IL PRETORE In funzione di giudice dell'esecuzione, premesso che; L'istante Corradini Nello, nato a Corridonia (Macerata) il 18 febbraio 1938, e' stato condannato ad un mese di arresto con sentenza n. 562/1996 depositata il 17 luglio 1996 del pretore di Macerata in quanto ritenuto colpevole "della contravvenzione di cui all'art. 27, primo comma d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, perche', nella sua qualita' di responsabile della ditta Corradini Nello s.n.c. corrente in Corridonia, effettuando smaltimento di rifiuti speciali non osservava le prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciata dalla competente autorita' amministrativa con atto n. 582 del giorno 28 aprile 1992 della provincia di Macerata, mancando di adottare idonee precauzioni (quale una completa recinzione dell'area destinata all'attivita' di cui sopra) per evitare l'accesso di persone e animali e accumulando materiali anche al di fuori dell'area consentita. In Corridonia il 13 febbraio 1993"; La sentenza veniva impugnata avanti alla Corte di appello di Ancona la quale all'udienza del 3 giugno 1997 confermava il provvedimento; Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per cassazione e successivamente alla data di presentazione del ricorso maturava il termine ultimo di prescrizione alla data del 14 agosto 1997; Cio' nonostante la Suprema Corte, all'udienza del 16 febbraio 1998, rigettava il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali; Pertanto il Corradini, per il tramite del suo difensore avv. R. Nardi, ricorreva al giudice dell'esecuzione chiedendo, in via principale, la declaratoria di avvenuta estinzione del reato per prescrizione e, in subordine, la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria. O s s e r v a Le richieste di cui sopra non possono trovare accoglimento, stante l'attuale normativa che non prevede la possibilita' di emanare, in sede di esecuzione, provvedimenti del tipo di quelli prospettati in ricorso. In particolare, avuto riguardo alla domanda avanzata in via principale, l'art. 676 c.p.p. stabilisce che il giudice dell'esecuzione e' competente, tra l'altro, a decidere in ordine all'estinzione del reato dopo la condanna e la giurisprudenza di legittimita', sulla scorta del tenore letterale di tale previsione ed in virtu' del principio generale dell'intangibilita' del giudicato e del suo effetto preclusivo, ha avuto modo di pronunciarsi nel senso che, quanto all'estinzione del reato, la norma si riferisce solo a quelle eccezionali cause estintive che possono verificarsi dopo la formazione del giudicato, come quelle previste dagli artt. 167 c.p., 445, comma secondo, c.p.p. e 556, comma terzo, c.p., sicche' in sede di esecuzione non sono deducibili ne' applicabili cause estintive del reato quali la prescrizione intervenuta (come nel caso di specie) prima del giudicato (cfr. Cass. sez. 3, sent. 02414 del 28/7/5, Pres. Cavallari, rel. Giammanco, imp. Di Rosa). Siffatta interpretazione della disposizione normativa non e', ad avviso di questo giudice, suscettibile di smentita sulla base di diversi criteri ermeneutici, stando al chiaro significato letterale dell'inciso "dopo la condanna", ostativo al riconoscimento del potere del giudice dell'esecuzione di dichiarare l'estinzione del reato per avvenuta prescrizione maturata prima del giudicato. Si ritiene, peraltro, fondato avanzare dubbi sulla legittimita' costituzionale della norma nella parte in cui non prevede tale possibilita', per le considerazioni che seguono: A) l'imputato risulta privato di concreta tutela nel caso in cui, come nella specie, nella fase di cognizione non sia stata erroneamente rilevata la sussistenza di una causa di estinzione del reato e cio' comporta una irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle ipotesi in cui il reato venga meno a seguito di amnistia (art. 672 c.p.p.) o di abolizione del reato (art. 673 c.p.p.), nelle quali il giudice dell'esecuzione puo' provvedere senza che le richiamate norme distinguano a seconda che la causa estintiva o abrogatrice sia intervenuta prima o dopo il giudicato unico presupposto, difatti, e' che il giudice di cognizione non abbia provveduto in tal senso, a nulla rilevando i motivi dell'omessa pronuncia. Orbene, la ratio delle suddette norme (artt. 672, 673 e 676 c.p.p.), per quello che attiene all'esecuzione della pena, appare identica e va individuata nell'esigenza di impedire la concreta attuazione della sanzione criminale quante volte si riconosca venuto meno il presupposto che la legittima. Ne consegue che, per il generale principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, non si giustifica tale disparita' di trattamento di situazioni giuridicamente identiche o comunque perfettamente assimilabili. B) sotto il profilo del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione sancito dall'art. 97 della Costituzione va altresi' rilevato che sarebbe irragionevole attivare la procedura di esecuzione della pena a fronte della manifesta sussistenza di una causa di estinzione del reato, senza quindi che ricorra alcun interesse pubblico sostanziale ed apprezzabile all'attuazione del provvedimento giurisdizionale irrevocabile. Avuto riguardo, poi, al generale principio dell'intangibilita' del giudicato, richiamato dalla giurisprudenza di legittimita' sopra riportata, va evidenziato come: a) esso trovi una deroga normativa espressa nell'art. 671 c.p.p. che, nel prevedere il potere del giudice dell'esecuzione di applicare la disciplina del reato continuato e del concorso formale, consente al medesimo di rideterminare la pena irrogata in sentenza; b) a maggior ragione, dunque, si ritiene che tale principio possa e debba incontrare un contemperamento con i profili costituzionali prospettati in riferimento alle esigenze di giustizia sostanziale e di corretto esercizio dell'amministrazione, tanto piu' ove si consideri, da ultimo, che il giudice dell'esecuzione, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione maturata prima del giudicato, non toccherebbe alcun profilo di merito del provvedimento irrevocabile, limitandosi a prendere atto di una situazione di fatto e di diritto gia' verificatasi. Quanto alla rilevanza della questione, appare evidente come la risoluzione della stessa sia pregiudiziale rispetto alla decisione sulla richiesta principale di cui al ricorso.