LA CORTE DI ASSISE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza, nel procedimento a carico  di
 Cantella  Piero,  nato  a  Catania  il  27  giugno  1954, Signoriello
 Michele, nato a Napoli il 29 maggio 1968, imputati  fra  l'altro  del
 delitto  p.  e  p. degli artt. 575-577 e 110 c.p. perche' in concorso
 tra loro  e  con  Fragala'  Alessandro,  agendo  con  premeditazione,
 cagionavano  la  morte di Quadrini Sandro, dopo averlo avvicinato con
 una motocicletta, in un canneto, esplodendogli  contro  un  colpo  di
 pistola cal. 7,65.  In Torvaianica l'8 luglio 1991.
   Pende  davanti  a  questa Corte di Assise il procedimento penale n.
 16/1997 r.g. Corte assise Roma contro Cantella  Piero  e  Signoriello
 Michele (ed altri), imputati come in rubrica.
   Il  giudizio  si  svolge  nella contumacia-latitanza dei prevenuti,
 difesi rispettivamente di ufficio  dagli  avvocati  Fabio  D'Amato  e
 Claudio Iacovoni.
   Entrambi  i legali hanno inoltrato istanza - da loro sottoscritta -
 di ammissione dei propri assistiti al patrocinio statale.
   Le documentazioni acquisite provano che  gli  imputati  si  trovano
 nelle condizioni indicate nell'art. 3, della legge 30 luglio 1990, n.
 217, per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
   Senonche',  il  secondo comma dell'art. 2, della legge n. 217/1990,
 dispone   testualmente:   "La   relativa   istanza,   a    pena    di
 inammissibilita', deve essere sottoscritta dall'interessato ...".
   Da  qui  la  questione di legittimita' costituzionale sollevata dai
 difensori avv. D'Amato e avv. Iacovoni nei seguenti termini:
   "...  Premesso  che  sono  stati  designati  difensori  di  ufficio
 rispettivamente dei sigg. Cantella Piero e di Signoriello Michele nel
 procedimento  penale n. 16/1997 nei confronti di Cantella + altri per
 i reati di cui agli artt. 575, 577, 412, 624 e 625 c.p. ed  altri  ed
 artt. 10 e 12 della legge n. 497/1974; che e' propria intenzione, per
 quanto  concerne  l'assistenza  processuale, avvalersi della legge 30
 luglio 1990, n. 217, relativa al patrocinio a spese dello Stato per i
 non abbienti; che tuttavia tutti  i  tentativi  finora  esperiti  per
 contattare  gli  imputati  Cantella  Piero  e  Signoriello Michele ed
 eventuali parenti o conviventi sono risultati  vani,  come  risultano
 sconosciuti  gli  spostamenti  sul  territorio  negli ultimi anni, di
 predetti imputati;
   Considerato che l'art. 2, comma 2, della legge n. 217, prevede  che
 l'istanza   di   ammissione   al   patrocinio  statale  ''a  pena  di
 inammissibilita' deve  essere  sottoscritta  dall'interessato'';  che
 puo'  anche  essere presentata dal difensore o da un componente della
 famiglia dell'interessato esclusivamente la  documentazione  prevista
 nei  commi  2  e  3  della  legge  citata  e  solo  nei  casi  in cui
 l'interessato e' detenuto, internato per l'esecuzione di  una  misura
 di  sicurezza, in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero
 custodito in un luogo di cura (art. 5, comma 4, legge n. 217);
   Ritenuto che la legge in esame  evidenzia  un  vuoto  significativo
 nella  parte  in  cui  non  disciplina l'ipotesi, peraltro frequente,
 dell'impossibilita'  da  parte  dell'interessato  non   abbiente   di
 sottoscrivere  l'istanza;  che la ratio della normativa in esame deve
 essere la stessa, e cioe' permettere una congrua difesa e  la  giusta
 tutela  processuale  all'imputato  non  abbiente,  sia che costui sia
 presente sia che risulti irreperibile, latitante o altro; che e' vero
 che per gli avvocati l'obbligatorieta' della prestazione  deriva  dal
 carattere   di   pubblico  interesse  della  funzione  di  essenziale
 collaborazione con gli organi della giurisdizione  riconosciuto  alla
 professione  forense,  ma e' altrettanto vero che tale principio deve
 essere contemperato con quello della retribuzione proporzionata  alla
 quantita' ed alla qualita' della prestazione effettuata; che nel caso
 di    specie   la   professionalita'   connaturata   all'esplicazione
 dell'attivita' forense e la quantita' del lavoro  da  effettuarsi  e'
 tanto  piu' maggiore se si considera che si tratta di un procedimento
 penale di Corte di assise avente diversi coimputati e molteplici capi
 di imputazione; che pertanto il mancato  utilizzo  dell'istituto  del
 gratuito patrocinio determinerebbe ingiustamente la realizzazione non
 di   una   saltuaria   prestazione   gratuita,   ma  di  un'attivita'
 professionale     particolarmente     qualificata     da    svolgersi
 presumibilmente per molto tempo in numerose udienze dibattimentali;
   Tutto cio' premesso, considerato e ritenuto, sollevano la questione
 dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 30  luglio
 1990, n. 217, in riferimento agli artt. 3, comma secondo, 24, secondo
 e terzo comma e 36, primo comma della Costituzione nella parte in cui
 non  estende  la  possibilita' di presentare istanza di ammissione al
 gratuito  patrocinio  al  difensore  ed  ai  familiari  in  caso   di
 riscontrata impossibilita' oggettiva dell'interessato ...".
   L'istanza  suindicata  ha dato vita ad un procedimento in camera di
 consiglio ai sensi dell'art. 127  c.p.p.  Il  p.m.  ha  condiviso  le
 argomentazioni dei difensori.
   Tanto  precisato,  ritiene  la  Corte  che  la questione de qua non
 appaia manifestamente infondata.
   Intanto l'autenticazione  della  sottoscrizione  del  latitante  ad
 opera del difensore o di funzionario competente, nel proprio studio o
 in  ufficio  o in altro posto, comporta difficolta' di ordine pratico
 spesso insuperabili ovvero si  sostanzia  in  un'attivita'  che  puo'
 implicare  responsabilita'  penalistiche e comunque censure sul piano
 della deontologia  professionale.  Parrebbe  cosi'  che  all'imputato
 latitante,  stante le formalita' prescritte dal citato art. 2, sia di
 fatto preclusa l'applicazione della  legge  sul  gratuito  patrocinio
 mentre  l'art. 24, terzo comma della Costituzione, assicurando ai non
 abbienti  i  mezzi  per  agire   e   difendersi   davanti   ad   ogni
 giurisdizione,   non   distingue   tra  imputati  liberi  e  imputati
 latitanti.
   All'obiezione  che  sembra  corretto  far  dipendere  un  beneficio
 dall'adempimento    di    un    onere    quale   quello,   incombente
 sull'interessato, di sottoscrivere l'istanza, si  potrebbe  replicare
 osservando:
     che  il  sistema processual-penalistico riconosce la rilevanza di
 situazioni in cui l'imputato, senza  sua  colpa,  non  sia  venuto  a
 conoscenza  del  processo  contro di lui promosso (arg. ex artt. 175,
 primo e secondo comma; 670; 485 c.p.p.);
     si potrebbe ipotizzare nella specie che Cantella  e  Signoriello,
 anche  se  consapevoli della pendenza del giudizio, siano senza colpa
 materialmente non in grado di ottemperare  all'onere  di  cui  si  e'
 detto, a meno che non si voglia considerare la latitanza alla stregua
 di una colpa;
     che  in  ogni  caso  l'inadempimento  dell'onere  posto  a carico
 dell'imputato non abbiente non dovrebbe danneggiare il suo  difensore
 che,  a  norma  dell'art.  36  Cost.,  ha  diritto a una retribuzione
 proporzionata alla quantita' e qualita' delle prestazioni svolte;
     che lo scopo perseguito dal legislatore ordinario con  l'istituto
 del  gratuito  patrocinio e' di dare concreta attuazione al principio
 costituzionale  della  difesa  come  diritto  inviolabile  (art.  24,
 secondo  comma  Cost.),  in  favore  dei  poveri  (anche  se imputati
 detenuti o liberi, presenti all'udienza, contumaci  o  latitanti),  i
 quali altrimenti subirebbero pregiudizio.
   Il presente procedimento non puo' essere definito indipendentemente
 dalla   risoluzione   della   delineata   questione  di  legittimita'
 costituzionale.