ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 6, comma 1,
 della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di
 Venezia), come modificato dall'art. 1-bis del d.-l. 29 marzo 1995, n.
 96 (Interventi urgenti per il risanamento e l'adeguamento dei sistemi
 di smaltimento delle acque usate e degli  impianti  igienico-sanitari
 nei  centri  storici  e  nelle  isole  dei  comuni  di  Venezia  e di
 Chioggia), convertito in legge 31 maggio 1995, n. 206,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  12  dicembre 1996 dal Tribunale amministrativo
 regionale del Veneto sul  ricorso  proposto  dal  comune  di  Venezia
 contro  la  Commissione  per  la  salvaguardia  di  Venezia ed altre,
 iscritta al n. 464 del registro ordinanze  1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  30, prima serie speciale,
 dell'anno 1997;
   Visto l'atto di costituzione del comune di Venezia, nonche'  l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 5 maggio 1998 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi l'avvocato Alberto  Predieri  per  il  comune  di  Venezia  e
 l'Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per il  Presidente del Consiglio
 dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso del giudizio di impugnazione, proposto dal comune di
 Venezia  innanzi  al  Tribunale  amministrativo  regionale del Veneto
 avverso il parere favorevole condizionato reso dalla Commissione  per
 la  salvaguardia di Venezia sul progetto del comune avente ad oggetto
 la realizzazione di un centro sportivo in localita'  Mazzorbetto,  il
 medesimo   Tribunale   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge 16 aprile  1973,  n.
 171  (Interventi  per  la  salvaguardia  di Venezia), come sostituito
 dall'art.1-bis del d.-l.  29  marzo  1995,  n.  96,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 31 maggio 1995, n. 206.
   Il  giudice  rimettente  premette  che  la  tutela  del  patrimonio
 storico-ambientale di Venezia e della sua laguna ha assunto crescente
 consistenza nell'ordinamento quale "problema di preminente  interesse
 sovranazionale",  tanto  da  giustificare  un  corpus  di  norme  con
 peculiari profili rispetto alla legislazione statale.  La  disciplina
 urbanistico-edilizia   e'   conformata   al   perseguimento  di  tale
 preminente obiettivo, espressione del valore fondamentale di  cui  si
 fa   garante   la   Repubblica,   nella  sua  duplice  proiezione  di
 Stato-comunita' e di apparato amministrativo pluralistico.
   Sottolinea il giudice a quo che la legge n. 171 del 1973 disciplina
 con caratteri di specialita' un complesso ed articolato sistema,  con
 il  concorso  di  organi statali centrali e periferici oltre a quelli
 regionali  e  locali,  che  va  dalla   programmazione   dell'assetto
 urbanistico  complessivo  entro "l'impostazione generale delle misure
 per la valorizzazione dell'ambito naturale  e  storico  artistico  di
 Venezia  e  di  Chioggia,  con  particolare  riguardo  all'equilibrio
 idrogeologico ed all'unita' fisica ed ecologica della  laguna",  fino
 alla  previsione  di cui all'art.  6, sulla composizione e competenza
 della Commissione per la salvaguardia  di  Venezia,  che  in  origine
 esprimeva   parere  obbligatorio     "sui  progetti  degli  strumenti
 urbanistici generali dei comuni del comprensorio e del Consorzio  per
 il  porto  e  la  zona  industriale  di Venezia-Marghera, che vengano
 redatti  o  modificati  ai  fini  del  loro  adeguamento   al   piano
 comprensoriale".
   Inoltre  la disciplina transitoria, fino all'approvazione del piano
 comprensoriale, recava la prescrizione del  parere  vincolante  della
 Commissione su tutte le opere, anche insistenti su terreni demaniali;
 eccettuati  (ai  sensi  dell'art.  13,  primo  comma,  della legge 29
 novembre 1984, n. 798, poi abrogato per  effetto  dell'art.  4  della
 legge  n.    360 del 1991) gli interventi eseguiti dai comuni o dalle
 aziende loro concessionarie; mentre nel testo originario dell'art. 6,
 detto  parere  sostituiva  "tutte  le  autorizzazioni  ed  i   pareri
 richiesti  in  materia  dalle  vigenti  disposizioni  di legge, salvo
 quanto previsto per il rilascio della (allora) licenza edilizia".
   Alla disciplina transitoria - sempre come sottolineato dal  giudice
 a  quo  - ha fatto seguito quella "a regime", articolatasi, dapprima,
 nell'art. 14 della legge 29 novembre  1984,  n.  798,  quindi  quella
 definitiva,  contenuta  nell'art.  6  della  legge n. 171 del 1973 in
 forza delle modifiche ad esso apportate dall'art. 4  della  legge  n.
 360  del  1991 e dall'art. 1-bis del d.-l. n. 96 del 1995, convertito
 in legge n. 206 del 1995.
   Il tribunale rimettente dubita  della  legittimita'  costituzionale
 dell'attuale  disciplina  laddove  prevede che la Commissione esprime
 "parere vincolante su tutti gli interventi  di  trasformazione  e  di
 modifica  del  territorio  per  la  realizzazione  di opere private e
 pubbliche, da eseguirsi nella vigente conterminazione  lagunare,  nel
 territorio  dei  centri  di  Chioggia  e di Sottomarina e nelle isole
 Pellestrina, Lido e Sant'Erasmo".
   L'analisi della evoluzione della disposizione  contenuta  nell'art.
 6 della legge n. 171 del 1973 renderebbe evidente - sempre secondo il
 giudice  a  quo - "la valenza del tutto condizionante ora assunta dal
 parere della Commissione per la salvaguardia di  Venezia  nell'ambito
 dell'intera   attivita'  urbanistico-edilizia  da  esercitarsi  nella
 vigente conterminazione lagunare", tale da comportare la  concorrente
 violazione  degli  artt.  3,  5,  97,  118,  primo comma, e 128 della
 Costituzione.
   Nella prospettazione seguita dal  giudice  rimettente  risulterebbe
 incomprensibile  la  ratio  della norma che subordina al detto parere
 anche  tutte  le  attivita'  urbanistico-edilizie  che  nel  restante
 ordinamento  non soggiacciono ad alcun provvedimento autorizzatorio o
 concessorio; si' da produrre, oltre la disparita' di trattamento  nei
 confronti  di  altre  amministrazioni  locali,  la compressione degli
 spazi di autonomia riservati al comune da "leggi generali" (cfr. art.
 128 della Costituzione) o che, direttamente ai sensi  dell'art.  118,
 primo    comma,    della    Costituzione,    attribuiscono   funzioni
 amministrative d'interesse locale.
   Il  referente  normativo  di   immediato   riscontro   in   materia
 urbanistico-edilizia  paleserebbe  la  consistenza  di  una  sfera di
 attribuzioni riservata alle amministrazioni comunali per effetto  sia
 di  "leggi  generali"  (cfr. art. 9 della legge 8 giugno 1990, n.142)
 che "di settore" (art.   2 del d.P.R. 24 luglio  1977,  n.  616,  con
 riferimento  alla  legge  17  agosto 1942, n. 1150 fino alla legge 28
 febbraio 1985, n. 47); oggetto di espresso  riconoscimento  da  parte
 della  Corte  costituzionale  (sentenze  n.  157 del 1990 e n. 61 del
 1994).
   Non senza porre  in  dubbio  la  conformita'  ai  principi  cui  e'
 informata l'organizzazione e la stessa attivita' dell'amministrazione
 allorquando,  come nel caso di specie, un organo collegiale, composto
 da un ampio numero di esperti, e' chiamato  ad  esprimere  pareri  su
 qualsivoglia tipo di interventi, a prescindere dal loro rilievo sugli
 interessi  tutelati,  sviando  di fatto la sua peculiare competenza e
 snaturandone la  funzione;  mentre  la  pluralita'  dei  procedimenti
 amministrativi  contraddirebbe  il  principio della semplificazione e
 celerita' dell'azione  dell'amministrazione,  che  trova  espressione
 nella conferenza di servizi di cui all'art. 14 della legge n. 241 del
 1990.
   Esemplificativamente  il  giudice  a  quo richiama il contenuto del
 provvedimento impugnato: il parere vincolante reso dalla  Commissione
 sarebbe  omologabile  a quello della "commissione edilizia comunale",
 con  la  peculiarita'  di  possedere   efficacia   preclusiva   sulla
 competenza del Sindaco.
   Pertanto,  oltre alla questione di costituzionalita', si prospetta,
 in linea con la disciplina urbanistica regionale (cfr. art. 79  della
 legge  regionale  27  giugno 1985, n. 61), la restrizione della norma
 censurata nel senso che il parere della  Commissione  sia  prescritto
 anziche'  per  "tutti  gli  interventi  "  per  "i soli interventi di
 trasformazione  e     modifica...  che  richiedono   pareri,   visti,
 autorizzazioni,  nulla-osta, intese o assensi, comunque denominati ed
 obbligatori ai sensi delle vigenti disposizioni statali e regionali",
 si' da circoscrivere la competenza devoluta alla Commissione.
   2. - Si e' costituito  il  comune  di  Venezia  insistendo  per  la
 declaratoria    di    incostituzionalita'    dell'impugnata    norma,
 riservandosi ogni ulteriore deduzione.
   3.  -  Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata inammissibile o,
 comunque, infondata.
   La difesa statale rileva la non pertinenza della prospettazione del
 giudice rimettente quanto alla rilevanza della questione nel giudizio
 di merito: le censure riguardano  i  profili  presi  in  esame  dalla
 Commissione, concernenti i modi di esercizio della funzione che, come
 tali,   esorbitano  dallo  scrutinio  di  costituzionalita',  essendo
 piuttosto afferenti alla cognizione del giudice amministrativo.
   Il rilievo sovranazionale della  tutela  della  laguna  di  Venezia
 (convenzione di Parigi del 23 novembre 1972, ratificata in Italia con
 la  legge  n.  184  del 1977) giustifica la costituzione di un organo
 straordinario, nel  cui  seno  sono  rappresentati,  oltre  gli  enti
 locali,  gli specifici interessi di cui sono portatori gli esperti in
 materie tecniche scientifiche, tali da garantire la salvaguardia  del
 sistema culturale, ambientale e naturalistico costituito da  Venezia.
   D'altra parte, secondo l'Avvocatura, la Commissione non puo' essere
 assimilata  alla conferenza di servizi di cui all'art. 14 della legge
 n. 241 del 1990, poiche', in tal modo, oltre  a  contraddire  la  sua
 stessa  natura  di  organo  collegiale,  si  svilirebbe  la specifica
 funzione,  come  comprovato  dalla  diversa  consistenza   dei   suoi
 componenti,  in  ragione della preminenza degli interessi di cui essi
 sono portatori.
   Del resto, lo stesso assunto da cui muove il giudice rimettente  si
 fonderebbe  sulla  comparabilita'  dei sistemi di tutela, senza tener
 conto della  specificita'  della  tutela  lagunare  di  Venezia,  che
 richiede  la  valutazione  di  compatibilita' di tutti gli interventi
 sotto i  piu'  diversi  profili  degli  interessi  storico-artistici,
 paesaggistici,  di  equilibrio idraulico e di preservazione da rischi
 di inquinamento.
   4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  il  comune  di  Venezia   ha
 depositato memoria con la quale ribadisce le argomentazioni formulate
 dal collegio rimettente.
   In  particolare,  lo scrutinio dell'iter normativo che ha dato vita
 alla disposizione censurata  evidenzierebbe  la  progressiva  valenza
 decisoria   acquisita  dal  parere  reso  dalla  Commissione  per  la
 salvaguardia di Venezia.
   Il carattere obbligatorio e vincolante del parere lo assimilerebbe,
 piu'  che   ad   una   manifestazione   di   giudizio   riconducibile
 all'attivita'  consultiva,  ad una determinazione volitiva pertinente
 all'amministrazione attiva, in un ambito di competenze ordinariamente
 riconosciuto   dalla   legislazione   statale   e   regionale    alle
 amministrazioni comunali.
   La  composizione della Commissione, nonche' il quorum costitutivo e
 deliberativo,  farebbero  si'  che  vengano  adottati  provvedimenti,
 incidenti  sul  territorio  del  comune  di  Venezia, senza che alcun
 organo municipale, o un suo rappresentante, partecipi al procedimento
 o alle sedute della Commissione; e che, viceversa,  nessun  progetto,
 conforme  agli strumenti urbanistici vigenti, possa essere assentito,
 anche se il comune ed il Sindaco fossero  favorevoli.
   Sempre a giudizio del comune di Venezia,  la  delegittimazione  del
 comune  a  favore  della Commissione di salvaguardia comporterebbe la
 violazione di "un'area di autonomia garantita dagli  artt.  5  e  128
 della   Costituzione",   espressamente   riconosciuta   dalla   Corte
 costituzionale   con  la  sentenza  n.  61  del  1994,  oltre  ad  un
 declassamento del potere spettante al Sindaco, censurato dalla stessa
 Corte con la sentenza n. 157 del 1990.
   Inoltre, tale "delegittimazione" non  si  giustificherebbe  con  il
 richiamo  di meccanismi decisionali acceleratori, quali le conferenze
 di servizio od altre forme di coordinamento infrastrutturale, di  cui
 all'art.  14  della  legge  n. 241 del 1990, come integrato da ultimo
 dalla legge n.127 del 1997: l'atto finale,  al  contrario  di  quello
 adottato  dalla  Commissione,  deve  ordinariamente  essere  adottato
 all'unanimita', o, al piu', in caso di dissenso,  devoluto  ad  altro
 organo  posto  al  vertice  del  livello  politico-amministrativo; si
 esclude in radice la decisione a maggioranza, senza la partecipazione
 dei soggetti ai quali  la  legge  generale  attribuisce  funzioni  di
 disciplina del proprio territorio.
   Da  ultimo,  ad  avviso  del  comune  di  Venezia,  le  censure  di
 costituzionalita' con riferimento all'art. 3  della  Costituzione  si
 manifesterebbero  in  tutta  evidenza  se  scrutinate  alla  luce dei
 principi  di  "ragionevolezza  e   giustificatezza",   nell'accezione
 specifica  di  proporzionalita'  della  norma  impugnata  che  incide
 negativamente su interessi che hanno presidio  costituzionale,  quale
 la  sfera  di  autonomia  degli enti locali in materia urbanistica ed
 edilizia, riconosciuta sia da leggi generali (art. 9  della  legge  8
 giugno  1990,  n.  142) che di settore (artt.  4 e ss. della legge 28
 febbraio 1985, n. 47).
                         Considerato in diritto
   1. - La questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale del Veneto ha per oggetto l'art.
 6, comma 1, della legge 16  aprile  1973,  n.  171,  come  sostituito
 dall'art.    1-bis  del  d.-l.  29 marzo 1995, n. 96, convertito, con
 modificazioni, in legge 31 maggio 1995, n. 206, nella  parte  in  cui
 dispone  che  la  Commissione  per la salvaguardia di Venezia esprime
 parere vincolante "su tutti gli interventi  di  trasformazione  e  di
 modifica del territorio per la realizzazione di opere sia private che
 pubbliche",  anziche'  "sui  soli  interventi  di trasformazione e di
 modifica del territorio per la realizzazione di opere sia private che
 pubbliche che richiedono pareri,  visti,  autorizzazioni  o  assensi,
 comunque denominati e obbligatori ai sensi delle vigenti disposizioni
 statali  e regionali". La disposizione censurata - secondo il giudice
 a quo violerebbe gli artt. 3,  5,  118,  primo  comma,  e  128  della
 Costituzione.
   Inoltre, sarebbe violato l'art. 97 della Costituzione, in quanto la
 richiesta  di  pareri  della  Commissione per tutti gli interventi in
 ambito  lagunare  appesantirebbe   il   procedimento   amministrativo
 vulnerando  i  principi  di  buon  andamento  e  di semplificazione e
 celerita' dell'azione amministrativa.
   2. - Preliminarmente deve escludersi il difetto di rilevanza,  come
 eccepito  dalla  difesa  statale,  in  quanto  l'ordinanza  offre una
 motivazione sufficiente circa i presupposti della questione sollevata
 ed i riflessi della soluzione del problema di  costituzionalita'  sul
 giudizio  in  corso,  mentre  gli eventuali e diversi profili di vizi
 propri  dell'attivita'  della  Commissione  per  la  salvaguardia  di
 Venezia  si  risolverebbero,  in  ipotesi,  nei differenti rilievi di
 cattiva applicazione delle norme  denunciate,  estranei  al  presente
 giudizio di legittimita' costituzionale.
   3. - Nel merito, la questione e' priva di fondamento.
   La  salvaguardia  di  Venezia  e  della  sua  laguna  e' dichiarata
 "problema di  preminente  interesse  nazionale"  dall'art.  1,  primo
 comma,  della  legge  n.  171 del 1973. Allo scopo di realizzare tale
 esigenza di tutela, e' stato prescritto un  particolare  procedimento
 collegiale  di  salvaguardia  (provvisorio  e  temporaneo  in  attesa
 dell'entrata  in  vigore  della  pianificazione   comprensoriale   di
 direttiva e quindi del piano urbanistico generale a livello comunale)
 per  l'esame di qualsiasi modifica e trasformazione del territorio di
 cui si tratta.
   Il  legislatore  ha  inteso  in tal modo prevedere, in attesa della
 pianificazione globale, una valutazione unitaria e contestuale (anche
 per scopi acceleratori e di speditezza), con particolare riguardo  ai
 vari  interessi  di  cui sono portatori i rappresentanti degli organi
 chiamati a partecipare alla speciale Commissione di salvaguardia:  di
 modo che assumono una speciale rilevanza, da un canto, i  profili  di
 tutela  dell'equilibrio  idrogeologico,  e dell'ambiente dal punto di
 vista paesistico, storico, artistico, e, dall'altro, ed unitamente ai
 primi, quelli  di  sicurezza  delle  costruzioni  e  degli  impianti,
 nonche'    igienico-sanitari,    con    garanzia    della   vitalita'
 socio-economica in un quadro di  sviluppo.
   Il predetto procedimento di esame e valutazione  collegiale  -  non
 assimilabile  ad una conferenza di servizi in relazione alla speciale
 composizione e alla particolare preminenza degli interessi  alla  cui
 tutela e' stata preposta in via di salvaguardia la commissione stessa
  -  non  comporta  esclusioni degli enti locali. I comuni interessati
 sono rappresentati nella Commissione di salvaguardia (ed il comune di
 Venezia ha tre rappresentanti: art. 5 della legge n. 171  del  1973),
 concorrono  alla  preparazione  degli  indirizzi  governativi facendo
 parte di un comitato misto (art. 2, quarto comma),  partecipano  alla
 formazione   e   adozione  del  piano  comprensoriale  secondo  legge
 regionale (art. 2, secondo comma),  e  inoltre  conservano  tutte  le
 altre  attribuzioni  in  materia edilizia ed urbanistica. Infatti, la
 Commissione di  salvaguardia  non  emette  atti  provvedimentali  che
 concludano  i  procedimenti abilitativi nella detta materia edilizia,
 ma si  limita  ad  esprimere  un  "parere  vincolante  su  tutti  gli
 interventi  di  trasformazione  e  modifica  del  territorio  per  la
 realizzazione di opere sia private sia pubbliche", da eseguirsi nella
 laguna  e  territori  indicati.  Il  legislatore   ha   voluto,   non
 irragionevolmente,   garantirsi   contro   ogni   compromissione  del
 territorio ricomprendendo tutti gli interventi per  la  realizzazione
 di opere pubbliche o private, con la sola esclusione degli interventi
 edilizi di cui all'art. 11, primo comma, lettere b) e c), della legge
 5  agosto  1978,  n.  457,  purche'  interni  alle  costruzioni e non
 incidenti sulla sagoma e prospetti  e  sulla  statica  dell'edificio,
 nonche'   delle  opere  di  arredo  urbano  e  delle  concessioni  di
 plateatico.
   Il predetto parere vincolante ha la  funzione  di  sostituire  ogni
 altro  parere,  visto,  autorizzazione, nulla osta, intesa o assenso,
 comunque denominati, obbligatori ai sensi delle vigenti  disposizioni
 normative  statali  e regionali, compreso il parere delle commissioni
 edilizie dei comuni di volta in volta interessati (art.  6).  D'altro
 canto,   proprio  in  quanto  vincolante,  tale  parere  esplica  una
 efficacia  del tutto particolare nei confronti del necessario atto di
 amministrazione attiva, che  non  puo'  basarsi  su  una  valutazione
 diversa da quella in esso espressa.
   Certamente  per  la materia edilizia il parere della Commissione di
 salvaguardia non sostituisce la  determinazione  finale  del  Sindaco
 quando  vi sia una tale previsione nella legislazione urbanistica, in
 quanto "solo per le finalita' di cui  al  comma  1"  -  collegate  in
 maniera  unitaria  alla  ratio  della legge e al carattere temporaneo
 dell'esercizio delle  predette  funzioni  della  Commissione  stessa,
 previsto  solo fino all'entrata in vigore dello strumento urbanistico
 generale  redatto  o  modificato  secondo  le  direttive  del   piano
 comprensoriale  (art. 5, settimo comma) - e' prevista la trasmissione
 dal sindaco alla Commissione delle richieste di concessione edilizia,
 corredate dalle istruttorie degli uffici comunali (art. 6,  comma  2,
 modificato  dall'art. 1-bis d.-l. 29 marzo 1995, n. 96, convertito in
 legge 31 maggio 1995, n. 206).
   L'effetto vincolante e preclusivo del parere della  Commissione  di
 salvaguardia  ovviamente  riguarda  l'ambito  delle  competenze e dei
 motivi attribuiti all'esame della stessa Commissione, di modo che  un
 parere  negativo  nel  predetto  ambito  preclude in via assoluta che
 venga emessa  dal  sindaco  una  determinazione  provvedimentale  (di
 amministrazione  attiva)  positiva  (o  comunque difforme dal parere)
 sulla domanda, ovvero, nel caso in cui sia ammissibile la  formazione
 di un silenzio assenso, ne preclude la formazione.
   Vi   e',  poi,  una  ulteriore  particolarita',  consistente  nella
 circostanza che,  nonostante  il  carattere  collegiale  degli  atti,
 sempre  aventi  forma  e  contenuto  di  parere,  della Commissione e
 percio' adottati a maggioranza dei presenti, con un quorum funzionale
 di tre quinti dei componenti, il voto contrario  rispettivamente  del
 presidente  del magistrato delle acque, del sovrintendente per i beni
 ambientali ed architettonici di Venezia, o del comandante dei  vigili
 del  fuoco di Venezia per motivi tipicamente previsti, collegati alle
 competenze istituzionali di ciascun organo rappresentato, ha  effetto
 di veto sospensivo, con devoluzione del parere al Ministro dei lavori
 pubblici,  al  Ministro  per  i  beni  culturali  ed  ambientali e al
 Ministro dell'interno (art. 6, comma 4, della legge n. 171 del 1973).
   Tuttavia,  il  parere  favorevole  espresso  dalla  Commissione  di
 salvaguardia  (o,  nei casi di sostituzione, dai Ministri suindicati)
 non svuota del tutto i poteri  sindacali  in  materia  edilizia,  non
 vincolando in senso assoluto le determinazioni del Sindaco in sede di
 concessione  edilizia,  e  non  precludendo  allo  stesso  Sindaco di
 adottare un provvedimento negativo per  motivi  strettamente  edilizi
 non  presi  in considerazione dalla Commissione ed estranei al tipico
 ambito del parere sostitutivo ministeriale.
   Non  si  puo',  pertanto,  ravvisare  nella  norma  impugnata   una
 irrazionale compressione della sfera di competenza del comune.
   La  diversita'  di disciplina statale (ed e' questo uno dei profili
 differenziali rispetto ai casi relativi a  leggi  regionali  invocati
 nell'ordinanza  di  rimessione  e dalla difesa del comune di Venezia)
 trova  la  giustificazione  in  un  discrezionale  apprezzamento  del
 legislatore  della  particolarita'  del territorio e dell'ambiente di
 Venezia e della sua laguna (v. per riferimento indiretto ordinanza n.
 115 del 1998), la cui salvaguardia e'  caratterizzata  da  preminente
 interesse  nazionale e dalla esigenza di una procedura particolare di
 protezione in attesa di una pianificazione globale.
   In realta', la garanzia costituzionale del principio autonomistico,
 prevista   dagli  artt.  5  e  128  della  Costituzione,  puo'  dirsi
 rispettata   quando   il   procedimento   (il   caso   si    riferiva
 all'approvazione  di  strumenti  urbanistici)  sia articolato in modo
 tale da assicurare una sostanziale  partecipazione  allo  stesso  del
 comune  cui si riferisce l'assetto territoriale (sentenza n. 1010 del
 1988) e l'apporto del comune non si riduca ad un semplice parere,  ma
 si  articoli  in  forme  piu'  incisive  di partecipazione, dovendosi
 tuttavia evitare situazioni di stallo decisionale (sentenza n. 83 del
 1997).
   Del resto, l'art. 128 della Costituzione, nel  fondare  l'autonomia
 comunale  sui  "principi fissati da leggi generali della Repubblica",
 non esclude che la legge statale,  nel  rispetto  di  tali  principi,
 possa  apportare  -      "in  presenza  di  situazioni  particolari -
 variazioni alle procedure ordinarie (sentenza n. 62 del 1993).  Nella
 specie,  sono  conformi  ai  principi gli effetti cogenti sulla sfera
 urbanistico-edilizia di vincoli a protezione di preminenti  interessi
 ambientali e culturali, di modo che anche in via di salvaguardia tali
 ultimi  interessi  sono  destinati a prevalere e a vincolare i comuni
 nel gestire l'utilizzazione del territorio.
   Ed  infatti,  l'intervento  vincolante  del  parere   di   apposita
 commissione  di  salvaguardia  (mista  statale  e  regionale  con una
 previsione di rappresentanza dei  comuni  interessati)  riguarda  una
 valutazione  globale  ed unitaria - come gia' accennato - nella quale
 assumono particolare rilevanza  i  profili  di  tutela  dell'ambiente
 negli  aspetti  ambientali-culturali,  di  difesa  dagli inquinamenti
 dell'aria e delle acque e  di  protezione  dell'equilibrio  idraulico
 della  citta' di Venezia e della sua laguna.  Di conseguenza, accanto
 agli  aspetti  urbanistico-territoriali  rientranti  nella  sfera  di
 autonomia   comunale,   emergono,  per  la  particolarita'  dell'area
 veneziana, una serie di interessi collegati  a  sfere  di  competenza
 statale  e  regionale,  che giustificano - nella rilevata esigenza di
 unitarieta'  e   contestualita'   di   valutazione   -   l'intervento
 (consultivo   e   vincolante)   di  un  organo  collegiale  misto  di
 provenienza statale e  regionale  e  con  partecipazione  dei  comuni
 tutt'altro che meramente formale.
   Se  poi  in via di fatto i tre rappresentanti del comune di Venezia
 non abbiano partecipato alla Commissione non  e'  problema  che  puo'
 interessare  in  sede  di  scrutinio  di legittimita' costituzionale,
 poiche' la legge prevede nella composizione della Commissione  i  tre
 rappresentanti  del  comune  di  Venezia  e  la  natura  di  collegio
 imperfetto della Commissione attraverso un quorum di funzionamento di
 tre quinti dei componenti.
   4.  -  In  ordine  alla  speciale  procedura  di  salvaguardia,  e'
 opportuno  sottolineare  che  l'intervento (con il parere vincolante)
 della Commissione di salvaguardia e' temporaneo, essendo previsto per
 ciascun  comune  "fino  all'entrata   in   vigore   dello   strumento
 urbanistico  generale  redatto  o modificato secondo le direttive del
 piano comprensoriale" (art. 5, penultimo comma, della  legge  n.  171
 del  1973,  termine richiamato dalla legge 31 maggio 1995, n. 206 nel
 sostituire il primo comma dell'art. 14 della legge 29 novembre  1984,
 n. 798).
   Pertanto,  i  comuni  interessati  hanno  i  mezzi  per superare il
 sistema  provvisorio  di  salvaguardia,  che  si   attua   attraverso
 l'intervento  della  speciale  commissione,  e  per  rientrare  nella
 pienezza e normalita' delle loro funzioni in materia edilizia  (salvi
 gli effetti vincolanti della pianificazione territoriale-ambientale),
 procedendo  con  tempestivita'  sulla  linea  dell'adeguamento  della
 pianificazione urbanistica e sollecitando il piano comprensoriale  (o
 quelli  che  possano  essere  considerati equivalenti, quali previsti
 dalla legislazione successivamente intervenuta, di pianificazione  di
 direttiva  con valenza di tutela dell'ambiente naturale e delle acque
 del bacino idrografico lagunare  e  di  pianificazione  di  area  con
 valenza  urbanistico-territoriale)  con  tutti gli strumenti previsti
 dall'ordinamento di fronte alla inerzia o  al  ritardo  dello  stesso
 piano comprensoriale.
   Infatti,   detto   piano   comprensoriale  -  in  una  valutazione,
 certamente non irrazionale, compiuta dal legislatore nella  finalita'
 di  salvaguardia unitaria di Venezia e della sua laguna - costituisce
 un obiettivo fondamentale per l'inizio di una protezione  completa  e
 razionale,  e  nello stesso tempo perno del sistema di pianificazione
 dell'area veneziana e presupposto necessario per l'adeguamento  degli
 strumenti urbanistici a livello comunale, unica pianificazione avente
 effetti   liberatori   rispetto   alla   procedura  di  parere  della
 Commissione di salvaguardia.
   In  realta',  il  legislatore  statale  ha  adoperato  una  tecnica
 tutt'altro  che  inusuale in materia di programmazione territoriale e
 ambientale, e non in contrasto con il  principio  di  buon  andamento
 della  pubblica  amministrazione,  introducendo  una  procedura e una
 normativa di maggior rigore  fino  alla  entrata  in  vigore  di  uno
 strumento  di  pianificazione,  con  valenza  non solo urbanistica ma
 anche di tutela di interessi  di  carattere  superiore,  come  quelli
 ambientali,  e  con  efficacia  diretta  e produttiva di vincoli, nel
 duplice intento di realizzare una misura di  salvaguardia  temporanea
 per  impedire  ulteriori  dissesti  o  manomissioni  in  mancanza  di
 pianificazione, e di promuovere nel contempo  l'interesse  specifico,
 sia  per  i  comuni,  sia  per tutti i soggetti privati e pubblici ad
 adoperarsi per il superamento delle resistenze ad una  programmazione
 dell'uso del territorio e del recupero ambientale.
   5.   -  Sulla  base  delle  predette  considerazioni,  deve  essere
 affermato   che   la   spettanza    ai    comuni    della    gestione
 (urbanistico-edilizia) del proprio territorio non viene disconosciuta
 dalla normativa in questione: questa, infatti, richiede pur sempre il
 concorso  del  comune  nell'adeguare il proprio strumento urbanistico
 alla pianificazione sovraordinata, e nello stesso tempo prevede forme
 incisive di partecipazione  del  comune  stesso  alla  programmazione
 (arg.  da  sentenza  n.  83  del 1997) e - nella fase transitoria che
 precede l'entrata in vigore dei piani regionali  e  comunali  -  alla
 valutazione  consultiva globale in funzione di salvaguardia, affidata
 ad un organo collegiale misto  (Stato-regione-enti  locali),  appunto
 qualificato   di  salvaguardia.    Funzione,  questa,  ritenuta,  non
 irrazionalmente, dal legislatore  statale  necessaria,  in  relazione
 alla specialita' dell'area veneziana e ai ritardi nella soluzione dei
 relativi problemi, per evitare compromissioni alla pianificazione.