IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 8264/1996 proposto dalla Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti M. Dona' e F. Lorenzoni ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via Alessandria n. 130; Contro l'Ente Poste italiane, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la stessa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; il Ministero delle PP.TT., in persona del Ministro pro-tempore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, non costituiti in giudizio; Per l'annullamento della delibera n. 14/1996, con cui il consiglio di amministrazione dell'Ente Poste ha determinato le nuove tariffe di spedizione delle stampe periodiche in abbonamento postale, con decorrenza 1 aprile 1996, nonche' della circolare del medesimo Ente DS/PPT/1996 del 29 marzo 1996 e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, fra cui la nota n. prot. 2121/ASP/FC/1996; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 12 marzo 1998, il consigliere G. De Michele e uditi, altresi', l'avv. L. Mattarella delegato dall'avv. F. Lorenzoni per la parte ricorrente e l'avv. Basilica per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o Attraverso il ricorso in esame, notificato il 4 aprile 1996, la Cassa di risparmio di Bolzano S.p.a. - interessata alla diffusione, in circa 28.000 copie, di una propria rivista periodica - impugnava la delibera n. 14/1996 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 1 aprile 1996) con cui l'Ente Poste italiane aveva determinato le nuove tariffe di spedizione delle stampe periodiche in abbonamento postale, con decorrenza 1 aprile 1996, nonche' la relativa circolare esplicativa DSP/PPT/1996 del 29 marzo 1996 ed ogni atto presupposto, connesso o conseguente, fra cui la nota n. 212/IASP/FC/1996, con cui il citato ente comunicava di voler continuare ad applicare la tabella C, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 1 aprile 1996, nonostante l'intervenuta sospensione della medesima da parte del giudice amministrativo. Nell'impugnativa erano prospettati i seguenti motivi di gravame: 1) violazione dell'art. 2, comma 34 della legge n. 549/1995, in quanto la nuova tariffa - cosiddetta ordinaria o libera - avrebbe comportato un incremento superiore al 20% annuo del costo di spedizione in abbonamento postale, in contrasto con il dettato della citata legge; 2) violazione della misura cautelare, imposta con l'ordinanza n. 1097/1996 della II sezione del tribunale amministrativo regionale del Lazio, che aveva sospeso la tabella contenente le nuove tariffe, nella parte eccedente l'incremento annuo legislativamente previsto del 20%. Delle parti intimate, si costituiva in giudizio l'Ente Poste italiane, che pregiudizialmente eccepiva il difetto di giurisdizione di questo tribunale, in rapporto a quella che avrebbe dovuto considerarsi autonoma determinazione delle proprie tariffe - da parte di un imprenditore - per un'attivita' posta "nel mercato alla stessa stregua dell'attivita' dei concorrenti". Nel merito, il citato ente ricostruiva le modalita' di determinazione e la corretta applicazione delle nuove tariffe, nonche' le pregresse vicende giudiziali relative alle medesime (parziale sospensione della tabella impugnata con ordinanza di questo tribunale n. 1098/1996, annullata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 725/1996). Successivamente, con legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 2, commi 19 e 29), il regime tariffario di cui trattasi e' stato modificato, con piu' ampia liberalizzazione e previsione di apposite convenzioni, da stipulare con l'Ente. L'attuale ricorrente, tuttavia, sottolineava il proprio perdurante interesse alla decisione, per le tariffe di spedizione applicate nel periodo 1 aprile 1996-1 aprile 1997. D i r i t t o Deve essere valutata, in via pregiudiziale, la sussistenza della giurisdizione di questo tribunale, per una controversia che investe le tariffe di spedizione in abbonamento postale di pubblicazioni periodiche, da parte di un ente pubblico economico quale l'Ente Poste italiane, nella configurazione giuridica susseguente alla legge n. 71/1994. Ad avviso del collegio, detta giurisdizione sussiste, con riferimento al pacifico indirizzo giurisprudenziale, che assegna al giudice amministrativo la cognizione in materia contenziosa su atti, emanati da enti pubblici economici nell'esercizio di poteri pubblicistici di auto-organizzazione (cfr. fra le tante Cass. civ. ss.uu. 28 gennaio 1988, n. 747 e 15 luglio 1993, n. 7841; tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, sez. III, 18 gennaio 1989, n. 47; tribunale amministrativo regionale del Veneto, sez. II, 28 novembre 1990, n. 1137). Nella fattispecie, l'Ente Poste non ha fissato le proprie tariffe liberamente, come qualsiasi imprenditore inserito in un regime di concorrenza, ma ha strutturato - sotto il profilo in esame - l'organizzazione del proprio servizio, in forma autoritativa benche' vincolata, sulla base dei parametri fissati dall'art. 2, commi 26, 27 e 34 della legge n. 549/1995. Tale legge - contenente la disciplina della manovra finanziaria del Governo per il 1996 - si poneva nelle norme sopra citate il problema di riformare la disciplina agevolata, vigente per la spedizione di pubblicazioni periodiche in abbonamento postale, in termini compatibili con criteri di economicita' di gestione, ma senza integrale abbandono di qualsiasi forma di sostegno dell'editoria. In tale ottica, le misure assunte dall'Ente Poste sembrano rientrare pienamente nel concetto di auto-organizzazione, per il cui espletamento l'ente pubblico economico dispone di poteri autoritativi, in quanto il prevalente espletamento di un'attivita', per la quale si impongono parametri di efficienza imprenditoriale, non sottrae del tutto l'ente stesso - per la propria intrinseca natura - al quadro di finalita' pubblicistiche, che tradizionalmente giustificano l'attribuzione in via legislativa dei poteri stessi. Posto, dunque, che nella materia in questione appare sussistente la giurisdizione di questo tribunale, deve anche preliminarmente ammettersi la permanenza di interesse a ricorrere, nonostante l'intervenuta abrogazione - con legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 19) - dei commi 26, 27 e 28 dell'art. 2 della legge n. 549/1995. Nella nuova disciplina - "con decorrenza dal 1 aprile 1997" - e' stato soppresso "ogni forma di obbligo tariffario o sociale posto a carico dell'Ente Poste italiane, nonche' ogni forma di agevolazione tariffaria, relativa ad utenti che si avvalgono del predetto ente"; al tempo stesso si prevede (legge n. 662 cit., art. 20) che "i prezzi dei servizi" siano stabiliti "anche tramite convenzione ... tenendo conto delle esigenze della clientela e delle caratteristiche della domanda", tariffe agevolate - con sovvenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria - sono determinate dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, per "a) libri; b) giornali quotidiani e riviste con qualsiasi periodicita', editi da soggetti iscritti al registro nazionale della stampa; c) pubblicazioni informative di enti, enti locali, associazioni ed altre organizzazioni senza fini di lucro, anche in lingua estera da spedire all'estero". La decorrenza sopra citata, tuttavia, rende sempre attuali le doglianze, che nel ricorso in esame si indirizzano avverso la disciplina non piu' in vigore, per il periodo in cui la medesima ha avuto efficacia e dunque per gli esborsi che - in base alla medesima - sono stati richiesti nel periodo 1 aprile 1996-1 aprile 1997. Detta disciplina seguiva la precedente fissazione (con d.-l. n. 155/1993; convertito in legge n. 243/1993) di riduzioni tariffarie, in relazione alla quantita' impostata per ciascuna spedizione, indistintamente per tutte le stampe spedite in abbonamento postale; nel nuovo sistema, invece, si prevedevano tre categorie di pubblicazioni, con differente regolamentazione, nei termini di seguito sintetizzati: a) regime sovvenzionato ex comma 26, art. 2, legge n. 549 cit.: rimborso di lire 200 fisse per ogni copia impostata per giornali, quotidiani e periodici editi da imprese editrici, a condizione che non contenessero inserzioni pubblicitarie per un'area superiore al 45% e che i relativi abbonamenti fossero stati stipulati a titolo oneroso; b) regime agevolato ex comma 27, art. 2, legge cit.: tariffa pari al 25% di quella prevista al comma 34 per pubblicazioni di qualsiasi natura, anche non poste in vendita e postulatorie, spedite dai soggetti di cui ai capi II e III, titolo II, libro I del codice civile, soggetti che non avessero fini di lucro e perseguissero finalita' sindacali, religiose, di interesse scientifico, sociale, sanitario, ambientale, assistenziale, politico o culturale, che fossero editori di periodici e sempre che le pubblicazioni stesse non contenessero inserzioni pubblicitarie, anche di tipo redazionale, per un'area superiore al 40% su base annua; c) regime libero, senza agevolazioni tariffarie, per le rimanenti pubblicazioni. Nel comma 34 del citato art. 2, legge n. 549, infine, si prevedevano limiti di aumento per le nuove tariffe, da fissare entro il 31 marzo 1996: non piu' del tasso di inflazione programmata per le "imprese editrici" di cui ai commi 26 e 27, per le quali si lasciava altrimenti "inalterato il costo sostenuto" nel sistema previgente; non piu' del "venti per cento annuo del costo di spedizione in abbonamento postale" per le "testate non ammesse ai benefici, di cui ai commi 26 e 27". Attraverso la delibera impugnata, l'Ente Poste - nel fissare le nuove tariffe - determinava il costo di spedizione, per il cosiddetto regime libero, in misura pari alla tariffa-base precedente, incrementata del 7,1%: secondo il medesimo Ente, dunque, l'incremento sarebbe stato minore a quello massimo consentito del 20%, mentre la banca ricorrente - che per la propria pubblicazione aveva visto lievitare il prezzo di spedizione da L. 90 a L. 425 a copia - prospettava nel primo motivo di gravame la violazione della citata normativa, in quanto l'incremento di cui trattasi sarebbe stato superiore al 200%. Tenuto conto di tale prospettazione, con ordinanza di questo tribunale (sez. II-bis) n. 1097/1996, la tabella di cui trattasi veniva sospesa "limitatamente alla determinazione tariffaria di cui all'art. 2, comma 34, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nella parte eccedente il 20% di aumento del costo di spedizione, in precedenza sostenuto dai soggetti interessati". Col secondo motivo di gravame, pertanto, la ricorrente lamentava l'intervenuta "violazione della misura cautelare", in quanto - su specifica richiesta della Cassa di Risparmio - la filiale di Bolzano dell'Ente Poste, con l'impugnata nota n. prot. 2121/ASP/FC/1996, comunicava la propria intenzione di applicare la tabella C, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 1 aprile 1996, in misura intera. Ad avviso del collegio, i due ordini di censure non sono condivisibili, in rapporto al dettato dell'art. 2, commi 26, 27 e 34, legge n. 549/1995 e all'intervenuto annullamento dell'ordinanza sopra citata. Sotto il primo profilo, va sottolineato che le maggiorazioni tariffarie ammesse risultavano disciplinate dal predetto comma 34 in modo differenziato non solo nel quantum (tasso di inflazione programmata per le testate rientranti nel regime cosiddetto sovvenzionato o agevolato, 20% per quelle del cosiddetto regime libero), ma anche nella "base di calcolo", cui applicare le previste percentuali di aumento tariffario: per le imprese editrici "ammesse ai benefici di cui ai commi 26 e 27", infatti, si imponeva di lasciare "inalterato il costo sostenuto ... fatto salvo il tasso di inflazione programmata"; "per le testate non ammesse ai benefici di cui ai commi 26 e 27", invece, si prescriveva un aumento "non superiore al 20% annuo del costo di spedizione in abbonamento postale". Nella fattispecie, dunque, la maggiorazione prevista dall'Ente Poste era non superiore, ma anzi molto inferiore (7,1%) rispetto al "tetto" legislativamente imposto; il costo di spedizione effettivo - depurato delle agevolazioni, non piu' previste, in rapporto al numero di copie spedite - veniva tuttavia a subire un incremento notevole rispetto al passato. Non si vede, d'altra parte, come l'ente avrebbe potuto continuare ad applicare le precedenti agevolazioni, anche per le testate del cosiddetto regime libero: il riferimento ai costi effettivi, in precedenza sostenuti per effetto di altre agevolazioni, avrebbe infatti praticamente reiterato le agevolazioni stesse. Tale sostanziale reiterazione, in effetti, non risultava esclusa dal legislatore, cui pero' doveva nella fattispecie applicarsi il principio ubi voluit, dixit: al precedente "costo sostenuto", infatti, il legislatore stesso faceva rinvio solo per "le imprese editrici ammesse ai benefici di cui ai commi 26 e 27", mentre per le altre il riferimento era al "costo di spedizione", da intendersi come rinvio alla tariffa-base. Sostengono tale interpretazione argomenti testuali, logici e sistematici, in quanto alla sostanziale ambivalenza del termine "costo" suppliva nel caso di specie la contrappposizione - nel medesimo comma - fra "costo sostenuto" e "costo di spedizione", in un contesto che, investendo trattamenti eccezionali di favore, imponeva la piu' stretta e non estensiva lettura della norma. In sede cautelare, il giudice di primo grado aveva equiparato le due posizioni, sospendendo le maggiorazioni tariffarie che si traducessero in un aumento superiore al 20% del costo in precedenza sostenuto anche per le testate, rientranti nel cosiddetto regime libero, ma il Consiglio di Stato - come ricordato nella parte in fatto della presente decisione - ha annullato l'ordinanza, di cui non si puo' pertanto assumere la violazione - prospettata nel secondo motivo di gravame - solo per effetto della non immediata ottemperanza alla medesima, in pendenza del giudizio di appello (giudizio, peraltro, in materia cautelare di rapidissima conclusione). Il ricorso dovrebbe pertanto essere respinto, risultando gli atti impugnati frutto di una corretta applicazione del piu' volte citato art. 2, commi 26, 27 e 34, legge n. 549/1995. Il collegio solleva d'ufficio, tuttavia, questione di costituzionalita' delle medesime norme, questione che appare rilevante e non manifestamente infondata. La rilevanza appare evidente: solo se la disparita' di trattamento delle testate, rientranti nel cosiddetto regime libero, fosse ritenuta non conforme a costituzione, le maggiorazioni corrisposte per il periodo di vigenza della legge potrebbero essere ridotte, nei modi previsti in presenza di disposizioni attuative di norme, dichiarate incostituzionali. La non manifesta infondatezza discende, ad avviso del collegio stesso, da quella che sembra una intrinseca irragionevolezza delle disposizioni legislative in esame, in contrasto con gli art. 3, 9, primo comma e 21, della Costituzione. Non c'e' dubbio, infatti, che la libera manifestazione del pensiero - di cui la liberta' di stampa e' espressione - non implica alcun diritto a ricevere sovvenzioni, gravanti sul pubblico erario, cosi' come non c'e' dubbio che dette sovvenzioni possano essere previste dal legislatore con ampi margini di discrezionalita'. Nel caso di specie, tuttavia, la legge di cui trattasi sembra avere operato al di fuori di ogni possibile logica ispiratrice: se la nuova imprenditorialita' dell'Ente Poste imponeva restrizioni alla previsione di tariffe agevolate, da una parte, non si comprende la cospicua incrementazione di benefici tariffari per alcune categorie di stampe periodiche; se, d'altra parte, si voleva introdurre una selezione qualitativa, la penalizzazione di una categoria di pubblicazioni - anche di valore scientifico e culturale - non appare sorretta da criteri di ragionevolezza, nei termini di seguito precisati. Come gia' accennato, lasciando inalterato il costo sostenuto da alcune imprese editrici, interessate al servizio di cui trattasi (fatto salvo il tasso di inflazione programmata), il legislatore ha applicato i nuovi benefici tariffari (L. 200 di rimborso per ogni copia, ovvero pagamento pari solo al 25% della tariffa, rispettivamente per le pubblicazioni di cui ai commi 26 e 27 sopra riportati) su una base di costo gia' "abbattuta" dai benefici previgenti (riduzioni tariffarie, proporzionate al numero di copie spedite): benefici, dunque, non piu' previsti, ma di fatto reintrodotti, con discriminazione pero' di alcuni dei soggetti, in passato ammessi ad usufruirne. Nel sistema che si commenta, dunque, alcuni continuavano a fruire degli "sconti" connessi alle quantita' spedite (tanto e' vero che il comma 28 del medesimo art. 2 prevede, al riguardo, una erogazione compensativa all'Ente Poste, da parte del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri); in piu', i medesimi soggetti ottenevano un rimborso o un ulteriore "sconto" percentuale. Solo l'inequivocabile richiamo al "costo sostenuto", d'altra parte - richiamo espressamente riferito alle imprese editrici ammesse ai benefici, di cui ai commi 26 e 27 del medesimo articolo - puo' determinare l'indiretta reintroduzione dei benefici previgenti. Quando, dunque, si parla di "costo di spedizione", per imprese non nominate nei commi precedenti, ed a cui viene sottratto ogni beneficio, sarebbe illogico (e non conforme alle puntuali diversita' terminologiche, fatte proprie dal legislatore) ritenere che, in realta', anche per tali imprese "tutto continuasse come prima" - sul piano dei costi/base - visto che il previgente sistema di riduzioni era al riguardo esplicitamente abrogato (art. 2 cit., comma 34). Resta da vedere dunque se non solo la diversificazione, ma la totale divaricazione di regime tariffario, per categorie di pubblicazioni prima (ed ora nuovamente, ex legge n. 662 cit.) poste esattamente sullo stesso piano, fosse sorretta da criteri di ragionevolezza. Le imprese escluse - ovvero rientranti nel cosiddetto regime libero - erano prive dei seguenti requisiti (rispettivamente previsti nei commi 26 e 27 della legge cit.): abbonamenti stipulati a titolo oneroso dai destinatari, ovvero identificazione con i soggetti, di cui ai capi II e III del titolo II del libro I del codice civile (associazioni e fondazioni, associazioni non riconosciute e comitati), senza scopo di lucro e perseguenti le finalita' gia' sopra ricordate. Sono state dunque discriminate numerosissime pubblicazioni, edite a cura di Banche (come nel caso di specie), Ordini e rappresentanze di categorie professionali e lavorative, o altri privati imprenditori, intenzionati a diffondere gratuitamente informazioni di interesse per il settore di appartenenza, e quindi di carattere tecnico, scientifico, culturale, economico e cosi' via. La mancanza di abbonamenti stipulati a titolo oneroso non e' - come risulta per dati di comune esperienza - elemento discriminante circa la serieta' della pubblicazione, a volte meno "commerciabile" proprio perche' monotematica e impegnata, con peculiare indirizzo di aggiornamento su temi settoriali, e quindi diffusa gratuitamente, non senza qualche utilita' - di pubblico interesse - per la qualificazione degli addetti ai settori stessi e/o per gli utenti di determinati servizi. L'assenza di introiti legati agli abbonamenti, d'altra parte, rende piu' fragile la posizione delle pubblicazioni in questione, alla cui vera e propria crisi economica, per insostenibilita' delle nuove tariffe, ha plausibilmente posto rimedio la nuova disciplina, contenuta nella legge n. 662 gia' sopra ricordata. Il criterio sopra commentato, dunque, non appare ragionevole, poiche' discrimina pubblicazioni, i cui costi sono gia' ad integrale carico di chi effettua la spedizione. Sul piano qualitativo, anche la piu' ampia discrezionalita' non esime il legislatore dal rendere conto - sul piano logico - delle ragioni che inducono a provocare la chiusura o comunque a penalizzare pubblicazioni informative (ad esempio a carattere medico o, come nella fattispecie, bancario) rispetto a riviste, contenenti fotoromanzi o notizie di cronaca anche futili, che trovino abbonati a pagamento per una - pur talvolta apprezzabile - lettura di pura ricreazione. Ugualmente poco comprensibile appare - in retrospettiva - il fortissimo beneficio (75% di riduzione della tariffa gia' scontata) previsto sia per il bollettino parrocchiale a carattere postulatorio che per la ricca fondazione, mentre su istituti bancari, ordini professionali e piccole case editrici ricadevano maggiorazioni superiori al 200% rispetto al passato, per l'invio di pubblicazioni di contenuto non dissimile, in molti casi, da quello di cui al citato comma 27 della normativa in esame. Per quanto sopra, e con riferimento al periodo in cui detta normativa - ora abrogata - ha prodotto effetti lesivi per l'attuale ricorrente, in conclusione, il collegio ritiene di dover sottoporre la normativa stessa (art. 2, commi 26, 27 e 34 della legge 2 dicembre 1995, n. 549) al vaglio della suprema Corte, con riferimento agli artt. 3, 9, primo comma e 21 della Costituzione.