ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della regione
 Puglia riapprovata il 17 giugno 1997, recante "Applicazione dell'art.
 26  della  legge  23 dicembre 1994, n. 724", promosso con ricorso del
 Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 4  luglio  1997,
 depositato  in  cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 46 del
 registro ricorsi 1997.
   Visto l'atto di costituzione della regione Puglia;
   Udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1998 il giudice  relatore
 Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi  l'Avvocato  dello  Stato  Carlo Salimei per il ricorrente, e
 l'avvocato Giuseppe Abbamonte per la regione Puglia.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato il Presidente
 del Consiglio dei Ministri ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  1 della delibera legislativa della regione
 Puglia  riapprovata  il    17  giugno  1997,  recante   "Applicazione
 dell'art.      26  della  legge  23  dicembre  1994,  n.  724".  Tale
 disposizione, che ha esteso agli  assegni  vitalizi  dei  consiglieri
 regionali  il  regime  fiscale  dettato,  relativamente ai membri del
 Parlamento, dall'art.   5-bis  del  d.-l.  28  giugno  1995,  n.  250
 (Differimento  di  taluni  termini  ed  altre disposizioni in materia
 tributaria), introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1995,  n.
 349,   si   porrebbe   "in  aperto  e  insanabile  contrasto  con  la
 ripartizione di competenze fissata dalla Costituzione".
   Il  ricorrente  precisa  che  la  legge  23  dicembre 1994, n. 724,
 all'art.    26,  aveva  soppresso  i   regimi   fiscali   particolari
 riguardanti  le  indennita'  e  gli  assegni  vitalizi  spettanti  ai
 parlamentari nazionali e  ai  consiglieri  regionali,  circoscrivendo
 tale soppressione, quanto agli assegni vitalizi, alla quota parte non
 derivante  da fonti riferibili a trattenute effettuate dal percettore
 e  gia'  assoggettate  a  ritenute  fiscali.    Con  la  disposizione
 introdotta  in  sede  di  conversione del d.-l. n.   250 del 1995, il
 legislatore ha stabilito che la quota rispetto  alla  quale  viene  a
 cessare  il  trattamento  tributario  di favore e' determinata, per i
 membri del Parlamento nazionale, in misura corrispondente al rapporto
 fra l'ammontare complessivo delle trattenute effettuate, assoggettate
 a ritenute fiscali, e la  spesa  complessiva  per  assegni  vitalizi,
 rapporto che si considera in ogni caso non superiore ai due quinti.
   La  disposizione  censurata,  estendendo  tale ultima disciplina ai
 consiglieri regionali, non si configurerebbe, a differenza di  quanto
 emerge dal suo titolo, come norma di "applicazione dell'art. 26 della
 legge  n.  724  del  1994" (disposizione quest'ultima gia' completa e
 immediatamente  operativa  anche  nei   confronti   dei   consiglieri
 regionali), ma come norma volta ad estendere ai consiglieri regionali
 i   criteri   dettati   dal   legislatore  statale  relativamente  ai
 parlamentari:  si  tratterebbe,  pertanto,  di  una  norma   fiscale,
 adottata  al  di  fuori  di  qualsiasi  autorizzazione  da  parte del
 legislatore nazionale, e come tale  estranea  alle  competenze  della
 regione a statuto ordinario.
   2.  -  Nel  giudizio  di  fronte  alla  Corte  costituzionale si e'
 costituita la regione Puglia,  sostenendo  che  la  legge  censurata,
 lungi  dal  costituire  esercizio  di  una  competenza legislativa in
 materia riservata allo Stato, si limita a recepire una norma di  mera
 esecuzione  (qual e' l'art. 5-bis del d.-l. n. 250 del 1995) in nulla
 innovando rispetto al contenuto normativo dell'art. 26 della legge n.
 724 del 1994, dovendosi escludere pertanto qualsiasi invasione  della
 competenza  statale. Inoltre, la norma regionale avrebbe un contenuto
 meramente interpretativo, in  quanto  -  considerato  che  il  regime
 fiscale  e' identico per i parlamentari e per i consiglieri regionali
 - gia'  in  sede  di  interpretazione  l'art.  5-bis  avrebbe  dovuto
 applicarsi   anche   ai   consiglieri   regionali,   trattandosi   di
 disposizione volta a colmare una lacuna presente nell'art. 26.
   In una memoria depositata in prossimita'  dell'udienza,  la  difesa
 della   regione   ha   richiamato   alcune   decisioni   della  Corte
 costituzionale, dalle quali si desumerebbe la  possibilita',  per  le
 regioni a statuto ordinario, di legiferare in materia tributaria, nei
 limiti posti dalle leggi dello Stato. Nella specie, la regione Puglia
 si  sarebbe  per  l'appunto limitata a riprodurre testualmente, per i
 consiglieri regionali, una disposizione statale contenente le  regole
 applicative  -  relative ai membri del Parlamento - di una norma piu'
 generale, riguardante anche i consiglieri regionali. In  mancanza  di
 tale   assimilazione,   del   resto,  ad  avviso  della  regione,  si
 determinerebbe  una  violazione  del  principio   costituzionale   di
 uguaglianza.
                         Considerato in diritto
   1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della delibera legislativa
 (consistente in un articolo unico), riapprovata il 17 giugno 1997 dal
 Consiglio  regionale  della  Puglia  in  sede di riesame a seguito di
 rinvio  governativo  e comunicata in data 20 giugno 1997, concernente
 la "Applicazione dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1994, n. 724".
   Ad  avviso  del  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri,   la
 disposizione  sottoposta al controllo di costituzionalita' si pone in
 contrasto con la ripartizione delle competenze tra  Stato  e  regioni
 stabilita  dalla Costituzione. Con  l'estendere agli assegni vitalizi
 dei consiglieri regionali il regime fiscale dettato, relativamente ai
 membri del Parlamento, dall'art. 5-bis del d.-l. 28 giugno  1995,  n.
 250,  introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1995, n. 349, la
 Regione  Puglia  pretenderebbe  di  esercitare  la  propria  potesta'
 legislativa  in  materia  tributaria,  una  materia estranea alla sua
 competenza.
   2. - La questione e' fondata.
   3. - Stabilendo che "l'art. 26, comma 1, lettera b) della legge  23
 dicembre   1994,   n.   724   si  applica  ai  consiglieri  regionali
 esplicitamente  indicati  in  detto  articolo,  nel  rispetto   delle
 modalita'  fissate  per  i  membri del Parlamento nazionale dall'art.
 5-bis del d.-l. 28 giugno 1995, n. 250, coordinato con  la  legge  di
 conversione  8  agosto  1995,  n.  349"  (tale  e'  il  tenore  della
 disposizione censurata), il legislatore regionale ha, nella sostanza,
 inteso  estendere  ai  consiglieri  regionali  una  norma  tributaria
 prevista  dalla legge dello Stato a favore dei membri del Parlamento,
 in relazione agli assegni vitalizi spettanti a questi ultimi.
   Con tale disposizione, il legislatore regionale si e'  inserito  in
 una  vicenda  normativa  riguardante  il trattamento tributario degli
 assegni vitalizi spettanti  ai  membri  del  Parlamento  e  ad  altre
 categorie  di soggetti a essi equiparati. Questa vicenda trae origine
 dal d.-l.  2 marzo 1989, n. 6, il cui art. 2, comma 6-bis  introdotto
 dalla legge di conversione 27 aprile 1989, n. 154 - attraverso rinvii
 agli  artt.    24,  secondo  comma, e 29, quarto comma, del d.P.R. 29
 settembre 1973, n.  600,  quanto  alla  determinazione  dei  soggetti
 titolari  di vitalizi, e all'art. 47, comma 1, lettera h), del d.P.R.
 22 dicembre 1986, n. 917, quanto alla  determinazione  del  prelievo,
 commisurato a quello riguardante le rendite vitalizie - prevedeva, ai
 fini  dell'imposta  sul reddito delle persone fisiche, un trattamento
 tributario privilegiato degli assegni vitalizi, a favore  di  diversi
 soggetti,  consistente nell'abbattimento della base imponibile al 60%
 del reddito percepito.  In tale disciplina  speciale,  i  consiglieri
 regionali e i membri del Parlamento si trovavano accomunati.
   A seguito della dichiarazione d'illegittimita' costituzionale della
 norma anzidetta (sentenza n. 289 del 1994), il legislatore nazionale,
 con  l'art. 26, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1994, n.
 724,  ha  provveduto  a  sopprimere  i  regimi  fiscali   particolari
 concernenti  gli  assegni  vitalizi  spettanti,  tra  l'altro, sia ai
 membri del Parlamento nazionale che ai membri dei Consigli regionali,
 per la quota parte non derivante da  fonti  riferibili  a  trattenute
 effettuate  al percettore e gia' assoggettate a ritenute fiscali (per
 le quali si sarebbe in effetti posto, in  caso  di  soppressione,  un
 problema di doppia imposizione).
   Senonche', il parallelismo di disciplina del trattamento tributario
 degli  assegni  vitalizi  dei membri del Parlamento e dei consiglieri
 regionali e' venuto meno con l'art. 5-bis del d.-l. 28  giugno  1995,
 n. 250, il quale, ai fini dell'applicazione del sopra menzionato art.
 26,  comma  1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha stabilito che
 la quota parte di cui alla lettera b)  e' calcolata, ma  per  i  soli
 membri  del Parlamento nazionale, secondo una determinata proporzione
 (il rapporto tra l'ammontare complessivo delle trattenute effettuate,
 assoggettate a ritenute fiscali, e la spesa complessiva  per  assegni
 vitalizi,  col limite fisso per cui tale rapporto era da considerarsi
 in ogni caso non superiore ai due  quinti).  In  conseguenza,  si  e'
 venuto  cosi'  a  determinare  un diverso trattamento, la quota parte
 soggetta a imposizione degli assegni vitalizi corrisposti  ai  membri
 del  Parlamento  essendo  calcolata  secondo  criteri  legali (e piu'
 favorevoli), la quota parte degli  assegni  vitalizi  corrisposti  ai
 membri  dei  Consigli  regionali  essendo  invece  calcolata  secondo
 criteri reali (meno favorevoli).
   Con la delibera legislativa  impugnata,  il  legislatore  regionale
 della  Puglia, nella sostanza, ha inteso "riagganciare" la disciplina
 tributaria degli assegni vitalizi  dei  suoi  consiglieri,  anche  in
 relazione  al  computo  della  base imponibile, a quella prevista dal
 legislatore statale per i membri del Parlamento, "sganciata" nel 1995
 con l'anzidetto art. 5-bis del d.-l. n. 250.
   4. - Deve innanzitutto chiarirsi che la  prospettata  questione  di
 costituzionalita'  concerne  esclusivamente un problema di competenza
 legislativa   regionale.   Non   riguardando   il   contenuto   delle
 determinazioni  legislative  regionali,  del  tutto ininfluenti sulla
 decisione di essa  sono  le  considerazioni  in  merito  alle  scelte
 legislative   nazionali   o  regionali  circa  l'equiparazione  o  la
 differenziazione del trattamento tributario  degli  assegni  vitalizi
 dei consiglieri regionali e dei membri del Parlamento (questione che,
 successivamente  alla  delibera  legislativa  regionale impugnata, e'
 stata ripresa in considerazione dal legislatore  in  sede  nazionale,
 con l'art. 4 del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, che ha
 nuovamente  operato l'equiparazione).  E ugualmente ininfluente sulla
 sorte della norma regionale sottoposta a  giudizio  e'  il  carattere
 meramente   interpretativo   che  a  essa  si  potesse  eventualmente
 riconoscere, rispetto alla disciplina statale.   Anche  ad  ammettere
 tale  eventualita',  resterebbe  comunque del tutto impregiudicata la
 questione circa la  competenza  ad  adottare  norme  (interpretative)
 nella materia in argomento.
   5.  -  Cosi'  precisata  la  questione  nei suoi termini effettivi,
 bastano a riconoscere l'incostituzionalita' della norma approvata dal
 Consiglio  regionale  della  regione  Puglia  le  due  considerazioni
 seguenti.
   In  primo luogo, l'indubbia attinenza alla materia tributaria - con
 riferimento per di piu' a un  tributo  erariale  -  della  disciplina
 della base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche,
 quale e' quella contenuta nella disposizione impugnata.
   In  secondo  luogo,  l'estraneita' di tale materia all'ambito delle
 competenze proprie  delle  regioni  ad  autonomia  ordinaria.  Questa
 Corte, gia' con la sentenza n. 271 del 1986, successivamente numerose
 volte ribadita (v. da ultimo sentenza n. 295 del 1993), conformemente
 al  principio  di  unita'  del sistema tributario, ha chiarito che la
 potesta' normativa tributaria delle regioni  ad  autonomia  ordinaria
 non e' strumentale rispetto alle competenze di cui all'art. 117 della
 Costituzione,  cosi'  da  poter  trarre  fondamento  dalla previsione
 costituzionale  di  queste.  Tale podesta' opera invece, alla stregua
 dell'art. 119, primo comma, della Costituzione, al di fuori di  esse,
 con  proprio  oggetto ed entro i diversi e particolari confini che le
 leggi della Repubblica, in conformita'  ai  principi  costituzionali,
 sono  legittimate a previamente fissare, configurandosi pertanto come
 una potesta' non di tipo concorrente, ma soltanto come  una  potesta'
 attuativa,  analoga  a  quella  di cui all'ultimo comma dell'art. 117
 della Costituzione.  Nella specie, difettando qualsiasi  attribuzione
 di competenza legislativa regionale da parte della legge dello Stato,
 la  base  costituzionale giustificativa della disposizione sottoposta
 al controllo di costituzionalita' viene a mancare.