LA CORTE DEI CONTI
   Ha emesso la seguente  ordinanza  n.  347/98/ord  nel  giudizio  in
 materia  di  pensione militare, iscritto al n. 7144/M del registro di
 segreteria, proposto  dal  sig.  Catanese  Gaspare,  rappresentato  e
 difeso dall'avv.  Gabriella De Plano, presso il cui studio in Palermo
 via Santuario di Cruillas, 8 e' elettivamente domiciliato, avverso il
 decreto  del  Ministro  della  difesa  n.  457  del  2 settembre 1993
 negativo di trattamento pensionistico privilegiato ordinario.
   Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 1998  il  relatore,  cons.
 dott.   Salvatore   Cultrera,  l'avv.  Elisabetta  Borgese,  delegata
 dall'avv.  Gabriella De Plano per il  ricorrente;  non  rappresentata
 l'amministrazione della difesa.
   Esaminati gli atti e i documenti della causa.
                               F a t t o
   Con sentenza n. 193/1995, la sezione giurisdizionale per la regione
 siciliana,  ha  respinto il ricorso dell'ex militare di leva Catanese
 Gaspare avverso il decreto n. 457 del 2 settembre 1993 con  il  quale
 il  Ministro  della  difesa  aveva  negato  al  predetto  la pensione
 privilegiata ordinaria  per  non  dipendenza  da  causa  di  servizio
 dell'infermita'   "persistente   marginalita'   nevrotica   con  idee
 interpretative" accertata durante il servizio militare e per la quale
 era stato giudicato permanentemente inidoneo  al  servizio  e,  indi,
 riformato.
   Avverso  tale  sentenza  il sig. Catanese Gaspare proponeva appello
 chiedendo  l'accoglimento   del   ricorso   sul   presupposto   della
 sussistenza  nella  specie del requisito della dipendenza da causa di
 servizio dell'infermita' sofferta da collegare alla  prestazione  del
 servizio  militare  in se' per se' considerato con autonoma incidenza
 causale in adempimento degli obblighi di servizio, a  prescindere  da
 concreti e specifici episodi (singoli fatti di servizio).
   Con  sentenza  n.  188/97/A  la sezione II giurisdizionale centrale
 d'appello della Corte dei conti affermava che  la  motivazione  della
 sentenza  di  primo  grado  -  che  si  era limitata ad osservare che
 l'interessato non aveva indicato alcun fatto  specifico  di  servizio
 dotato  di  valenza  causale  o concasuale da cui potesse derivare il
 riconoscimento della dipendenza da  causa  di  servizio  -  fosse  da
 ritenersi   insufficiente   perche'   non   risultava   sottoposta  a
 valutazione anche la denunciata severita' del servizio con  i  disagi
 propri  della vita militare, specificamente allegata dall'interessato
 nel ricorso introduttivo del giudizio quale fatto di servizio cui, ai
 sensi dell'art. 64 del testo  unico  n.  1092/1973  delle  norme  del
 trattamento  di  quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello
 Stato, era  da  collegarsi  l'insorgenza  dell'infermita'  accertata.
 Rilevava, quindi, l'ammissibilita' dell'appello sussistendo il motivo
 di  diritto ai sensi del comma 5, dell'art. 1, della legge 14 gennaio
 1994, n. 19 e successive modifiche ed integrazioni, e  per  l'effetto
 annullava  la  predetta sentenza rimettendo il merito del giudizio al
 giudice di primo grado.
   Con atto depositato il 17 dicembre 1997 il sig.  Gaspare  Catanese,
 rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Gabriella  De Plano, riassumeva,
 dinanzi a  questa  sezione  giurisdizionale,  il  giudizio  chiedendo
 l'annullamento    del    decreto   ministeriale   impugnato   ed   il
 conseguenziale accoglimento del ricorso.
   All'udienza  dibattimentale  l'avv.  Elisabetta  Borgese,  delegata
 dall'avv.  De  Plano,  ha  insistito  nell'accoglimento della domanda
 giudiziale.
                             D i r i t t o
   In tema di appello nei giudizi innanzi alla Corte dei Conti  l'art.
 105  (comma  1)  del relativo regolamento di procedura, approvato con
 regio decreto 13 agosto 1933 n. 1038, stabilisce che, quando in prima
 istanza la competente  sezione  giurisdizionale  si  sia  pronunciata
 soltanto   su   questioni   di  carattere  pregiudiziale,  su  queste
 esclusivamente si pronunciano in appello le sezioni  riunite.  Quando
 invece  in  prima  istanza  la  sezione  si sia pronunciata anche sul
 merito, le  sezioni  riunite  possono  conoscere  di  questo,  oppure
 inviare la causa al primo giudice (comma 2 del predetto art. 105).
   Secondo  l'interpretazione  che di tale norma in materia di giudizi
 pensionistici  di  competenza  della  Corte  dei  conti  hanno   dato
 costantemente   le  sezioni  centrali  d'appello,  sostituitesi  alle
 sezioni  riunite  quale   giudice   di   secondo   grado,   l'appello
 (proponibile per soli motivi di diritto secondo il disposto dell'art.
 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19 nel testo sostituito dall'art. 1
 del d.-l. n. 543/1996 convertito in legge n. 639/1996) e' considerato
 un   mezzo   di  impugnazione  limitato,  al  pari  del  ricorso  per
 cassazione, al solo  diritto  donde  la  cognizione  attribuita  alle
 sezioni  d'appello della Corte non costituisce un riesame del merito,
 quale  e'  invece  e'  l'appello  vero  e  proprio.    Secondo   tale
 interpretazione  (cfr.  Corte  dei conti, sezioni riunite n. 10/98/QM
 del  1  aprile  1998),  tranne  il  caso  in  cui  si  pervenga  alla
 definizione  del  giudizio  in seconda istanza con la sola correzione
 dell'error in judicando che non richieda alcun accertamento di fatto,
 le sezioni centrali d'appello si  limitano  al  giudizio  rescindente
 rimettendo  la  decisione nel merito al giudice di primo grado. Nella
 fattispecie all'esame la sezione seconda giurisdizionale centrale, in
 conformita'  al  menzionato  consolidato  indirizzo   giurisdizionale
 sull'applicazione  della  norma come sopra riportata, ha annullato la
 sentenza di primo grado per insufficiente  motivazione  su  un  punto
 decisivo  della  controversia  prospettato  dal  ricorrente, alla cui
 stregua ha identificato il motivo  di  diritto  per  l'ammissibilita'
 dell'appello,   ed   ha   rimesso   il   giudizio  a  questa  sezione
 giurisdizionale di primo grado.
   Orbene questa sezione ritiene di dover chiedere  una  verifica  sul
 piano  della  costituzionalita'  della disposizione dell'art. 105 del
 regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei  conti,
 approvato  con  regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 che, cosi' come
 costantemente  interpretata  in  ordine   all'appello   nei   giudizi
 pensionistici,  costituisce diritto, vivente, alla quale il giudice a
 quo deve uniformarsi.
   Come  ha  affermato  la  Corte  costituzionale  e'  consentita   la
 richiesta del suo intervento sulla compatibilita' con la Costituzione
 di  un  indirizzo consolidato di interpretazione, essendo sufficiente
 che  il  giudice  a  quo  riconduca  alla   disposizione   contestata
 un'interpretazione   plausibile   di   cui   ritenga  di  dover  fare
 applicazione nel giudizio principale e sulla quale  nutra  dubbi  non
 arbitrari, ne' pretestuosi, di conformita' a determinati parametri di
 costituzionalita' (Corte costituzionale 21 luglio 1995, n. 345).
   In  particolare questa sezione giurisdizionale ritiene che la norma
 sopraindicata sia in contrasto con l'art.  101  secondo  comma  Cost.
 che, secondo quanto affermato molte volte dalla Corte costituzionale,
 garantisce  la  liberta'  e l'indipendenza del giudice, nel senso che
 egli sia chiamato ad applicarla senza interventi ed  interferenze  al
 di  fuori  di  essa,  che  possono  incidere sulla formazione del suo
 libero convincimento, anche se  non  esclude  che  il  giudice  possa
 essere  assoggettato  alle valutazioni che la legge da' dei rapporti,
 degli atti e dei fatti, e al rispetto degli effetti  che  ne  desume,
 quando  cio'  sia  conforme  al  precetto  costituzionale ovvero alle
 regole  del  procedimento  di  formazione  graduale  della  pronuncia
 giurisdizionale  (Corte  costituzionale  sentenza n. 50 del 1970 e n.
 234 del 1976).
   Cio' che, quindi, la legge non puo' fare e' introdurre vincoli  che
 abbiano  oggettivamente  il  solo  o principale effetto di ridurre il
 giudice  a  mero  esecutore  della  decisione   assunta   da   altri,
 precludendo   l'espressione   del   suo  libero  convincimento  sulle
 questioni  dalle  quali  dipende la soluzione della causa. Secondo il
 diritto vivente la sezione di appello  della  Corte  dei  conti,  pur
 entrando   nel   merito   del  giudizio,  attesoche'  la  limitazione
 dell'impugnativa alle  sole  questioni  di  diritto  non  esclude  la
 valutazione  da  parte  del  giudice di appello di tutti gli elementi
 costitutivi del diritto a pensione in contestazione, tuttavia non  lo
 definisce  in  quanto  riscontrando  un vizio nella motivazione della
 sentenza di primo grado ne dispone l'annullamento, alla stregua di un
 giudizio rescindente, rimettendo il merito all'esame  nuovamente  del
 giudice  di  primo  grado,  cui  sostanzialmente  viene  imposta  una
 determinata soluzione impedendo ogni autonomo giudizio.
   Da qui l'evidente vulnus del principio di indipendenza del giudice.
 Invero e' opportuno sottolineare che la sezione d'appello, proprio in
 quanto giudice d'appello, in tutti i  casi  come  quello  di  cui  si
 tratta  dovrebbe  decidere  la  controversia con pronuncia definitiva
 nonostante il vizio riscontrato nel procedimento di primo grado,  non
 attinente   a   questione   pregiudiziale   ma  al  merito,  e  senza
 possibilita' di rimettere la causa al primo giudice. Cio' costituisce
 la  naturale  conseguenza  dell'effetto  sostitutivo  della  sentenza
 d'appello che in tali casi si sostituisce appunto a quella emessa dal
 giudice di primo grado.
   D'altra  parte  la  limitazione  ai  soli  motivi  di diritto nella
 proposizione dell'appello nei giudizi pensionistici  non  puo'  voler
 significare   una   sostanziale  negazione  del  giudizio  d'appello,
 introdotto con le  recenti  riforme  ordinamentali  della  Corte  dei
 conti,  considerato  che  la  cognizione della controversia, connessa
 all'effetto devolutivo dell'appello, non puo' che  essere  piena;  la
 predetta  limitazione,  in  tale  quadro, non puo' che riferirsi alla
 proponibilita' delle questioni, sul versante della  proposizione  del
 gravame  mentre  -  una  volta  superato  tale sbarramento, in quanto
 risulti accertato che sia stata proposta una questione di  diritto  -
 il  giudice d'appello non dovrebbe avere alcun limite alla cognizione
 piena dell'intero giudizio (art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19
 nel testo sostituito dall'art. 1 del d.-l. n. 543/1996 convertito  in
 legge n. 639/1996).
   Puo'  aggiungersi in proposito che l'attivita' svolta dalla sezione
 d'appello  e'  del  tutto  differente  da  quella  esercitata   dalla
 Cassazione la quale, com'e' noto, al contrario dell'organo giudicante
 di  secondo  grado,  e'  giudice della legittimita' e non del merito.
 Cosi' in  quella  sede,  salvo  il  caso  di  improponibilita'  della
 domanda,   nel   quale   si  fa  luogo  a  cassazione  senza  rinvio,
 l'accoglimento del ricorso per cassazione,  per  violazione  o  falsa
 applicazione  di  norme  di  diritto, comporta sempre il rinvio della
 causa  al  giudice  di  merito,   ancorche'   questi,   per   effetto
 dell'applicazione  del  principio  di  diritto  enunciato dalla Corte
 debba poi respingere la domanda.
   Ma la cassazione con o senza rinvio dipende, invero,  da  tassative
 norme  processuali,  non  da  un  potere  discrezionale della suprema
 Corte, la quale  come  giudice  di  legittimita'  non  puo'  emettere
 pronuncia di merito (Cass. civ. 30 gennaio 1985, n. 593).
   Peraltro,  con  la  novella  apportata  dall'art. 66 della legge n.
 353/1990 all'art. 384 c.p.c., e' stato  introdotto  un  principio  di
 economia  di  giudizi, disponendosi che la stessa Corte di cassazione
 definisca il giudizio  ed  escludendosi  che  si  faccia  ricorso  al
 rinvio,   c.d.   cassazione   sostitutiva,  nei  casi  in  cui,  dopo
 l'enunciazione del principio di diritto, la controversia debba essere
 decisa in base ai medesimi  apprezzamenti  di  fatto  costituenti  il
 presupposto del giudizio di diritto errato, in tal guisa postulandosi
 che  il  giudice  del  merito  abbia avuto modo di esprimere siffatti
 apprezzamenti ai fini di una specifica decisione.
   La presente causa non puo' essere  decisa  indipendentemente  dalla
 questione  di  legittimita'  costituzionale  qui  cennata,  dalla cui
 soluzione deriva la permanenza dei notevoli limiti imposti  a  questo
 giudice.