IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Sui ricorsi n. 527, n. 1715, n. 543 e n. 1997, tutti del 1993, proposti, i primi due, dalla societa' Rimini e Rimini S.p.a. in persona del legale rappresentante pro-tempore, e gli altri due, dal comune di Rimini in persona del sindato pro-tempore, rappresentati e difesi, rispettivamente, dall'avv. Francesco Paolucci (nonche' dall'avv. Rolando Roffi) e dall'avv. Giancarlo Mengoli, presso lo studio dei quali sono elettivamente domiciliati, in Bologna, nell'ordine, alla via Farini, 10 e via Carbonesi, 5; Contro la regione Emilia-Romagna, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Predieri e Maria Anna Alberti (ricorsi Rimini e Rimini), con elezione di domicilio, in Bologna, piazza S. Francesco, 2, e dell'avv. Claudio Cristoni (ricorsi comune di Rimini), con elezione di domicilio, in Bologna, via Garibaldi, 1 (ricorsi n. 527/1993 e 543/1993) delle delibere della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 6426 e 6425 del 23 dicembre 1992, rispettivamente, di sospensione di lavori in corso nel fabbricato della ex Colonia Murri in Rimini e di contestazione di violazioni urbanistiche relativamente alla concessione edilizia autorizzante detti lavori; E per l'annullamento altresi' (ricorsi n. 1715 e 1997 del 1993) della delibera della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 2491 dell'8 giugno 1993 di annullamento della concessione edilizia n. 668/1991 rilasciata dal sindaco del comune di Rimini in data 21 giugno 1991; nonche' per l'annullamento (tutti i quattro ricorsi citati) del piano paesaggistico regionale (adottato con delibera del c.r. n. 2620 del 29 giugno 1989 ed approvato con delibera c.r. n. 1338 del 28 gennaio 1993); Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti i motivi aggiunti di gravame; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti delle cause; Uditi alla pubblica udienza del 4 luglio 1996, gli avvocati Paolucci e Mengoli per i ricorrenti rispettivamente patrocinati, e gli avvocati Alberti Predieri e Cristoni per la regione Emilia-Romagna; relatore il dott. Domenico Lundini; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: Fatto e diritto Con delibera del c.c. n. 634 in data 10 aprile 1989, rettificata il 12 febbraio 1990, il comune di Rimini ha approvato, ex art. 1, legge n. 1/1978, il progetto dell'opera di interesse pubblico di recupero dell'edificio ex Colonia Murri presentato dalla Societa' Valdadige S.p.a. denominato Rimini e Rimini. Il 29 giugno 1989 e' stato peraltro adottato dalla regione Emilia-Romagna il Piano territoriale paesistico regionale che ha definito di interesse storico-testimoniale la Colonia Murri consentendo sulla stessa, fino all'intervento di ulteriori specifiche prescrizioni programmatiche regionali (e poi comunali), solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Con decreto del Ministro del turismo e dello spettacolo in data 4 agosto 1989 il progetto in questione e' stato approvato ex artt. 1 e 2 d.-l. n. 465/1988, convertito in legge n. 556/1988. Con delibera c.c. di Rimini in data 15 marzo 1990 e' stato approvato lo schema di convenzione con la societa' Rimini e Rimini per la realizzazione e gestione dell'opera, convenzione poi stipulata il 26 aprile 1991. Il 21 giugno 1991 il sindaco di Rimini ha rilasciato al comune di Rimini concessione edilizia per l'esecuzione dei lavori di "recupero e ristrutturazione dell'ex Colonia Murri - Variante al progetto approvato con delibera c.c. n. 634 del 10 aprile 1989". Con atto sindacale del 20 novembre 1991 la concessione suddetta e' stata intestata (anche) alla soc. Rimini e Rimini. Peraltro la regione Emilia-Romagna con delibere della g.r. del 23 dicembre 1992 e dell'8 giugno 1993 ha dapprima contestato l'illegittimita' della concessione 21 giugno 1991, quindi sospeso i relativi lavori ed infine annullato il menzionato atto di assenso edilizio. Contro tali determinazioni regionali si gravano dinanzi a questo t.a.r. la societa' Rimini e Rimini ed il comune di Rimini, i quali contestano anche il P.T.P.R. adottato, con delibera c.r. 29 giugno 1989, dalla regione Emilia-Romagna e lo stesso Piano (ricorsi comune di Rimini) dalla stessa successivamente approvato con deliebra c.r. del 28 gennaio 1993. Tale P.T.P.R. e' infatti impugnato sia perche' in qualche modo presupposto degli atti regionali cautelare e di annullamento (che assumono la violazione in sede di concessione edilizia delle misure di salvaguardia poste a presidio del Piano stesso), sia perche' autonomamente lesivo per i vincoli all'edificabilita' nella specie con esso posti. Peraltro, come da separata sentenza decisa da questo collegio sulla stessa complessa controversia che ne occupa nella odierna camera di consiglio, il ricorso n. 1715/1993 e gli altri ricorsi in epigrafe (questi ultimi solo limitatamente all'impugnativa, avente, come s'e' detto, anche rilievo autonomo, del Piano territoriale paesistico regionale), non possono essere decisi senza la previa soluzione della questione di costituzionalita' sotto specificata; con la detta sentenza il tribunale ha quindi sospeso, in parte qua, i giudizi introdotti con i ricorsi stessi ed ha disposto che con la presente ordinanza gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale. Tale questione di legittimita' costituzionalita' viene in rilievo in relazione ad una censura, mossa contro il P.T.P.R. sia dal comune di Rimini che dalla societa' Rimini e Rimini, ed esattamente a quella con la quale il Piano stesso viene contestato perche' pone vincoli e prescrizioni precettive ed immediatamente operative non solo per i comuni (ai fini della programmazione territoriale in sede di p.r.g.) ma anche per i cittadini e comunque per i privati (e pubblici) proprietari. Tale censura, avanzata come s'e' detto da entrambi i ricorrenti, si sostanzierebbe tra l'altro nella violazione della normativa urbanistica statale (legge n. 1150 del 1942) e del principio di autonomia dei comuni ai quali spetterebbe la centralita' del potere di pianificazione territoriale. Rileva peraltro il collegio che il Piano in esame, in base alla normativa regionale sulla quale si supporta, produce non solo gli effetti tipici di un piano di direttive, destinato a orientare l'azione dei soggetti pubblici investiti di competenze urbanistiche (secondo lo schema adottato per i piani territoriali di coordinamento dagli artt. 5 e 6 della legge urbanistica n. 1150 del 1942), ma anche quelli connaturati ad un piano di prescrizioni, immediatamente vincolante per i soggetti privati (in termini Corte costituzionale, n. 327 del 26 giugno/13 luglio 1990). Secondo l'art. 5, terzo comma, ed art. 6, secondo comma, infatti della l.r. n. 47 del 1978, come sostituiti, rispettivamente, dall'art. 2 e dall'art. 3 della l.r. n. 23 del 1980, le previsioni e le prescrizioni contenute nei "piani territoriali stralcio" (categoria - di cui all'art. 4 della l.r. suddetta - nella quale rienta il Piano in questione adottato dalla regione Emilia-Romagna), che comportano vincoli di carattere generale o particolare, espressi, come nella specie, attraverso una rappresentazione grafica atta ad individuare le aree interessate da tali vincoli, "sono rese immediatamente impositive nei confronti di chiunque e prevalgono sulle diverse destinazini d'uso negli strumenti urbanistici vigenti o adottati". Derivando quindi la contestata immediata efficacia prescrittiva dei vincoli di Piano dalla citata legge regionale, la censura all'esame andrebbe respinta con conseguente reiezione anche della stessa impugnativa del P.T.P.R. di cui trattasi. Senonche' il collegio ritiene di soprassedere da una pronuncia in tal senso, ravvisando non manifestamente infondato un dubbio di incostituzionalita' riguardante appunto l'art. 5, terzo comma, e 6, secondo comma, della l.r. Emilia-Romagna n. 47 del 7 dicembre 1978, nel testo introdotto dagli artt. 2 e 3 della l.r. n. 23 del 29 marzo 1980, nonche' l'art. 15 della l.r. n. 36 del 5 settembre 1988, che fa salvi i predetti effetti del Piano in esame, e l'art. 55 della l.r. citata n. 47/1978, nella parte in cui giustifica misure di salvaguardia a tutela delle menzionate disposizioni e vincoli immediatamente prescrittivi del Piano stesso. Per tali disposizioni invero appare ipotizzabile il contrasto con gli artt. 117 e 128 della Costituzione. Per il primo dei detti articoli il sospetti di vulnus puo' essere formulato sulla base dei seguenti rilievi: il piano territoriale paesistico regionale dell'Emilia-Romagna s'inquadra nella categoria dei Piani territoriali di coordinamento, sebbene specificamente orientati alla considerazione di valori paesistici ed ambientali, ai sensi dell'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431. Ed invero la l.r. n. 47/1978 negli artt. 4, 5 e 6 disciplina Piani territoriali regionali che debbono farsi rientrare appunto nel genus dei Piani territoriali di coordinamento. Ma la funzione lesiglativa regionale, nelle materie (tra le quali quella "urbanistica", nel cui ambito rientra la disciplina dei Piani territoriali regionali) di cui all'art. 117 della Costituzione, deve svolgersi nel rispetto e nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono dalle leggi vigenti. E nella perdurante vigenza della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica statale), tra l'altro espressamente sancita dall'art. 21 della legge 28 ottobre 1977, n. 10, ritiene il collegio che le relative norme, per quanto qui interessa, di cui agli artt. 5 e 6, in tema di Piani territoriali di coordinamento, costituiscano, nella specifica materia, principi fondamentali nel cui rispetto debba svolgersi l'emenazione di norme, da parte delle regioni, disciplinanti i Piani territoriali regionali. Peraltro, secondo le menzionate disposizioni della legge urbanistica del 1942, il piano territoriale di coordinamento e' un piano di "direttive", ovvero uno strumento d'indirizzo e controllo con effetti nei confronti dei comuni interessati, che sono tenuti ad uniformare ad esso i rispettivi Piani regolatori generali, e quindi, con questi, a tradurre criteri di mero indirizzo ed orientamento generale in prescrizioni direttamente incidenti sulle situazioni giuridiche facenti capo agli amministratori. Sembra quindi da escludersi, secondo i principi della legge dello Stato, l'effetto operativo e normativo diretto dei detti piani territoriali di coordinamento nei confronti dei privati (e comunque degli amministratori, anche se Enti pubblici) e delle loro proprieta', postulando a tal fine i piani tessi, come s'e' detto, l'intermediazione dei Piani regolatori generali. Viceversa la l.r. Emilia-Romagna n. 47/1978, disciplina, negli articoli indicati, piani (anche) di prescrizioni e quindi immediatamente incidenti sulle posizioni soggettive degli amministrati con vincoli subito e direttamente operativi. Tali prescrizioni vincolistiche, secondo la denunciata normativa regionale, prevalgono infatti sulle diverse destinazioni d'uso contenute negli strumenti urbanistici vigenti o adottati. Pare quindi al collegio che possa ipotizzarsi, alla stregua di quanto sopra riferito, una violazione, non solo dell'art. 117, ma anche dell'art. 128 della Costituzione, atteso, con riferimento a quest'ultimo, che la sottrazione ai comuni di una posizione di "centralita'" in sede di pianificazione territoriale concretizza un vulnus al principio dell'autonomia dei comuni stessi nell'ambito dei principi fissati dalle leggi statali (nella specie, appunto artt. 5 e 6 l.u. del 1942). Non ignora peraltro il collegio che l'art. 1-bis della legge n. 431/1985 ha posto sullo stesso piano, quanto a funzione ed effetti, piani paesistici e piani urbanistici territoriali (ed i primi hanno sicuramente effetti diretti nei confronti degli amministrati) e che la Corte costituzionale, con sentenze nn. 327/1990 e 379/1994 ha, rispettivamente, riconosciuto legittimo il P.T.P.R. dell'Emilia-Romagna e riconosciuta la legittimita' di misure di salvaguardia poste da legge regionale a presidio di vincoli rivenienti da Piano regionale. Ma il principio di equivalenza dei piani paesistici ed urbanistici territoriali vale, secondo il menzionato art. 1-bis, non per tutto il territorio regionale ma per i soli beni ed aree elencati nel quinto comma dell'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dall'art. 1 della legge n. 431/1985, e, per cio' che concerne le menzionate sentenze della Corte costituzionale, ne' la prima, ne' la seconda pronuncia hanno esaminato il profilo, posto in questa sede, della possibile lesione degli artt. 117 e 128 della Costituzione, da parte della normativa regionale, sulla base di parametri normativi statali individuabili per i piani di coordinamento negli artt. 5 e 6 della legge n. 1150 del 1942. D'altro canto dottrina e giurisprudenza ritengano pacificamente che il Piano territoriale di coordinamento sia un piano di direttive e di indirizzi e la legge n. 142/1990 sembra averlo riconfermato (cfr. artt. 3 e 15). Quanto agli artt. 15 della l.r. n. 36/1988 e 55 della l.r. n. 47/1978 l'illegittimita' costituzionale e' per essi ipotizzabile in via conseguenziale, sempre in relazione alle dette norme costituzionali, perche' si consentono (con la prima disposizione) e si sviluppano e si concretizzano (con la seconda) gli effetti di cui alla citata normativa ex artt. 5 e 6 della l.r. n. 47/1978 come modificata dalla l.r. n. 23/1980 contrastanti, come sopra ipotizzato, per i Piani territoriali regionali, con le dette norme costituzionali. Il dubbio di costituzionalita' delle norme regionali anzidette non appare dunque manifestamente infondato e la relativa questione e' certamente rilevante, dipendendo dalla definizione di essa la decisione del ricorso n. 1715/1993 nonche', limitatamente alla impugnativa del Piano territoriale paesistico regionale dell'Emilia-Romagna adottato il 29 giugno 1989, quella degli altri ricorsi specificati in epigrafe proposti dalla Rimini e Rimini e dal comune di Rimini. Il collegio, previa sospensione, nei limiti indicati, dei giudizi in corso (introdotti coi ricorsi in epigrafe proposti dalla societa' Rimini e Rimini e dal comune di Rimini), ritiene di dover rimettere alla Corte costituzionale ogni valutazione in ordine ai rilevati profili d'illegittimita' costitizionale.