tutelato, a che si facesse luogo all'adozione ordinaria. Le svolte considerazioni si ritiene possano valere non soltanto per la posizione dei figli naturali riconosciuti, ma pure per l'analoga posizione di tutti i discendenti naturali riconosciuti; in questo senso, come alternativa e d'ufficio, si amplia il dubbio di legittimita' costituzionale. Questione di legittimita' costituzionale La difesa di Daniela Scapinelli ha insistito perche', in via principale, la condizione del consenso all'adozione dei figli naturali riconosciuti dell'adottante sia ritenuta dal tribunale; con interpretazione secundum costitutionem e senza sollevare questione di legittimita' costituzionale. Ad argomento, la medesima difesa ha citato, fra l'altro, due recenti sentenze della Corte costituzionale (18 aprile 1997, n. 99, e 13 maggio 1998, n. 166); nelle quali si e' affermata la sufficienza dell'interpretazione secundum costitutionem, in due specifici casi, al fine della pari tutela dei figli naturali rispetto a quelli legittimi. Ed e' vero che, in generale, "ove una norma di legge sia suscettibile di piu' interpretazioni, di cui una darebbe alla norma un significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio e' soltanto apparente e deve essere superato e risolto interpretando la norma in senso conforme alla Costituzione e alle leggi costituzionali". Cosi', letteralmente, ha pronunciato piu' volte la Corte di cassazione (sez. un., 13 aprile 1965, n. 666; sez. un., 10 marzo 1971, n. 674; 5 maggio 1995, n. 4906); e nel medesimo senso la Corte costituzionale, "in caso di possibili letture alternative della norma" (18 aprile 1997, n. 99, sopra citata, in motivazione). Con altre parole ancora e piu' brevemente, si puo' dire che, se tra piu' interpretazioni possibili della norma, ve n'e' una conforme ai principi costituzionali, questa deve essere adottata dal giudice ordinario, senza bisogno di sollevare questione di legittimita' costituzionale. Presupposto decisivo per l'interpretazione secundum costitutionen, dunque, e' che essa deve essere un'interpretazione possibile della norma; possibile applicando gli articoli 12, 13, 14 delle disposizioni sulla legge in generale alla norma in discussione. Quest'ultima limitazione e' importante e necessaria, altrimenti vi sarebbe pericolo di circoli viziosi; se l'interpretazione secundum costitutionem fosse resa possibile applicando direttamente le norme costituzionali alla norma in discussione, quasi mai la Corte costituzionale dovrebbe essere investita da questioni di legittimita'. Nel caso di specie, tre criteri potrebbero in ipotesi rendere possibile un'interpretazione del primo comma dell'art. 291 c.c. secundum costitutionem: quello dell'interpretazione estensiva, quello dell'interpretazione per analogia, quello dell'interpretazione sistematica. L'interpretazione estensiva opera quando il giudice ordinario si trova di fronte a un'espressione ambigua o imprecisa, che puo' essere intesa in un significato piu' largo e in un significato piu' stretto: e viene scelto il primo significato. Ma l'espressione usata nella norma non deve essere tanto specifica da non poter essere estesa senza arbitrio a casi diversi; deve indicare, piu' o meno latamente, un genus nel quale il caso diverso possa essere ricompreso come sua species. Nel primo comma dell'art. 291 c.c., e' usata l'espressione "discendenti legittimi o legittimati", il che gia' indica una species compresa nel genus "discendenti", applicare la norma ai discendenti naturali riconosciuti varrebbe non ad estendere la norma stessa. bensi' ad aggiungervi una species a un'altra. L'interpretazione per analogia opera quando manca nell'ordinamento una specifica norma regolante la concreta fattispecie (Cass., 29 aprile 1995, n. 4754); quando, insomma, nell'ordinamento vi sia una vera e propria lacuna. E una lacuna puo' esservi perche' nell'ordinamento manchi una norma certa o manchi una norma giusta; a colmare la prima deve provvedere il giudice ordinario, a colmare la seconda deve provvedere il legislatore o il giudice costituzionale. La lacuna come mancanza di una norma certa importa che in un ordinamento non vi sia ne' la norma che regoli la concreta fattispecie, ne' la norma incompatibile in rapporto alla concreta fattispecie. Ma la concreta fattispecie della presenza di una discendente naturale riconosciuta e maggiorenne dell'adottante al tempo dell'adozione, e' regolata dall'ordinamento con una norma incompatibile in rapporto alla necessita' del suo consenso quale condizione dell'adozione. Il giudice ordinario non si trova qui di fronte a una fattispecie che "non puo' essere decisa con una precisa disposizione", come richiederebbe l'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale; la precisa disposizione e' il primo comma dell'art. 291 c.c.. Quest'ultimo offre la norma per rigettare la domanda di dichiarare nulla l'adozione, pur in difetto del consenso della discendente naturale riconosciuta e maggiorenne dell'adottante: per la decisione manca semmai una norma giusta e non una norma certa. L'interpretazione sistematica opera, nella sua forma piu' consueta, quando una o piu' norme impediscono di dare a quella in discussione un significato che con esse sarebbe in contraddizione; si dice, cosi', che il significato non in contraddizione risponde a un principio immanente nell'ordinamento. Le due sentenze della Corte costituzionale citate dalla difesa di Daniela Scapinelli hanno letto "genitore", per l'appunto con interpretazione sistematica, laddove gli artt. 156, sesto comma, e 155, quarto comma, c.c., usavano l'espressione "coniuge". La norma che avrebbe reso contraddittorio un significato escludente il genitore naturale da quelle situazioni, e' stata rinvenuta nell'art. 261 c.c.: "il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi". Questa norma, pero', non puo' fondare nel caso di specie un'interpretazione sistematica che aggiunga al primo comma dell'art. 291 c.c. la condizione del consenso all'adozione dei discendenti naturali riconosciuti dell'adottante. I "doveri" del genitore naturale, cui si riferisce l'art. 291 c.c., sono quelli tipicamente previsti dagli artt. 147 e 148 c.c., estranei all'adozione; e d'altronde, il consenso all'adozione dei figli naturali riconosciuti dell'adottante non si porrebbe come corrispettivo di un "dovere" del genitore. Cio' perche' il prestare il consenso prescritto dal primo comma dell'art. 291 c.c., e' semplice presupposto o condicio iuris dell'adozione; in altre parole, la prestazione o la negazione si configurano come diritti potestativi dei discendenti, e come tale non corrispondono a "doveri" di sorta del genitore adottante, ma a semplici sue soggezioni. Tolta la possibilita' di fondare sull'art. 261 c.c. un'interpretazione sistematica nel caso di specie, non si rinvengono altre specifiche norme idonee a quella funzione; cioe' norme di legge ordinaria che escludano qualsiasi disparita' di trattamento tra discendenti legittimi e naturali, in generale o nell'adozione in particolare. Ovviamente, siffatte norme potrebbero rinvenirsi negli stessi artt. 3 e 30 della Costituzione, con i quali il primo comma dell'art. 261 c.c. sarebbe in contraddizione; e dunque a esso dovrebbe essere aggiunta, in via di interpretazione sistematica, la condizione del consenso dei discendenti naturali riconosciuti dell'adottante. Ma si cadrebbe nei circoli viziosi ai quali si e' sopra accennato: conseguenza sarebbe che quasi sempre si potrebbe non sollevare questione di legittimita' costituzionale e ottenere il risultato (magari additivo³) in via di interpretazione sistematica secundum costitutionem. Dispositivo Applicando l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87;